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Autore: saraviktoria    19/09/2011    2 recensioni
"ehm... ciao... io sono Jackson e dovrei essere vostro zio"
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jackson Rathbone, Nuovo personaggio, Taylor Lautner
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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primo capitolo! spero che il prologo sia piaciuto a qualcuno...
colgo l'occasione per ringraziare HipHipCosty per la recensione e Gio1992 per averla inserita tra le preferite
buona lettura
baci,
SaraViktoria

Capitolo 1-zio, zia, nonno e nonna

"SMETTETELA!" perché dovevano sempre farla arrabbiare? Era sempre stato così e lei non se lo ricordava, o era una novità? Le mandò in cortile.

Trovarsi a capo della famiglia di punto in bianco non era il massimo. Se fino a qualche giorno prima era convinta che i suoi genitori sarebbero vissuti almeno per altri vent'anni, ora non aveva più certezze. Se n'erano andati, portati via da quel vento che in città chiamavano Confraternita. Un gruppo di persone che volevano ripulire la zona dai criminali, e che invece finivano per uccidere degli innocenti. Non era la prima volta, ma perché a loro? Perché, con tutta la gente che c'era, proprio ai suoi genitori? Perché erano dovuti morire loro, una delle poche sere che erano usciti? Perché avevano voluto uscire, proprio quella sera? Se fossero rimasti a casa tutto questo non sarebbe successo …

Cassandrah si tormentava con queste domande da due giorni, da quando la polizia le aveva notificato la morte dei suoi genitori. Era la più grande, la figlia maggiore, che si era trovata a badare alle sorelle minori, così, da un momento all'altro. Era questo il problema più grande: le sue sorelle, le sue tante sorelle. Sua madre aveva messo al mondo dodici figli, lei compresa. Tutte femmine. Ed erano ben assortite. Dalla maggiore, appena sedicenne, alla più piccola, Celine, che aveva solo un anno e mezzo.

Sorelle disperate per la perdita dei genitori, ma che non mancavano di litigare tra loro. Non c'era nemmeno un uomo in casa, si scervellavano le maggiori, come avrebbero fatto? Nessuna di loro era in grado di lavorare, non ancora perlomeno.  E non avevano parenti prossimi in Inghilterra. Il fratello e le sorelle della madre vivevano in America.  Ma tutte erano sicure di una cosa: non si sarebbero divise, non avrebbero lasciato che il tribunale le mandasse in affido in mezz'Inghilterra.

"se dimostri che sei in grado di badare a noi, potrebbero emanciparti" consigliava Martha, una ragazzina di undici anni, che di legge sapeva quanto un avvocato.

"il commissario di polizia mi ha avvisato che manderà gli assistenti sociali nel pomeriggio. Non posso imparare ad accudire una famiglia in mezza giornata" Cassandrah crollò la testa, impotente. Era mattina e dopo colazione avevano mandato le più piccole a giocare in cortile. Era il loro 'consiglio di famiglia', un'abitudine dei genitori per tenerle al corrente di ciò che succedeva. c'erano tutte le ragazze, dai dieci anni in su.  Meredith, Martha, Laure, Kendra, Mary, Lizzy e Cassandrah sedevano in cerchio, attorno al tavolo di legno scuro, con tazze e piattini ancora davanti a loro. Si torturavano, pur di trovare una soluzione, pur di convincere l'assistente sociale che erano in grado di badare a loro stesse. Il consiglio di Martha si era rivelato il migliore, fin ora. Ma anche il più difficile da realizzare. Affrante, e, forse sperando in una nuova ispirazione, si alzarono, iniziando a sparecchiare. Non avevano bisogno di parole per capirsi. Sapevano tutto l'uno dell'altra e, la poca differenza di età bastava a evitare qualunque gelosia. Erano cresciute insieme, i letti ordinati per età in un'enorme stanza circolare che occupava tutto il terzo piano della casa, con il soffitto occupato da una cupola di vetro. Era stata la madre a volerla così, e ogni anno era stato aggiunto un letto.

Non si sarebbero divise, avrebbero fatto tutto ciò che era in loro potere per evitarlo.

La loro casa sorgeva su una collina, alle spalle dell'affollata Londra, ma loro della città si occupavano poco, ora men che meno.

"chiamatemi Kristal" mormorò Cassandrah. La sorellina aveva solo otto anni, ma era un'esperta di bon ton ,buone maniere, comportamento e quant'altro.

"riordineremo la casa, e ci vestiremo di colori chiari. Apri tutte le finestre, ma il cancelletto e la porta sul retro del cortile devono essere chiuse. Noi giocheremo fuori, magari con la palla, tu e Lizzy vi farete trovare che pulite o preparate la cena. Mettiti una tuta o qualcosa di comodo" sciorinò poco dopo la piccola. Aveva considerato tutto: prima impressione, sicurezza, attenzione e ovviamente un po' di sano divertimento. Cassandrah scriveva tutto su un taccuino, sicura che altrimenti avrebbe dimenticato tutto. Fecero come aveva suggerito Kristal. Dopo pranzo le sorelle minori misero degli abiti colorati

"significano apertura e gioia" come aveva detto la bambina e le due maggiori si diedero da fare per riordinare il salotto e la cucina.

