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Autore: _Yumemi_    26/09/2011    6 recensioni
Katara era ferma sul ponte della nave, a fissare distratta l'orizzonte che si profilava davanti a lei: mare e cielo a perdita d'occhio. La luce del sole che riusciva ancora a filtrare dalla spessa cappa di nubi, ne rifilava i profili di oro e rosso, risaltando la loro forma su quello sfondo scuro. Il vento piano piano era aumentato, presagendo che presto sarebbe arrivato brutto tempo. Ripensò al suo cielo, a quello limpidissimo del Polo Sud che appariva dopo settimane di tormenta.
[2° classificata nel contest "Sotto un cielo così azzurro" di Kuruccha & MyPride]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aang, Altro personaggio, Katara | Coppie: Katara/Aang
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Stella cadente

 

 

Un fuoco scoppiettava pigro
«Katara.»
Una voce alle sue spalle la chiamò. «Si, mamma?»
«Vieni con me? Ti voglio far vedere una cosa.»

Senza far rumore, per non rischiare di disturbare Sokka e Hakoda, iniziarono a prepararsi per uscire. Kya si vestì in fretta indossando un pesante cappotto con cappuccio foderato di pelliccia ed infilandosi ai piedi il paio di stivali più pesanti che aveva.
«Papà e Sokka non vengono con noi?» Domandò Katara intanto che Kya la copriva per bene.
«Meglio lasciarli in pace, tesoro. Quella di oggi è stata una giornata davvero molto faticosa per loro.» La donna lanciò uno fugace sguardo al marito e il primogenito, beatemente addormentati a qualche metro di distanza. Hakoda aveva portato Sokka ad assistere ad una battuta di caccia assieme ad un altro gruppo di cacciatori, ed erano stati via tutta la giornata. Quando la sera erano ritornati il figlio non aveva fatto altro che parlare animatamente, raccontando di come anche lui si fosse comportato da vero guerriero. Non passò neanche un'ora che si era già addormentato su una stuoia, precedendo di non molto il padre. Kya non dubitava che badare ad una testa matta come Sokka fosse un compito molto più faticoso della caccia alla foca-tigre.
«Bene.» Fece Kya soddisfatta, dopo aver tirato il cappuccio sulla testa di Katara.
«Ma dov'è che andiamo, mamma?»
«Vedrai.» Le rispose con aria misteriosa. Scostò appena un lembo della spessa tenda blu che segnava il confine estremo dell'igloo, come invitandola ad uscire per prima. Katara però non si mosse. Era così buio, là fuori. La notte oltre la soglia di casa le sembrava così scura e paurosa e piena di pericoli che per un attimo ebbe la tentazione di cambiare idea e restare lì dov'era. Kya intuì le paure della piccola, ma non disse nulla. Ripercorse lentamente la distanza che le separava e si inginocchiò, abbassandosi fino a portare i suoi occhi allo stesso livello di quelli della sua piccola dominatrice dell'acqua.

Sorrise dolcemente. «Vogliamo andare?» Kya allungò la mano guantata e la tenne tesa, paziente.
Solo quanto una manina piccina, anch'essa protetta da un caldo guanto, vi si posò sopra la richiuse con delicatezza.
Così, mano nella mano, si immersero assieme nella gelida notte antartica.

