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Autore: L_Fy    26/09/2011    0 recensioni
Sono passati due anni dagli eventi raccontati in The Runners. In questo lasso di tempo l’organizzazione delle Orion è molto cambiata: Un nuovo Consiglio governa le Orion, ma tra la gente comune regna una certa anarchia di pensiero che prima, con la Ars Space Corp., non esisteva minimamente. La criminalità dilaga, i Runners, decimati in numero e demotivati, si lasciano facilmente corrompere, la gente sempre più spesso sparisce nei meandri delle enormi navi spaziali e dei loro corpi reali e digitali non si ha più traccia… In questo clima di violenza e di precarietà, la Tau Centauri, longeva squadra di Runners al servizio del CDI, svolge ancora con successo il suo compito di paladina dell’ordine e della legalità…
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2 :  Hell’s Kitchen

 
Elijah Benson scese dalla navetta sul ponte 8 di Orion 2W e si sgranchì le gambe, sbadigliando. Si sentiva a pezzi: negli ultimi tre giorni non ricordava nemmeno quante navette avesse cambiato per raggiungere personalmente tutti i membri del Consiglio delle Orion.
“Grazie a Dio, ci spettano due giorni di riposo.” esclamò Damon Richner, il suo collaboratore più stretto, che era sceso dopo di lui e che, a suo pari, era stanchissimo.
Elijah gli batté affettuosamente la mano sulla spalla, comprensivo.
“Questo giro promozionale, come dici tu, è stata la cosa più faticosa che abbia mai dovuto fare. La situazione politica è da pianto, e di conseguenza tutto il resto va a rotoli. Quasi quasi rimpiango i tempi facili della Ars Space Corp…”
Damon sorrise, indulgente.
“Ma se te la sei cavata benissimo! Sei nato per essere un negoziatore, Elijah. E non fare il finto modesto, perché lo sai.”
“Devo dirti che non mi aspettavo di avere tanto successo” ammise Elijah, segretamente compiaciuto “Abbiamo ottenuto più sovvenzioni per il SuX di quanto avessimo preventivato. Non ci succederà mai più una botta di fortuna del genere! Che ne dici, andiamo a festeggiare?”
Ma Damon non lo ascoltava più: un largo sorriso gli si era allargato sulla faccia quando aveva visto che sul ponte, poco distante da loro, c’era ad attenderlo una persona.
“Alicia!” esclamò correndole incontro.
Una donna bionda, molto bella ed elegante, finalmente li vide ed un sorriso di gioia le illuminò il volto.
“Damon!”
In pochi secondi furono una nelle braccia dell’altro intenti a baciarsi come se nessun altro esistesse al mondo tranne loro. La gente intorno che andava di fretta lanciava loro sguardi indulgenti e anche un po’ invidiosi. Anche Elijah sentì il cuore attraversato da una fitta di malinconia e tutta la gioia che provava per essere riuscito nel suo lavoro si spense in un attimo, oscurata da un opprimente senso di solitudine. In quel momento, avrebbe dato metà del suo successo per avere una certa persona ad attenderlo sul ponte a braccia aperte.
Damon e Alicia finalmente rientrarono nella realtà e tornarono verso di lui, mano nella mano.
“Hei, Alicia, diventi sempre più bella ogni giorno che passa.” disse Elijah baciando la donna sulla guancia che gli sorrise raggiante.
“Tutto merito di questa sottospecie di segretario che ti ritrovi” rispose con voce squillante “Tu invece sembri passato nel tritacarne. Hai bisogno di riposo, Elijah… le responsabilità del SuX ti stanno facendo invecchiare prima del tempo. Quand’è che ti prenderai una settimana di ferie?”
La fitta dolorosa allo sterno di Elijah si intensificò, mista a un sotterraneo risentimento.
“Come sai, noi del SuX non abbiamo tempo per il riposo” rispose contrito con un sorriso tirato “Ogni giorno siamo troppo concentrati a fare in modo che nessuno scateni una guerra nucleare sulle Orion.”
“Lavoro, lavoro, lavoro” sorrise Alicia senza tanta allegria: sapeva bene che era proprio il lavoro la causa della solitudine di Elijah “Non esiste solo il lavoro. Ti perderai un sacco di cose interessanti finché  vorrai essere sempre il primo a iniziare…”
“…e l’ultimo a finire. Lo so, mammina.” rispose Elijah con affetto.
