Disperazione. La
disperazione più nera era ciò che aveva
provato Lucy al cospetto del terribile potere di Hades. E aveva stretto
a sé
Natsu, in un ultimo, ancor più disperato tentativo di
proteggere il suo
compagno che aveva sacrificato quasi tutto per difendere lei e tutta la
gilda
da quell’oscuro male.
E aveva pianto.
Aveva pianto
perché era spaventata, terrorizzata da quello
che stava per succedere; aveva pianto per l’ingiustizia di
perdere tutto a quel
modo, prima di avere la possibilità di vivere appieno la sua
vita. Aveva pianto
soprattutto per il dolore di perdere un sentimento che stava
timidamente
sbocciando dentro di lei.
E poi aveva
sentito Natsu afferrare il braccio che lo stava
stringendo, cercando in tutti i modi di rialzare la testa, ciondolante
per lo
sfinimento.
“Natsu…”.
“Sembra
che… abbia un compagno proprio accanto a me,
dopotutto”, aveva detto rialzandosi a fatica, spronando i
suoi nakama.
E loro avevano
risposto al suo appello, aiutandolo e
sostenendolo, lanciandolo fino all’incontro più
temuto, quello con il master
Hades.
Ce
l’avevano fatta. Incredibilmente, contro ogni previsione,
avevano sconfitto Hades e riportato alla normalità
l’isola Tenrou. Il sole era
tornato a splendere illuminando la folgorante vittoria di Natsu
sull’abietto master
e il ricongiungimento delle fate ai loro amici.
Lucy
potè riunirsi a Cana, dimenticandosi temporaneamente di
Natsu e di ciò che aveva sentito quando si riteneva
spacciata; lo cercò con lo
sguardo e lo vide sotto una delle tende del campo in compagnia di
Lisanna e dei
suoi fratelli.
‘Già…
Lisanna ha più diritto di me di stargli vicino, in
fondo era quasi la sua ragazza’.
Sospirò
lievemente, voltando le spalle a quella scena della
quale si sentiva spettatrice estranea e mosse qualche passo, tenendo la
testa
china per il tempo necessario a ricomporre un sorriso sul suo volto.
“Cana…
hai già parlato a… a Gildarts?”, chiese
guardandosi
intorno con fare circospetto nel timore che qualcuno potesse sentirla.
Cana la
guardò perplessa, chiedendosi per quanto ancora
intendesse occuparsi del problema che lei aveva con suo padre piuttosto
che dei
propri affari di cuore. Alla maga non era sfuggito il suo sbuffo, per
quanto
lieve, e conoscendo Lucy non era difficile immaginare che la fonte dei
suoi
sospiri fossero Natsu e il recente ritorno di Lisanna. Decise che
l’avrebbe
aiutata in qualsiasi modo, per ripagarla di tutti gli sforzi che la
giovane
maga aveva compiuto nel tentativo di aiutare lei.
“Non
ancora ma lo farò… vuoi accompagnarmi adesso? Il
master
dice che qui vicino c’è una fonte
curativa”.
Lucy
piegò la testa di lato, indecisa se accettare o meno.
“Ecco… avrei preferito una sorgente termale ma ho
tanti di quei graffi e lividi
che una cosa del genere non potrà che farmi bene…
andiamo!”.
Cana sorrise
soddisfatta prendendo sottobraccio Lucy e
s’incamminò con lei nella direzione indicatale da
Makarov. Una sola occhiata
era bastata per confermarle che qualcuno le seguiva con lo sguardo.
Lucy si guardava
in giro, sorpresa di quanto potessero essere
incontaminate le foreste di Tenrou; su tutto il continente di Fiore
esistevano
boschi e selve nei quali nessun essere umano aveva mai messo piede ma
quelle
della terra sacra di Fairy Tail avevano qualcosa di magico come la
gilda che
proteggevano. Sembrava che quel luogo isolato dal mondo fosse fatto
esso stesso
di magia.
“Allora
Lucy”, disse d’un tratto Cana distogliendola dai
suoi
pensieri. “Come vanno le cose con Natsu?”.
Lucy
arrossì completamente, guardandosi intorno come se
temesse che qualcuno potesse sentirle, lì nel bel mezzo
della foresta. “Ca-Cana
ma cosa stai dicendo?!”.
“Andiamo”,
disse l’altra avvicinandosi con un’espressione
maliziosa in volto. “Non vorrai farmi credere che il ritorno
di Lisanna non ha
cambiato nulla fra voi?”.
“E’
così invece”, disse la bionda a denti stretti.
“Non è
cambiato proprio nulla. Io e Natsu siamo compagni di team come
sempre… almeno
credo, non ci sono state missioni dopo il ritorno da Edolas e prima di
partire
per venire qui”.