*

Katara si svegliò. Non aprì subito gli occhi, ma si concesse di prolungare ancora un po' quel breve momento di perfetta stasi che si trovava tra la realtà e un sogno. Quando, quasi con rassegnazione, sollevò le palpebre la prima cosa che vide fu un grande stendardo rosso con una fiamma nera al centro: lo stemma della Nazione del Fuoco.
Trattenne uno sbadiglio e si mise a sedere sulla branda. Il silenzio attorno a lei era assoluto, interrotto solo dal respiro lento di Toph, che dormiva ancora, e dal cupo rombo proveniente dalle caldaie della nave da guerra che avevano sequestrato. La sorda vibrazione che avvertiva stava a significare che erano in movimento.
Decidendo di non indugiare oltre scivolò giù dal letto. Nonostante tutto l'impegno che ci aveva messo per non far rumore, appena toccato con le dita dei piedi il pavimento, le mani di Toph, con entrambe i palmi appoggiati a terra, ebbero un lieve sussulto. Oltre a questo non si mosse: aveva percepito che si trattava di lei. Velocemente Katara si vestì indossando sopra a tutto un mantello rosso chiuso da un fermaglio raffigurante una fiamma d'oro, si mise gli ormai logori scarponcini e, per ultimo, si pettinò i capelli in una treccia.
Afferrò la maniglia della porta e tirò forte verso di se con un gesto deciso. Ci fu un clangore, e poi la porta si aprì con un cigolio non opponendo nessuna resistenza.
"Bene, andiamo." Sola, imboccò il corridoio buio.

 *

Piccole nuvole di vapore si alzavano dalle loro bocche ad ogni respiro, volatilizzandosi nell'aria fredda e pungente. La neve scricchiolava sotto i loro stivali mentre camminavano.
«Ora mi puoi dire dove stiamo andando?»
Kya si lasciò sfuggire una risata, divertita dall'impazienza della bambina « In un bel posto!»
Attraversarono tutto il villaggio fino ad oltrepassare lo spesso muro di ghiaccio alzato lungo i suoi confini. Solo quando arrivarono alla banchina affacciata direttamente sul mare si fermarono.
«Guarda, Katara» Le disse sua madre, con quella voce così dolce che la bimba tanto amava. Lei, allora, alzò il naso e per la prima volta parve accorgersi dell'inatteso spettacolo sopra di loro. Senza il luminoso bagliore della Luna, il numero infinito di stelle che segnavano il firmamento potevano brillare indisturbate. Ora che la sua vista si era abituata all'oscurità riusciva a vedere i mille differenti luccichii che emanavano quelle piccole gemme. Era come guardare un arcobaleno frammentato e cosparso per tutto il cielo in una perfetta sinfonia di bagliori. Katara corse fino al limite della banchina di ghiaccio, là dove le acque piatte dell'oceano riflettevano con perfezione assoluta il cielo che le sovrastava.
«Mamma, mamma!» La chiamò forte e poi corse verso di lei senza smettere di sorridere per un solo istante. «Guarda il cielo! E' bellissimo!»
«E se saremo fortunate vedremo una cosa ancora più bella.»

*

«Ciao Aang.» Come ogni mattina Katara lo salutò. Si richiuse la porta alle spalle e andò verso di lui, steso immobile al centro della stanza. Depose il secchio pieno d'acqua che aveva portato con se accanto al suo giaciglio, poi gli si inginocchiò accanto. Era ancora privo di sensi. Col dorso di un dito sfiorò appena una ciocca di capelli, cresciuti durante quei giorni. Erano neri, molto sottili e morbidi. Le piacevano. Gli sistemò affettuosamente un ciuffetto ribelle dietro un orecchio prima di iniziare, con estrema attenzione, a togliergli il bendaggio. Katara allungò un braccio verso il secchio e l'acqua al suo interno fluttuò verso di lei, avvolgendo prima una e poi l'altra mano. Quando ebbe portato entrambi i palmi quasi a contatto con la pelle tumefatta di Aang, si concentrò e l'acqua prese ad assumere un vago bagliore azzurrino. Iniziò a muoversi come le avevano insegnato le guaritrici alla Tribù Settentrionale dell'Acqua, soffermandosi più a lungo sulle zone che per lei sembravano maggiormente bisognose di cure.
Durante quei momenti si ritrovava a pensare ad altro: molto spesso ritornava indietro al periodo in cui avevano viaggiato tutti insieme sul dorso di Appa. Sempre inseguiti da soldati della Nazione del Fuoco, avevano corso parecchi pericoli e molte altre volte si erano cacciati nei guai, ma al tempo stesso avevano visitato luoghi meravigliosi, incredibili per chi fino a poco tempo prima aveva vissuto al Polo Sud. Non sempre erano stati momenti facili, ma non si poteva negare il fatto che si erano anche divertiti molto.