Verso le due -avevano appena finito di risistemare il divano- Anne, che aveva appena compiuto quattro anni,  entrò in casa, saltellando

"Cassie, si è fermata un auto qui fuori"

"grazie, piccola. Adesso però torna a giocare" la bambina trotterellò fuori,e in quel momento qualcuno suonò al citofono

"si?" rispose Lizzy

"sono l'assistente sociale, può aprirmi?"

"Cassandrah!" chiamò, come concordato "c'è l'assistente sociale, vai tu a prenderlo, che ci sono le bambine fuori?" era un'idea di Meredith, far vedere che non aprivano il cancello se c'era qualcuno in cortile. La maggiore, i capelli castani sciolti sulle spalle e gli occhi verde smeraldo che brillavano dall'agitazione, uscì di casa, scendendo per quei tre gradini che separavano la veranda dal prato. Portava un paio di pantaloni di maglina nera e una t-shirt bianca con il colletto nero, e andò ad aprire il cancello.

"buongiorno, dottoressa"

"lei è Cassandrah Scarlett?"

"si, prego, entri pure" la fece accomodare in soggiorno. Era una casa tipicamente inglese, nulla da ridire. Ariosa e ben illuminata, pensò la donna, entrando. Le avevano presentato la situazione solo quella mattina: i genitori delle ragazze erano morti solo qualche giorno prima e  nessuna di loro era ancora maggiorenne. Il suo ingrato compito era quello di affidarle a famiglie diverse, se non avevano qualche parente che potesse prendersi cura di loro. Cosa di cui aveva dubitato dal primo momento. Nonostante dalle carte risultasse che tutte le ragazze erano nate in Inghilterra, la ragazzina che l'aveva accolta aveva un marcato accento texano, forse ereditato dai genitori. l'assistente sociale, la dottoressa Michigan, si sedette sul divano che profumava di lavanda

"posso offrirle qualcosa?" chiese un'altra ragazza, bionda questa volta, con gli occhi nocciola. Non assomigliava per niente all'altra, se non per il tono di voce, delicato come una rosa.

"no, grazie. Dov'è tua sorella?" in quel momento rientrò Cassandrah

"mi scusi, mi hanno trattenuto le mie sorelle" si giustificò, prima di prendere posto di fronte alla dottoressa.

"innanzitutto condoglianze per la vostra perdita" la Michigan non era una che so perdeva troppo in convenevoli "sapete perché sono qui?" le due ragazze, diverse come il giorno dalla notte, annuirono simultaneamente "bene, cominciamo con le domande di routine … avete parenti, nel Regno Unito?"

"no, purtroppo" rispose Cassandrah "nostra madre aveva due sorelle e un fratello che abitano in America con i nostri nonni e nostro padre era figlio unico. I suoi genitori sono morti qualche anno fa"

"capite bene che non posso lasciarvi qui da sole"

"siamo in grado di badare alla nostra famiglia. Al mattino siamo tutte a scuola e io e Lizzy torniamo in tempo per preparare il pranzo alle più grandi. Di pomeriggio possiamo andare a prendere le altre e tenerle qui a casa" spiegò, guardandola dritta negli occhi. Non aveva paura di quella donna. Aveva terrore del sistema che voleva dividerle.

"non può sacrificare la sua vita per le sue sorelle"

"ma io voglio farlo! E lo farò con piacere"

"la legge non lo permette. Non ci sono abbastanza motivi per emanciparla, signorina Scarlett. Tanto per cominciare va ancora a scuola, se non sbaglio sta assolvendo l'obbligo di legge"

"no. Ho compiuto sedici anni lo scorso mese"

"comunque non può e non deve lasciare la scuola, che le porta via molto tempo. Forse non ha pensato allo studio e ai compiti a casa … comunque mi avete detto voi che avete degli zii in America. Dove?"

"il fratello di nostra madre vive a Los Angeles, una delle nostre zie è sposata e abita a New York, mentre la più piccola vive con i nostri nonni, a Midland" rispose Lizzy

"e tu invece sei?"

"Lizzy … ehm, Elisabeth Scarlett "

"sentirò i vostri parenti negli Stati Uniti. Se saranno disposti a prendervi con loro bene, altrimenti sarete affidati a famiglie della zona di Londra " detto questo se ne andò, prima che le ragazze avessero l'opportunità di ribattere

"quindi o ci dividono o dobbiamo fare i bagagli e andare dall'altra parte del mondo?" la piccola Jeanne aveva colto nel segno. Cassandrah aveva deciso di mettere tutte a parte del nuovo problema.

"ma i nonni non ci prenderanno mai con loro ,per quanto ci vogliano bene" Kristal aveva ragione. I genitori della madre erano anziani e non erano certo in grado di badare a dodici nipoti

"oltretutto zia Kelly ci odia"

"non vi odia" Rispose Lizzy a Mary "ma lei ha la sua vita, il suo lavoro da ceramista, e nella sua casa di New York non ci staremo mai … dello zio cosa mi dici, Cassie?"

"non lo so … cioè, so che sono stata l'unica a vederlo, ma avevo due anni, non mi ricordo niente. È un attore e un musicista ,e Wikipedia ha una pagina dedicata a lui … ma non so nient'altro "

"è un uomo e da quello che diceva la mamma non deve avere più di trent'anni. Non credo che voglia avere una dozzina di pesti che girano per casa" la questione rimase aperta, dato che ogni ragazza aveva le sue osservazioni da fare. Fu l'argomento principale della cena. Anzi, l'unico.

   
 
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