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Autore: Veronikadb    25/09/2011    0 recensioni
Emily. 17enne innamorata della vita,della musica, della lettura e di tutto ciò che può far sognare una ragazza della sua età, si ritrova a lottare contro la gioia provata di giorno con le sue amiche e il dolore, l'angoscia e la sofferenza evocati, di notte, dal ricordo di William.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sono stanchissima! Non mi reggo in piedi!”- disse Emily a sua sorella gettandosi sul suo letto; accanto a lei, sul suo comodino, c’era il suo adorato mp3…lo prese, si infilò le cuffie nelle orecchie e fece partire la musica: la sua musica... Giovanni Allevi…Emily amava la musica classica, la rilassava terribilmente, la trasportava in un'altra dimensione dove nulla contava più del rilassarsi e chiunque avrebbe interrotto quel rituale avrebbe subito le conseguenze del suo gesto.
Ascoltare quella musica per Emily era un rituale da effettuare la sera; dopo una giornata stressante di scuola e dopo aver sopportato la sua famiglia, poteva finalmente entrare in una bolla, nel suo mondo dove avrebbe potuto rilassarsi e recuperare un po’ di forze per poter leggere un libro della sua scrittrice preferita, Jane Austen.

Amava Jane Austen, il suo modo di scrivere, di raccontare gli avvenimenti e di descrivere i personaggi. Amava la vita dell’epoca e sognava la bellezza del suo mondo, gli eleganti e solenni rituali e la delicatezza dei corteggiamenti.
Si alzò così dal letto, afferrò il libro “Orgoglio e Pregiudizio” da quell’enorme libreria di cui andava tanto fiera e lo annusò…l’odore dei libri nuovi la mandava letteralmente in estasi, le metteva adrenalina, quella necessaria per farla correre in libreria a comprare un altro libro. –“Che stupida che sono! Sono le 22.05, sono chiuse da un pezzo le librerie!!”-
Tornò in sé e si andò a sedere sul suo letto, aprì il libro nel punto in cui era arrivata e cominciò la sua lettura:  - Quando Jane ed Elisabeth furono sole, la prima volle esprimere alla sorella tutta l’ammirazione che provava per lui, Bingley. << È proprio come dovrebbe essere un giovane,>> disse <>  - “Anche io voglio trovare un uomo così!!”- disse fra se la giovane ragazza.
<> rispose Elisabeth <>
Emily continuava attenta la sua lettura, immersa totalmente in quel mondo che le piaceva tanto..le pagine scorrevano veloci; la lettura era così piacevole e scorrevole che non fece rendere conto la nostra giovane sognatrice che la mezzanotte era passata da un pezzo.
Ella, però, continuava imperterrita, nella lettura…avrebbe recuperato il sonno perduto il giorno dopo, il suo giorno preferito della settimana, sabato.
-“Oh no!”- disse con sorpresa, turbata da un nuovo svilupparsi della vicenda. <> diceva il Signor Collins, un uomo prolisso e alquanto tedioso <> <> esclamò Elisabeth <<…sono sensibilissima all’onore della sua proposta, ma mi è assolutamente impossibile far altro che declinarla.>>
- “Brava Elisabeth!!” – esclamò con vigore Emily, “tu devi sposare Darcy!”  
Riuscì a leggere ancora per poco poiché la stanchezza la sopraffece, facendola addormentare felice e con un pensiero nella testa: avrei voluto vivere nell’800.
All’improvviso un fascio di luce abbagliante si posò su di lei e, nonostante avesse gli occhi chiusi, non riuscì ad aprirli per il forte bagliore. Si fece coraggio e aprì gli occhi...vide una distesa azzurra con qualche nuvola qua e la, sopra di lei un grande albero secolare; nonostante la sorpresa del momento, riuscì ad avvertire che sotto la sua schiena c’era una morbida erba fresca. Attorno l’aria era tranquilla, poteva udire il canto di uccelli che vivevano su quegli alberi e delle voci lontane di bambini che giocavano. Com’era finita li? Non riusciva proprio a capire, ma non volle più sapere il perché allorquando vide l’abito che portava indosso. Rimase letteralmente paralizzata nel vedere quella meravigliosa opera d’arte indossata da lei. Era un elegantissimo vestito color rosa antico corredato da un corpetto che le avvolgeva dolcemente le spalle. Il bustino le stringeva la vita, non riusciva quasi a respirare. Tra i capelli aveva dei deliziosi fermaglietti bianchi e indossava delle scarpette rosa. Non credeva ai suoi occhi...ma all’improvviso qualcuno la chiamo. –“Emily!? Vieni qui a darmi una mano! Non restare li imbambolata.”- “Arrivo subito, mamma!”- e si diresse senza indugio da lei, dandosi un pizzicotto per vedere se era tutto vero.
