Serie TV > CSI - New York
Ricorda la storia  |      
Autore: margheritanikolaevna    21/09/2011    7 recensioni
In una base segreta un virus misterioso scatena la follia e la morte. La squadra di Mac Taylor indaga, ma la loro professionalità è messa a repentaglio. L'angoscia serpeggia: il contagio si sarà diffuso? esiste una cura? Il virus, tuttavia, provoca anche interessanti effetti secondari...
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
CONTAMINAZIONE
 
CAPITOLO PRIMO
 
Quella mattina, molto presto, il detective Mac Taylor aveva chiamato a raccolta in sala riunioni tutti i componenti della sua squadra, i migliori agenti della polizia scientifica di New York.
“Sarà successo qualcosa?” chiese Stella Bonasera a Danny Messer mentre raggiungevano la sala.
“Non so, ma da stamattina qui c’è un certo fermento, Mac non ti ha accennato nulla a telefono?” rispose il ragazzo.
“No, sai quanto sia riservato…però mi è sembrato un po’ cupo” fece lei.
“Sai che novità!” scherzò lui di rimando. Si scambiarono un sorrisetto d’intesa.
Erano arrivati.
Lui le aprì cavallerescamente la porta a vetri della stanza, dove già li aspettavano Lindsay, Sid, Adam, il dottor Sheldon Hawkes ed il detective Don Flack.
E, ovviamente, Mac.
Si salutarono. L’atmosfera era piacevolmente rilassata.
Fino a che Mac non iniziò a parlare.
 “Bene” disse, e il suo tono lasciava trasparire una certa preoccupazione “vi ho fatti venire qui tutti per una questione estremamente importante, ma anche estremamente delicata…” fece una brevissima pausa “si tratta di un caso di sicurezza nazionale”.
Ad Adam sfuggì un “WOW” meravigliato, che gli costò un’occhiataccia di Mac.
“Sono stato contattato dal Direttore della CIA in persona: ha bisogno delle nostre competenze per risolvere un caso urgente e molto complesso, dal quale potrebbe dipendere la sicurezza dell’intero Paese”.
Tacque un momento, sentendo l’attesa crescere nei suoi uomini.
“E’ anche una questione dannatamente pericolosa…dovremo muoverci con estrema attenzione, per cui se, quando avrò finito, qualcuno di voi vorrà chiamarsene fuori non potrò dargli torto”.
“Dai Mac, adesso ci stai facendo preoccupare sul serio!” intervenne Stella “vuoi spiegarci?”.
“Ok” fece lui “ma prima, per favore, chiudete la porta a chiave: è inutile dirvi che non una parola dovrà uscire da questa stanza”.
Con un piccolo telecomando, abbassò le luci nella sala.
Nel buio, Lindsay prese la mano di Danny e la strinse forte.
Sullo schermo alle spalle di Mac comparvero quelle che sembravano le immagini riprese da telecamere interne di sorveglianza.
“Si tratta di una struttura segreta creata qui a New York, destinata all’addestramento di agenti speciali ed alla preparazione di missioni antiterrorismo”.
La qualità del video era scarsa, ma si potevano comunque distinguere dei cadaveri, riversi gli uni sugli altri, in pose scomposte. Non sarebbe stato necessario essere dei poliziotti esperti per comprendere che lì era stata consumata una strage.
I corpi di uomini e donne giacevano seminudi, coperti di sangue.
Ovunque, segni di lotta ed oggetti infranti.
Stella si avvicinò allo schermo.
“Ma…sono tutti…” disse
“Morti” concluse Mac “quattordici tra i nostri migliori agenti speciali, uomini e donne perfettamente addestrati…”
“Le cause?” intervenne Flack.
“Dai primi rilievi sembrerebbe che si siano uccisi tra loro” rispose Mac “non sono state trovate tracce di intrusioni e la struttura non era facilmente individuabile dall’esterno”.
“Com’è possibile?” si chiese a voce alta Lindsay
“Cosa avrebbe potuto far perdere del tutto il controllo ad agenti altamente addestrati?” disse Sheldon “follia collettiva? allucinazioni? isteria?”.
“Oppure un virus sconosciuto…” si inserì Sid.
“E poi…perché i cadaveri sono seminudi?” intervenne Stella.
“Giusta domanda” fece Mac.
 “Se non fossero tutti morti…si direbbe che fossero nel bel mezzo di un party selvaggio!” disse Danny, strappando a tutti un sorriso.
“Per ora, queste ipotesi sono valide tutte…e nessuna, sta a noi cercare le risposte”.
 “Bene, allora si va?” chiese Flack.
“No” Mac scosse la testa “forse non mi sono spiegato: nessuno di noi si muoverà da qui, la struttura era segreta ed è già stata smantellata”.
“Vuoi dire che non potremo fare un sopralluogo sulla scena, né prelevare campioni o scattare fotografie?” il tono di Danny si era fatto inquieto.
“Esatto” rispose lui “non abbiamo le credenziali necessarie e l’identità degli agenti deceduti deve restare riservata, anche ora che sono morti…”
“Quindi niente cadaveri, né autopsie?” intervenne Sheldon.
Mac annuì, le braccia conserte, lo sguardo serio.
“Né tanto meno impronte digitali” concluse.
“Ma, allora, come faremo a condurre l’indagine?” chiese Stella, dando voce ai pensieri di tutta la squadra.
A questo punto, Mac si spostò leggermente di lato rivelando la presenza, sul pavimento, di una decina di casse metalliche, tutte ermeticamente chiuse.
“Dovremo accontentarci dei reperti che gli uomini della CIA hanno prelevato sul posto; qui dentro ci sono i video integrali della sorveglianza, campioni di tessuti e di sangue, e così via”.
“Ovviamente non i dati dei computer…” azzardò Adam.
“Ovviamente” rispose Mac “non…”
“Lo so, lo so…non abbiamo le credenziali necessarie per accedervi” lo prevenne Flack.
Tacquero tutti.
Mac capì che i suoi uomini si aspettavano che dicesse loro qualcosa.
“So che è un’indagine dannatamente complessa…” riprese.
“Una corsa ad ostacoli, direi!” fece Stella.
 “Già” proseguì lui “ma la sicurezza della nazione potrebbe dipendere da come lavoreremo nelle prossime ore. Se deciderete di proseguire, pretendo da ciascuno di voi il massimo dell’impegno”.
Li guardò in viso uno per uno.
Nessuno disse nulla.
Nessuno si mosse.
Mac sorrise: era certo che non gli avrebbero voltato le spalle.
“Forza, al lavoro” disse.
Quello era tutto. Li aveva congedati.
Ad Adam e Flack toccarono i video delle telecamere interne, a Sid e Sheldon i campioni di tessuto prelevati dai cadaveri, mentre Lindsay e Danny esaminavano i reperti contenenti il sangue delle vittime ed i campioni di aria, acqua e delle altre sostanze rinvenute sul posto.
Stella e Mac, intanto, cercavano negli archivi informatici per verificare eventuali precedenti analoghi o segnali che denotassero una possibile matrice terroristica.
 
