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Autore: Temari    26/09/2011    7 recensioni
- "Akihiko rimase in silenzio, per una volta non sapeva cosa dire—non ricordava di aver mai visto Misaki così... si sentiva enormemente in colpa a sapere che erano stati lui e la sua stupida ostinazione a causare tutta quella sofferenza. '... Misaki, mi dispiace, non era mia intenzione farti preoccupare.'" -
4° classificata al contest 'Inferno, Purgatorio, Paradiso: Le Tre Cantiche' indetto da Saiyuki 3
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akihiko Usami, Misaki Takahashi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! =D
Mi sono stati dati da poco i risultati del contest a cui ho fatto partecipare questa fic ('Le Tre Cantiche'), così la posto subito.
Sinceramente sono un po' dispiaciuta per lo scarso esito che la storia ha riscontrato nei giudici, ma pazienza... ^^

Prompt utilizzati: Bisogno, tenerezza.

Disclaimer: mi appartiene solo ciò che scrivo.

Ja ne,
Temari


Tending to the Sick

       





        Gli occhi viola di Usami Akihiko si aprirono lentamente. Le palpebre erano pesantissime, come fossero di cemento, e il solo movimento di sollevarle gli costava un'immensa fatica.

        Non era certo la prima volta che gli capitava di avere difficoltà ad aprire gli occhi: succedeva sempre, quando finalmente si concedeva una notte di sonno dopo una settimana di nottate in bianco per cercare di finire il manoscritto di turno, ma questa volta qualcosa era decisamente diverso.

        Battendo le palpebre faticosamente si accorse, inoltre, che aveva la vista sfocata perché i numeri sul display della sveglia non gli apparivano nitidi come al solito... non riusciva a capire se quel numero fosse un sei o un otto.

        Fece per alzarsi a sedere ma un attacco di tosse secca lo forzò di nuovo a stendersi. Solo allora si accorse della compressa di ghiaccio, ormai quasi del tutto sciolta, che aveva sulla fronte. "... Ma che cosa...?" si chiese mentalmente gettandosi pesantemente un braccio sopra gli occhi e cercando di capire perché stava così male - ora che si era svegliato aveva la testa che gli pulsava, i polmoni a fuoco e la bocca impastata. "Oh... forse aver trascurato quel mal di gola non è stata una grande idea..."

        La porta della sua camera si aprì e la luce dell'appartamento che entrava da oltre la soglia metteva in ombra la sagoma del ragazzo che l'aveva aperta. "Usagi-san... sei sveglio?" la voce di Misaki era appena un sussurro e Akihiko poteva immaginare una ruga appena accennata fra le sopracciglia scure. Con un angolo della bocca appena alzata, lo scrittore mugugnò un suono affermativo, troppo stanco per costringere le corde vocali a funzionare.

        "Oh, bene." Misaki si avvicinò al letto enorme e si sedette all'altezza del gomito di Akihiko, a qualche centimetro di distanza, e rimase lì a fissarsi i calzini a righe come fossero le cose più interessanti del mondo per diversi minuti.

 

        "... Misaki..." disse Ahikiko, incurante della gola secca, e cominciando a tossire subito dopo.

        "Ah! Scusa, Usagi-san!!" si agitò Misaki, alzandosi di nuovo per riempire un bicchiere con l'acqua della bottiglia che si trovava sul comodino lì accanto. "Avevo scordato che avresti potuto avere la gola secca..." disse mentre passava una mano sotto il collo di Akihiko e lo aiutava a sollevarsi quel tanto che bastava perché l'acqua andasse giù senza causare un altro attacco di tosse. Akihiko bevve qualche sorso, poi fece segno che bastava e Misaki si ritrasse, risedendosi sul letto ed incrociando le gambe davanti a sé.

        Incapace di stare fermo, il ragazzo cominciò a passare le mani sulle lenzuola in un vano tentativo di lisciarle - in realtà pensava che se le avesse mosse in qualche modo, lo scrittore non si sarebbe accorto del leggero tremore che le scuoteva.

        Ad un tratto, Misaki sembrò ricordarsi qualcosa, "La compressa...! A quest'ora sarà da togliere." disse e si allungò per rimuoverla dalla fronte di Akihiko.

