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Autore: May Katje    19/09/2011    1 recensioni
Lilith è una strana ragazzina, che si presenta di punto in bianco nell'ufficio dell'ormai Generale di Brigata Mustang con il solo desiderio di diventare un Ricercatore Alchemico.
Ad accompagnarla, un tranquillo vento dal deserto che non solo rispolvererà una carica in disuso da così tanto tempo da essere ormai quasi dimenticata, ma si trascinerà dietro una lunga scia di novità e cambiamenti, portando in fine alla luce un lato dell'alchimia quasi inesplorato e sconosciuto ai "tradizionali" alchimisti.
Ma il vento del deserto porta sempre con sé spiacevoli nubi di sabbia e, se grandi problemi sono di nuovo in vista, come è possibile che i fratelli Elric non siano coinvolti?
Ambientata qualche tempo dopo la fine del manga, ad essere sincera non ho idea di cosa sia questa fanfiction.
MayKatje
06.08.2012: SOSTITUITI I PRIMI DUE CAPITOLI, con una versione generalmente riveduta e corretta. I cambiamenti non sono molti, ma significativi.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sogni privi di senso, brevi sprazzi di immagini e suoni, sapori che nemmeno conoscevo, si rincorrevano nella mia mente quella notte.
Bianco.
Il bianco accecante del sole a mezzogiorno sembrava frantumarsi, dividendosi in migliaia di fiocchi che turbinavano tutt'intorno al mio corpo, circondato da un freddo che non avevo mai sentito.
Verde.
Non quello smorto delle poche verdure che riuscivo a coltivare dietro casa, tutt'attorno a me una sterminata distesa di verde brillante che riempiva il mio naso del profumo di una primavera rigogliosa che non avevo mai visto.
Neve e bianco.
Tepore, prateria.
Freddo.
Verde.
Al centro di questo vorticare, una scintilla vibrava e creava luce come un sasso fa con i cerchi nell'acqua; una voce parlava in tono dolce, quasi stesse cantilenando una ninnananna.
«Li'l, ti ho mai parlato della storia del tuo nome?»
Tante volte, sì.
C'era una volta una Principessa-dea, in grado di controllare le tempeste con il semplice suono della voce. Non era una divinità - perché è risaputo che l'unica entità che si può chiamare "Dio" non ha un corpo con cui camminare sulla terra - ma il suo popolo adorava la sua famiglia come tale e amava particolarmente quella Principessa, perché era bella, bella come solo una dea può essere.
La veneravano per la sua capacità di controllare i venti e i respiri, ma quando scoprirono quanto grande fosse il suo potere, cominciarono a temerla: perché il suo potere andava ben al di là del controllo dei venti. I frutti dell'alitare della terra possono essere molto più sottili dell'aria, ci sono brezze di sentimenti e idee che sfiorano senza sosta il nostro orecchio inconsapevole e col tempo, coloro che riuscivano a percepirli, hanno donato loro il nome di "spiriti".
I sussurri di questi "spiriti" giungevano chiari come i rintocchi delle campanelle d'argento alle orecchie della Principessa; e siccome lei prestava semplicemente ascolto a tutti, senza mai intervenire in favore di quelli buoni, senza mai zittire quelli che ricercavano null'altro che violenza, gli uomini cominciarono a temerla.
E gli uomini la rinnegarono, la cacciarono dal suo regno e cominciarono a parlare di lei come un demone.
Il suo nome, quel nome che prima veniva pronunciato con amore e deferenza, ora era disprezzato e temuto; il suo nome significava "signora del vento e della luna". Il suo nome era...

«Lilith!»
L'esclamazione sorpresa irruppe nel sogno insieme a un dolore rosso, bruciante, che esplose sulla mia schiena, facendomi contorcere il collo in uno spasmo, seguito da un gemito quando picchiai il naso contro un piano solido e freddo.
I miei occhi erano spalancati alla ricerca di una spiegazione che non riuscivano a mettere a fuoco, abbagliati da una luce rossa troppo in contrasto con i miei sogni; i miei arti tentavano di muoversi senza alcun risultato, bloccati all'altezza di polsi e caviglie.
Ansimavo rumorosamente, annaspando per trovare l'aria che mancava ai polmoni, ma sentii con chiarezza la voce familiare che ripeteva il mio nome in tono gentile e preoccupato, come una carezza che tenti di calmare un bambino svegliato dagli incubi. «Shush Li'l, tutto in ordine. Piccola mia, non avresti dovuto svegliarti prima di mattina, ti saresti risparmiata tanto male. Forunatamente ho appena finito...»
Mentre le parole sfumavano nel tumulto del mio cuore, una lunga serie di domande mai formulate trovò ogni risposta. La consapevolezza di come fossero sempre state lì, di fronte ai miei occhi troppo ciechi, mi cadde addosso come un masso.
Il cuore già impazzito mancò un battito e sulla schiena il dolore divenne lacerante.
Uno strappo, un fruscio alle mie spalle e io capii: non ci sarebbe stato risveglio da quell'incubo.

