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Autore: LadyBracknell    23/09/2011    5 recensioni
10 Febbraio 1763. La Francia cede alla Gran Bretagna il Canada, dopo la Guerra dei Sette Anni.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Francia si trovava nel Grand Salon di casa sua, osservando in silenzio i candelabri dorati, di stile Neoclassico, apparentemente catturato dalle piccole fiammelle che danzavano silenziose, facendo scogliere la cera delle bianche candele, racchiuse nei ghirigori da poco lucidati.
Sollevò il calice di cristallo e osservò il vino scuro dondolare piano al suo interno. L'odore era buono, ottima annata, quella del 1753, ma i troppi pensieri non gliela fecero gustare come avrebbe desiderato e quasi si rammaricò di aver aperto una così pregiata bottiglia in un momento simile.
Sospirò, senza portare il bicchiere alle labbra, lasciando che il tintinnio del cristallo suonasse leggero e armonioso per tutta la stanza, rimbalzando sulle pareti riccamente decorate e sui panneggi delle tende di seta, rifinite di ornamenti di damasco.
Sul tappeto rosso, un bambino raccontava avventure ai propri pupazzetti inanimati agli occhi di un adulto.
Era bello, quel ragazzino. Aveva gli stessi capelli di Francia, i soliti occhi. La solita allegria che lo distingueva da piccolo.
Adesso, quella spensieratezza se n'era andata.
Il francese si carezzò distrattamente la fasciatura nascosta dai pantaloni di un elegante blu lapislazzuli.
Settembre 1759. Sangue, fatica. Eppure non si era dato per vinto. Aveva inflitto colpi, fatto strategie. Niente. Solo ferite, solo debolezza crescente.
Toccandosi la fronte, in un gesto di muta disperazione, le sue dita si scontrarono contro un taglio profondo, quello che gli aveva fatto più male.
1760. E chi se lo scorda...
Guardò il figlio giocare sereno: lo aveva protetto più che aveva potuto.
Si avvicinò con passo pesante e pensieroso al grande quadro che ornava la sala e lo guardò, senza vederci assolutamente niente.
Rimase immobile, davanti al dipinto ad olio per qualche buon minuto, finché non venne riportato alla realtà e ai suoi dolori, dalla giovane e rispettosa voce della cameriera.
''Monsieur Kirkland mi manda ad annunciarvi il suo arrivo.''
Non inclinò nemmeno la testa, per assentire, né osservò i morbidi fianchi costretti nel corpetto scuro che le stringeva il busto.
Il bambinetto camminò fino alle gambe del padre, osservandolo con occhi pieni di ammirazione, catturandone ogni singolo particolare con gli occhi vispi e attenti, pieni di quell'amore che solo un figlio può servare al proprio genitore.
Un uomo riccamente vestito secondo la moda inglese del tempo, entrò nel Grand Salon, accompagnando i suoi passi da un bastone di legno assai pregiato, fermandosi a pochi metri dal padrone di casa.
''Monsieur Kirkland...'' la voce gli uscì calma, ma appena macchiata di quell'orgoglio ferito dalla quale sgradevole sensazione è assai difficoltoso liberarsi.
L'inglese non rispose, se non con un accenno di sorriso, che di gentile aveva veramente ben poco.
Venne invitato ad accomodarsi e così fece, lasciando che la servitù impeccabile del francese lo liberasse dall'ingombro della giacca.
''Ti trovo bene, Bonnefoy.'' l'ironia era palpabile, così come l'acidità che ne trapelava dagli occhi di un verde incredibile.
Francia non rispose, sedendosi sulla sedia Roccocò, davanti al grande tavolo posto al centro della sala: su di esso, vi era una cartina geografica di pergamena.
''Sappiamo entrambi perché sono qui, Bonnefoy.''
-Per lo stesso motivo per cui ho sanguinato tanto.- pensò, con tristezza. Ma i suoi begli occhi stettero attenti a non farne trapelare nemmeno una goccia.
Inghilterra fece scivolare un foglio sul tavolo, con un'espressione dalla quale non trapelava alcun sentimento, eppure Francia sapeva benissimo che cosa stesse pensando in quel momento.
''Mathieu s'il te plait, va' nella tua cameretta.'' gli disse il francese ''Papà e il suo amico devono discutere di cose da grandi.''
Il bambino lo guardò, con aria interrogativa: il tono del padre non era più quello di un tempo. Non lo era da tanto, oramai...
Appena il piccolo sparì dietro la colonna, gli occhi dei due si incontrarono di nuovo, accompagnati da un lungo silenzio. Francia prese con delicatezza e con un velato cenno di disgusto, la carta portagli da Inghilterra: la scrittura era allungata, fin troppo elegante, per i termini sopra scritti.
''Leggi pure con calma. Non ho alcuna fretta.''
L'inglese si alzò, facendo strusciare le gambe della ricca sedia sul tappeto, e girò lentamente per la stanza, osservandone l'arte in essa racchiusa, ricca e luminosa.
Probabilmente parlò, commentò, ma Francia non se ne accorse: i suoi occhi erano troppo intenti a scorrere quelle lettere d'inchiostro, che a lui pareva dello stesso colore di lacrime amare, le stesse che stava ricacciando dentro con tutte le forze rimaste.
Solo inchiostro su inchiostro, tante parole, per esprimere un solo concetto terribile e straziante.

