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Autore: OmniaVanitas    21/09/2011    8 recensioni
"Dietro a quei suoi maglioni sempre troppo larghi e ai suoi capelli spettinati ho scoperto un animo nobile, uno spirito libero, la mia metà, la luce che mancava nella mia vita e che mi ha guidato nei momenti più bui, la roccia che mi ha sostenuto in quelli difficili. Devo molto a Robert. Non lo ringrazierò mai abbastanza per quello che ha fatto per me. Solo che ho incontrato un altro. Non un altro come lui, sarebbe chiedere troppo. Solo... un altro."
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Tornare a casa di questi tempi non è mai facile. So già cosa mi aspetta al di là della porta. Robert, nervoso, imbronciato e con una risposta acida a qualunque cosa io gli dica. Ma dopotutto è anche il mio appartamento, è un mio diritto starci e niente e nessuno, nemmeno lui, può impedirmelo.

Giro la chiave nella toppa ed entro, per poi chiudermi la porta alle spalle. Sistemo il cappotto sull’appendiabiti e faccio il mio ingresso in salotto.

Robert è esattamente dove mi aspettavo che fosse: seduto sul divano coi piedi appoggiati sul tavolinetto e le braccia incrociate sul petto che guarda in direzione della finestra. Tutto nel linguaggio del suo corpo mi dice che non ha alcuna intenzione di guardarmi in faccia.

Io rimango sulla soglia, le mani infilate nelle tasche dei jeans. Il silenzio è assordante. Vorrei dirgli qualcosa ma non so cosa, quindi mi dirigo verso la poltrona e mi siedo, aspettando che sia lui a rivolgermi la parola.

La mia attesa è premiata.

“Eri con lui, vero?”

“Sì.”

“Avete scopato?”

“Robert...”

“Rispondi. Un sì o un no, non è difficile.”

“Sì.”

“Sì cosa?”

“Sì, abbiamo scopato.”

“È bravo almeno?”

“Robert, io...”

“No, Jude. Ti prego, non aggiungere altro.”

Nessuno dei due dice più niente per un po’. Io fisso il pavimento, Robert continua a guardare fuori dalla finestra.

In tutti i vent’anni che siamo stati insieme non siamo mai rimasti in silenzio per così tanto tempo. Vent’anni. A pensarci fa paura, ma abbiamo condiviso più della metà delle nostre vite. Ci siamo conosciuti al liceo, Robert ed io. Lui con quel suo look tutto arruffato e io sempre preciso e impeccabile facevamo davvero un bel contrasto l’uno accanto all’altro, e nonostante ciò, o forse proprio per questo, ci siamo attirati come un ferro e una calamita.

Dietro a quei suoi maglioni sempre troppo larghi e ai suoi capelli spettinati ho scoperto un animo nobile, uno spirito libero, la mia metà, la luce che mancava nella mia vita e che mi ha guidato nei momenti più bui, la roccia che mi ha sostenuto in quelli difficili. Devo molto a Robert. Non lo ringrazierò mai abbastanza per quello che ha fatto per me.

Solo che ho incontrato un altro. Non un altro come lui, sarebbe chiedere troppo. Solo... un altro. Ewan.

La prima volta che mi ha sorriso mi ha scaldato il cuore. Un cuore  che non batteva più da molto tempo, che era freddo, arido, vuoto. E che pur essendo vuoto pesava come un macigno.

Un giorno sono arrivato al lavoro e ho trovato in ufficio questo angelo biondo, in giacca e cravatta e chiaramente a disagio. Il nuovo reporter del mio giornale, fresco fresco di università. Sarà banale dirlo, ma nel momento in cui ci siamo stretti la mano ho sentito una scossa che mi ha riacceso dentro e che mi ha fatto camminare sulle nuvole per qualche giorno, prima che mi rendessi conto di una semplice ma devastante verità. E cioè che dal momento in cui avevo posato lo sguardo su Ewan, nei mie pensieri Robert non c’era più.

Quando ho raccontato di lui a mia sorella Natasha, mentre facevamo colazione in un bar del centro, è saltata in piedi ad abbracciarmi, facendo girare praticamente tutti. Ha cominciato subito a farmi domande su domande, voleva sapere tutto sul mio ‘nuovo ragazzo’. E poi, ovviamente, in fondo all’elenco, la domanda fatidica.

“E Robert lo vedi ancora?”