**********
“Un vero caso di sicurezza nazionale, wow!” disse Danny, abbracciando da dietro Lindsay, che era intenta a trasferire un campione di sangue da una provetta al vetrino che avrebbe poi passato sotto il microscopio.
La ragazza era nervosa e quel gesto inaspettato la fece sobbalzare.
La provetta si inclinò sul tavolo ed una minuscola - Dio, veramente minuscola - goccia di sangue schizzò Danny sulla pelle nuda, tra il guanto di lattice e la manica della camicia che l’uomo aveva arrotolata sull’avanbraccio.
Lui nemmeno se ne accorse, tanto era piccola.
“Stupido! Mi hai spaventata!” disse lei, tra il divertito e l’infastidito. A volte Danny faceva un po’ troppo lo spiritoso…
“Dai, Montana, non sarai mica preoccupata sul serio?” le chiese lui, con dolcezza, stringendola a sé.
Lindsay lo guardò negli occhi e la sua tensione si sciolse nell’abbraccio dell’uomo che amava.
 
CAPITOLO SECONDO
 
Da ore ormai la squadra di Mac Taylor lavorava senza concedersi pause: erano riusciti a ricostruire la dinamica della strage, ma ancora non avevano un’idea chiara circa le cause che l’avevano scatenata.
“Sembra che siano rimasti tutti intossicati” disse Stella a Mac.
Erano nell’ufficio di lui e stavano facendo il punto sugli sviluppi dell’indagine.
“Già” rispose l’uomo, scorrendo rapidamente il rapporto che la collega gli aveva portato.
“Intossicati” ripeté “…capacità di giudizio quasi nulle…sospetta contaminazione virale da agenti sconosciuti…” lesse.
“La cosa strana è che le analisi evidenziano attività sessuale disordinata…” proseguì Stella.
In quell’istante Lindsay entrò precipitosamente nella stanza.
Sembrava sconvolta.
“Presto venite!” ci mancò poco che gridasse “Danny ha qualcosa che non va!”
Stella e Mac le corsero dietro, fino al laboratorio: Danny era seduto ed il dottor Sheldon lo stava visitando.
Il ragazzo, tuttavia, pareva perfettamente normale; solo, aveva il viso madido di sudore ed il respiro accelerato.
Lindsay gli era corsa subito accanto e gli teneva la mano.
Mac rivolse uno sguardo interrogativo al medico.
“Danny…perché stai sudando in quel modo?” chiese al giovane collega.
“Come perché?” gli rispose lui, in un tono piuttosto aggressivo “Perché fa troppo caldo qui dentro!”
Stella e Mac si guardarono un istante, poi la donna intervenne.
“Beh, non mi sembra…e comunque non ti sembra un po’ esagerata come reazione?” gli domandò.
“Ok, ok” fece lui, più calmo “…ma quella era una domanda veramente cretina!”
Sheldon faticò a trattenere una risatina.
Lindsay, Mac e Stella, invece, si scambiarono un’occhiata carica di preoccupazione.
Dopo un istante di silenzio Danny riprese, rivolgendosi a Mac: “Ehi, capo…stavo scherzando!” gli disse allegramente.
 “Si, si…va bene” rispose lui, chiudendo il discorso.
Prese in disparte il dottor Hawkes ed insieme si allontanarono di qualche passo.
Prevenendo ciò che gli avrebbe chiesto, il medico gli disse: “Devo fare qualche altro test su Danny, si comporta in modo strano…”
“Fa presto, per favore” gli rispose Mac.
 Sheldon si rimise al lavoro.
A quel punto Mac chiese a Lindsay di seguirlo fuori dal laboratorio.
Una volta soli, le domandò: “Rispondimi, Danny si è comportato in modo violento?”
“No…no” rispose la donna, con voce tremante “era solo sconvolto e diceva cose senza senso…”
Mac percepiva con chiarezza la sua angoscia.
 “Sta tranquilla” le disse, sfiorandole il braccio “troveremo una soluzione…andrà tutto bene.”
Il detective Monroe gli rivolse uno sguardo pieno di speranza e rientrò per stare accanto a Danny.
 
 **********    
 
Non era passato molto tempo dalla loro ultima conversazione quando il dottor Hawkes portò a Mac i risultati delle sue analisi.
Lui e Stella stavano ancora controllando i rapporti, nel tentativo di far combaciare tutti i pezzi di quello che sembrava un puzzle assai difficile da ricomporre.  
“Allora, cos’hai scoperto su Danny?” chiese Mac al dottore.
“Da tutti gli accertamenti eseguiti non risulta nulla di anomalo…è solo molto agitato ed i sintomi sembrano quelli di una forte febbre, ma non ce l’ha…”
Mac rimase in silenzio un istante, riflettendo.
“Sheldon” disse poi all’amico “Tutte quelle persone sono morte…pensi che quello che le ha contagiate abbia contaminato anche questo laboratorio?”
“La verità è che non te lo so ancora dire, Mac” gli rispose il medico.
“I motivi della strage, secondo me, vanno ricercati nella follia o in un qualche turbamento emotivo” intervenne Stella “quello che non mi spiego sono le condizioni in cui i cadaveri sono stati scoperti…”
“E Danny?” le domandò Mac.
“Se non lo conoscessi bene, direi che è sotto l’effetto di qualcosa, oppure intossicato…” disse lei, dopo averci pensato un momento.
“Ma… dalle analisi non è emersa traccia di droghe, alcool o altro” concluse Sheldon.
I tre rimasero in silenzio, poi il dottore uscì per proseguire il suo lavoro.
Mac avvertiva su di sé il peso della situazione.
Probabilmente aveva messo i suoi compagni - i suoi amici - in grave pericolo, e non aveva idea di come uscirne.
Stella, come al solito, lesse sul suo viso ciò che gli passava per la mente.
Con delicatezza, appoggiò la mano sulla sua.
Lui alzò gli occhi ed i loro sguardi si incontrarono per un istante.
“E’ incredibile…” rifletté lui ad alta voce, con sgomento  “…un’intera squadra di agenti che perde completamente il controllo…”.
Prese il cellulare ed uscì dalla stanza. Doveva fare una telefonata, subito.
 