Le parevano così lontani quei momenti...

Ora invece passavano le loro intere giornate a bordo di quella nave, limitandosi a nascondersi e a sperare di non essere scoperti. Anche quelle rare volte che avevano fatto porto era stato solo per fare un minimo di rifornimento. Niente di più.

Sospirò, interrompendo di praticare il dominio. Con un gesto armonico del polso l'acqua ritornò silenziosamente di nuovo dentro il secchio. Prese delle nuove garze con le quali iniziò a bendare il corpo di Aang, non riuscendo a non lanciare continui sguardi verso il viso del ragazzo.
Sperava di vedere i suoi occhi aprirsi da un momento all'altro.

 *

«Davvero? Una cosa più bella?» Le sembrava impossibile che potesse esistere qualcosa di ancora più meraviglioso, ma quando sua madre annuì senza esitazione ci credette. Non sapeva bene dove cercare, e così iniziò a guardarsi attorno con monta attenzione: si staccò dalla mano di sua madre e cominciò a girare in tondo. Prima vedeva l'oceano, qualche secondo dopo il suo villaggio e così riusciva a tenere d'occhio tutto il paesaggio un po' alla volta. Kya, dopo averla osservata per diversi istanti, la fermò appoggiandole il palmo della mano sui capelli scuri. «Se continui così poi ti girerà la testa!» Disse, non riuscendo a soffocare una risata. «E' il cielo che devi ritornare a guardare, però ferma: se continui a muoverti così non riuscirai mai a vedere nulla con attenzione.» Aveva spostato le mani sulle piccole spalle di Katara. La bambina sollevò il naso all'insù ed iniziò a fissare un punto nel cielo, cercando di catturarne in una sola volta la parte più grande che poteva. Era difficile.

Con uno sbuffo esclamò: «Mamma, io non vedo niente!»

«Bisogna avere pazienza.» Disse solo l'altra, non abbassando mai lo sguardo.
Ubbidiente, i suoi occhi ritornarono a puntare il cielo. Non sapeva per niente cosa aspettarsi di vedere, ma i minuti passavano e non sembrava accadere nulla di particolare.

All'improvviso, ecco! Qualcosa di velocissimo aveva attraversato il cielo in un batter d'occhio, lasciando dietro di se una lunga coda di luce.
Katara trattenne il fiato per alcuni secondi, incredula su ciò che aveva appena visto. «Hai visto anche tu?!» Chiese emozionatissima indicando con il dito.
Kya, emozionata quanto la figlia, annuì. «E' una stella cadente.»
«Una stella cadente!» Ripeté Katara, desiderosa di vederne delle altre, tante altre.
«Sai...» Iniziò la donna, sussurrandole all'orecchio «...quando si vede una stella cadente si esprime un desiderio.»
«Davvero? E come devo fare?»
«Chiudi gli occhi e pensa alla cosa che desideri più di ogni altra cosa al mondo.»
Così Katara strinse forse forte le palpebre congiungendo le manine avvolte dai guanti all'altezza del cuore.

«Abbi fiducia. Credici.»

 *

Katara era ferma sul ponte della nave, a fissare distratta l'orizzonte che si profilava davanti a lei: mare e cielo a perdita d'occhio. Stava arrivando la sera e il sole, che per quel giorno era sempre rimasto nascosto dietro una pesante cappa di nubi scure, ormai era quasi tramontato. La luce che riusciva ancora a filtrare rifilava le nuvole di oro e rosso, risaltandone la forma su quello sfondo scuro. Il vento piano piano era aumentato, presagendo che presto sarebbe arrivato brutto tempo. Ripensò al suo cielo, a quello limpidissimo del Polo Sud che appariva dopo settimane di tormenta.
Forse sarebbe accaduto lo stesso.