“Però, guarda dov’è arrivato col suo lavoro il signorino Benson” cercò di consolarlo Damon rimproverando Alicia con lo sguardo “Sulle Orion non è mai esistito un generale così giovane e brillante.”
Elijah sorrise, tristemente lusingato e tacque.
“…ma questo non sempre mi consola, amico” pensò lugubre “Certe volte vorrei che Jude fosse qui e mi sorridesse come Alicia sorride a te.”
“Adesso me ne vado a casa a godermi il meritato riposo di 48 ore non stop.” disse con allegria forzata.
“Non vuoi venire a bere qualcosa con me e Alicia?” lo fermò Damon.
Elijah guardò di sfuggita la mano possessiva di Damon che stringeva la vita di Alicia, e scosse il capo, mestamente.
“Credo che voi abbiate di meglio da fare. A presto, sottospecie di segretario e gentile signora.”
“Fai il bravo e stacca l’interfono per qualche giorno, capito?” gli gridò dietro Damon mentre Elijah si allontanava.
*             *             *
“Luce.” disse Elijah e la stanza si illuminò. Vuota, naturalmente. Con un sospiro, Elijah buttò la valigetta con il computer portatile sul divano e andò in cucina. Il frigo era vuoto e deprimente proprio come il resto della casa. Elijah tornò in zona relax e si versò un bicchiere di cognac: aveva bisogno di calore, fosse anche alcolico, perché l’ingresso in casa gli aveva dato una sgradevole sensazione. Gli era sembrata la casa di un estraneo: fredda, impersonale e sconosciuta. Non c’era la piacevole confusione che aveva accompagnato tutto il primo anno di vita lì dentro, con Jude che ogni tanto dava fuori di matto e ululava “Questa casa è un porcile!” obbligandolo ad una kermesse di pulizie che poteva durare anche un’intera giornata. Poi, dopo qualche ora, lei cominciava a lanciargli sguardi languidi e risatine allusive finchè finivano inevitabilmente a letto. Dopo un paio di giorni il disordine regnava di nuovo sovrano fino al successivo attacco di sensi di colpa di Cardinale. Elijah si buttò sul divano e accese la olo-visione senza guardarla. Senza pensare a niente, a dire il vero. Gli mancava Jude. Gli mancava così tanto che avrebbe anche accettato di nuovo le logorroiche litigate lunghe giornate intere, pur di averla vicino in quel momento. Ma lei se n’era andata davvero, questa volta, da ben sei mesi ormai. Loro due si parlavano solo alle riunioni del SuX e riuscivano a litigare anche lì per le cose più stupide, come ad esempio la distribuzione dei buoni mensa. Jude in quelle occasioni sembrava tutto fuorché desiderosa di tornare indietro, come invece succedeva a lui.
Elijah sollevò il bicchiere di cognac e lo guardò a lungo, cupo.
“Bentornato a casa.” si disse sputando quasi le parole e bevve il liquore tutto d’un fiato.
*             *             *
Platform:             DR 1984 Hell’s Kitchen – New York – Missione infiltrazione DDW non autorizzata
Digi-Alias:
Cardinale, Jude                  J                                           Capo dei Dark Viper
Morales, Eric                                    Drury                                  Membro dei Dark Viper
O’Brian, Garrie                  Ice                                       Membro dei Dark Viper
Patterson, Matt                  KillZone                             Membro dei Dark Viper
Hanson, David                    BlueMoon                          Membro dei Dark Viper
 
Ecco come sono i veri professionisti, pensò ammirata BlueMoon quando la Tau Centauri si digitalizzò in un vicolo buio e squallido di Hell’s Kitchen. Quei quattro, in meno di un secondo, si erano trasformati da Runners attenti ed accademici al branco di adolescenti dannati della banda dei Dark Viper. Ognuno di loro, dal nulla, era magicamente diventato un autentico avanzo di marciapiede e la trasformazione era avvenuta nei pochi secondi disponibili durante la de-digitalizzazione: chi come KillZone, aveva assunto l’aria nervosa di chi ha il grilletto facile, chi come J aveva preso la camminata baldanzosa e maschia del vero capo. Sembravano tutti perfettamente a loro agio nei giubbotti di pelle nera da motociclista con disegnato sulla schiena un serpente stilizzato. Ice si sistemò il fazzoletto bisunto che gli avvolgeva la fronte e si girò aggrottato a guardarla.
