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Autore: Medea00    21/09/2011    14 recensioni
Ecco la storia di Blaine...narrata proprio dagli occhi di Blaine. Dal suo primo arrivo alla Dalton fino al fatidico incontro con Kurt, e da lì in poi, tutte le scene topiche del telefilm raccontate dal punto di vista di Blaine, ma non solo. Fanfiction Blaine (e ovviamente Klaine)-centrica.
Mi hanno detto di dire che non scrivo per scopi di lucro e che tutti i personaggi da me trattati appartegono a Ryan Murphy e alla Fox. E già che ci siamo aggiungo che tutti i riferimenti a fatti e persone sono puramente casuali, ahah!
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Tratto dal capitolo 15:
E non riuscii più a negarlo: anche lui piaceva a me. Mi piaceva il suo sorriso, il suono della sua risata, la sua stravaganza, e perfino la sua insolenza. Mi piaceva quando fuori facevano venti gradi e lui indossava un cappotto invernale. Mi piaceva quando piangeva, e non avevo mai creduto fosse possibile, ma ogni volta che vedevo quelle lacrime provavo l’irrefrenabile istinto di baciarle via, perché era bellissimo, anche con la fronte imperlata di sudore e una smorfia di disappunto dipinta sulle sue labbra.
Mi piaceva così tanto da star male. Perché non riuscivo più a non pensare a lui, e alle sue morbide labbra premute contro le mie. Perché, in quel momento più che mai, la mia mente riepilogò quel discorso fatto a San Valentino.
E cominciai a riflettere.
Genere: Comico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 32
Un nuovo addio

