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Autore: __Aivlis    22/09/2011    3 recensioni
Odio il freddo e costante mutare delle cose; e anche ciò che muta diventa parte integrante del lento scorrere dei giorni, e tutto sa di niente. Non c'è vetta che non valga la pena del viaggio, e l'unica cosa che sento di auspicarmi è che questa non sia l'eccezione che tutti colgono. Non un'altra monotona scia di invisibili emozioni, voglio che tu sia per me il tocco di rosso sulla mia tela immacolata; ciò che è immobile ma tutto muove. E non dirmi che sarai l'unico, dimmi che sarai il solo. Dimmi che questa sarà l'unica volta in cui "finalmente" sarà la parole d'ordine. E una nuova vita mi accoglie tra il verde dei suoi rami, e nuovi colori tempestano l'immacolato, e lo fanno vivo. Spero solo che ne sarà valso il viaggio.
Eloyn.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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© Amor vincit omnia.

Avvertimenti. La frase scritta tra virgolette prima del capitolo è presa dalla canzone "This in the house that doubt built" degli A Day To Remember, prima colonna sonora di questo ultimo capitolo. Sì, questo è l'ultimo. Dopodiché ci sarà l'epilogo e poi è finita. Inutile dire che sono decisamente molto triste per questo. Ed è così che vi saluto, mettendo tutta me stessa in quello che penso sia uno dei capitoli più intensi dell'intera fanfiction. Quindi, per immergervi meglio nell'atmosfera, vi consiglio di ascoltare la canzone che vi ho scritto prima e di seguito "Valentine's Day" dei Linkin Park e "Still Alright" di Adam Merrin. Queste sono le canzoni che hanno ispirato il capitolo, in particolare le ultime due. Quindi adesso vi lascio e ci vediamo a fondo pagina.

*

let's believe that if we all stand together we're a force that can shake the whole world”