Le ho risposto di no, ovviamente. E lei si è detta sollevata del fatto che finalmente mi fossi lasciato il passato alle spalle. Se solo sapesse... Io Robert non riesco a lasciarlo. Non so se ci riuscirò mai. E mi rendo conto che non è giusto né nei suoi confronti, né tantomeno in quelli di Ewan, ma è più forte di me. Ho bisogno di Robert, ho bisogno della sua presenza nella mia vita. E anche se non ci tocchiamo più, anche se non facciamo l’amore, anche se le cose tra noi non sono più quelle di una volta, quando torno a casa la sera ho bisogno che lui sia qui ad aspettarmi. Egoista? Senza dubbio. Assurdo? Ancora di più. Ma è così e non riesco a cambiare questo stato di cose.

“Domani sera Ewan viene a cena qui”, dico all’improvviso.

Robert volta la testa di scatto, gli occhi ridotti a due fessure. “E ovviamente io devo farti la cortesia di non essere presente.”

“Te ne sarei grato.”

“Sapevo che sarebbe arrivato questo momento.” Sospira, poi si alza e si dirige alla finestra, guardando non so bene cosa fuori nella notte.

Mi alzo e mi avvicino a lui. Voglio toccarlo ma non so come potrebbe reagire. Dopo un minuto o due di esitazione allungo una mano, e sto per poggiargliela sulla spalla, quando la sua voce mi blocca.

“Lo ami?” mi chiede.

“Non lo so.”

“Non è un no.”

“Non è nemmeno un sì.”

Si volta e mi guarda. “Oh, lo è. Più di quanto immagini.”

E detto questo, sparisce nel corridoio che porta alla camera da letto.

 

Più tardi, nel cuore della notte, mi sveglio urlando da un incubo per ritrovarmi stretto tra le braccia di Robert. Mentre vengo cullato come un bambino, gli occhi chiusi, la testa contro il suo petto, non posso fare a meno di pensare che era da così tanto tempo che non dormiva nel letto con me che il suo cuscino ha perso il suo profumo.

Quando mi sono calmato e il sonno sta per rimpossessarsi di me, Robert mi fa stendere di nuovo, su un fianco, e mi abbraccia da dietro. Sento le sue labbra vicino al mio orecchio, la sua mano sopra al mio cuore.

“Ti amo, Jude. Ewan o non Ewan. Ricordatelo.”

Mi riaddormento mentre le mie lacrime bagnano il cuscino.

 

La sera dopo, quando rincaso, Robert non c’è. Faccio il giro delle stanze ma non lo trovo da nessuna parte. Ha mantenuto la sua promessa. Stasera sarò solo con Ewan.

Faccio una doccia, indosso un paio di jeans e una camicia e mi metto a preparare gli spaghetti per la cena. È la prima volta in due mesi che lo frequento che Ewan viene nel mio appartamento. In un modo o nell’altro sono sempre riuscito a convincerlo ad andare da lui e a sviare il discorso quando mi chiedeva di vedere dove abitavo.

Proprio mentre sto finendo di apparecchiare suona il campanello. Quando apro la porta mi ritrovo davanti Ewan, che timidamente mi porge una bottiglia di vino.

“Io... Ecco... Cioè, non so se è adatto a quello che hai cucinato, ma...” Si interrompe e sospira. “Ciao.”

Lo tiro in casa per il bavero del cappotto, togliendogli la bottiglia di mano e appoggiandola sul mobile dell’ingresso, e lo bacio fino a che il bisogno di ossigeno non ci costringe a separarci.

“Ciao”, gli dico poi.

Sorride e arrossisce ancora di più, e non riesco a trovare le parole per dire quanto è adorabile.

Gli tolgo il cappotto e lo faccio accomodare in cucina, per poi servire la cena. Mentre mangiamo parliamo del più e del meno e grazie anche al vino Ewan riesce finalmente a rilassarsi, lasciandosi andare di tanto in tanto anche a qualche battuta.

Mentre la serata procede e il vino scorre, quando ormai ci siamo spostati sul divano in salotto, non riesco a non pensare alla domanda che mi ha fatto Robert ieri sera.

Amo Ewan? Dèi del cielo, ho paura di sì. Tanta paura. I suoi occhi, il suo sorriso, la sua risata, le sue dita intrecciate alle mie...

E devo averlo fissato per un po’ senza dire niente perché attraverso il turbinio dei miei pensieri sento che mi sta chiedendo qualcosa.

“Jude?”

“Sì? Dimmi.”

“Va tutto bene?”

“Ho solo tanta voglia di fare l’amore con te, piccolo.”

“Io... Non so che dire...”

“Non devi dire niente. Devi solo venire con me.”