Cana sorrise
comprensiva, posando una mano sulla spalla di
Lucy. “Tu ci tieni molto a lui, si vede Lucy!
Però… vedi, io voglio bene a
Lisanna e sono contentissima che sia tornata ma tu hai smesso di
combattere da
quando c’è lei”.
Lucy
abbassò lo sguardo, incapace di sostenere quello
indagatore della sua nakama. “Non capisco cosa tu voglia
dire”.
“Hai
capito benissimo e non tentare di fregarmi! Ricordati
che sono stata io stessa a farti le carte nell’anniversario
del tuo arrivo!”.
La ragazza
bionda si fermò, la testa china e le braccia
distese lungo i fianchi, rigide, contratte dalla morsa dei pugni.
“Non posso
mettermi fra loro Cana. Natsu… lui è importante
per me ma Lisanna ha tutto il
diritto di stare con lui e non sarò certo io a
dividerli”.
“Hai
pensato che forse dovresti chiedere a lui cosa prova?”.
“Non
è necessario. È bastato vedere la sua espressione
quando
l’ha rivista e soprattutto, quanto sia migliorato il suo
umore. Lui la ama
Cana. E chi sono io per ostacolarli?”.
Cana scosse la
testa, per niente convinta. “Lucy tu
dovresti…”.
“Per
favore!”, la interruppe Lucy. “Non parliamone
più. Devo
dimenticarlo, e in fretta. Dai, andiamo alla sorgente adesso”.
Lucy aveva
abbozzato un sorriso, ricacciando indietro a forza
le lacrime che minacciavano di scorrerle sul viso; e con esse,
s’illudeva di
stroncare sul nascere anche quel curioso sentimento che era attecchito
nel suo
cuore.
La fonte era
nient’altro che un piccolo stagno d’acqua
cristallina, sulla cui superficie galleggiavano una miriade di foglie e
frutti
caduti dagli alberi circostanti, di diverse specie. Le maghe si
spogliarono,
avendo cura di riporre i vestiti dove non potessero essere sottratti
per
qualche scherzo idiota, e si avvicinarono all’argine. Lucy
mosse qualche passo,
esitante, immergendosi fino al bacino. Si fermò,
rabbrividendo per il freddo e
il dolore delle ferite che sembrava essersi improvvisamente risvegliato.
“Ouch…”,
si lamentò mentre si inginocchiava per potersi
bagnare fino alle spalle. “Cana, la tua mano destra
è a posto?”
Lucy si
voltò verso l’amica mentre le poneva la domanda e
restò
di sasso: no, quel corpo tornito, muscoloso e completamente nudo, come del resto era lei stessa, non
apparteneva certo a Cana!
“E-e
tu che diavolo ci fai qui?!”, strillò voltandosi
di
spalle, le mani incrociate sul seno a tentare di nascondere
ciò che era già
stato ampiamente esposto alla visuale dell’intruso.
“Questa
è una fonte curativa, no? Cosa ci faccio secondo te,
sono pieno di ferite Lu!”.
“E
dove diamine è finita Cana?!”.
Natsu si strinse
nelle spalle. “Ha detto che aveva qualcosa
da fare”.
In
realtà, Cana si era opportunamente dileguata quando aveva
visto Natsu che le stava raggiungendo alla fonte, arrancando per via
delle
ferite; lo sguardo del Dragon Slayer quando aveva notato Lucy in acqua
era
stato più che eloquente e la mora si era rivestita a una
velocità disumana,
affiancandolo.
“Sapevo
che saresti venuto! Non lasciartela scappare e mi
raccomando, falla contenta!”, aveva concluso con un ghigno e
una strizzatina
d’occhio correndo via.
Natsu si era
voltato di nuovo verso la fonte, nella quale
Lucy stava faticosamente avanzando: osservava quel corpo morbido e non
poteva
fare a meno di risentirlo stretto al suo in un abbraccio colmo di
significati
come quello con cui lei aveva tentato di proteggerlo dalla furia di
Hades. Non
le tolse gli occhi di dosso nemmeno mentre si spogliava, il fruscio
della
stoffa coperto dal gorgogliare della cascatella dalla quale la polla
veniva
riempita.
Entrando in
acqua constatò che doveva possedere davvero
qualche virtù nascosta che lo fece sentire immediatamente
meglio; o forse era
la voglia di abbracciare Lucy che gli dava la forza. Non lo sapeva e
non gli
interessava nemmeno indagare, desiderava soltanto raggiungerla, e lo
aveva
fatto: qualche attimo ancora e l’avrebbe stretta fra le
braccia, se non si
fosse voltata.