Che il tentato suicidio di Zacky non fosse stato sbandierato ai quattro venti o dato in pasto agli squali dei media non significava assolutamente nulla. Quel fatto era stato un allarme che aveva fatto riflettere necessariamente tutti – con o senza giornalisti –, e forse questo silenzio era stato un po' il riflesso loro e di tutta quella serie di eventi. Era stato come una bomba scoppiata nel mezzo della confusione più totale – e dopo di essa più niente, il silenzio più assoluto –, anche se nel loro caso non si trattava di vera e propria confusione, ma più di mormorio di sottofondo, quello di un branco che si risveglia piano piano dal proprio letargo, la famosa quiete dopo la tempesta.
Per Eloyn, in particolare, vedere Zacky sdraiato sul pavimento freddo del bagno di casa sua, con il braccio nella vasca piena d'acqua rossastra, era stata una cosa straziante. In quel momento, dopo aver chiamato l'ambulanza, si era sentita sbiancare e aveva percepito chiaramente le ginocchia cederle. In lontananza, la voce di Brian le aveva consigliato di mettersi seduta da una parte e di non fare assolutamente niente. Così aveva fatto, perché in quel momento ragionare con la testa di Brian invece che con la sua era l'unica cosa che sarebbe riuscita a fare. Poco dopo era arrivata l'ambulanza e l'aveva portato via.
La seconda scena che l'aveva sconvolta era stata in ospedale, il giorno dopo, e in qualche modo le era sembrata la trasposizione meno cruenta della prima scena. Zacky era sdraiato sul letto d'ospedale quando lo aveva guardato fisso negli occhi e aveva visto che qualcosa in essi si era spezzato. Lo aveva capito non solo dalle profonde occhiaie e dalla pelle pallida, ma soprattutto dal suo sguardo: prima che tutto quello accadesse, in una realtà che ora le sembrava così lontana e impalpabile, c'era qualcosa nel modo in cui la guardava che la faceva sentire speciale e, in qualche modo, amata. Inutile dire che quella posizione privilegiata rispetto agli altri – se non altro agli occhi di Zacky – le stava molto comoda.
Qualsiasi cosa fosse quel suo modo di guardarla, ora non c'era più.
« Zacky... », gli aveva detto senza ricevere alcun tipo di risposta. Vederlo in quelle condizioni era la punizione peggiore che il mondo aveva potuto infliggerle.
« dì qualcosa.. » le veniva da piangere e sentiva la sua stessa voce strozzarglisi in gola.
« vattene, ti prego.. »
Gli occhi di Zacky erano rimasti fuori da quel piccolo scambio di battute, il suo sguardo perso da qualche altra parte fuori dalla finestra, probabilmente nel cielo, in ceca dell'unico volto che sarebbe stato in grado di riportarlo alla normalità.
Quelle parole erano state violente nella testa di Eloyn quanto nell'aria attorno a loro e ancora le rimbombavano in testa mentre ripensava a quel momento di qualche giorno prima. Ricordava di essersi voltata silenziosamente e, piangendo, era tornata a casa. Senza dare spiegazioni a nessuno, si era chiusa in camera e li era rimasta, uscendo qualche volta, di tanto in tanto, per andare a prendere qualcosa da mangiare o per chiudersi in un altra camera, quella di Chelsea, e immaginare che non l'avesse lasciata sola a sopportare il peso del mondo. Ma per quanto si sforzasse di immaginare una vita migliore di quella, in quel momento, sotto le coperte del suo letto in quella stanza buia, non vedeva altra soluzione se non seguire l'esempio della maggior parte di loro e andarsene da quella città. Come a dire: adesso la vostra realtà di merda affrontatela da soli. Come a chiamarsi fuori da qualcosa a cui non era mai appartenuta, quando in realtà anche lei sapeva di esserci dentro con tutte le scarpe.
Che a pensarci a distanza di tempo le veniva voglia si andare da Joel e dirgliene quattro per aver incasinato la sua vita presentandole i ragazzi. Provava per lui quella rabbia che si prova per le persone a cui si sa di dovere tutta la propria felicità – anche se era andata scemando via col tempo –, quella stessa rabbia che riservava anche per tutti i ragazzi, nessuno escluso, colpevoli di aver assemblato i pezzi della sua vita con una maestria degna di nota. E sotto a tutta questa rabbia, a tutto questo disprezzo, voleva solo il bene per loro che le avevano colmato le giornate donandole tutto ciò che avevano. E da certi punti di vista era per questo che stava decidendo di andarsene; voleva lasciarli soli con loro stessi, ad assimilare quel botto da un grattacielo troppo alto, a leccarsi le ferite e diagnosticare i traumi della caduta. Forse, fare il loro bene significava lasciarli soli come tutto era iniziato e capire che quello non era più il suo posto. Lei e Chelsea erano state il primo dei cambiamenti, e il seguito era noto a tutti. Tornare all'origine era il solo modo per attenuare il dolore, ed era un discorso valido per tutti loro.
Non ci sarebbero state più serate di sballo totale – quando il mondo era ancora un posto magnifico –, niente più locali e vita notturna. Avevano giocato a fare i bambini fino all'ultima goccia di vita, prima che il peso del tempo che scorre si facesse sentire sulle loro spalle, senza chiedersi il come o il perché di un bel niente. E poi d'un tratto qualcosa era cambiato, e con esso anche loro. Erano cresciuti in un colpo solo e andati direttamente in pasto ai leoni, come in un circo o in una vita troppo crudele per essere vissuta da cinque cazzoni come loro. E con tutte le angosce attribuibili al caso, invece di fermarsi a raccogliere i pezzi delle loro vite, avevano alzato lo sguardo e stavano andando avanti senza far niente per rimediare all'irrimediabile.
Il quella strada tortuosa, c'era stato anche chi era inciampato per sbaglio o per volontà inconscia, ma stavano andando avanti, a piccoli passi, come prima; come se fossero ancora in cinque contro il mondo.
Lentamente Eloyn si alzo dal suo letto e prese la valigia, e quasi le sembrava la scena finale di un film di serie B. Quando la protagonista se ne va e lascia che le cose viaggino per conto loro. E allora viene inquadrata la suddetta protagonista mentre arraffa le sue cose in maniera confusa dentro una valigia, con una musica malinconica come sottofondo. E pensò che doveva essere una scena davvero molto triste da vedere dal fuori.
Chiuse la cerniera della valigia con un unico e fluido movimento, ponendo fine alla sua lotta interiore. Uscì di casa senza pensare a niente di preciso.
Quando fu in macchina prese il suo cellulare, e il suo pollice scorse la rubrica in maniera automatica andandosi a posizionare proprio sopra al nome di Jimmy. Sorrise ricordandosi di non averlo ancora cancellato, sapendo anche che non lo avrebbe mai fatto. Si rese conto di cosa le stava mancando in quel momento, e capì di essere ancora più nella merda, perché l'unica cosa di cui aveva bisogno era l'unica che non poteva avere.
Decise di chiudere i conti con il passato, una volta per tutte, e si diresse a casa di Zacky, sperando con tutta se stessa di trovare qualcosa, qualsiasi cosa, che la spingesse a restare.