Concedo al territorio della Gran Bretagna e al qui presente, Lord Kirkland Arthur, i miei possedimenti sul territorio del Canada.

Fu la sola cosa a lui comprensibile. Inghilterra era venuto lì per strappargli dalle braccia ciò che amava di più al mondo.
''Tutto questo è crudele...''
''Tutto questo, Bonnefoy, è la guerra.'' sentenziò lui, con impassibile calma.
Sapeva benissimo ciò che era d'obbligo fare. Troppo sangue era stato versato. Se non avesse concesso Canada al suo peggior nemico, lui glielo avrebbe tolto con la forza, come in passato.
''Mademoiselle, andate a chiamare mio figlio.'' si sentì strappare il cuore.
La cameriera accennò un elegante inchino e si diresse al piano superiore, dove si trovava la camera del bambino.
Il volto di Inghilterra venne dipinto da un piccolo sorriso compiaciuto.
Dovettero aspettare ben poco: il bambino scese le scale, fermandosi con timore dietro le gambe del padre, afferrando il tessuto della veste con le manine. I suoi occhi percorsero i lineamenti dell'uomo davanti a papà Francia: lo aveva già visto e il nome non gli era nuovo. Le folte sopracciglia dell'inglese si alzarono e il piccolo ebbe un sussulto.
''Lui è il tuo nuovo papà, Mathieu. Si chiama Arthur. E' venuto a prenderti per portarti con lui'' avrebbe preferito che gli fossero mangiate le viscere da mille e mille lupi scarni e affamati, piuttosto che pronunciare quelle parole.
Gli occhi del piccolo Canada osservarono il padre con muta disperazione, mentre la testolina bionda venne violentemente invasa da mille domande. Una grossa lacrima gli cadde sulla morbida pelle infantile.
Il padre si sentì morire.
''Tuo padre ha enormi problemi, di questi tempi, mon chou...''
''S-Sono un problema per te, papa?'' la voce strozzata del piccolo fu un cannone nelle orecchie di Francia. Si accucciò, davanti al figlio, trattenendo a fatica le lacrime che urlavano, desiderose di uscire dagli occhi.
''No! No, mon amour! Tuo padre ti ama, ti ama con tutto se stesso. Guardami, Mathieu...'' incorniciò il volto del bambino fra le sue mani e un fuoco gli invase la gola ''...non sei al sicuro, qui. Devi andare via. E' per il tuo bene, capisci?''
Il piccolo annuì e i capelli biondi oscillarono dolcemente davanti al suo viso. Francia sorrise senza allegria. Avvicinò la fronte del figlio alle labbra e vi incastonò un lungo, amorevole bacio. Sentì le labbra bruciare violente, desiderose di rimanere lì, incollate alla pelle del figlio, senza lasciarlo andare.
Il bambino gli si aggrappò alle vesti e pianse, in silenzio, bagnando il tappeto con le lacrime. Poi, alzò il volto e guardò l'inglese: era rimasto in piedi, immobile, a fissare tutta la scena, con sguardo impassibile. Si staccò dal padre, portandosi via gran parte della sua anima, e alzò il viso arrossato.
Francia si alzò e si scambiò un lungo sguardo con Inghilterra, la cui figura apparve sfocata agli occhi inumiditi del francese.
''Vieni, ragazzino. Andiamo a casa.'' la freddezza di Inghilterra fu l'ennesimo pugno nello stomaco di Francia, che lasciò correre via una lacrima. Rimase lì, fermo, a guardare il suo piccolo Mathieu che si allontanava, forse per sempre, dalla sua vita.
Il bambino si girò, immobilizzandosi sulla soglia della grande dimora che lo aveva accolto per anni e lasciò cadere sulle guance altre lacrime, mentre le labbra sottili si mossero lievi, tristi.
Senza voce.
''Je t'aime, papa. Je t'amerais pour toujours.''
La grande porta si chiuse alle loro spalle.
Improvvisamente, a Francia parve impossibile respirare.  

  
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