Lo sguardo
imbarazzato che le aveva visto negli occhi era l’espressione
più tenera e desiderabile che avesse mai visto sul suo viso
angelico, eppure la
osservava spesso, quando Lucy credeva di non essere notata e mostrava
le sue
espressioni più genuine. Adorava la sua compagna di team,
anche se a volte
appariva superficiale e un po’ oca, lui conosceva la vera
Lucy, quella nascosta
sotto vestiti spesso succinti e acconciature sempre rinnovate. Non
notava
nemmeno quei dettagli se non quando lei strillava proprio
perché non le aveva
detto nulla sul nuovo vestito o sul taglio fresco di parrucchiere.
Desiderava abbracciarla
anche quando indossava il suo pigiamone per dormire nelle notti
più fredde.
E lo fece. In un
attimo, coprì la distanza che lei aveva ristabilito
fra loro e le cinse la vita, attirandola contro il suo petto, il mento
sulla
spalla. “Perché scappi?”.
“Na-Natsu
non puoi essere serio! Siamo senza vestiti, andiamo
mollami!”.
“No”,
disse lui rafforzando la stretta. “Il mio più
grande
desiderio adesso è tenerti stretta a me, non intendo
lasciarti andare”.
Il rossore sulle
gote di Lucy si fece più diffuso mentre
posava timidamente le mani su quelle di Natsu.
“Natsu… è normale che tu abbia
voglia di toccarmi, siamo entrambi completamente nudi e siamo fatti di
carne…
ma io non voglio cedere ai semplici istinti”.
Natsu la fece
voltare fra le sue braccia, stringendola con un
braccio solo mentre le accarezzava il viso. Gli faceva male sapere che
Lucy
pensasse che il suo obiettivo fosse del semplice sesso senza impegni.
“Mi
consideri davvero un animale se la pensi così. Credevo
che tu mi capissi Lu”.
Lucy
abbandonò il viso contro la sua mano aperta, gli occhi
bassi nel tentativo di non vedere Natsu di fronte a lei. Nonostante
ciò che gli
aveva detto, per l’amore che gli portava era sicura che
avrebbe ceduto agli
assalti di quel corpo marmoreo se solo lui avesse insistito.
“Non
penso che tu sia un animale, sei più sensibile di quello
che credono tutti… hai un cuore grande e questo lo so bene,
però Natsu… io voglio
che ci sia amore quando… ecco… quando
donerò il mio corpo a qualcuno”.
Natsu sedette
nell’acqua, la schiena contro l’argine e
trascinò Lucy con sé, facendola sedere fra le sue
gambe, la schiena aderente al
suo torace. “Tu credi che io ti abbia raggiunta solo per la
voglia di fare
sesso, dannazione Lucy, non sono una bestia in calore!”. Si
era arrabbiato ma,
notò Lucy, non voleva proprio lasciarla andare.
Lei si
voltò lentamente nel suo abbraccio, fino a guardarlo
negli occhi e si avvicinò timidamente ma senza incertezze,
fino a sfiorargli le
labbra con le proprie, un contatto rapido e delicato come ali di
farfalla. “E’
questo che voglio da te Natsu. La tua amicizia è il
sentimento più prezioso che
ho nel cuore ma non mi basta più”.
Natsu la
fissò interdetto per qualche secondo, lo stesso
tempo in cui le labbra morbide di Lucy avevano indugiato sulle sue;
quel tempo
minuscolo era stato un assaggio di paradiso, non voleva privarsene
più. “Lu… io
non sono bravo a capire e nemmeno con le parole, lo sai…
però voglio baciarti
di nuovo, e di nuovo domani e poi il giorno successivo, e non voglio
doverti
lasciar andare mai più… è una cosa
strana, non mi era mai successa prima… cosa
pensi che sia?”, aveva concluso con un sorriso, stringendosi
contro Lucy.
“Forse…
forse è lo stesso che sento io Natsu”.
Il Dragon Slayer
sorrise e si avvicinò al suo viso per
poterla baciare di nuovo. Non c’era brama o lussuria in quel
gesto, solo
tenerezza, infinita tenerezza; Lucy non poteva ignorare ciò
che stava tentando
di dirle quando le parole non gli bastavano più. Sorrise
contro le sue labbra, e
decise di mettere a tacere la mente, affidandosi a lui, come aveva
sempre
fatto; non l’aveva mai delusa.
Natsu le
accarezzava la schiena nuda e d’un tratto le mise
entrambe le mani sul sedere, spingendola contro il suo bacino. Lucy
arrossì
violentemente, sentendo la sua eccitazione contro il ventre, e
interruppe il
bacio per poterlo guardare in volto: era avvampato anche lui e sembrava
in
evidente imbarazzo.