Le mani ancora unite, lo tiro su dal divano. E lo porto nella camera dove nessun uomo a parte Robert è mai entrato. Sul letto che è stato mio e di Robert per anni. Ma mentre faccio l’amore con Ewan non ho occhi, pensieri e cuore che per lui, questo bellissimo ragazzo che mi ha ridato la vita, che adesso si stringe a me, mi graffia la schiena, mi bacia e mi morde le labbra. E mentre lo sento venire, mentre lo sento tremare sotto di me e urlare il mio nome non posso fare a meno di dirgli quello che provo.

“Ti amo, Ewan.”

E nel momento in cui mi regala il più bel sorriso che gli abbia mai visto sul volto, so che sarà proprio questo sorriso la visione con cui vorrò svegliarmi la mattina da domani e per il resto della mia vita. Poi con un’ultima spinta vengo anch’io, e mi lascio andare su di lui affondando il viso nell’incavo del suo collo, respirando forte il suo profumo.

“Ti amo anch’io”, mi sussurra Ewan all’orecchio.

Ed è l’ultima cosa di cui ho coscienza prima di addormentarmi.

 

È notte fonda adesso. Ewan dorme abbracciato a me, la testa appoggiata sul mio petto. Io sto guardando il soffitto e per la prima volta da tanto tempo mi sento sereno, felice. Sposto la testa per posare un bacio tra i capelli di Ewan e un movimento mi fa voltare lo sguardo in direzione della porta.

Lì, sulla soglia, nella penombra del corridoio, c’è Robert.

Né io né lui accenniamo a muoverci o a dire una parola, ma posso vedere benissimo l’espressione sul suo viso. C’è tristezza, è vero. Anche rassegnazione. Ma quella che più mi colpisce è l’accettazione che leggo nei suoi occhi, e che mi viene confermata quando, con un sorriso tirato, annuisce e se ne va.

Abbraccio Ewan più stretto e mi addormento.

 

La sera dopo, quando torno a casa dal lavoro, sento subito che c’è qualcosa di diverso. Di nuovo non trovo Robert da nessuna parte. Lo chiamo e non mi risponde. Ma non ho bisogno né della vista né dell’udito per sapere che non c’è. Lo percepivo già nell’aria.

Ma aspetto. Prima o poi tornerà. Lo fa sempre.

Credo.

 

È l’una di notte e ancora Robert non si è fatto vedere. Mi sento male. Ho il cuore in una morsa. Sono così abituato ad averlo intorno che non so cosa fare adesso che non c’è. Comincio a credere che non lo vedrò mai più e non so se sono pronto.

Basta, ho bisogno di fare qualcosa. Devo andare a cercarlo.

Esco di casa e comincio a vagare per il vicinato. Prima che me ne accorga le gambe mi conducono in un punto del parco che ho evitato negli ultimi due anni circa. Non sono mai voluto tornare qui da quel giorno.

Ma forse... Forse è proprio questo il posto giusto.

E infatti vedo una figura di spalle che scruta nel buio, in attesa.

“Robert?”

“Jude? Che ci fai qui?” mi chiede venendomi incontro.

“Io? Tu piuttosto...”

“Io... devo andare.”

“Andare? Andare dove?” domando, anche se temo di conoscere già la risposta.

“Andare. È ora, Jude.”

“No!” grido, e sento le lacrime scendermi copiose sul viso.

“Jude, sono passati due anni ormai.”

“Lo so, ma...”

“È proprio questo il posto. Sono morto proprio qui. Un infarto a trentacinque anni...” Ridacchia. “Avrei voluto più tempo con te, Jude. Ma adesso so che non ti lascio solo. E questo mi rende felice. Ewan mi sembra un bravo ragazzo. Ti fa sorridere. Mi piace. Ho sempre amato il tuo sorriso.”

“Robert...”

“Va tutto bene, piccolo. Sono pronto. Lo sono da molto tempo. Aspettavo solo che lo fossi anche tu.”

“Ma io non...”

“Lo sei”, mi dice accarezzandomi una guancia. “Fidati, lo sei.”

Robert mi prende il viso tra le mani e mi bacia una tempia. Poi appoggia la fronte alla mia.

“Chiudi gli occhi, Jude.” Dopo un attimo di esitazione li chiudo. “E vivi anche per me.”

Poi più niente.

Quando, dopo qualche minuto, riesco ad aprire di nuovo gli occhi, Robert non c’è più. Adesso so che se n’è andato davvero. Per sempre. 

  
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