**********
 
Dopo neanche mezz’ora, Don Flack entrò precipitosamente nell’ufficio di Mac, che era seduto dietro alla sua scrivania, intento a studiare le ultime analisi eseguite da Sid e dal dottor Hawkes.
 “Mac!” lo chiamò.
Lui era talmente assorto che non lo sentì.
“Mac!” ripeté il poliziotto, toccandogli il braccio per richiamare la sua attenzione.
Notò che, nonostante non facesse particolarmente caldo, aveva tirato su le maniche della camicia fin quasi al gomito.
“Scusami, Don” rispose lui, alzando gli occhi “cosa c’è?”
“Pochi minuti fa” disse l’altro ed il suo tono tradiva una certa agitazione “sono arrivati degli uomini -  della CIA, dei servizi segreti, non l’hanno detto -  ed hanno fatto uscire tutti dal laboratorio tranne Adam, Danny, Sid, Lindsay, Stella, Sheldon e noi due”.
“Hanno detto che nessuno potrà entrare o uscire da qui fino a che la situazione non sarà chiarita!”
“Si, lo sapevo” rispose l’uomo, con una voce che suonò in qualche modo stonata “ li ho chiamati io…”
“Cosa?” ribatté l’altro, furioso “perché hai fatto una cosa del genere?”
Se non avesse conosciuto più che bene le sue capacità di giudizio, probabilmente gli avrebbe messo le mani addosso.
Mac si alzò in piedi.
“Calmati” gli disse “quasi certamente il laboratorio è stato contaminato…ciò che ha provocato la morte di quegli agenti ora minaccia anche noi, che siamo stati a contatto con i reperti”.
“Non ho potuto fare altrimenti” proseguì.
 Flack notò che parlare sembrava costargli una notevole fatica.  
“Non potevo rischiare che il contagio si estendesse… lo capisci, vero?”
Flack abbassò lo sguardo. Doveva ammettere che Mac, come sempre, aveva preso la decisione più giusta.
“Non tutto è perduto” concluse “Ho parlato con il dottor Hawkes, ha individuato nei campioni di sangue un agente virale contaminante e sta lavorando ad un antidoto”.
“Speriamo solo che faccia in tempo”.
A quel punto Mac fu costretto a sedersi.
“Ti senti bene?” gli domandò il collega, notando che aveva il viso imperlato di sudore e lo sguardo annebbiato.
“S…si” rispose lui, tergendosi la fronte “è solo che mi sembra di bruciare dentro…”.
“Dannazione!” pensò Don Flack uscendo.
“Anche Mac è stato contagiato… ed io l’ho toccato …”
Doveva trovare Stella ed avvertirla, immediatamente.
 