«NO!»

L'aveva gridato, quella notte, ma questa volta si limitò a mormorarlo a sé stessa, persa nel ricordo ancora troppo vivido. «Non è certo questo il momento di farsi venire dubbi, Li'l.» si rimbrottò, aggiustandosi addosso il cappotto abbottonato fino al collo, incurante del caldo sole estivo di Central City. Prese un altro respiro profondo e poi alzò la mano sinistra a dare due colpi brevi e discreti sulla porta di fronte alla quale si era fermata.
Sentì dei rumori disordinati all'interno e, una volta acquietati, una voce maschile la invitò ad entrare in maniera abbastanza seccata.
L'avevano avvertita che non l'avrebbe trovato di buon umore. Si preparò quindi a sfoderare tutte le sue capacità retoriche e aprì la porta appena più lentamente del normale, come a chiedere di nuovo il permesso di entrare.
All'interno della stanza c'erano tre persone tra le quali solo due in divisa militare, il terzo era un biondino che sembrava avere all'incirca la sua età e appariva decisamente scontento del silenzio cui era stato forzato dal suo arrivo. La donna in divisa aveva i gradi di Tenente appuntati sulle spalle e lo sguardo penetrante di un rapace dagli occhi azzurri.
Incrociò quelle iridi per appena un secondo e piegò appena un angolo della bocca, cogliendovi l'avviso di cautela come fosse scritto a lettere cubitali. Il gesto durò appena un attimo, perché il suo viso era tornato la perfetta maschera che insegnavano all'accademia militare quando scattò sull'attenti con lo sguardo rivolto al terzo personaggio presente nella stanza.
«Chiedo scusa per l'interruzione, signor Generale di Brigata.» esordì quasi come se non avesse fatto altro che salutare alla maniera militare nella sua breve vita. Eppure non poteva venire da un'accademia: il tono di voce, se pur certo, era troppo basso e cortese. «L'ufficio di segreteria mi ha indirizzata a lei per dei documenti che dovrei sottoporle.»
Rimase ferma nella posizione come sapeva essere doveroso fare, registrando con la coda dell'occhio un leggero sbuffo da parte del ragazzo - poteva essere tanto divertito quanto infastidito, difficile a dirsi - e un cipiglio appena più concentrato da parte del militare di grado più basso.
Quello che sapeva essere Roy Mustang le fece cenno di avvicinarsi con una mano, riallineando la schiena già perfettamente dritta contro lo schienale della sedia «Riposo, signorina. Si sieda e mi spieghi per quale ragione la segreteria l'ha mandata qui.»
La ragazzina annuì, avvicinandosi alla scrivania e sedendosi con movimenti che tradivano una lieve tensione, ben nascosta da strati di cortesia e autodisciplina «A loro dire, la richiesta d'impiego che ho posto non può essere accontentata a causa dell'inesistenza della carica; in risposta ho prodotto delle copie dei documenti e delle normative riguardanti il titolo in questione. Eccoli.» posò un discreto numero di fogli coperti di una grafia fitta e inclinata sulla scrivania, prima di continuare in tono sicuro il proprio "rapporto" «L'ufficiale incaricato non è stato tuttavia in grado di comprendere i documenti e ha detto che, indipendentemente dall'esistenza o meno della carica, lei avrebbe saputo cosa fare, signor Generale di Brigata.»
Mano a man che parlava, il biondino sprofondato nella poltrona si era raddrizzato, fissandola come se fosse una qualche strana specie di fenomeno da baraccone «Che caz...?- la domanda priva di senso uscì dalle labbra del ragazzino prima che lui si potesse fermare non appena lei ebbe pronunciato l'ultima parola «Quanti anni dovresti avere, tu?» continuò poi, continuando a fissarla con quelle iridi dal raro colore dorato.
Lei lo guardò appena, liquidandolo con un «Sedici.» in tono neutro, prima di tornare a guardare davanti a sé, dove l'Alchimista di Fuoco stava scorrendo il primo foglio con espressione seria.
«Mi sembra un comune estratto da un documento statale.» disse quello dopo alcuni secondi «Inserito in quello che suppongo essere un testo di studi... non comprendo la maggior parte dei segni grafici, ma la carica cui adduce risponde al nome di "Ricercatore Alchemico".»
«I segni sono abbreviazioni stenografiche antiquate, se vuole poter leggere personalmente il testo posso riscriverlo per intero.» spiegò la ragazza, una mano che corse a sfiorare l'orecchino scompagnato che le decorava un lobo prima di essere richiamata al fianco «Lei è al corrente dell'esistenza della carica, vero?»