Anche la mamma aveva indosso un abito strano, marroncino chiaro con un grembiulino bianco, una cuffietta buffa ai capelli e le mani occupate a pelar patate. –“Emily”, le disse lei, “perché ai messo l’abito per le cerimonie per andare a stenderti sul prato? Guarda è tutto sporco qui, dovrò faticare parecchio per togliere quella macchia di erba!!” – “Perdonate madre!lo laverò io stessa!!”- “ Non dire sciocchezze piccola mia!! Su, corri a cambiarti!”- Emily ubbidì alla madre e uscì dalla cucina. Ora c’era solo un problema, trovare la sua camera. La casa era molto grande e con un giardino ben curato; c’era un cancelletto bianco che percorreva il perimetro di tutta la casa, era un po’ arrugginito e cigolava ma che faceva il suo dovere. Grandi alberi facevano ombra alla casa e ad alcune parti del giardino dove erano sistemate delle panchine e un tavolino dove la bella famigliola era solita prendere il the. Sul retro della casa c’era una grande stalla al cui interno vivevano maiali, oche, mucche, polli e galline. Per terra c’era un gran distesa di fango umido da cui si alzavano una grande quantità di mosche e moscerini.
Emily dovette vagare per casa per più di mezz’ora poiché si fermava, estasiata e con aria incredula, in tutte le stanze per ammirarne lo splendore. La biblioteca la rapì completamente; una stanza grandissima e una finestra da cui entravano fieri i raggi del sole; libri di ogni genere, stile e autore era lì pronti per essere letti, anzi divorati. Prese un volume a caso e si sedette su quell’invitante e comoda poltrona blu. Guardò la copertina e sorrise ironicamente, mentre le gli occhi le diventavano rossi a causa delle lacrime che volevano uscire con forza; conosceva già quel libro, Romeo e Giulietta, William Shakespeare. Aprì una pagina a caso. Giulietta cominciò << Vuoi già partire? Il giorno non è ancora vicino, era l’usignolo e non l’allodola, quello che ti ha ferito col suo canto contro l’orecchio; esso canta tutte le notte su quel melograno laggiù, amor mio, credi...!>> ed egli rispose << Era l’allodola, messaggero del mattino, non l’usignolo: guarda amore, come quelle strisce di luce invidiose della nostra gioia cingono di una frangia luminosa le nubi che si disperdono laggiù nell’oriente..!>>
Emily fece un lungo sospiro, affranta dalla struggente tragedia che si svolgeva nel libro che aveva tra le mani. Si guardò ancora un po’ intorno e il suo sguardo ricadde sul suo vestito e all’improvviso ricordò il motivo per cui era entrata in quella stanza: cercare la sua camera.
Dopo un lungo girovagare finalmente la trovò: era spaziosa e profumata, il letto era color ciliegio e la coperta era candida come la neve, morbidissima al tatto; accanto la finestra vi era uno scrittorio e al suo fianco un armadio di modeste dimensioni. Lo aprì; vestiti di ogni stoffa e colore erano ora dinanzi ai suoi occhi; ne aveva talmente tanti che non sapeva quale scegliere. Ne prese uno color canarino; era delizioso  le ricordava la parte interna dei fiori del suo giardino dove ogni giorno farfalle e api cercavano riparo e protezione. –“metterò questo!”- pensò.
Quando ebbe finito si diresse nuovamente verso la biblioteca per continuare la lettura iniziata prima, ma il suo naso fu solleticato da un profumino di filetto corredato da delle invitanti patate bollite. Il suo programma fu cambiato immediatamente e, anziché dirigersi in biblioteca, si diresse nella sala da pranzo dove tutti si stavano preparando per cenare.
 