 CAPITOLO TERZO
 
Nella penombra del suo ufficio, il detective Mac Taylor cercava disperatamente di concentrarsi.
“Devo trovare una soluzione…devo trovare una soluzione” ripeté tra sé e sé.
Ma il suo cervello non voleva saperne di obbedirgli. I pensieri vagavano disordinatamente, si sentiva confuso, disorientato.
“Uff…” disse a voce alta, passandosi una mano tra i capelli umidi “oggi non ci sto proprio con la testa!”
In quell’istante entrò Lindsay; aveva il volto sudato ed i capelli scomposti.
Mac non si accorse che la ragazza, una volta dentro, aveva chiuso a chiave la porta dietro di sé.
Lindsay avanzò nella stanza.
“Certo che fa un caldo soffocante qua dentro!” disse, togliendosi il camice e gettandolo a terra.
Aveva in mano una cartellina piena di fogli.
L’appoggiò sbadatamente sulla scrivania davanti a Mac e, quando cadde, non si chinò a raccogliere le carte che si erano sparse sul pavimento.
Né lo fece Mac.
“Lindsay” fece l’uomo, guardandola in viso “che hai?”
Lei, per tutta, risposta, si infilò nello stretto spazio tra la scrivania e la sedia che occupava lui, sfiorandogli le ginocchia.
Gli si sedette proprio di fronte, sul bordo del tavolo.
Sporse il busto in avanti e lo guardò negli occhi, con insistenza.
“Lindsay…che succede?” ripeté Mac.
Si passò il dorso della mano sulle labbra. Bruciavano.
“Io…io…temo di essere stata contagiata…” rispose finalmente la ragazza, scostandosi dal viso una ciocca di capelli.
“Non so cosa mi sta succedendo, ho dei pensieri strani…”
“In che senso?” fece lui.
“Ad esempio” proseguì lei “ad esempio…confesso che in questo momento io ti trovo tremendamente…tremendamente” si interruppe e rise in modo vagamente isterico “…ma purtroppo non abbiamo tempo per questo genere di cose…” concluse.
“Q-Quale genere di cose?” rispose Mac, che ormai non era granché lucido.
“Oddio quanto mi piacerebbe mostrartelo…Mac!” fu la risposta di Lindsay.
Lui deglutì.
“Veramente…” disse, cercando disperatamente di darsi un tono “dovresti darmi del lei e chiamarmi tenente Taylor o almeno…Capo”.
“E va bene Capo” disse lei, sedendoglisi sulle gambe “ma allora tu dovresti chiamarmi detective Monroe…”
“Uhm…è vero…ho cominciato io a chiamarti Lindsay, quindi tu effettivamente…effettivamente, potresti…” fece lui.
Si interruppe.
Lindsay gli aveva messo una mano sul viso ed aveva iniziato a baciarlo dietro l’orecchio. Poi, sul collo.
Le sue labbra erano ardenti.
“Lindsay, per l’amor del cielo, cerca di controllarti! Tu…tu sei innamorata di Danny, voi state insieme!” disse lui, sforzandosi di opporre ancora una qualche minima resistenza.
“Oh, si” rispose Lindsay, senza smettere di accarezzarlo “io amo tanto Danny…ma lui è così…giovane e…inesperto…”
“Io, invece” proseguì “sono sempre stata attratta dagli uomini più grandi di me, seducenti…dall’aria vissuta…”
“Lindsay, ti prego, fermati” disse Mac.
Lindsay non si fermò.
Le sue mani, ormai, erano dappertutto.
“Lindsay…ti ordino di fermarti!” ripeté, con un tono che avrebbe voluto essere severo, ma che suonò esitante.
Lindsay non si fermò.
Mac sapeva che, ancora un istante, e non sarebbe più riuscito a fermarsi.
Ancora un istante ed avrebbe perso anche lui completamente il controllo.
Oops…quell’istante era passato.
 
**********
 
Nel frattempo, Stella Bonasera si era chiusa nel bagno delle donne.
Toltasi la giacca, si guardava allo specchio.
“Niente male, certo” pensò.
Eppure, quello che vedeva non la soddisfaceva del tutto, l’immagine che la lucida superficie le rimandava non esprimeva completamente ciò che, adesso, avvertiva con chiarezza dentro di sé.
Una mente libera, finalmente liberata. Capace di comprendere i propri desideri ed agire per realizzarli.
Frugò nella sua borsa e trovò il beauty del trucco, che, di solito, usava con grande parsimonia, attenta a che nulla nel suo look stonasse con l’immagine della perfetta detective che si era cucita addosso durante la sua carriera in polizia
Fino a quel momento.
Ora, invece, desiderava cambiare la sua immagine. Ne aveva un disperato bisogno.
Sentiva un caldo terribile; un fuoco inestinguibile le ardeva nelle vene.
Nel tentativo di trovare sollievo, mise la testa sotto la fontana, ma l’acqua fredda non le portò nessun giovamento.
Poi, gettò all’indietro i folti capelli, zuppi d’acqua.
“Ecco” pensò, guardandosi di nuovo allo specchio “forse così può andare…”.
Legò strettamente i riccioli sulla nuca in un voluminoso chignon, dal quale scappava solo qualche ciocca maliziosa sulla fronte e sulle tempie.
Si truccò con cura, come se dovesse andare ad una festa.
Indugiò sulle labbra, che volle di un carminio acceso.
Infine, si tolse la camicetta, restando solo con il top nero che portava sotto.
“Già” pensò soddisfatta, girandosi di tre quarti verso lo specchio “così va molto meglio!”.
Uscì dal bagno.
Si mosse sinuosa, quasi ancheggiando, per i corridoi deserti del laboratorio.
Arrivata all’ufficio di Mac, spinse la porta, ma, stranamente, la trovò chiusa a chiave.
Dall’interno.
Lo chiamò, senza ottenere risposta.
Guardò verso l’interno, ma era tutto buio e non riuscì a distinguere nulla.
In verità, appoggiando l’orecchio al vetro, sentì dei rumori soffocati, che, tuttavia, non fu in grado di riconoscere.
Attese ancora un istante.
Intanto, il delirio che la consumava era divenuto intollerabile.
Sbuffò, allontanandosi.
Evidentemente, pensò, proprio non era destino.
Del resto, c’erano tanti altri uomini sulla faccia della terra…e lei non si era mai sentita bella e desiderabile come in quel momento.
A quel punto, incrociò…
 