Nonostante il controllo che stava evidentemente esercitando su se stessa, quell'ultima frase conteneva una leggera scintilla di terrore, dovuto al fatto che se nemmeno il Generale di Brigata avesse conosciuto quello che lei stava cercando, sarebbe probabilmente passata per pazza. Mustang sorrise, cogliendo la sfumatura, e rispondendo con la dovuta calma «Certo che lo sono. Credevo che fosse stata abolita, sono passati almeno ottant'anni dall'ultima richiesta della quale mi ricordo.»
«Ottantatré» specificò il biondo nella poltrona. Adesso il suo sguardo era fermamente concentrato su di lei, come se fosse un rompicapo che la sua mente non riusciva a risolvere «Ma non credo ci siano mai state norme abrogative per la carica, è semplicemente caduta in disuso.»
Sul volto della ragazza comparve un leggero sorriso «C'è quindi qualche speranza che io riesca ad ottenere la nomina?» chiese, voltandosi  di nuovo verso il Generale con un rapido movimento dei capelli corti e disordinati.
«C'è solo una cosa, che vorrei sapere.» disse Mustang, posando il mento sulle mani intrecciate e dandole una lunga, gelida occhiata «Se ben ricordo, privilegi dei "Ricercatori" sono: accesso illimitato a materiali e laboratori di ricerca e fondi annuali per il mantenimento e lo svolgimento del lavoro, pressoché gli stessi di un Alchimista di stato, senza però l'autorità che il "grado equivalente a Capitano" dà a questi ultimi. A quanto pare, tu sai questo meglio di me, quindi ti chiedo: perché non scegliere la carica di Alchimista di Stato?»
La risposta arrivò senza un secondo di attesa, in tono tanto fermo che per una frazione di secondo, gli occhi del generale fuggirono in direzione del tenente biondo in piedi lì accanto. «Perché con rispetto parlando, Generale, lei ha tralasciato di esaminare i doveri delle due cariche, dove è possibile notare la cardinale differenza.» gli occhi di quell'innaturale sfumatura violetta si affilarono mentre lei procedeva «Un RA ha il divieto di trasmutare oro ed esseri umani, vota la sua esistenza al miglioramento e al benestare dello stato e si occupa dei problemi riguardanti la coesistenza di alchimia e normali cittadini, tuttavia, pur essendo un dipendente del corpo militare, non ne è membro, e in quanto civile non potrà mai essere costretto da un superiore a usare la sua alchimia come un'arma.»
Per un secondo ancora, la ragazza fissò negli occhi di Mustang, poi con un respiro profondo sembrò accantonare quel sentimento che aveva mostrato, e la sua voce tornò militarmente piatta, quando concluse «Chiedo scusa se sono stata inopportuna, signore.»
«Hai senza dubbio chiarito la tua richiesta.» fu la pacata risposta «Tenente, accompagni per favore la signorina e si faccia lasciare un recapito. Devo consultarmi con i miei superiori, ma le farò avere notizie al più tardi domani.» Si alzò in piedi con la seria eleganza di uno stelo d'erba e chinò il capo, attraversando gli ultimi convenevoli senza nemmeno pensarvi e uscendo poi dalla stanza con la testa immersa profondamente nell'analisi di quanto era appena successo.
Era la prima volta che incontrava faccia a faccia dei personaggi di quelle storie che tanto spesso la sua famiglia le aveva raccontato, però le sembravano persone... qui avrebbe usato l'aggettivo "affidabili", non conoscendone altri più adatti alla situazione - in ogni caso, un buon auspicio per il suo ingresso in quel Nuovo Mondo.


 
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Blabberings

 
Come già detto nella descrizione, non ho la minima idea di come si potrebbe definire questa fanfiction. Credo sia nata da qualche parte nella mia mente due o tre anni fa e abbia subito da allora stravolgimenti tali da essere qualcosa di completamente diverso.
Sul piano ideale, la definirei densa, vista la quantità di piccolezze che si sono cristallizzate nella mia testa mano a mano che rileggevo e cambiavo questo e gli altri (pochi) capitoli già abbozzati, ma ormai ho smesso di fare progetti per quanto riguarda le mie idee. Mi conosco e, se non fosse che ho un malditesta semipermanente già di mio, a volte mi prenderei a padellate in testa.
Cooomunque, spero che il cervello non mi si ghiacci al punto di non riuscire più a scrivere e quindi continuare ad aggiornare una volta ogni tanto.

MayKatje
  
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