*

Tenendosi per mano, stavano ripercorrendo a ritroso la strada verso casa. Entrambe con negli occhi il ricordo delle stelle che avevano visto cadere dal cielo
«Hai espresso qualche desiderio?»
«Sì!» Esultò Katara mentre, con uno slancio, si tuffava in braccio alla madre «Ho desiderato di stare assieme a te per sempre! E tu invece, mamma? Che cosa hai chiesto alle stelle?»
«Non te lo dico.» Rispose prontamente Kya
«E perché no?»
«Perché se si rivela un desiderio a qualcuno poi questo non si avvera.»
«Non è giusto!» Obbiettò mettendo il broncio ed incrociando le braccia al petto. «Io lo voglio sapere!»

Kya si mise a ridere «E invece no!» Lasciò la piccola per cominciare a correre, piano in modo che la raggiungesse senza sforzo.
«Mamma, uffa, torna qua!» Katara si precipitò all'inseguimento. Subito con un salto riuscì ad acchiapparla e finirono per cadere nella neve. «Non è giusto, però! Io ti ho detto il mio desiderio! Perché tu non vuoi?» Insistette la bambina, un po' offesa.
La donna la guardò un ultimo istante, poi la abbracciò stringendosela al petto. Katara nascose il viso nella spalla di Kya, respirando l'odore della pelliccia e il profumo della pelle di sua madre.
Si addormentò alcuni minuti dopo, ricambiando il suo abbraccio

*

«Katara? Katara, mi senti? KATARA!»
Con uno spavento, Katara venne ricatapultata nel presente «Toph!» Esclamò, col cuore in gola.
«Era ora, finalmente mi rispondi!» Disse questa sbuffando, ma con un mezzo sorriso in faccia «E' da un bel po' che ti chiamo e che tu te ne stai lì pietrificata come un sasso.»
«Oh, scusami: ero immersa nei miei pensieri.» Fece, imbarazzata di essere stata colta così di sorpresa.
«Fa niente. La prossima volta, però, vedi di tenerti più verso la riva. Ad un certo punto ho quasi creduto lo fossi davvero, un sasso intendo. Piuttosto...» Toph si avvicinò di due passi verso di lei, dietro i lunghi ciuffi della frangia i suoi occhi ciechi erano puntati verso lo sciabordio delle onde qualche metro sotto di loro. «...si sta alzando il vento, vero? Dici che presto ci sarà una tempesta?» A Katara, ricordando i primi giorni di navigazione, con Toph in preda alla nausea dovuta al mal di mare, parve di sentire una punta d'ansia nella sua voce di solito sicura.
Sollevò lo sguardo, verso quel cielo plumbeo carico di pioggia. In effetti il vento pareva ancora aumentato tanto che un brivido la costrinse a stringersi dentro il mantello rosso che indossava. «Una tempesta non saprei, però secondo me sì: pioverà uno di prossimi giorni.»
Sopra le loro teste le nuvole si muovevano veloci e, non se ne era nemmeno accorta, si andò a creare uno spiraglio da cui riusciva a scorgere un frammento di volta celeste. Si riuscivano a vedere anche alcune stelle che, piano, avevano iniziato ad apparire.
Katara diede un ultimo sguardo verso l'alto prima di andare via a sentire se c'era bisogno di una mano ma, nell'attimo stesso in cui accennò al primo passo, vide qualcosa con la coda dell'occhio. Una scia luminosa che era svanita nello stesso istante in cui era apparsa.
«Che c'è? E' successo qualcosa?» Chiese Toph, in allerta percependo che l'altra si era bloccata all'improvviso.
«No, ecco... Credo...» Si sporse aggrappandosi alla ringhiera della nave «Credo di aver visto qualcosa...»

"E' una stella cadente."

«E che cosa avresti visto?»
«Niente...» Iniziò Katara vaga, cercando inutilmente una qualche traccia di ciò che poteva aver visto «Voglio dire, non ne sono sicura...»