Non era la prima volta che Eloyn lo vedeva ubriaco, ma quello, più che ubriachezza, era uno stato di incosciente disperazione. Lo capì quando, entrando in casa, aveva notato le svariate bottiglie di alcolici in giro, segno che la cosa stava andando avanti da parecchio tempo.
Alzò lo sguardo e lo vide stare in piedi davanti a lei, forse chiedendosi come aveva fatto ad entrare, dimenticandosi della copia di chiavi che le aveva fatto fare. E non fu per niente sorpresa di vedere i suoi occhi iniettati di sangue, tanto era diventata una cosa abituale.
« Zacky, non mi importa.. », aveva detto Eloyn, iniziando a togliere di mezzo tutte le bottiglie di alcolici dal salotto. Era incazzata con il mondo, era furibonda, ma non c'era niente che poteva impedirle di volergli ancora bene.
« Non ti importa di cosa? »
« Non mi importa di quel che dici, non ti lascerò marcire in questa merda.. »
Prese due bicchieri colmi di alcolici dal tavolo e fece per portarli via, in cucina, quando sentì Zacky strattonarla e lo vide prendergli i bicchieri di mano.
« Questi vengono con me.. » e glie li prese di mano con tanta arroganza che Eloyn rimase a bocca aperta
« NO! Zacky, dammi quei bicchieri! » li urlò contro.
« No Eloyn, tu non hai poteri su di me, non hai mai avuto nessun tipo di potere su di me, nessuno ne ha mai avuti, cazzo! Neanche Jimmy! » e a quelle parole Eloyn sentì una morsa allo stomaco talmente tanto forte che dovette quasi piegarsi in due per sopportare il dolore. Forse, in quella frase c'erano scritte tutte le cose non dette che Zacky si portava dentro. E anche lei era convinta di non avere alcun potere su di lui, ma era qualcosa che andava un po' oltre le apparenze e le frasi fatte. Si parlava di una malinconia che ormai aveva impiantata nel segue, sottopelle, un po' come un tatuaggio, che non potrai mai togliere senza che lasci il segno.
Nessuno di loro era più forte come prima, e tutti, invece, stavano facendo i conti con loro stessi, lasciati soli come tanti piccoli nuclei solitari ad assemblare una nuova vita colma di quell'indipendenza che non aveva mai fatto parte delle loro esistenze.
« Zacky ti prego, ridammi quei bicchieri »
« No! E vattene, cazzo! »
Era questo quello che stava cercando? La battuta finale, l'ultimo scambio di parole, e poi più niente? Le luci si spengono e cala il sipario. Fine della rappresentazione.
« Sì, hai detto bene. Me ne vado, ma questa volta non torno..»
Vide lo sguardo di Zacky farsi improvvisamente serio, segno che era ancora abbastanza lucido da capire il significato di certe parole.
« Che significa? »
Eloyn stava crollando, aveva perso qualsiasi speranza. Pensava che facendo reagire Zacky sarebbe stata meglio anche lei, e invece ogni parola che lui le rivolgeva era come una pugnalata al petto. Si mise a piangere quando gli disse tutta la verità.
« Significa che ho un volo prenotato per Washington fra cinque ore, ed è un biglietto di sola andata...»
Zacky la guardò per qualche secondo dalla porta del corridoio, con ancora i suoi bicchieri in mano, sconcertato.
Sembrò pensarci su e poi scosse la testa, guardandola fisso negli occhi. Si voltò e sbatté la porta del corridoio dietro di sé, facendo cadere la chiave appesa allo spiraglio che emise un rumore sordo e fastidioso.
A quel punto Eloyn era già in lacrime e sull'orlo della pazzia. Prese la sua borsa del divano e si diresse verso la porta d'ingresso, ormai decisa sui suoi passi. Credeva anzi, ne aveva la certezza, che per avere certe cose ci voleva troppo impegno, troppa forza d'animo, e alla fine il gioco non valeva più la candela.
Posò le chiavi sul comò nell'atrio e si diresse in macchine. Sentì una fitta al petto quando mise in moto la macchina e si accorse che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto quella casa, e quel volto.
Huntington Beach era stata il suo porto sicuro per la breve parentesi di un sogno, ma era tutto finito.