“Muoviti, BlueMoon: non abbiamo tutta la notte.” disse rude e la giovane notò che anche il tono della sua voce si era adeguato ai bassifondi, arrochendosi in un accento cockney molto realistico.
BlueMoon li raggiunse, imbarazzata, sculettando volenterosa e stando attenta a non inciampare sui tacchi alti. Fortunatamente J non la stava guardando, così fu KillZone ad avvicinarsi per primo, con noncuranza.
“Hei, cocca, se vai avanti così ti disarticoli l’anca” la rimproverò a bassa voce, accendendosi una sigaretta “Vai con calma. Sculettare va bene, ma non troppo. Mica siamo su una piattaforma Sex: se ti beccano, qui rischiamo grosso, bella mia…ricordati che siamo in incognito.”
BlueMoon gli fece un sorrisetto imbarazzato e seguì il suo consiglio, camminando un poco più sciolta. KillZone annuì, approvando, e le allungò una gomma da masticare avvolta in carta di alluminio.
“Metti questa in bocca” disse masticando a sua volta il chewin gum “Qui tutti masticano: se non mastichi sei subito sospettata.”
“Oh…grazie.” balbettò BlueMoon affrettandosi a mettere in bocca la gomma: aveva uno strano sapore metallico e la ragazza guardò KillZone dubbiosa.
“Tranquilla, bambola” ridacchiò KillZone facendo risaltare i denti bianchissimi contro la pelle nera come lucido da scarpe “Non è droga. Ma se sei in difficoltà, sputa quella in una pozza di benzina e vedrai che bel falò che ci viene!”
BlueMoon sorrise nervosa, indecisa se credergli: comunque, KillZone gli sembrava autenticamente pazzo, digi-alias o no. Intanto il gruppetto, capeggiato dal biondo J, era uscito dal vicolo e si era immesso nel traffico rutilante della strada principale. Hell’s Kitchen era una piattaforma piuttosto realistica, per essere una DDW pirata: i muri scrostati dei palazzoni grigi e anonimi avevano l’aria genuinamente depressa, e anche le luci deboli e asmatiche dei lampioni aiutavano a rendere l’ambiente cupo e inquietante. La strada principale era un autentico immondezzaio: per camminare occorreva calpestare di tutto, da giornali marci di pioggia a resti di cibo, sigarette sbriciolate, lattine e bottiglie di ogni sorta. Un discreto numero di persone andava avanti e indietro per quel breve tratto illuminato, sparendo e ricomparendo dalle porte di ingresso dei locali fumosi e chiassosi che si affacciavano sulla via. Quasi tutti indossavano dei giubbotti con il logo del loro gruppo di appartenenza, a parte le ragazze che viaggiavano seminude con abitini striminziti e tacchi vertiginosi su cui a malapena riuscivano a deambulare. J si guardò intorno un attimo prima di dirigersi deciso verso un gruppetto di motociclisti appostato davanti alla porta di un locale la cui insegna al neon blu lampeggiava stancamente tutta sbilenca. I motociclisti li videro arrivare: un tizio, evidentemente il capo a giudicare dal numero di perline e collane appese al collo, smontò dalla moto e si avvicinò di un passo, infilandosi i pollici nella fibbia metallica della cintura.
“Hei” mugugnò quando J fu a portata di voce “Che ci fate voi qui, Dark Viper?”
J si strinse nelle spalle, fintamente noncurante.
“Ci facciamo solo un giretto, Snape.” rispose laconico.
Poi, tolse un gualcito pacchetto di sigarette dalla tasca del giubbotto e ne offrì una a Snape che la accese con un grosso Zippo che sembrava un lanciafiamme.
“Ti sei fatto una nuova ragazza.” disse Snape indicando BlueMoon che per poco non sobbalzò, sorpresa.