“Lu…
io… non fraintendermi, è che… insomma,
lo hai detto tu…
siamo fatti di carne, e…”.
Lucy lo
zittì, posandogli un dito sulle labbra; non poteva
pensar male di Natsu, era la persona più sincera che avesse
mai conosciuto e il
suo crescente imbarazzo parlava per lui. “Lo so, Natsu. Non
c’è niente di
strano o sbagliato in questo”.
Natsu
abbozzò un sorriso, rassicurato dalle sue parole.
“E
quindi…”.
“Si,
solo… fai piano”, sussurrò lei
baciandolo di nuovo
mentre la faceva stendere nell’acqua, contro
l’argine.
Si
chinò su di lei reggendosi sulle braccia e lasciò
la sua
bocca per baciarle il viso, fino a raggiungere il lobo
dell’orecchio che catturò
fra le labbra, strappandole un gemito. Lucy percorreva con mani
febbrili e
delicate ogni singolo muscolo del suo corpo, disegnandone i contorni,
imparando
a conoscerlo solo con il tatto.
Il
respirò le si strozzò quando
sentì Natsu mordicchiarle
la pelle della gola. I canini così affilati del Dragon
Slayer sulla cute le
davano sentimenti contrastanti: l’eccitazione che sapevano
generare si
mischiava a una qualche paura ancestrale che fossero letali e si
ritrovò a
rabbrividire, il fiato sempre più corto, che divenne un
singulto quando cominciò
ad accarezzarle il seno con gesti leggeri ma bramosi.
La voglia di
toccarlo a quel punto si fece prepotente e Lucy
si sporse in avanti fino a posare le labbra sulla pelle di Natsu,
piano,
esitante ma via via sempre più sicura a ogni ansito di
piacere di lui. Gli percorse
il corpo con i baci, scivolando sotto di lui, fino al ventre; Natsu la
sollevò,
riportandola all’altezza del suo viso e tornò a
baciarla, stendendosi su di
lei, facendo aderire perfettamente i loro corpi e si fermò
per scrutarne le
reazioni. Il sorriso che le vide sul volto gli diede fiducia e posando
la
fronte contro la sua, entrò in lei, fermandosi quando la
sentì irrigidirsi, l’espressione
contratta dal dolore.
“Lucy…”.
“N-Natsu
è… normale…”.
Natsu
continuò a osservare il suo viso, baciandole le
palpebre chiuse, immobile fino a quando non sentì Lucy
muovere il bacino contro
il suo; solo allora riprese a muoversi a sua volta, dapprima
lentamente, poi
sempre più veloce, le dita intrecciate a quelle di lei e la
bocca incollata
alla sua. Perso ogni contatto con la realtà, ogni sfumatura
che scindesse i
loro corpi uniti, il suo cervello registrò vagamente che
doveva aver raggiunto
l’appagamento totale dei sensi quando udì Lucy
gemere più forte, prima che la
sua mente tacesse del tutto.
Tornò
in sé per i baci delicati che gli sfioravano il viso,
la fronte, il naso e infine le labbra, prontamente stirate in un
sorriso. Lucy
sotto di sé era la cosa più bella che avesse mai
visto, scarmigliata, le gote
ancora imporporate dal piacere e gli occhi ridenti, lucidi di gioia.
“Non
credevo che fosse… ecco…
così”, disse, lievemente
imbarazzata.
Natsu
ridacchiò, voltandosi e facendola stendere su di
sé. “Nemmeno
io”.
“Vuoi
dire che tu…”.
“No…
è un’altra cosa che abbiamo imparato
insieme”, disse
mostrandole il suo sorriso migliore. “E ce ne sono ancora
tante da imparare…”.
“Natsu!”,
strillò Lucy, arrossita fino ai capelli.
Lui sorrise
baciandola di nuovo teneramente, le mani a
circondare l’ovale perfetto del suo viso, e lei chiuse gli
occhi,
allacciandogli le braccia al collo.
Insieme, avevano
imparato a lasciar parlare i loro cuori,
mettendo a tacere le menti e i preconcetti; insieme avrebbero imparato
ad
esplorare appieno l’amore e ciò che esso porta con
sé.
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Ta-dàààààà
vi sono mancata?
Che
dire… una shot molto calda per quelli che sono i miei
standard ma non ho proprio resistito dopo aver letto il capitolo 251!
Mashima-san è un guru del fanservice, non
c’è che dire u.ù
È uno
scritto senza pretese, solo per divertire me e spero
anche voi, tutto dedicato alla mia cara Rose1487 che ha tanto
apprezzato il mio
pervert Natsu come lo chiama lei XD Spero ti faccia sorridere anche
questo più
tenero ;)
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