CAPITOLO QUARTO
 
A quel punto Stella incrociò Sid Hammerback.
I loro sguardi si incontrarono.
“Ehi Stella…accidenti!”disse lui “ma cos’hai fatto?”
“Non ti piace il mio nuovo look?” rispose lei e, con delicatezza, gli posò una mano sul petto, dove finiva il camice.
Lui avvertì il suo tocco ardente sulla pelle.
“Scherzi? Sei…favolosa!” ribatté lui “non credevo potessi essere così…” si interruppe, temendo di dire qualcosa di sconveniente; in fondo, lei era pur sempre una collega anziana ed anche un’amica.
“Così…come?” insisté lei, senza spostare la mano e, anzi, avvicinandosi a lui sempre più.
“Così…sexy” concluse lui, distogliendo lo sguardo per l’imbarazzo.
Rimase in silenzio un istante, chiedendosi come mai, improvvisamente, avesse iniziato a sentire caldo, così tanto caldo…
Ad un tratto, Stella lo spinse con energia all’interno della sala autopsie, che era lì accanto.
Gli si fece sempre più vicina, senza staccare gli occhi dai suoi.
Gli accarezzò piano il viso.
Lui, colto di sorpresa, le fece: “Stella, ma…che stai facendo? Fermati…siamo amici, da tanti anni ormai…”
“Appunto!” rispose lei, con voce morbida come il velluto.
“Io…io sono un uomo sposato…” azzardò Sid.
Stella, con un gesto veloce ed abile, afferrò gli occhiali dell’uomo per le stanghette e glieli tolse, aprendone la chiusura situata all’altezza del naso.
Poi, li lasciò cadere a terra.
“Dovresti sapere che io non sono assolutamente gelosa…” rispose.
Quindi, con la punta del dito indice seguì lentamente il profilo del volto di Sid: piano piano, la fronte, il naso, le labbra…
“Sai a quanti anni sono stata abbandonata?” gli chiese con voce carezzevole.
“Ehm…temo di no” rispose lui, passandosi la mano sulla fronte madida di sudore.
“Ero una bambina piccolissima” proseguì la donna “…ma sono sopravvissuta, ho imparato a difendermi dal male che mi circondava, mi sono costruita una corazza per non soffrire…”
Fece una pausa carica di sottintesi.
“…ma ora ho un gran bisogno di dolcezza…di gioia…di amore”.
“E li voglio da te” aggiunse.
 