J le fece un cenno e BlueMoon gli si avvicinò, pregando di non sbagliare mossa. Quando fu a tiro, J la afferrò per la vita e la strinse a sé, rudemente. BlueMoon incespicò appena e si aggrappò a lui leggermente per nascondere il fatto a Snape mentre masticava la gomma con una foga oltremodo sospetta.
“Questa è BlueMoon” disse J massaggiandole possessivo una spalla “Non è mai venuta ad Hell’s Kitchen ed è un po’…nervosa. Saluta Snape, cocca.”
“Ciao Snape.” belò BlueMoon con un patetico sorrisetto. Snape le lanciò uno sguardo sospettoso e J maledisse internamente l’inettitudine del suo nuovo rimpiazzo.
“E’ la mia donna, quindi chi la tocca è morto.” disse tentando di distrarre Snape.
“Non lo dire a me, bello: non mi piacciono le bianche” ammiccò Snape sorridendo “Avrei giurato di non vederti più per un pezzo ad Hell’s Kitchen, biondino. Soprattutto, non stasera.”
“E perché mai?”
“Bè…le voci che circolano vi danno per morti di qui a qualche oretta.”
J si accese una sigaretta con lo sguardo insondabile.
“E chi è che sparge le voci?”
“Un tuo vecchio amico…DeathDean.”
“DeathDean?” ripeté J aggrottando le sopracciglia “Quella caccola albina dei Frozen? E che vuole da me?”
“A quanto si dice in giro a Hell’s Kitchen, gli hai fregato il monopolio del Doom Boom, l’altra sera.”
J si girò lentamente verso Drury che si avvicinò, stringendosi millimetricamente nelle spalle.
“Quel locale di lap dance sulla Quinta Strada” disse infine a J “Ci siamo andati la settimana scorsa. Non ricordo che fosse successo niente di particolare, però.”
J cominciò a sentirsi vagamente a disagio: a Hell’s Kitchen niente succedeva per caso. Che i Frozen ce l’avessero con loro per qualche motivo…?
“Quel deficiente di DeathDean deve essersi bevuto il cervello” sentenziò J deciso “Noi non abbiamo fatto proprio niente di strano in quel locale. Ma, se mi girano dal verso sbagliato, potrebbe succedere qualcosa stasera. Così quei poppanti dei Frozen imparano a tenere la lingua a posto.”
“I Frozen in giro contano poco e niente, gringo: ma non è di  loro che ti devi preoccupare. Il Doom Boom non è monopolio dei Frozen, ma degli Stars. Che vi stanno cercando per “rimettere al posto giusto i vostri culi bianchi”…testuali parole di Polaris, a quanto pare.”
J e gli altri Dark Viper rimasero per un attimo impietriti, prima di dissimulare con nonchalance una blanda sorpresa. Polaris e gli Stars! Erano secoli che la Tau Centauri dava la caccia a quel criminale e alla sua banda, senza mai riuscire a cavare un ragno dal buco. Ed ora eccoli lì, quasi serviti su un piatto d’argento…diamine, peccato che il CDI e il SuX non potessero essere contattati in nessun modo per ricevere la notizia. Ma questo era davvero un problema per la Tau Centauri…? Gli occhi di J scintillarono per un attimo, scaltri.
“Polaris…” mormorò lentamente “Addirittura il capo supremo degli Stars? Non credo che si scomoderà per così poco.”
“Oh sì che lo farà” rispose deciso Snape “Sai, c’è anche di mezzo LaToya…”
“Chi?” chiese J, genuinamente curioso. Non aveva mai sentito nominare quel nome, a dire il vero.
“ LaToya è la barista del Doom Boom ” disse Snape lasciandosi sfuggire un sorriso “Era la ragazza di DeathDean ed è per questo che i Frozen avevano il monopolio del locale. Ma poi, LaToya ha messo gli occhi su un certo biondo dei Dark Viper e ha liquidato DeathDean con tutti i Frozen.”
“E perché diavolo avrebbe fatto una stupidata del genere?” sbottò J meravigliato.
Snape si strinse nelle spalle.
“Immagino che volesse attirare la tua attenzione…L’avrai tramortita con il tuo fascino.”
Drury diede una spallata amichevole a J, a metà tra un ammonimento e un buffetto.