All’improvviso qualcosa cadde a terra e quel rumore la fece sobbalzare. Quando aprì gli occhi si rese conto che stava solo sognando quel mondo fantastico. Guardò a terra; “Ah, il mio libro!!”; lo raccolse con molta lentezza ancora stordita dal violento risveglio. L’orologio segnava le 5:30 del mattino. Emily si rimise a dormire, ma non riuscì più a prendere sonno.  –“Quello stupido libro proprio sul più bello doveva cadere, uff!!”- pensò innervosita.
La sveglia suonò come ogni mattina alle 7:00. Amareggiata per la notte movimentata, si trascinò in cucina dove c’era tutta la famiglia a fare colazione. Quella mattina era stranamente molto affamata e pian pianino recuperò le forze mangiando delle fette biscottate con la nutella e una bella tazza di latte fumante. Era appena iniziato giugno, la temperatura era abbastanza alta da permettere a chiunque di andare al mare, ma lei sembrava una vecchietta per come si vestiva: pigiama a manica lunga di cotone doppio (se non addirittura in pail) e una bella tazzona di latte bollente. La sorella e l’amica la prendevano in giro per questo, ma lei rideva e li considerava tutti complimenti.
Con la sua amica Mary stava riallacciando un rapporto un po’ incrinato a causa di alcune liti tra lei e la sorella di Emily, Lucy. Era difficile dover tener conto dei desideri di entrambe, ma lei se la cavava. Emily era apprezzata da tutti per queste doti naturali, quali la gentilezza, la pazienza che mostrava con tutti (soprattutto verso Lucy) e la modesta e umiltà, che attiravano le persone come calamite.
Quella giornata passò veloce tra le varie faccende da sbrigare e subito arrivò sera. La serata era già tutta programmata con sua sorella Lucy e Mary per un fantastico e indimenticabile pigiama-party.  Chiamò quest’ultima per avvisarla che stavano arrivando. Si misero in macchina e partirono. La casa di Mary distava non più di 10 minuti a piedi dalla loro (ma avevano così tante cose che preferirono un mezzo di trasporto a quattro ruote, anziché le loro gambe).
Arrivate a casa di Mary gettarono tutto sul letto di quest’ultima e iniziarono a vedere se c’era tutto: - centinaia di dvd x la notte OK; - telefonini con batteria carica OK (in caso contrario avevano con sé tutto l’occorrente); - cibo OOOOOOOOK (patatine, dolci, gommose ecc.); - coca-cola a quantità OK.
Ok! Tutto era pronto. Iniziarono la serata chiacchierando del più e del meno per andare a finire di parlare al solito argomento: ragazzi, fidanzamenti e matrimoni.....degli altri, perché dei loro neppure l’ombra!!
Arrivò il momento della cena o, come la chiamava Lucy, l’abbuffata. Si, perché durante i loro tradizionali pigiama-party si mangiava di tutto. L’orologio faceva muovere velocemente le sue lancette e avendo portato a buon fine ogni iniziativa in programma, Mary disse con tono alquanto preoccupante per le altre “Guardiamo un film horror??” e, lanciando uno dei suoi sorrisi a cui non potevi dir di no, le altre accettarono, loro malgrado. Emily era una ragazza coraggiosa come Mary, al contrario di Lucy che era una gran fifona. La scelta ricadde su “The ring” (1, 2 e 3 ovviamente); per Mary non aveva senso guardare solo una parte di un film, (o tutto o niente era il suo motto).  Lei ormai aveva fatto il callo a questi film, li conosceva tutti, dalla a alla z. Lucy, preoccupata, disse –“Ma io ho paura! Poi faccio gli incubi e non dormo!!”- e anche se preoccupata fece un piccolo sorriso. Mary la rassicurò –“Ti dico io dove non guardare, cara, così non fai gli incubi, sù sù!!” –“Non prendermi in giro!!”- ribatté lei.
Guardarono i film tutta la notte e ogni tanto Mary gridava a Lucy –“Non guardare!!” o ancora “Girati, girati!”- oppure “Chiudi gli occhi!”- Lucy non sempre faceva in tempo a non vedere quelle scene orrende e gridava terrorizzata –“Io ho paura!!” e poi chiedeva –“Posso guardare ora??”
Le risate e il divertimento non mancarono neanche per un istante. Il momento più gioioso di tutti fu quando decisero di andare a fare del meritatissimo e rilassante shopping.  
Si divisero per prepararsi. Tutte entusiaste, quindi, si prepararono per ore e ore di camminate tra mille e più negozi. Si vestirono in modo molto sportivo e comodo, ma allo stesso tempo toglievano il fiato a tutti i ragazzi che passavano. Emily indossava delle  bellissime ballerine blu in abbinamento ad una minigonna bianca e una magliettina a manica corta bianca con dei disegni blu. Borsa blu a completare il tutto e quintali del suo profumo preferito. Mary indossava una maglietta bianca, pinocchietti neri e delle ballerine nere a pois bianche. Lucy era quella che impiegava sempre più tempo delle altre, perché continuava a provare e riprovare vestiti, a fare abbinamenti e a mettere in subbuglio l’armadio mandando su tutte le furie Emily che, con pazienza e rassegnazione, lo risistemava ordinatamente.
Provò decine e decine di vestiti e combinazioni:
- jeans e maglia verde, ma faceva troppo caldo;
-    Provò dei pinocchietti ma aveva le gambe bianco-latte perché non era ancora andata al mare;
-    Vestitino rosso ma non aveva le scarpe adatte, tra venticinquemila scatole nella sua scarpiera;
Alla fine si convinse che ad indossare un vestitino a fasce bianche e blu, stile marinara, come Sailor Moon, facesse al caso suo. Mentre si vestiva compilava una lista mentale con tutto quello che avrebbe voluto comprare.
Non immaginerete mai con quante buste in mano tornarono a casa...e questo le rendeva veramente soddisfatte, credevano che il mondo diventasse migliore, come nel film “I love shopping”. Per scherzare tra loro si chiamavano compratrici compulsive e si dicevano ridendo “Ciao mi chiamo Emily e sono una compratrice compulsiva!” e le altre rispondevano “Ciao Emily!” e scoppiavano a ridere.