 
Pensavo che, visto come si era concluso, il ballo fosse ormai un capitolo chiuso e piuttosto bene, perfino.
Eppure, a distanza di giorni, Kurt sembrava turbato: nelle rare volte in cui i nostri impegni ci concedevano una serata libera, e ci incontravamo per andare al cinema, o a cena fuori, lui sembrava spesso silenzioso e in generale disattento. Pensai che fosse ancora sotto shock per tutta quella faccenda dell’incoronazione, ma cominciai a credere che non fosse quello il vero problema, dal momento che veniva trattato con tranquillità e talvolta perfino con ironia, quando Kurt si vantava della bellezza della sua corona rispetto a quello di Kate Middleton, e sosteneva la superiorità della sorella Pippa sia in campo estetico che intellettuale; c’erano delle volte, però, in cui si perdeva in chissà quali pensieri, e i suoi occhi si facevano incredibilmente profondi, tanto che rischiavo di annegare dentro, per quanto fossero belli. Non sapevo per quale motivo stesse in quel modo e lui non sembrava avere intenzione di dirmelo, ma nemmeno io lo forzavo a farlo: sapevo bene che, in quei casi, dovevo lasciargli i suoi spazi, e aspettare pazientemente la sua prima mossa; e così fu. Con mia grande sorpresa successe di notte, attraverso una telefonata che mi fece sobbalzare per lo spavento.
“Kurt!?”  Esclamai, facendo scattare in piedi Flint che per poco non cadde giù dal letto. Erano le tre di notte; è scientificamente testato che le telefonate alle tre di notte non portino mai buone notizie. Strinsi il telefono tra le mie dita rischiando seriamente di romperlo, e il mio cuore si congelò durante quegli attimi che precedevano una qualsiasi sua risposta:
“Blaine…Oddio, ma che ore sono? Ti ho svegliato? Ma che dico, ti avrò svegliato sicuramente…non-non so nemmeno che mi è preso, non avrei dovuto chiamarti, mi dispiace…”
Non si era nemmeno accorto dell’ora?
“Che succede?” Domandò allarmato Flint, e io lo rassicurai con un gesto della mano, per poi avvicinarmi ancora di più alla cornetta.
“Kurt, va tutto bene? E’ successo qualcosa?”
“Sto bene.” emisi automaticamente un enorme sospiro e mi riaccasciai sul letto, palesemente sollevato; o almeno, fino a quando non continuò: “E’ solo che…”
“Cosa?” Incalzai, e un attimo dopo mi pentii di averlo fatto. Kurt faceva fatica a parlare, e le mie frecciate impulsive di certo non lo aiutavano nell’intento; eppure, alla fine, mi rivelò il problema.
“Ho avuto un incubo.”
E tutto ciò che riuscii a dire fu: “…Oh.”
Mi accorsi che la sua voce non era così ferma come voleva far credere; mi alzai a sedere, passandomi una mano trai capelli scompigliati, e dopo aver sussurrato a Kurt “aspetta un attimo” guardai Flint, e gli lanciai un’eloquente occhiata di scuse. Non ci volle molto per recepire il messaggio: avevo bisogno di parlare con Kurt, da solo.
“Andiamo Blaine! –sbottò lui- domani ho tre ore di trigonometria, ho bisogno di dormire!”
Sfoggiai l’espressione più tenera e supplichevole che l’orario poteva concedermi, e fortunatamente funzionò.
“Ok, va bene, andrò da Colin e Ed. Ma tu domani sarai il mio servetto personale, ti avverto.”
Annuii e lo ringraziai lusingato, così tanto da scandalizzarlo e farlo volare via con coperte e cuscini.
“Scusami, Kurt, adesso ci sono. Dimmi tutto.”
Evidentemente, quella pausa gli servì a tornare più lucido, a giudicare dal tono serio con cui mi disse: “Non è un vero incubo, cioè, non è niente di importante. In effetti, ti ho chiamato per una sciocchezza, dovremmo tornare a dormire.”
Oh, quanto avrei pagato per stare con lui in quel momento, stringerlo a me, accarezzarlo dolcemente, riempirlo di baci fino a quando non si fosse addormentato... ma tutto ciò che potevo fare, invece, era trasmettergli il mio affetto tramite le parole.
“Kurt –ribattei, con voce estremamente dolce e morbida- mi hai chiamato alle tre di notte, ed eri spaventato da morire, per me questo è importante. E ti assicuro che non mi hai dato nessun fastidio, anzi: sono felice che tu mi abbia telefonato. Francamente, mi sento quasi lusingato.”
Lo sentii emettere un minuscolo gemito, come se stesse sorridendo.
“Ne vuoi parlare?”
Mi chiesi che cos’avesse sognato per traumatizzarlo tanto. Perché, insomma, Kurt ne aveva davvero passate di tutte i colori, e francamente per indovinare il soggetto di quell’incubo avevo l’imbarazzo della scelta: aveva forse sognato di perdere le nazionali, di fallire miseramente nel suo sogno? No, scartai immediatamente quell’idea, perché Kurt non sarebbe stato così avvilito per un sogno simile, al contrario, mi avrebbe chiamato infuriato e ne avrebbe approfittato per reiniziare un’invettiva contro quel Jessie St James che aveva osato criticare aspramente la sua performance di Some People; cosa che, oltretutto, fece imbestialire anche me: quale essere fuori di testa aveva osato criticare un’esibizione di Gipsy fatta da Kurt!? Tutta invidia, dicevo io.
Ma quindi, se non era per il Glee Club, cos’altro poteva essere?
Ci fu un momento di esitazione, nel quale io trattenni il respiro, e lui fece tutto l’opposto.
“Non importa – sospirò, con tono molto più calmo- Adesso sto bene.”
Restai interdetto: “Sei sicuro? Guarda che non è un problema, cioè, se vuoi sfogarti io…”
“L’ho già fatto.” La sua risposta mi lasciò ancora più perplesso, ma ormai mi ero rassegnato all’imprevedibilità del mio ragazzo; francamente, era uno, anzi, l’ennesimo lato di lui che mi faceva impazzire.
“Grazie.” Aggiunse, e la sua voce soave mi provocò un tuffo al cuore.
“Figurati, Kurt. Dovere.” Sfoggiai con un languido sorriso che sperai potesse immaginare attraverso il telefono.
Lui ridacchiò, e con quell’ultimo gesto capii che era veramente tutto apposto.
Ci scambiammo di nuovo la buonanotte e ritornammo a dormire, e io, nella mia piccola stanza della Dalton, continuai a ripensare a quell’insolita chiacchierata e a riepilogare frase per frase, un po’ confuso, un po’ disarmato da tutti quei sentimenti che continuavano a invadere il mio corpo, senza che io riuscissi a dar loro un nome.
E mi addormentai così, con il volto angelico di Kurt impresso nella mia mente, e un piacevole calore incastonato nel mio cuore.
 