“Direi che sarebbe il caso di andare a dare un’occhiata a questa LaToya.” mormorò J pensoso.
“Non credo che questa sia una buona idea” rispose Drury, cogitabondo “Non stasera, almeno.”
J gli lanciò uno sguardo di sufficienza: Morales stava cercando di fargli capire che era imprudente muoversi su un campo così pericoloso senza che il CDI e il SuX ne fossero informati, ma lui temeva di farsi sfuggire Polaris…e poi, quanto gli piaceva il rischio!!
“Se volete un consiglio…state alla larga da Hell’s Kitchen stasera.” disse lentamente Snape, con uno sguardo duro “Forse non lo avete capito, ma siete nei guai.”
“O forse lo sono i Frozen.” rispose J, con lo stesso tono di voce.
“Biondo, forse non hai capito bene. Avete fatto incavolare Polaris: questo è il nocciolo della questione.”
“Non mi dire.” Rispose J, serafico.
Lui e J si guardarono a lungo negli occhi, ingaggiando un dialogo di sguardi che solo loro potevano capire.
“Buona fortuna, amico.” sussurrò Snape a fior di labbra e J annuì, allontanandosi di un passo.
“Ricevuto.” rispose telegrafico.
Snape annuì e sollevò il pungo per ingaggiare un complicato saluto. Poco dopo, J e gli altri stavano dirigendosi verso l’incrocio con la Quinta Strada.
“Allora, che succede di bello?” si informò KillZone affiancando J che aveva una faccia particolarmente cupa.
“ Succede che ci stanno aspettando. Polaris, gli Stars, i Frozen e tutte quante le maledette bande di Hell’s Kitchen…al Doom Boom, stasera, ci sarà un bello spettacolo di fuochi d’artificio.”
“Cavolo! E quando te le ha dette Snape queste cose?” mugugnò il compagno, impressionato.
“Non me le ha dette, me le ha fatte capire. Ma che vuoi sapere tu…Fai fatica ad accorgerti che un elefante ti ha parcheggiato su un piede, figurati se cogli le sottigliezze psicologiche di un discorso tra capibanda.”
“Non credo che sia prudente andare là senza avvisare il CDI” intervenne Ice serio “Potremmo finire in guai molto seri se si accorgono che incontreremo Polaris senza che loro lo sappiano.”
“Chi dovremmo incontrare? Quando è successo?” chiese di nuovo KillZone, confuso. Drury sollevò gli occhi al cielo, esasperato.
“Fagli un disegno, Drury” borbottò J senza nemmeno girarsi “Magari con un diagramma di flusso.”
“A dire il vero, non ho capito niente nemmeno io.” ammise BlueMoon, vergognosa.
Ice per poco non scoppiò a ridere quando vide la faccia depressa di J.
“Ragazzi, voi eravate al cinema quando Dio distribuiva i cervelli, vero?”
“Eh?” chiesero KillZone e BlueMoon quasi contemporaneamente.
Drury posò una mano sulla spalla di J, comprensivo.
“Lascia fare a me.” disse piano.
“E’ meglio: se faccio tanto di girarmi verso di loro prendo uno e lo uso per picchiare l’altro.” rispose J, tetro.
“Allora, concentratevi” disse Drury rivolto a KillZone e BlueMoon “Siamo in questa piattaforma senza la protezione del CDI. Sappiamo che la banda più pericolosa di tutta Hell’s Kitchen ci sta aspettando al Doom Boom e il capo, qui, ha deciso di andare lo stesso, ben sapendo che lo prenderemo nel sedere in almeno venti posizione diverse.”
“Ma capo, abbiamo una alternativa all’andare là a farci sbattere come bistecche?” domandò BlueMoon titubante quando ormai erano davanti allo squallido e sporco ingresso del Doom Boom. J si girò verso di lei e la guardò a muso duro.
“Certo: non uscire vivi da Hell’s Kitchen.” rispose tranquillo, ed entrò nel locale.