*

Eloyn sapeva che per annientare il dolore ci voleva altro dolore, ed era forse per quel motivo che si trovava davanti ai cancelli del cimitero comunale. Non era una cosa che amava particolarmente fare, ma quando si era accorta di averne bisogno, le sue mani sul volante avevano fatto tutto in modo automatico. Era passato del tempo dall'ultima volta che lo era andato a trovate – qualche giorno dopo al funerale, se ricordava bene -, e invece avrebbe voluto farlo più spesso.
Realizzò che sarebbe stata probabilmente la sua ultima chance di essere accanto a lui ed ebbe paura per la prima vera volta.
Quando fu davanti alla sua lapide ebbe un tremito strano, e oltre a tutti i pensieri macabri che una scena come quella poteva far scaturire, sentiva come un moto di onde che la spingevano via di lì. Non era un sentirsi respinta, quanto un sentirsi incoraggiata.
Fissò ripetutamente il volto impresso sulla lapide, e decise di volerlo ricordare così, sorridente, e come l'unica persona in grado di curare gli altri. Una sensazione di benessere le si installò nel cuore, e ad un tratto si sentì sollevata, come se un grande macigno le si fosse tolto dal petto.
Prese il cellulare e chiamò Johnny, l'unica persona con cui desiderava parlare in quel momento.
Il cellulare emise due squilli.
« Ehi, El.. »
Ed era proprio quella finta enfasi da cui voleva allontanarsi.
« Johnny, devo dirti una cosa »
« Certo, dimmi tutto.. »
« Me ne sto andando »
« Cosa? Ma dove? »
« Non lo so, via da qui. Per adesso vado a Washington dai miei, poi non so.. ti ho chiamato solo per dirtelo, ecco, mi sembrava giusto avvertirti »
« Sembra stupido dirlo, ma sapevo che questa realtà era destinata a sgretolarsi.. »
« Sì, mi dispiace.. »
« Tornerai, ne sono certo.. »
« Ne sono certa anche io »
« Allora chiama quando deciderai di farlo, la porta è sempre aperta »
« Grazie »
E interruppe la comunicazione.
Torno in macchina e aspettò qualche secondo, poi accese e partì senza chiedersi niente di più; senza chiedersi perché nessuno di loro faceva niente per interrompere l'avvenire dei fatti; senza chiedersi perché stava partendo; senza chiedersi ancora una volta se alla fine ne fosse valsa la pena. Aveva ogni singola risposta, ma stentava ad ammetterle anche a se stessa.