 
“Come sta Kurt?”
Ed, Colin, Nick e Flint mi fecero quella domanda in perfetto sincrono, e per un attimo mi sentii incredibilmente fiero degli allenamenti degli Warblers.
“Tutto bene. Ha passato una notte agitata, tutto qui.”
“Sarà in ansia per le Nazionali...” commentò il moro, e potei percepire una vena di invidia misto a rimpianto.
“Giusto! –Esclamò Ed- Manca poco ormai, vero?”
Annuii. “Partirà questo weekend.” E non volli nemmeno pensare a quei interminabili tre giorni nei quali saremmo stati a centinaia e centinaia di chilometri.
Nick batté una mano sul tavolo: “Facciamo il tifo per loro! Soprattutto per Kurt: merita davvero di coronare il suo sogno.”
“Già –fece Colin- sognava New York da una vita, vero? Me lo avrà detto un centinaio di volte.”
“Per forza, è il suo trampolino per il college…”
“Se vince quello, la Juliard è assicurata!”
Riabbassai involontariamente lo sguardo, non sapendo se sentirmi emozionato, o soltanto incerto: Kurt sarebbe andato a New York. E non solo per tre giorni, che già di per sé mi sembravano un inferno da sopportare: Kurt si sarebbe trasferito definitivamente dopo il diploma. Era una cosa talmente decisa e concreta che potevo percepirla come un’ombra minacciosa sulle mie spalle, anche se si trovava a più di un anno da me.
“Ragazzi… -esordii, con tono leggermente sospeso – avete già pensato al vostro futuro?”
La raffica di frasi che arrivarono subito dopo provocarono nella mia faccia un crescendo di espressioni scandalizzate.
“Certo.”
“Naturale.”
“C-Che cosa!?”
“Ad essere sinceri, io ho un leggero dubbio tra Yale e Harvard, ma a parte questo, è ovvio, Blaine.”
“Yale e Harvard!? Amico, non c’è nemmeno bisogno di pensarci: devi andare assolutamente ad Harvard!”
“Sì beh, ho provato un pre-test di ammissione in entrambe le università, e mi hanno detto che ho buone possibilità in entrambe, quindi…”
“E’ logico che ci abbiamo pensato! Altrimenti mi spieghi perché diavolo saremo in questa scuola di damerini a farci il mazzo dalla mattina alla sera?”
Non risposi, perché, davvero, non avrei saputo che cosa dire; e per la seconda volta parlarono con un coro sincronizzato, facendomi sentire ancora più insignificante, e perfino più piccolo di quanto già fossi.
“E tu?”
Deglutii. “Io…non lo so.”
“Come sarebbe a dire, non lo sai?”
“Non ci ho mai pensato sul serio, ecco. Fino ad ora ho Kurt, ho gli Warblers, e non ho mai avuto bisogno di pensare a cos’altro potessi desiderare.”
Mi fissarono allibiti. “Questo è molto romantico da parte tua.”
“E incredibilmente stupido.”
“Il tuo ragazzo ha già deciso, Blaine, e senza ombra di dubbio! Se non vuoi finire per commettere una scelta troppo affrettata, ti conviene seguire il suo esempio.”
Mi ammutolii: avevo appena ricevuto una paternale dai re dell’ozio e dello “evitare il più possibile qualsiasi sorta di problema”. Quello sì che era un colpo basso, e cosa ancora più terribile, avevano perfettamente ragione.
 