"Sai, quando si vede una stella cadente si esprime un desiderio."

Le parve di udire la voce di sua madre nelle orecchie. In quel momento si sentì la bambina che anni addietro aveva visto per la prima volta le stelle cadenti, e questo le fece paura. Paura perché adesso sperare sembrava così difficile e il pensiero di riporre tutto il suo cuore in qualcosa che avrebbe potuto non avverarsi le faceva paura. Era già accaduto: quando Kya era stata presa dalla Nazione del Fuoco. Se inizialmente aveva pregato tanto perché ritornasse indietro da loro, incolpandosi nel pensare che forse tutto ciò era dovuto al fatto di aver rivelato il suo desiderio, presto Katara aveva dovuto guardare in faccia la realtà. Non si può aspettare che ciò che si desidera cada come una manna dal cielo e nessuna stella cadente era in grado di restituirle sua madre. Per quanto fosse forte il desiderio di rivederla, questo non sarebbe bastato a farla ritornare.

"Chiudi gli occhi e pensa alla cosa che desideri più di ogni altra cosa al mondo."

Eppure, nonostante l'eco di delusione che portava ancora con se non potè farne a meno. Con la punta delle dita sfirò il ciondolo della collana che una volta era appartenuta a sua madre. Guardò le nuvole scivolare nell'aria fino a richiudersi completamente attorno allo spiraglio di cielo. Non sapeva se quella che aveva visto fosse davvero o no una stella cadente, perchè in fondo non aveva importanza.
Si sentì pervadere dagli stessi sentimenti di speranza ed ottimismo di quella notte al Polo Sud. Per un istante rivide il volto dolce di sua madre disegnato nelle nuvole, con un gran sorriso sulle labbra e i suoi occhi azzurri solo per lei. Per un istante ebbe la sensazione di sentire il suo tocco familiare sulla spalla.

"Abbi fiducia."

Katara Sorrise. Questa volta però non desiderò nulla. Non le serviva, perchè lei non aveva perso la speranza.

"Credici."

Un rumore improvviso alle sue spalle la riportò al presente.
Voltò appena la testa verso la fonte del rumore e lo vide: Aang steso sul pavimento del ponte della nave.
Era sveglio.

Katara si staccò dalla balaustra per correre verso di lui.
Lei aveva creduto, e il cielo l'aveva ascoltata.

 
 


"Se esprimi un desiderio è perchè vedi cadere una stella, se vedi cadere una stella è perchè stai guardando il cielo, se guardi il cielo è perchè credi ancora in qualcosa."
(Bob Marley)





Questa è stata la mia entry per il Contest organizzato da Kuruccha e MyPride "Sotto un cielo così azzurro". Ed incredibilmente sono arrivata seconda. davvero, è stato un fulmine a ciel sereno (tanto per rimanere in tema)! immagino sia stata più che altro quella che si dice "fortuna del principiante", perchè era il primo contest a cui partecipavo e io non sono molto brava, in generale, a gestire lavori con una data di consegna stimata. eppure... miracolo (°u° Yuppi!).
che altro dire..? spero tanto vi sia piaciuta! "Avatar, the Last Airbender" è da parecchi mesi, e tutt'ora, la mia serie preferita e trovo impossibile non affezionarsi a tutti i fantastici personaggi che ci sono (buoni o cattivi che siano).
Nonostante il titolo del contest, qui non appare nessun cielo azzurro, mentre l'unico cielo sereno è quello presente nei ricordi d'infanzia di Katara.

Ringrazio i due giudici sopra citati, MyPride e Kuruccha, per... tutto (compresi i bannerini personalizzati che sono tutti così belli..!). veramente, mi avete reso davvero felicissima in una maniera che nemmeno immaginate!
Grazie anche a chi ha letto e, magari, lascerà un commentino =^^=

(Puff... ragazzi che fatica postare correttamente! nell'anteprima veniva tutto accavallato..)
Yumemi91
  
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