*

Camminava con le braccia strette al petto così forte che le premevano sullo stomaco, forse per paura di perdere se stessa mentre perdeva qualcosa di più importante. Quando sentiva una parte di sé lasciarla ad ogni passo che compiva, sapeva che Zacky avrebbe sempre fatto parte di lei.
Aveva paura che andando via da li, decidendo di arrendersi di nuovo, avrebbe sentito quel vuoto dentro di cui aveva sempre avuto una fottuta paura; il gelo arido che avrebbe padroneggiato nel suo sterno.
Passò accanto ad una delle tante edicole dell'aeroporto cercando di distrarsi mentre aspettava che annunciassero il suo volo, e il suo sguardo cadde subito sulla copertina di un giornale di musica, e maledisse il fato o qualsiasi Dio per averglielo fatto notare.
“Zacky Vengeance degli Avenged Sevenfold rilascia un'intervista inedita poco dopo la morte del batterista Jimmy 'The Rev' Sullivan”, recitava il giornale. In copertina il mezzo busto di Zacky la guardava con quella luce negli occhi che prima c'era e adesso no.
Poco realistica, pensò. Quella foto era stata scattata molto tempo prima che tutto avvenisse, e ricordava ancora quella giornata. Ricordava che il fotografo ce l'aveva con Zacky perché non riusciva ad essere naturale, e allora Eloyn si era messa qualche metro più dietro così che Zacky potesse vederla. In definitiva, il sorriso che compariva su quella copertina era la riprova che Zacky non era mai riuscito a fare il serio davanti alle facce buffe di Eloyn, nonostante sostenesse fieramente il contrario. Avevo ragione io, si disse.
Poi c'era stato il giorno dell'intervista, e anche quello se lo ricordava bene. Non che si parlassero molto in quel periodo, ma la rabbia e la paura che aveva provato Zacky le aveva sentite anche lei, di rimando. Nonostante tutto, era stato un giorno come un altro, come tutti quelli che erano passati. Un intervista in più non gli avrebbe sconvolto l'esistenza in quel periodo, piatto e grigio come tutto il resto.
Si soffermò ancora un po' su quell'immagine. Squadrò la sua postura: braccia conserte e volto fin troppo gioioso. Cercò di catturare tutto di quella copertina, come se fosse la sua ultima opportunità di vederlo.
Fece scorrere lo sguardo su quei tatuaggi che conosceva tanto bene, e improvvisamente le vennero in mente tutte le notti passate a studiarli, a studiare quella pelle, le linee irregolari e morbide, i colori sgargianti sopra i quali tante volte si era distesa; la sua pelle bianca contro quella di Zacky. Ricordava la strana sensazione di quando sfiorava i tatuaggi di Zacky con la pancia e ne sentiva i contorni, era una sensazione che le aveva sempre fatto venire i brividi. A quel pensiero chiuse gli occhi e cercò si scacciarlo via, ma esso non azzardava a muoversi di li, riviveva quei momenti ancora nitidi nel suo cervello, emozioni troppo forti da poter ignorare.
In pochi secondi aveva già il groppo in gola e lo stomaco sottosopra. Ancora non poteva credere di starsene andando via da quella vita che aveva sempre amato. Ma anche lei sapeva che infondo sono queste cose che compongono la nostra esistenza, e anche quando tutto sembra andare per il verso sbagliato troveremo sempre qualcosa su cui aggrapparci.
Eloyn prese la rivista dallo scaffale e la pagò alla cassa. Sapeva che stava sbagliando, ma per lei quell'appiglio erano le poche immagini e i pochi ricordi che aveva di lui.
Ricordava di aver avuto un passato mai vissuto. C'era stato un tempo, quando era molto piccola, di cui non aveva più ricordi, e chi poteva sapere se fra molti anni avrebbe dimenticato tutto di quegli attimi. E avrebbe voluto dire tanta sofferenza per niente, tante lacrime sprecate per poi dimenticare, e si disse che non poteva permetterselo, anche se quella sua presa di posizione avrebbe comportato rimanere agganciata ad una realtà i cui non faceva più parte, ormai.
Strinse a sé la rivista come se non ci fosse niente di più bello al mondo. E non c'era niente di più bello al mondo di Zacky. Niente che sarebbe stato in grado di sorreggerla se mai fosse caduta. Niente come il suo sguardo, niente come il suo carattere. Niente come il suo modo di sussurrarle “ti amo” in ogni momento utile. Niente come era solo lui al mondo. E sapeva per certo che la sua vita sarebbe valsa niente senza lui e senza Huntington Beach.