*             *             *
L’aggettivo migliore per definire il Doom Boom era squallido. L’aria era quasi irrespirabile e le ragazze seminude che ballavano sui tavoli spuntavano dalla nebbia fumosa come stanchi funghi ondeggianti. All’ingresso dei Dark Viper ci fu un’evidente interruzione al brusio di voci di sottofondo e quasi tutti si girarono a guardarli. J scrutava in giro con attenti occhi rapaci, camminando in mezzo alla stanza con passo indolente e i pollici infilati nella cintura. BlueMoon lo seguiva da vicino, cercando di mantenere un’espressione rilassata e masticando con impegno la sua gomma. Quando J arrivò nel centro del locale, Ice e KillZone si piazzarono naturalmente ai suoi lati mentre Drury gli stava alle spalle, guardingo. Approfittando di un momento in cui la musica assordante si era improvvisamente interrotta, J parlò con voce forte, chiara e sicura.
“Vorrei parlare con LaToya.”
Ci fu una specie di tramestio dietro il banco del bar da cui spuntò una ragazza dai capelli rossi ed il trucco pesante, inguaiata in un completino di pelle nera che occupava a malapena lo spazio di un fazzoletto da naso.
“Cercavi me, biondo?” disse con voce petulante e a J si rivoltò lo stomaco pensando a quello che doveva fare.
“Certo non è Biancaneve.” ridacchiò Drury alle sue spalle, ma J lo ignorò.
Facendo mentalmente ricorso alla propria professionalità, si avvicinò alla ragazza sfoderando quello che doveva essere un sorriso seducente e lasciò correre lo sguardo sul corpo della donna.
“Mi hanno detto di passare di qua che avresti avuto qualcosa per me.” le disse con voce roca, più dovuta al disgusto che al desiderio. La donna gli si avvicinò fino a sfiorarlo con il petto prominente e J poté sentire il forte lezzo del suo profumo da quattro soldi che per poco non gli fece venire da vomitare.
“Ho un sacco di cose interessanti per te, Dark Viper. Se hai voglia di seguirmi un attimo di…”
La bocca della donna si chiuse bruscamente quando un gruppo di persone entrò dalla porta accompagnato da un clangore di metallo. Istintivamente, la ragazza si allontanò di un passo, spaventata e J ringraziò Dio e i nuovi venuti di poter riprendere a respirare.
“Dark Viper!” rombò una voce alle sue spalle.
J si girò lentamente, con calma e si accese sprezzante una sigaretta ignorando i nuovi arrivati, cioè la banda dei Frozen al completo. Con un rapido calcolo, J contò tre avversari per ognuno di loro e le sue labbra si stirarono in un sorriso velenoso: un gioco da ragazzi, in fin dei conti.
“Hei, DD, che si dice in giro?” esordì con aria annoiata all’indirizzo del giovane a capo della banda, di un biondo quasi bianco e il viso ricoperto di piercing.
“In giro si dice che c’è qualche pivello che mi vuole fregare la piazza.” rispose DeathDean e J riconobbe il panico dalla nota leggermente stonata della sua voce. Non poté fare a meno di provare un moto di pena per chiunque si nascondesse dietro DeathDean: magari era un ragazzino finito senza volere in un ingranaggio più grande di lui. Per un fuggevole secondo, scambiò uno sguardo interrogativo con Drury, che piegò deciso la testa da un lato in senso di diniego: no, capo, non ci andare leggero. Siamo in ballo e dobbiamo ballare sfoderando i nostri passi migliori, diceva quel semplice gesto. Se DeathDean in realtà è un ragazzino fifone, cavoli suoi…doveva stare alla larga da Hell’s Kitchen. Con un moto di fastidio, J fece due passi decisi verso DeathDean che sembrò sul punto di farsela nei pantaloni.
“Perché, una caccola come te ha qualche piazza da giocarsi?” domandò duro senza staccare gli occhi dall’avversario.
Il silenzio invase il locale maleodorante: tutti gli avventori se ne stavano in attesa, rapaci, per vedere quale testa sarebbe caduta. Il cuore di J batteva forte nel petto, ma il suo sguardo era duro e immobile. DeathDean stava quasi per indietreggiare, vinto, quando una figura sbucò dalle fila dei Frozen e si frappose fra lui e J.
“Lui forse no” disse con voce dura il nuovo arrivato “Ma io sì, e non mi va che un bianco rachitico come te venga a dettar legge nella mia zona.”
