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Autore: Ghevurah    28/09/2011    4 recensioni
Zuko e Ozai. Due momenti diversi, lo stesso cielo.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ozai, Zuko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Avatar e tutti i suoi personaggi appartengono a Nickelodeon, DiMartino e Konietzko

Questa storia trae una lieve ispirazione dalla stupenda Come azzurro di avalon9

La storia partecipa al contest Sotto un cielo così azzurro, indetto da Kuruccha e My Pride.
La citazione che avevo scelto come prompt è: “Il cielo non ha parenti; tratta egualmente tutti gli uomini” (Confucio)








 

Un altro cielo








Se gli avessero chiesto di che colore fosse il cielo, avrebbe risposto rosso. Il rosso crudele e sanguigno del fuoco che si era sprigionato dalle mani di suo padre.
Ma mentre sente il volto bruciare, preda di quel calore che gli entra sotto pelle fino a farlo urlare e contorcere e imprecare, il cielo è azzurro. Di un azzurro splendente e bellissimo. Come gli occhi limpidi di una qualche divinità intenta ad osservare il mondo con placida indifferenza.
L’azzurro che sperava avesse da bambino, in quei pomeriggi in cui la voglia di correre e giocare per il giardino del Palazzo del Fuoco sembrava incontenibile.
Azzurro.
Un vibrante margine cremisi si fa strada sotto le sue palpebre abbassate, allargandosi fino ad esplodere in scosse elettriche.
Il mondo sembra chiudersi su di lui, trascinandolo in un convulso abbraccio di fuoco e dolore.
No, Zuko non avrebbe mai pensato che quel giorno il cielo fosse azzurro.
Come avrebbe potuto?




Azzurro.
Quando la cenere è stata spazzata via dal vento e le nuvole si sono retratte come creature notturne spaventate dalla luce, il cielo si è fatto azzurro.
Il capo contro le rocce rossastre, Ozai guarda quel cielo terso che sembra sorridergli e stringe i pugni in grembo.
Ha visto  il glorioso Regno del Fuoco ed il suo sogno di potere spegnersi in un soffio, distrutti da un bambino dagli occhi di quello stesso, sfacciatissimo, azzurro.
Si morde le labbra, sentendosi pervadere da un vuoto incolmabile nell’animo e nel corpo. Il calore, quel calore che ha sempre avvertito dentro di sé, è sparito. E Ozai sa che non tornerà mai più.
Un angoscia pressante gli divora il cuore, avvolgendolo in spirali sempre più strette, sino a trascinarlo in un limbo di nulla.
Nero.
È questo il colore che dovrebbe avere quel cielo maledetto. Il colore del vuoto gelido e buio che quel bambino gli ha lasciato dentro.








   
 
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