**********
 
Adam Ross aveva appena finito di visionare tutti i filmati ripresi dalle telecamere di sorveglianza della struttura segreta dove si era sviluppata la contaminazione.
Ciò che aveva scoperto in questo modo poteva essere di fondamentale importanza per risolvere il caso e lui voleva al più presto condividerlo con Mac.
Sorprendendosi di non vedere nessuno dei suoi colleghi al lavoro, alle loro postazioni abituali, corse verso il suo ufficio.
Stranamente, però, la porta era chiusa a chiave. Dall’interno.
Era tutto buio e nessuno rispose ai suoi richiami.
Il passo successivo, allora, era cercare Stella.
Passò accanto alla sala autopsie: anche lì una porta chiusa, penombra e nessuno al lavoro.
Appoggio l’orecchio alla porta e - pur non capendo chi ci fosse nella stanza - ciò che sentì era inequivocabile.
“Accidenti!” pensò. Doveva essere accaduto qualcosa di grave.
Ricordando ciò che aveva visto nelle registrazioni, capì che, probabilmente, tutti i suoi amici erano stati contagiati.
Senza fiato, disperato, corse attraverso tutto il laboratorio.
Alla fine, notò una luce accesa nella stanza di Sheldon.
“Oh Dio!” disse tra sé e sé “So che non ti ho consultato molto spesso ultimamente, ma ti prego, TI PREGO, fa che almeno Hawkes sia ancora padrone di sé!”.
Entrò nella stanza. Il dottore era ancora al microscopio.
“Sheldon!” lo chiamò.
“Adam…che succede? Stai bene?” gli chiese l’altro, sorpreso dall’irruzione dell’amico.
“Io…si, ma tu non ti sei accorto di nulla?” rispose il ragazzo, in preda ad una viva agitazione.
“No, sono qui dentro da ore a cercare di sintetizzare un antivirale capace di contrastare l’agente contaminante che ha ucciso quegli agenti, ma…perché me lo chiedi?”
A quel punto, Adam chiuse la porta a chiave.
“Che stai facendo?” gli domandò il medico.
“Svelto, aiutami!” fece l’altro, cercando di spostare un pesante tavolo di metallo davanti alla porta per creare una sorta di barricata.
“Adam, per caso sei impazzito?” insisté Sheldon. Tuttavia, quando lo guardò in viso, il terrore che lesse nei suoi occhi lo persuase ad aiutarlo.
Insieme, sistemarono il mobile.
Ora sarebbe stato quasi impossibile entrare lì.
“Adesso vuoi dirmi, per favore, che sta succedendo?” incalzò il dottore.
 “Ok, ok” rispose il ragazzo, ancora visibilmente scosso.
Gli illustrò brevemente il contenuto delle riprese della base, da cui aveva desunto che un agente contaminante sconosciuto era stato la causa di un fortissimo sconvolgimento emotivo, che aveva determinato negli agenti l’abbandono totale di ogni forma d’inibizione; ne erano seguite, in un primo momento, euforia ed allegria…eccitazione…
Tuttavia, proseguì Adam, dopo qualche tempo l’ebbrezza era degenerata; i comportamenti divenuti insensatamente violenti.
Ciò che aveva visto, e che non avrebbe facilmente dimenticato, erano state aggressività gratuita e follia omicida. 
“In pratica” concluse “si sono massacrati a vicenda”.
Sheldon aveva ascoltato senza emettere un fiato.
 “Mio Dio” fece poi, profondamente turbato “tutte quelle persone…”
Ad un tratto, mise insieme la storia che Adam gli aveva appena raccontato, il singolare atteggiamento di Danny e lo stranissimo comportamento di poco prima del suo collega.
 Tutto gli apparve chiaro.
“Adam…” disse “vuoi dire che…”
“Si” rispose l’altro “Mac, Stella e gli altri…credo che siano stati tutti contagiati dallo stesso agente patogeno!”