Un fremito leggero passò fra i Dark Viper, impercettibile quanto sconvolgente: Drury, Ice e KillZone pensarono quasi contemporaneamente la stessa cosa, immobili come statue: Polaris!
*             *             *
J non si permise nemmeno di battere le ciglia, ma il cuore gli era piombato più o meno a livello dello scroto: il nero che aveva davanti era niente meno che Polaris, il capo supremo degli Stars, la banda più potente di tutta Hell’s Kitchen. J non credeva che sarebbe mai riuscito ad incontrare quel pericoloso e sgusciante criminale, e invece…. Polaris era ben conosciuto dal CDI che smaniava da un pezzo di incastrarlo ma lui non trattava mai di persona: chi era arrivato a vederlo non era potuto tornare indietro a raccontarlo. Trovarselo davanti significava essere arrivati al capolinea. Che colpo di fortuna!, pensò J, esultante: portare al CDI e al SuX le prove di aver contattato Polaris avrebbe fatto guadagnare alla Tau Centauri un bel po’ di crediti! Poi elaborò che i Frozen più gli Stars erano davvero un gruppetto nutrito di persone e che, alla luce di questi fatti, i Dark Viper avevano le stesse possibilità di uscire vivi dal Doom Boom di un verme appeso all’amo di una canna da pesca. Il suo cervello iniziò a lavorare alacremente per cercare una possibile via di scampo. Polaris, però, sembrava non volergliene dare modo: gli occhi erano coperti da spessi occhiali scuri, ma sul viso brillava lucida una cicatrice che attraversava la guancia destra tutta arricciata in un sorriso malefico che scopriva i denti grandi, quadrati, tutti rigorosamente d’oro giallo. Solo a guardarlo uno se la faceva sotto tanto era la sicurezza e la potenza che quel tizio emanava.
“Non sapevo che quella mezza sega fosse un tuo protetto.” si decise infine a mentire J, scartando l’opportunità di fingere di non sapere chi fosse Polaris.
“Oh. Altrimenti che avresti fatto?” ribatté DeathDean, quasi stravolto dal sollievo di avere gli Stars alle spalle.
“Ti avrei pisciato su una scarpa” rispose J lentamente, dopo averci pensato con serietà “Facci un favore, mezza sega: lascia parlare gli adulti, da bravo bambino.”
“Perché, hai qualcosa da dirmi prima di morire, mozzarella?” intervenne Polaris con voce pacata facendo immediatamente scomparire DeathDean dalla scena.
J fece spallucce, pregando in cuor suo di poter instaurare un dialogo con Polaris prima che questi tirasse fuori un cannone e gli sparasse nei denti.
“Volevo dirti che non ho nessuna mira verso il Boom Doom” rispose soppesando le parole “Ma era da un pezzo che volevo incontrarti. Ti devo parlare.”
Polaris gli si avvicinò ulteriormente e J poté sentire il suo odore: un misto di selvatico e tabacco, a suo modo piacevole.
“Adesso mi hai incontrato, mozzarella” disse piano e la sua voce era come una lama gelida puntata alla gola “Peccato che il privilegio di parlarmi te lo devi guadagnare col sangue. Ti piace, così, il discorso?”
J non abbassò lo sguardo: sentì quasi fisicamente la tensione dei suoi compagni, alle spalle e sapeva che erano pronti a tutto: ma gli eventi erano declinati decisamente verso il pericolo, rispetto alle premesse. Oltretutto, silenziosamente, il piccolo gruppo dei Frozen si era ingrossato di una ventina di figure nere, discretamente in ombra e proprio per questo ancora più pericolose. Se Elijah sapesse in che guaio ho ficcato la mia squadra, si farebbe scoppiare una vena sul collo dalla rabbia, pensò J in uno sprazzo di humor nero. Meditò intensamente su cosa poter dire di furbo per uscire da quella situazione.
“Baciami il culo.” scandì infine con voce forte e chiara.
“Praticamente, una richiesta di esecuzione.” mormorò KillZone a fior di labbra, anche se non sembrava minimamente preoccupato. Anzi, sembrava quasi contento: pazzo come un cavallo pazzo, pensò BlueMoon con un brivido.