Persa nei suoi pensieri ebbe un sussulto quando una fredda mano le si posò sul braccio.
« Eloyn.. »
La prima cosa che pensò quando sentì quella voce fu che doveva stare veramente male per immaginarsi certe cose, ma non poté davvero credere ai suoi occhi quando si voltò e vide Zacky guardarla con quei soliti occhi da cane bastonato che le faceva quando aveva fatto qualcosa di sbagliato e voleva farsi perdonare, anche se quella era un'immagine un po' più malandata e martoriata.
« C-cosa ci fai qui...? »
Una lacrima le stava scendendo velocemente su una guancia e se la asciugò subito con la manica della felpa.
Zacky la guardò negli occhi come se avesse paura di non poterla più avere indietro. Ma era stato solo quando Johnny si era presentato a casa sua aprendogli gli occhi e tirandolo su da quella merda che aveva capito davvero che non ne valeva la pena, e che Jimmy non avrebbe voluto niente di tutto quello. Che si meritava di meglio da quello schifo di vita, e quel meglio di chiamava Eloyn Mayer, e stava proprio lì davanti ai suoi occhi.
Studiò il contorno del suo volto spento prima continuare. Aveva i capelli raccolti in una coda posticcia e qualche ciuffo le scendeva lentamente lungo il collo e lungo il viso, e Zacky non poteva capacitarsi di come riusciva ad essere semplicemente perfetta nonostante tutto.
« Sono stato un deficiente, perdonami se puoi... »
Era come aggrapparsi a qualcosa che non c'era realmente, come quella rivista. Era come tornare a respirare l'aria buona. Era come tornare a vivere dopo tanto tempo.
Si gettò tra le braccia di Zacky stringendogli la stoffa della camicia così forte che per un attimo ebbe paura di strapparla. Scoppiò a piangere come se finalmente ne avesse diritto, e si senti quasi una bambina quando cominciò a singhiozzare vistosamente.
Zacky la strinse a sé con tutta la protettività che gli era stata concessa, pensando, tra sé, che una creatura fragile come era Eloyn non meritava tutto quello. E la amava ancora più di prima solo per essere riuscita a sorreggere tutto quel peso in una volta sola. Ed è inutile dire che anche lui pianse per quella gioia ritrovata.
« Ti amo Eloyn »
Eloyn non rispose ma si limitò a stringerlo ancora più forte, sperando solo che non fosse un sogno dal quale si sarebbe dovuta risvegliare.
Non disse niente per paura di rovinare tutto, perché aveva capito che certi rapporti sono troppo fragili per rischiare di essere mandati in fumo, e che a parlare troppo a volte ci si fa del male senza rendersene conto.
Ma alla fine di tutto, il resto non conta niente quando perdi tutto ciò che hai, quando tutto sembra andare per il verso sbagliato. Ma troverai sempre un modo per tirarti su dalla merda in cui sei caduto. Un appiglio che può essere una stupidissima rivista – come quella che Eloyn aveva lasciato cadere atterra poco prima – o più semplicemente la persona che ami. Perché l'amore è una cosa più facile di quel che ci si aspetta. E' un po' come fare 2+2, ma basta davvero poco per mandare tutto a puttane e rischiare di perdere il treno di una vita.
Ma ci sono anche casi, come quello, in cui il treno, stranamente, passa due volte, e allora tu non puoi fare altro che approfittarne e continuare a vivere il tuo piccolo sogno come se niente fosse successo, e riuscire anche a perdonare qualsiasi errore sia stato fatto, perché per una dannata volta, ne va della tua stessa felicità.

*

Note. Un grazie immenso a tutti quelli che hanno letto o recensito recensito l'ultimo capitolo, in particolare HelixDeath e Vans Vengeance.
I ringraziamenti sommativi li lasciamo per l'epilogo che verrà pubblicato il prima possibile, ma comunque mi sento in dovere di iniziare a dire Grazie in particolare ad Alessia (Keiko su EFP), per le bellissime “chiacchierate”, i mille consigli di grafica/scrittura e vita, a Silvia (Lady Numb) perché è una tragedia vivente, a Lucrezia (BBBlondie) perchéssipuntoestop e aSimona (Arimi_chan)perché è stata la prima in assoluto a recensirmi qui su EFP. Grazie a tutte per avermi sopportato sempre e comunque, chi all'interno e chi all'esterno della fanfiction. Siete fantastiche, ragazze!
E adesso mi sento che devo morire perché sembrava una lettera di addio! XD
Comunque grazie a chi vorrà recensire anche questo ultimo capitolo.


   
 
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