 “E Danny…e Flack?” chiese ancora il dottor Hawkes.
“Non li vedo ormai da ore…” fu la risposta.
Tacquero entrambi un istante.
Quindi, il medico domandò: “Secondo te quanto tempo abbiamo prima che…” si interruppe, non avendo il coraggio di tradurre in parole le immagini orrende che si erano appena formate nella sua mente e che avevano come protagonisti i suoi colleghi, i suoi amici più cari.
“Credo” fece Adam, dopo una breve riflessione “meno di due ore…e poi sarà troppo tardi. Per tutti loro. E forse anche per noi”.
Sheldon non rispose. Entrambi fissarono il microscopio al quale il medico stava lavorando.
Indovinando ciò che il collega gli avrebbe chiesto di lì ad un istante, il dottor Hawkes disse: “Io credo…cioè…penso di essere riuscito a sintetizzare un antidoto, ma non sono riuscito a testarlo… e certo non posso farlo adesso, sarebbe troppo rischioso uscire da qui…”
“Dannazione!” esclamò con rabbia. Erano, dunque, perduti?
“Aspetta” fece Adam “…puoi testarlo su di me!”
“Ma tu non sei stato contagiato…” ribatté Sheldon, scoraggiato.
“Non ancora…” rispose l’altro e, prima che il medico potesse fermarlo, afferrò una delle provette contenenti il sangue contaminato, che Sheldon aveva usato per il suo lavoro, e se ne versò una piccola goccia sul dorso della mano.
“Sei impazzito?!” disse Hawkes strappandogli di mano l’ampolla, che si fracassò al suolo in mille pezzi “non sappiamo se l’antidoto funzionerà…per quanto ne so, potrebbe anche essere più velenoso del virus!”
“Penso che il contagio si diffonda per contatto…” rispose Adam, come se parlasse più che altro a se stesso.
Si sedette in un angolo ed i due attesero in silenzio per un tempo che sembrò loro infinitamente lungo.
Ad un tratto, sentirono una voce, proveniente dall’esterno.
La riconobbero: era Stella.
“Ehi…c’è qualcuno là dentro?” chiamò.
Sembrava completamente ubriaca.
“Ehi…ragazzi?” ripeté.
“Adam…Sheldon…siete lì, vero?” disse una voce che, con incredulità e sgomento, riconobbero in quella di Mac “avanti, venite fuori…”
“Ci stiamo divertendo come pazzi qui!” aggiunse Stella.
“Ehi aprite!…sono il vostro capo…vi ordino di aprire…” disse Mac, con una risata.
Adam e Sheldon  si guardarono, con apprensione.
Ormai, non avevano molto tempo.
Da fuori, intanto, gli altri continuavano a chiamarli, alternando toni minacciosi e richiami allegri.
Poi, cominciarono a battere contro la porta con energia, ma la barricata eretta da Adam per fortuna resse.
Ad un tratto, questo si alzò ed andò verso la porta; tentò di spostare il pesante tavolo, ma non ci riuscì…evidentemente il contagio si stava manifestando anche in lui.
Sheldon capì che doveva agire senza indugio.
Con un gesto rapido e preciso, il medico gli iniettò l’antidoto nel braccio destro, poco sotto la spalla.
 “Ahio!” fece l’altro, massaggiandosi con energia.
Il dottor Hawkes, sebbene non fosse un tipo particolarmente religioso, pregò che l’antidoto funzionasse…ed anche in fretta.
Non avrebbe avuto una seconda possibilità.
Per fortuna, dopo qualche istante, Adam disse: “Ehi…ma cosa c’era là dentro? Mi sento la testa più sgombra…”
Sheldon tirò un sospiro di sollievo: l’antidoto funzionava e, quanto pare, rapidamente.
Adesso, dovevano darsi da fare.
Per prima cosa, Sheldon si iniettò anche lui una dose.
Poi, lavorando entrambi, prepararono quelle necessarie per tutti gli altri.
“Bene” disse il medico ad Adam “ora andiamo…prima che là fuori qualcuno si faccia male…”
 