 
Stanca dopo una giornata così intensa Emily si stende sul letto. Non ha voglia di ascoltare musica, di sentire parlare altri..vuole solo un po’ di silenzio. Ma il silenzio non vuole lei, perché la sua mente ha attivato un processo che non è possibile fermare: la sua mente ha iniziato a pensare ed ora Emily è costretta ad ascoltare i suoi pensieri e, impassibile, non può far altro che sottostare a quella volontà.  Le vennero di nuovo in mente attimi della sua giornata appena conclusa, a discorsi fatti con le sue amiche. Un argomento, più di tutti, riaffiorò con prepotenza nella sua testa: l’argomento di sempre “ragazzi, fidanzamenti e matrimoni....degli altri!”
Ogni volta che pensava a quell’argomento si apriva una ferita già aperta, lacerava più in profondità quella coscienza già turbata, quell’anima che, anche se ancora molto giovane, era già frusta. Non riusciva a spiegarsi perché lei, che veniva considerata da tutti unica nel suo genere, simpatica, umile, educata e sincera, dovesse rimanere sola troppo a lungo. Si era ormai convinta che il tempo, l’amore e la felicità erano contro di lei, che l’avessero presa di mira per farla soffrire. Aveva da sempre desiderato un uomo al suo fianco, non per fare sfoggio del suo giocattolino nuovo (come facevano molte amiche di scuola); a lei non interessava essere la ragazza più popolare, più bella o la più guardata dai ragazzi..lei voleva, ed era pronta ormai da tanto, ad amare, amare e solo amare qualcun altro più di lei stessa. Desiderava un uomo intelligente, che metta allegria, qualcuno profondo nei pensieri e non superficiale, qualcuno che aveva la sua stessa passione per la musica, per la lettura, per la scrittura...un uomo in grado di sorprenderla anche con un piccolo gesto, che le regali anche un semplice fiorellino di campo.
 

Presa da un colpo di pura follia, balzò giù dal letto, allungò le mani sul comodino per cercare l’interruttore della luce, che ovviamente non trovò. Prese il suo cellulare, un bellissimo Nokia 5800 che aveva acquistato da poco, e lo utilizzò per illuminare la stanza. Intravide l’interruttore della lampada e la accese. La stanza si illuminò ed Emily poté avvicinarsi alla scrivania dove sperava di trovare un foglio e una penna. Cercò con molta foga e urgenza; non c’era tempo da perdere..doveva assolutamente scrivere delle cose.
Trovò un piccolo foglietto e una matita spuntata nel primo cassetto della scrivania. Continuò così la sua ricerca per una penna e la ricerca finalmente ebbe successo. Iniziò quindi a scrivere un elenco di nomi in modo ordinato, uno sotto l’altro:
-    Caroline;
-    Stefan;
-    Mike;
-    Jessica;
-    Hanna;
-    Alexander;
“Uhm, chi altro!? Pensa, pensa!” – si disse cercando di ricordare.
-    Richard;
-    Miriam;
-    Ivan;
Non riusciva più a ricordare altro..iniziò quindi a contare “uno, due, tre...cinque...sette, otto, nove” -  le sue labbra fecero una smorfia; “Undici persone! Non ci credo! Undici persone si devono sposare nel giro di due anni!!”  un po’ imbronciata si rimise nel letto, ripensando ancora a quando avrebbe potuto essere felice....di nuovo.
“Di nuovo” – vi chiederete. Emily era stata felice, qualche anno prima di questa triste serata. Lei lo definisce il periodo più bello della sua vita...purtroppo, tutte le cose belle sono destinate a finire...e lei questo lo sapeva bene.