        "Misaki..." provò di nuovo Akihiko, sforzandosi di alzare un braccio e poggiare la mano sulla guancia di Misaki; il ragazzo non gli rispose, limitandosi a mettere la compressa usata accanto alla bottiglia d'acqua sul comodino e, continuando a non guardare l'altro, passò delicatamente i polpastrelli delle dita sulla fronte di Akihiko lasciandoli lì qualche secondo.

        "Niente febbre..." commentò poi, quasi stesse parlando tra sé e sé, tirando un sospiro di sollievo. "Però devi ancora rimanere a letto, Usagi-san, devi riposarti." disse tentando di sorridere ma riuscendo solo in una smorfia che poco aveva di un sorriso.

        "Misaki." la voce di Akihiko questa volta era più decisa, cambiando leggermente la posizione della mano sul viso di Misaki, lo costrinse a voltarsi completamente verso di lui, "Guardami." disse, determinato a trattenere il ragazzo finché non avesse fatto come voleva. Fortunatamente non ci volle molto perché Misaki si arrendesse e fissasse i suoi occhi verdi in quelli viola, una linea marcata fra le sopracciglia corrucciate. "Perché stai piangendo?"

        Misaki inspirò violentemente, colto di sorpresa. "Non sto piangendo... stupido."

        "Sì, invece. Guarda." e detto questo, Akihiko passò due dita sulla guancia dell'altro e gli mostrò le lacrime che vi si erano trasferite prima di far ricadere il braccio sul letto. "Tu quelle come le chiami?"

        Non potendo negare davanti ad una prova così schiacciante, Misaki si chiuse in un silenzio ostinato; non fece nessun tentativo di asciugarsi le lacrime e continuò a fissare Akihiko come se si aspettasse di vederlo andare a fuoco da un momento all'altro o
        "Ah..." una lampadina si accese nella testa della scrittore non appena vide il rossore diffondersi sul viso di Misaki. "Eri preoccupato per me...?"

        Quella sembrò essere la cosiddetta 'goccia che fa traboccare il vaso', perché Misaki serrò i pugni e la mascella nel tentativo di non scoppiare, senza molto successo. "Che domande sono?!" sbottò infine, "Ti chiudi nello studio per tre giorni di fila senza mai uscire, passi le notti in bianco a scrivere al computer, non fai che bere caffè e poi...?" sibilò Misaki a denti stretti, tutto d'un fiato e sottolineando ogni frase piantandogli l'indice allo sterno, ignaro - o forse no - che gli occhi gli si stavano inumidendo di nuovo, "E poi" improvvisamente tutta la frustrazione e la rabbia che aveva accumulato sembravano svanite nel nulla.

        Akihiko si accorse che le spalle di Misaki tremavano e che il ragazzo adesso stringeva le lenzuola in una presa talmente stretta che le nocche gli erano diventate bianche. "Misaki..." lo chiamò per cercare di calmarlo e di rassicurarlo; fece per alzarsi a sedere, quando Misaki riprese a parlare.

        "...Poi... Aikawa-san mi chiama dicendomi che le è arrivato il manoscritto e allora decido che va bene entrare nello studio, dato che avevi finito, e cosa... mi trovo davanti?" la voce di Misaki si ruppe verso la fine della frase, "Tu svenuto a terra...!" ormai non pensava nemmeno più a controllare il tono o quello che gli usciva dalla bocca, era come se si fosse rotta una diga e non gli importasse di arginare il fiume di parole che gli sfuggivano. "E' da ieri mattina che non apri gli occhi, te ne sei reso conto?! Hai idea della paura che ho provato a vederti là steso a faccia in giù che non ti muovevi, eh?"

        Misaki si lasciò andare ad una risatina isterica. "E tu mi chiedi se ero preoccupato?" disse tornando immediatamente serio e puntando gli occhi verdi traboccanti di lacrime su Akihiko. "Certo che lo ero!... Ero terrorizzato... eri... pallido, respiravi a fatica... non sapevo cosa fare." finì con voce a malapena udibile, abbandonando il mento al petto e passandosi una manica della maglia sugli occhi per asciugarli.

        Akihiko rimase in silenzio, per una volta non sapeva cosa dire.

        Non ricordava di aver mai visto Misaki così... si sentiva enormemente in colpa a sapere che erano stati lui e la sua stupida ostinazione a causare tutta quella sofferenza. "... Misaki, mi dispiace, non era mia intenzione farti preoccupare." disse lo scrittore, contrito, alzandosi poi a sedere nonostante le proteste del suo corpo e prendendo Misaki fra le braccia delicatamente. Il fatto che l'altro non cercasse di divincolarsi come avrebbe fatto di solito era un altro segno di quanto fosse rimasto traumatizzato.