EPILOGO
 
Ormai, la situazione, nel laboratorio della Polizia Scientifica di New York era tornata alla normalità.
L’ebbrezza era scomparsa e nessuno, per fortuna, aveva riportato serie conseguenze.
Mac li aveva nuovamente chiamati tutti in sala riunioni; sentiva l’esigenza di dire loro qualcosa.
Sulla porta, Stella fece entrare tutti gli altri ed attese che arrivasse Sid.
Lo trattenne un istante sulla soglia e, quando fu sicura che nessuno l’avrebbe sentita, lo fissò negli occhi e gli fece: “ Sid , ho intenzione di dirtelo una volta sola…NON E’ MAI SUCCESSO!”
Il suo tono non ammetteva repliche.
Poi, entrò ed il dottor Hammerback la seguì, con aria mesta.
Mac iniziò a parlare.
 “….quindi, penso converrete con me” concluse Mac dopo averli guardati in viso uno ad uno ed avere indugiato un istante in più su Lindsay, che sostenne il suo sguardo “…che l’efficienza della nostra squadra migliorerà sensibilmente se, d’ora in avanti…” a quel punto Stella guardò Sid in tralice, Mac fissò Lindsay e Danny si girò a guardare verso Flack, che era proprio alle sue spalle e ricambiò la sua occhiata “…eviteremo le tentazioni!”.
 
Meno di tre mesi dopo, Lindsay annunciava a Danny di essere incinta.
 
FINE  
 
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della CBS. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 
O viandante dell'etere, che passi di qua, fermati, leggi e, se tiva, lascia un commento. Una recensione: un piccolo passo per te, un grande passo per l'umanità (ok, non proprio per tutta l'umanità, ma per qualcuno sicuramente!).
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > CSI - New York / Vai alla pagina dell'autore: margheritanikolaevna