 
“Blaine?”
Le mie orecchie non si erano ancora del tutto connesse al cervello: per questo mormorai “Kurt?” quasi incredulo, mentre con la mano cercavo inutilmente di aprire i miei occhi stanchi.
“Blaine…ma hai risposto al telefono nel sonno?”
“Telefono?”
Aggrottai le sopracciglia.
“…Sonno?”
Ma dove mi trovavo?
Fissai il mio letto, il pigiama, poi il telefono illuminato dalla chiamata sul display, e poi, automaticamente, la sveglia appoggiata sul comodino; con il suo ticchettio freddo segnava le cinque di mattina.
“Hai superato il tuo record personale, Kurt…”
Lui balbettò qualcosa, chiaramente mortificato, e io rimediai subito facendomi più dolce: “Hei, sto scherzando, dai. Un altro incubo?”
Notando la sua assenza di risposta, mi misi composto e questa volta uscii dalla stanza, finendo per sedermi contro la porta esterna della mia camera.
“Lo stesso di ieri sera?” Domandai infine, e potei sentire la sua gola emettere un respiro mozzato a metà.
“E’ il funerale.” Disse infine; il mio sguardo si accese di colpo.
“Quale funerale?”
“Il funerale della sorella della coach Sylvester… lo stiamo organizzando con il Glee Club.”
E fu in quel momento che, in modo molto cauto, ma estremamente forte, cominciai a capire qualcosa.
“Stiamo facendo una canzone della fabbrica di cioccolato, abbiamo arredato la camera ardente di palloncini e foto…”
Sorrisi, ma in modo molto tirato: dentro di me, una sensazione pesante, amara, cominciò ad attanagliarmi, trascinandomi verso il fondo.
E poi, sentendo la sua ultima frase, tutta l’ansia accumulata scivolò via come un battito di ciglia.
“E finisco per ripensare a lei.
Ci penso ogni giorno, Blaine, ogni secondo… a volte vado in camera sua, e comincio ad annusare tutti i vecchi vestiti nel suo armadio. C’è ancora il suo odore…ti rendi conto, Blaine? Dopo tutto questo tempo, è come se… come se fosse ancora lì con me. E poi…poi io mi sento incredibilmente triste, e solo, e…”
“Kurt, Kurt, ti prego, calmati.” Sussurrai, perché il suo discorso si era fatto ormai un lamento incostante e i respiri dei singhiozzi sommessi. E il mio cuore cominciò a battere freneticamente, mentre il mio corpo cominciava a sentirsi incredibilmente pesante.
“Non so quello che stai provando, non posso nemmeno immaginarlo…ma mi dispiace, Kurt, mi dispiace così tanto.”
“Blaine –mugolò- Blaine, ti prego, stai un po’ al telefono con me.”
Quella richiesta umile, disperata, carica di amore, mi fece trasalire e allo stesso tempo commuovere.
“Ma certo Kurt, starò con te fino a quando non ti addormenterai, starò con te per sempre.”
Sentii il suo respiro farsi leggermente più regolare: “Lo so.”
Sembrò dire qualcos’altro. Eppure, l’ennesimo rantolo gli impedì di continuare. Strinsi ancora più forte il telefono, e allo stesso modo tentai con tutto me stesso di calmarmi e riacquistare un briciolo di forza, anche se mi straziava sentire Kurt in quello stato, anche se mi distruggeva non poterlo tenere tra le mie braccia.
Dovevo farlo calmare. Kurt aveva bisogno di me, mi aveva chiamato, mi aveva supplicato di dargli una mano, e io feci tutto il possibile per trasmettergli almeno un briciolo del mio conforto.
Cominciai a cantare, dapprima in modo soffuso, e quasi impercettibile; ma poi, dopo qualche nota accennata, e qualche suo singhiozzo metallico, iniziai a sussurrare dolcemente.
Non era una melodia premeditata: era una cosa strana, istantanea, nata da tutta quell’angoscia e strettamente legata al nostro amore. Assomigliava molto ad una ninnananna, anche se priva di parole.
Era dolce, proprio come lui. Era intensa, proprio come me.
Ed era perfetta. Come il rapporto che ci univa.
 
 
 