Dopo qualche secondo in cui le parole di J avevano raggiunto ogni angolo del locale, rimbalzando come una palla magica, la faccia di Polaris si accartocciò in un ghigno ferino.
“Hai fegato, mozzarella: ma sarai tu a baciare il mio, molto, molto presto.” gli mormorò quasi sul naso.
J stava per replicare quando un treno merci con tutti i vagoni al completo lo investì in pieno sulla guancia sinistra: il pugno di Polaris era partito fulmineo, cogliendo tutti di sorpresa. Mentre il corpo di J si staccava da terra, compiva una parabola discendente e rovinava per terra, strisciando sul lurido pavimento del locale, tutto intorno si scatenò l’inferno. Con un ruggito entusiasta, KillZone scattò verso il gruppo dei Frozen, individuando ed atterrando i tre più deboli con un’unica, potente scudisciata del suo braccione. Drury e Ice si gettarono a capofitto verso altri due avversari, cominciando a menare pugni a raffica dovunque capitasse. LaToya e le altre ballerine starnazzarono come galline, finendo in mezzo alla mischia sballottate dagli altri avventori che avevano prudentemente fatto cerchio intorno alle due fazioni rivali. J, ancora intontito, si massaggiò la guancia che era diventata improvvisamente insensibile e ritirò la mano coperta di sangue. Alzò gli occhi in tempo per vedere lo stivaletto a punta di DeathDean che calava con forza sulla sua faccia. Parò il colpo afferrando lo stivale con le mani e con una spinta mandò il proprietario a gambe all’aria dall’altra parte del locale. J si rialzò a fatica, lo sguardo annebbiato dalle lacrime che gli avevano invaso gli occhi. Un altro pugno invisibile lo centrò sull’altra guancia, facendogli sputare un fiotto di saliva misto a sangue, ma riuscì a reggersi in piedi e a ricambiare la cortesia, colpendo Polaris sul naso. Il nero non fece nemmeno una piega: sempre col suo sorrisetto sardonico stampato in faccia, iniziò a tempestare J di pugni precisi, micidiali, ai fianchi, al viso, allo stomaco. Uno di questi colpì J sull’orecchio che si gonfiò immediatamente come un cavolfiore, sparandogli un sibilo fastidioso nel cervello.
“Adesso mi hai proprio rotto le scatole.” mormorò J più a se stesso che a Polaris, e riuscì a spostarlo di un metro colpendolo con una testata al plesso solare. Di sfuggita, vide KillZone con due tizi appesi alle braccia mentre un altro si divincolava terrorizzato stretto tra le sue mani alzate. Il gigante nero buttò lontano il corpo, gridando, e si liberò dei due appesi alle braccia menando schiaffi in giro, come se stesse scacciando le mosche. Drury gli finì addosso con un taglio sulla fronte che gli aveva imbrattato tutto il viso di sangue.
“Meglio che al circo, eh?, zietto?” esclamò entusiasta KillZone prima di spingerlo di nuovo in mezzo alla mischia.
In mezzo a tutto quel casino, BlueMoon se ne stava come radicata al suolo, guardandosi intorno spaesata. Vide Ice passarle sopra in volo, schiantarsi a terra e rialzarsi prontamente, con un assurdo sorriso felice sulle labbra. Quando anche schizzi di sangue e saliva le imbrattarono il vestito, pensò di averne avuto abbastanza di pazzi scatenati per quella sera: girò i tacchi e fece per scappare via, ma si ritrovò LaToya tra i piedi.
“Togliti, imbecille!” strillò, in preda al panico, ma LaToya era di altro parere. Con un gridolino vittorioso, si attaccò ai suoi capelli, strappandone una ciocca intera e BlueMoon dal panico passò a una rabbia cieca e cominciò a tempestarla di pugni, gridando in maniera molto poco femminile. Sul Doom Boom calò una rossa cortina di distruzione. Si perse persino la nozione del tempo e quando ormai l’interno del locale sembrava un grottesco girone dell’inferno, J fu travolto dall’ennesimo pugno formato famiglia di Polaris, stramazzò a terra e colpì con la tempia un angolo di un tavolino rovesciato. Non fece in tempo a pensare a niente prima di cadere confusamente nell’oblio. 
  
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