 

Emily iniziò a ricordare  con gioia e dolore nello stesso momento, quel gioioso periodo di tempo in cui si sentiva bene con se stessa e con il mondo intero. La gioia in quel periodo era legata a qualcuno. Il ricordo del volto di quel qualcuno la fece sorridere un attimo. Con la mente rivisse in un attimo tutta la sua felicità. Si trattava di William Brow, 24 anni. L’aveva conosciuto nella biblioteca comunale. Emily andava spesso lì, quel luogo le ispirava tante cose, la affascinava. Vedere tutti quei libri riposti ordinatamente la faceva, però, sentire un’ignorante perché lei non ne aveva mai letto così tanti.  
Un giorno lei guardava tra quell’interminabile pila di libri, William seguiva nella sua stessa corsia; d’un tratto lei si fermò di scatto e lui, non avendo visto lo scatto di lei poiché era immerso nella ricerca di un libro, le andò addosso.
“Ehi! Sta attento!”
“Scusami, scusami!” disse lui tremendamente imbarazzato.
“Io mi chiamo William!” – “Piacere Emily” – disse lei con voce docile.
“Cercavi un libro il particolare? Hai trovato qualche libro interessante?” – gli chiese lui per far sciogliere quel gelo imbarazzante che si crea all’inizio.
“No, non ho trovato nulla, perché qualcuno mi ha investita!” – rispose lei sorridendo.
William arrossì e disse “Veramente sei stata tu che ti sei  fermata all’improvviso! Sei un pericolo pubblico tu!”.
Se ne tornarono, così a casa, ignari di ciò che era appena successo e di quello che ancora sarebbe accaduto.
Lui continuò a pensarla per i successivi due giorni. Non riusciva a togliersi dalla testa quel dolce sorriso, quella pelle così candida e quello sguardo così intenso, profondo e doloroso allo stesso tempo. Lei cercò di non pensarci..avrebbe capito di più se l’avesse visto una seconda volta.
Quel momento non tardò ad arrivare; dopo neanche una settimana si incontrarono sempre lì, in biblioteca.  A dire il vero lei stava per entrare, lui era appena uscito. Salendo quella scala che portava all’ingresso della biblioteca, lei si sentì all’improvviso molto debole, le forze per continuare la salita le vennero meno perché vide lui in cima alla scala. Arrossì e le mani le iniziavano a sudare, avrebbe voluto tornare indietro, ma non poteva. Lui, avendola vista, si era fermato ad aspettarla per salutarla, per conoscerla, per amarla.
La scala le sembrò infinitamente lunga, interminabile..mentre saliva lui la guardò e le sorrise; i due sguardi finalmente si incrociarono, si sentirono entrambi persi in un vortice di vergogna e timidezza.
“Ciao!”
“Ciao!” – rispose sorridendo lei.
Lui l’accompagnò all’ingresso, allungò la mano per aprirle la porta, come un vero gentiluomo, ma la piccola e fredda mano di lei era già sulla maniglia.
Le due mani si toccarono, ci fu un improvviso silenzio e i loro sguardi si incontrarono nuovamente.
“Allora ciao!Ci vediamo!” – le disse lui con voce sommessa
Lei abbassò lo sguardo dispiaciuta..poi si fece coraggio e disse “Non te ne andare!”

Lui non aspettava altro che sentirselo dire; tutto ciò che desiderava era passare quanto più tempo possibile insieme  a lei. Traboccante di gioia acconsentì alla sua richiesta e, inconsapevoli dello scorrere lento dei loro più intimi sentimenti, passarono un pomeriggio insieme.
Ad esso seguirono tanti altri pomeriggi e serate come quella, nell’assoluta e più completa felicità che passare del tempo con qualcuno che ti fa star bene può dare.

Emily ricordò molte cose; ripensò a quando lui la baciò per la prima volta o quando gli sussurrò per la prima volta ti amo; le venne alla gola un qualcosa che non sapeva..un dolore non dolore, una sensazione stranissima che prende quando ripensi al passato con rimpianto.