 

        Rimasero in silenzio per un po'.

        "Usagi-san..." mormorò poi Misaki, la fronte appoggiata alla clavicola di Akihiko mentre quest'ultimo poteva sentire il flebile calore del rossore che invadeva il viso di Misaki ed una mano che stringeva appena la maglia dello scrittore fra le dita. "... Non osare mai più fare uno scherzo del genere, mi hai capito?" disse con lo stesso tono - quasi sottomesso e che usava molto raramente, visto quanto era orgoglioso di solito.

        Akihiko non disse nulla: sapeva che il ragazzo non aveva finito. Inoltre aveva la sensazione che le labbra poggiate sulla sua pelle stessero per dire qualcosa che non voleva assolutamente rischiare di non sentire. Era quasi sul punto di trattenere il respiro dall'anticipazione.

        "Questo posto è fin troppo grande per una sola persona..."

        Gli occhi viola, a quel punto, si chiusero ed un sorriso si fece largo sul suo viso a quelle parole. Era senza dubbio una delle frasi più dolci che Misaki gli avesse mai detto e poteva sentire il calore che sempre lo prendeva quando l'amore della sua vita gli apriva il cuore a quel modomomenti preziosi perché rari.

        "Sì, hai ragione." mormorò Akihiko di rimando, "A volte fatico a credere di aver abitato qui da solo per così tanto tempo... non mi ero reso conto di quanto fosse vuoto e freddo."

        Togliendo la sinistra dalla schiena di Misaki, lo scrittore la sollevò fino a poggiarla sulla guancia del ragazzo e guidarlo affinché lo guardasse negli occhi. Lo sguardo intenso che vedeva nelle ametiste di Akihiko non permisero a Misaki di distogliere il proprio. 

        "Misaki." un brivido gli percorse la spina dorsale nel sentire il suo nome pronunciato con una voce così carica di sentimenti da farlo tremare e il suo cuore istintivamente accelerò i battiti. "Se sono vivo - davvero vivo - lo devo solo a te. Se tu non fossi arrivato, avrei continuato solamente ad esistere... non saprei cosa vuol dire essere veramente felice, avere qualcuno che ti aspetta quando torni a casa e che si prende cura di te..." Akihiko fece una breve pausa e baciò Misaki a fior di labbra, "Grazie di esistere, Misaki. Ti amo." concluse con un altro bacio, passionale ma allo stesso tempo innocente.

        Misaki era talmente imbarazzato che il rossore gli aveva invaso il corpo intero, da capo a piedi, e non sarebbe stato difficile immaginarsi del vapore uscirgli dalle orecchie. "S-s-stupido! Pi-piantala di dire cose tanto i-imbarazzanti...!!" balbettò distogliendo lo sguardo.

        Akihiko sorrise con affetto nel vedere la reazione del ragazzo più giovane, ma non poteva ingannarlo: lui sapeva che in realtà le sue parole avevano reso Misaki felice, era solo troppo orgoglioso per ammetterlo. Dal canto suo, Misaki era ormai convinto che lo scrittore non avesse proprio nulla del tipico giapponese...

 

-x-

 

        "Sai," disse Akihiko improvvisamente, fermando Misaki (che nel frattempo si era alzato e stava per uscire dalla stanza per andare a preparare da mangiare) sulla soglia della porta, "non credo che sarò mai adatto al Paradiso, ma francamente ci sono 'peccati' a cui non voglio rinunciare... quindi il limbo del Purgatorio mi attrae decisamente di più."

        Misaki lo fissò con un sopracciglio alzato, confuso dalla frase enigmatica dell'altro poi gli balenò in testa che, effettivamente, con la vita che viveva da qualche anno a quella parte, un luogo troppo calmo gli sarebbe risultato piatto e privo di stimolile sue labbra si mossero senza che se ne rendesse conto.

        "Già, il Paradiso sarebbe troppo noioso anche per me." disse uscendo, ignorando il significato recondito di quelle parole che però non passò inosservato ad Akihiko, i cui occhi brillavano di una luce di profondo affetto per quel lato che si nascondeva sotto la superficie della persona che amava più di ogni altra. 

 

 



- This little miracle of our encounter
Shall someday be a part of history -

[Anonimo]
   
 
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