Nonsense.
Personaggi: Elliot
Nightray; Leo Baskerville
Genere: Angst;
Drammatico
Rating: Verde
Avvertimenti: Flashfic
Note: Tornata La sto scribacchiando da un sacco ma solo ora sono riuscita a buttare giù la versione definitiva ―è assolutamente colpa del nuovo capitolo. Siccome mi secca scrivere una descrizione o dire qualcosa, mi limiterò a chiedermi per quale astruso motivo Leo non è presente tra i personaggi su EFP e poi c'è Ada. Ora, non che io abbia qualcosa contro Ada,
però.Buona lettura. ♥
C’era stata una
volta in cui Elliot gli aveva detto, a denti stretti e non senza tradire un
certo imbarazzo, che aveva degli occhi davvero belli e che nasconderli dietro un
agglomerato informe di ciocche nere e un paio di occhiali a fondo di bottiglia
era un vero spreco.
Era stato uno spreco di tempo, d’altronde, anche il solo pensare che questo
avrebbe potuto farlo desistere dal nascondere il suo volto dal resto del mondo:
difatti lui, dal canto suo, aveva risposto irritato qualcosa di alquanto
sgradevole e scortese circa quelle sue smisurate sopracciglia, fino a sputare
sentenze sul suo povero neo che nel complesso gli dava quell’aspetto così
androgino― dio, ma da chi l’aveva preso? Gli altri rampolli della famiglia
Nightray non ce l’avevano mica! “Elliot, ma non è che te lo disegni con la
matita per sembrare più bella, vero?”
Mentre il ragazzo andava in bestia e lui se la rideva sotto i baffi come ogni singola volta, non poteva fare a meno di pensarci su. Andiamo: cosa poteva esserci di bello in occhi a cui il destino aveva riservato di assistere a massacri e tragedie? Può essere davvero bello il colore di occhi che vedono solo mostruosità?
Alla fine, Leo smise di pensarci. Non si pose più il problema quando chiese al suo servitore −strano, fino a pochi giorni prima lo era stato a sua volta− di tagliargli i capelli, per spazzare definitivamente la barriera che celava il mondo, quel mondo che disprezzava così profondamente, dalla sua vista. Non sarebbe cambiato nulla. O forse, a pensarci bene, tutto era cambiato così drasticamente che niente, ormai, aveva più importanza.
Elliot era morto.
Non era assurdo? Naturalmente lo era. Il suo padrone, amico, unico appiglio in
un mondo ostile se ne era andato, lasciando in lui un vago senso di perdita e
una voragine di solitudine.
Lui era il suo servo.
Non era assurdo? Anche questo non aveva senso. Eppure lui era il suo migliore
amico, quella persona a cui aveva aperto il suo cuore, qualcuno con cui
confrontarsi alla pari. Lo chiamava ‘padrone’ per potergli stare accanto. Anche
se era solo per questo, non avrebbe dovuto proteggerlo? Non avrebbe dovuto
esserci lui, riverso sul pavimento di quella maledetta villa, intriso di sangue
e menzogne? Naturalmente sì.
Eppure Leo era vivo.
Ora che i suoi occhi, liberi da ogni ingombro, osservavano un mondo costellato
da miriadi di bagliori dorati, eppure del tutto vuotato della sua luce,
ancor più di prima si chiudeva in sé stesso e non vedeva davvero nulla di ciò
che lo circondava. Dinnanzi a sé passavano disordinate le immagini degli
avvenimenti accaduti quella notte, e in ogni momento si ripeteva che lì, in quel
punto, quella volta lui avrebbe potuto salvarlo. Non l’aveva fatto.
In realtà, troppe
erano le cose che non aveva fatto e incommensurabili quelle che non aveva detto:
da qualunque prospettiva guardasse la sua vita, la parte che aveva dedicato ad
Elliot era infinitamente inferiore rispetto a quella che avrebbe dovuto
donargli.
Col passare dei minuti, delle ore, dei giorni, la realtà aveva iniziato a farsi
sfocata e ormai non provava più dolore. Era terrore, quello che sentiva mentre
si lasciava cadere in un baratro vuoto.
Aveva cercato di dimenticarlo, dopo che Vincent gliel’aveva detto; non ci era
riuscito.
“Mi dispiace, Leo”.
Nei romanzi che tanto adorava, di reale non vi era neppure la morte. I personaggi cadevano in battaglia per salvare i propri preziosi compagni, e si spegnevano tra le loro braccia, con un sorriso, lasciando per sempre un malinconico torpore nei loro cuori. La realtà era un’altra cosa. Aveva imparato, Leo, che comunque vadano le cose, finiremo per lasciare un brutto ricordo di noi a coloro che ci hanno amato.
« Cosa vorrebbe…
Cosa vorrebbe significare? »
Non poteva capacitarsene, così aveva aperto gli occhi per distoglierli da se
stesso, da quelle parole annodate in gola in una stretta dolorosa e
insopportabile, quelle parole che non aveva potuto dirgli. Amava Elliot. Allora
perché l’ultima volta che avevano parlato l’avevano fatto per insultarsi? Aveva
provato a contare tutte le volte che gliel’aveva detto, che l’amava più di ogni
altra cosa, ma si era interrotto per paura di essere in grado di contarle sulla
punta delle dita. Avrebbe voluto dirglielo, dirgli così tante cose che aveva
taciuto e che forse, pensandoci, non erano per nulla scontate. Avrebbe voluto
chiedergli scusa, aveva promesso a se stesso di farlo.
Le crudeli luci dorate che offuscavano la sua vista avevano inghiottito quella
promessa.
« Lui è morto… Non è assurdo? »