Lui era molto dolce con lei, romantico e premuroso. Una domenica mattina, erano circa le otto, Emily era ancora a letto quando qualcuno suonò alla porta. Sentì la mamma che andò ad aprire la porta, qualche minuto di silenzio seguito da dei ringraziamenti e la porta si richiuse. La mamma resto ancora davanti alla porta a guardare ciò che aveva tra le mani: un vassoio di porcellana bianca con decori lilla, un bigliettino, una rosa rossa e una colazione che avrebbe potuto sfamare un intero reggimento di soldati. Era per Emily. William volle farle una sorpresa. Non credeva ai suoi occhi; era il più bel buongiorno di tutta la sua vita. Avvicinò la rosa al suo viso e avvertì la sua delicata bellezza.

Poi aprì il biglietto.

“Per la mia principessa...tu che non mi basti mai!!”

Non toccò la colazione, saltò subito giù dal letto e guardò fuori la finestra. Lui era ancora lì ad aspettarla. Si vestì in fretta e furia e percorse correndo la strada che la conduceva da lui.
L’abbracciò con una forza unica, lo strinse a se più forte che poteva e gli sussurrò dolcemente “Ti amo!”.

 

Passarono ancora altre tre settimane tra fiori, cuoricini di cioccolato, dediche e tante tante coccole. Dopo qualche tempo William cominciò ad avere atteggiamenti strani, era diventato più geloso, più pressante faceva discorsi strani. Emily all’inizio notò questo cambiamento ma non gli dette molto peso, presa dall’assoluto stato di felicità in cui si trovava. Poi capì che c’era qualcosa che non andava.
“William che succede? Sei strano!”
“Nulla amore! Non ti preoccupare!”
Dopo qualche giorno William le fece un regalo: una cornice molto carina con dei fiori attorno e la loro foto all’interno. Era la foto preferita di Emily: loro due mano nella mano sulla spiaggia.
Con tono serio poi le disse “Devo parlarti! Volevo farlo già da qualche giorno, ma non trovavo il coraggio.”
“Dimmi tutto! Mi stai facendo preoccupare!”
La prese per mano, lui si sedette e la fece sedere sulle sue gambe. Poi iniziò:  “Ho cercato una soluzione, ma non c’è. Non esiste.” – disse con voce sofferente. “Devo trasferirmi!”
“No! Dove? Quando?” gridò piangendo.
“Non piangere, ti prego!”
Continuavano a scendere lente e copiose quelle lacrime sul suo viso.
Non voleva accettare quella sconvolgente verità che le avrebbe cambiato la vita.
Restarono su quella panchina per circa due ore tra abbracci e un dettagliato racconto su quella scelta. Emily non poté far altro che ascoltare quella spiegazione. Il padre di William era malato, peggiorava di giorno in giorno e l’unica soluzione che tutti i medici davano era trasferirsi dove c’era la possibilità di avere cure migliori.
“Tra quanto partite?”
“Due settimane.” – fu la risposta.
“Non ci credo, solo due settimane!!”
“Dimmi che mi amerai per sempre!?” gli disse stringendogli le mani.
“Certo!Fino all’ultimo mio respiro, io ti amerò!”
Quelle settimane trascorsero veloci e il giorno della partenza arrivò inesorabile. Sistemarono i bagagli nell’auto e si abbracciarono ancora una volta; le lacrime bagnarono il dolce viso di lei; William delicatamente le accarezzò le guance, la baciò e le sussurrò “Ricorda...per sempre!”


Immersa in quella voragine di ricordi, Emily pianse; quel suo ricordo aveva riportato in superficie sentimenti che con prepotenza erano stati relegati nella più profonda parte della mente, quella dove i ricordi non vanno mai ripresi perché riportano con se solo dolore e sofferenza. Si addormentò con le lacrime agli occhi. Erano passati tre lunghi anni da quei momenti di vita; nonostante ciò Emily soffriva ancora molto. Aveva però imparato una cosa: che bisogna vivere le opportunità che si creano e se non ce ne sono, dobbiamo essere noi tanti folli da crearle per vivere. Aveva capito che la vita è fatta così, di alti e bassi, di momenti belli e momenti brutti. Lei era decisa a viverli tutti, indistintamente, perché se così non fosse, quando avrebbe avuto  ottant’anni, non avrebbe potuto dire di aver vissuto veramente...forse come desiderava William per lei.
La sveglia suonò puntuale come sempre alle sette; si fece forza e si alzò dal letto; dopo una piccola colazione si preparò per andare a scuola..prima di uscire Emily si guardò allo specchio, fece un sospiro e disse “ Per sempre, amore mio!!”  


   
 
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