Faceva freddo, quel pomeriggio. Per essere a Maggio era sin troppo ventilato e alcuni i fiori non erano ancora del tutto sbocciati: era come se la Primavera fosse arrivata un po’ in ritardo, in quel piccolo cimitero di Lima.
Kurt indossava una camicia bianca e un gilet nero, abbinato ai pantaloni: non sembrava in lutto. Più che altro, sembrava un figlio che si era messo elegante per trovare sua madre.
Per quel breve tragitto che ci portò alla lapide, le nostre mani non smisero di stringersi nemmeno per un secondo.
E, alla fine, ci fermammo davanti ad un cumulo di pietra chiara.
“Eccola.”
Non avevo mai visto la mamma di Kurt: in casa sua non c’erano foto, e se c’erano, non avevo mai avuto modo di vederle.
Non mi sarei mai aspettato di poter ammirare una donna così bella.
Aveva la pelle nivea, i capelli chiari, e dei lineamenti dolci e femminili. Il suo sorriso era raggiante, così come i suoi occhi chiari e splendenti.
E ogni cosa, qualsiasi cosa di quella foto, mi ricordava l’uomo che amavo.
“Kurt, è…è bellissima.”
Lui annuì. Era ovvio, era completamente d’accordo.
“Avresti dovuto vederla dal vivo: era mozzafiato.”
“Non ne dubito” sussurrai, continuando ad ammirarla incantato.
Non mi accorsi dello sguardo commosso di Kurt, che adesso era puntato su di me, e sulla mia espressione.
Appoggiò una testa sulla mia spalla. Io mi feci più vicino, cingendogli la vita con un braccio, e lasciando che versasse qualche lacrima in silenzio.
E poi, dopo un lungo silenzio, in modo gentile, e completamente sincero, disse una cosa che mi toccò profondamente.
“Le saresti piaciuto molto.”
Non mi ero nemmeno accorto di aver cominciato a piangere.
Perché quella era la madre di Kurt, e lui l’amava più di se stesso, ed era lì, proprio di fronte a noi, quasi come se potessimo sentirla, eppure, così irrimediabilmente lontana.
Non avevo mai creduto in Dio, nel Paradiso o cose simili. Ma in quel momento pregai con tutto me stesso che esistessero davvero, perché Kurt doveva reincontrare sua madre, non era giusto che fosse già tutto finito, così, senza nemmeno avergli dato l’opportunità di crescere insieme, piangere, ridere; non sarebbe stata presente al diploma di fine anno. Non lo avrebbe salutato mentre era in partenza per il college, e non avrebbe avuto un posto riservato per il suo primo spettacolo a Broadway. Non avrebbe litigato con lui per il vestito da indossare a serate di gala, non avrebbe lanciato qualche commento indiscreto e fuori moda, rischiando seriamente di farlo infuriare; ma Kurt non si sarebbe mai infuriato, non con sua madre, la donna più importante della sua vita. E lei non sarebbe stata presente nella sua. Non avrebbe mai avuto modo di conoscere l’uomo che ama.  
Ma, dal canto mio, io quel giorno feci la sua conoscenza, tramite Kurt. Perché ci sedemmo l’uno abbracciato all’altro sull’erba fresca dinanzi a lei, e lui cominciò a raccontarmi tutti i vividi ricordi rimasti nella sua memoria, e mi disse di come la costrinse a fare il giro dell’isolato per rincorrere una farfalla, o di quando lei si presentò da lui vestita in modo incantevole, e prima di metterlo a letto gli accarezzò la guancia, gli narrò una storia inventata spacciandosi per una principessa. E al piccolo Kurt non fu difficile crederle, perché lei era bellissima, più bella di qualsiasi altra donna presente nei suoi libri, o nei cartoni che tanto amava.
E i suoi occhi si facevano sempre più limpidi mentre si soffermava per una risata, un sospiro, o una lacrima.
Senza neanche pensarci, tutte le volte, mi avvicinavo e gli baciavo la guancia, seguendo la scia del suo pianto, e poi l’angolo della bocca, seguendo la scia del suo cuore.
Mi resi conto, attraverso quei tocchi leggeri e caldi, di quanto realmente fosse collegato al mio.
 
 
**
 
 
Ok.
Sono completamente divisa a metà.
Una parte di me piange perché è il penultimo capitolo (terzultimo, se contiamo l'epilogo) e perché l’ho fatto estremamente melodrammatico.
Un'altra parte sta SCLERANDO.
Perchè dopo 118 GIORNI, è reiniziato GLEE. E’ RITORNATO IL KLAINE!!!!
Non so davvero come esprimere i miei sentimenti adesso, quindi ricorrerò al sempre efficace eloquente urlo Urukai di Monochrome (che non smetterò mai di ringraziare per aver betato diversi e sostanziosi capitoli <3)
KLAINE
K L A I N E
KURT
BLAINE
NUOVE SCENE KLAINE
NUOVE FACCE KLAINE
NUOVO KLAINEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE
AIEBIRBUIEABTILEBRILTBGUOIBOFUòHBOGNION
 
Ma vi rendete conto? Sono così emozionata da questa season première che se prima avevo qualche dubbio sul fare un sequel di questa fanfic, adesso stanno diventando tutti delle grandissime certezze: io DEVO scrivere di Blaine. Cioè, non posso non farlo, dai! Mi hanno messo delle scene del genere su un piatto d’argento….Oddio, come faccio!? No, devo calmarmi.
Magari comincerò un sequel di Blame it on Blaine durante le vacanze invernali. Almeno aspetto qualche altra puntata per capirci qualcosa, e formulare un buon piano.
Che altro dire?
Spero che questo capitolo non vi abbia demoralizzate troppo (e non pensate che è il penultimo, dai!), mi scuso per la lunghezza perchè è un po' più corto dei precedenti. Ma non vi preoccupate, il prossimo sarà bello sostanzioso! E poi non dimentichiamoci dell'epilogo.......cioè, dopo aver visto questa puntata....no, non voglio spoilerare nulla.
Vi ringrazio per tutto l’entusiasmo, le recensioni, le letture che mi avete regalato finora.
Davvero, siete fantastici.
 
Ps – un’ultima cosa! Io e mia moglie Lievebrezza abbiamo creato un contest Glee per tutti coloro che amano scrivere e soprattutto amano scrivere di Glee. Se avete tempo o voglia, date un’occhiata qui!
 http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9931875&tid=489f5ea4227fab25fbf5a6a1e8b975ec1aca386f6e9282132412b7961b88f9dc
   
 
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