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Autore: Eterocromia    28/09/2011    2 recensioni
Le sue dita scorrevano con innata grazia,attente ad inalare ogni tratto di quelle membra tanto desiderate,fino a poggiare con delicata eleganza un paio di dita sotto il mento flagellato di Giotto. Si buttò immediatamente ad affondare le macabre labbra sulle altre; un fermo e stantio bacio,che bastò a risucchiare i pensieri del Primo e la sua stessa vita. Si soffermò poi a sussurrare sulle sue labbra,una spira gelata che mandò Giotto in pasto alla confusione,avida di tanta beltà.
«Perché ti odio.»
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daemon Spade, Giotto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 -Parade of Roses-






──Sorriderai,e ti rivedo come sei.
Incrocerai lo sguardo mio per poi dirmi addio.

Trascorriamo la vita creando ricordi,assaporandoli nella loro essenza,poi,stanchi del loro profumo stantio,li distruggiamo. O ci portano a distruggerli. E anche se noi ci opponiamo,la nostra mente sarà così spenta e assolutamente non progressiva da farci dimenticare; e dimentichiamo tutto ciò che gli altri non considerano. A volte,si è talmente inagibili da non riuscire a bloccare l’inesorabile scorrere delle cose,e ci meravigliamo di come la morte violenti tutto ciò a cui teniamo.
Tutti,prima o poi,finiamo per renderci conto di essere nel mattatoio chiamato ‘vita’.

──E mentirei se ti dicessi
‘ora vai’,oramai
.







Novantasettesimo ticchettio.
Novantottesimo ticchettio.
Novantanovesimo ticchettio.
Centesimo ticchettio.
Daemon Spade sorrise.
Era certo che questa volta l’orologio funzionasse,quindi lo chiuse con uno scatto.
Posò il suo sguardo arrogante sulla figura dinanzi a lui.
«Davvero indistruttibile. Ti facevo più fragile,
Vongola Primo.
Ancora poco certo del mio tradimento?»
Giotto socchiuse gli occhi cangianti. Dapprima non rispose,accecato da quel finto dolore che gli pervadeva i sensi e gl’intorpidiva il cuore. Tenne il capo laterale,impossibilitato nel voltarlo; ingoiò silenziosamente il fiotto di sangue che gli cresceva in gola e sussurrò.
«Non mi hai mai tradito.»
«Tch.»
Con un gesto freddo della mano,il Guardiano della Nebbia strinse ancora di più la morsa che racchiudeva Giotto in una prigione di rose. Il suo corpo era sospeso a mezz’aria,crocifisso da rovi e spine appuntite,con la cima delle rose più belle che avesse mai visto. Esse gli mordevano il collo,le braccia e le gambe,e si estendevano per tutto il teatro che Daemon aveva appositamente curato. I rovi oscuri facevano contrasto col sangue amaranto che piangeva al richiamo delle spine,assieme al pallido volto rassegnato e sfregiato da graffi. Attorno a lui,si stagliavano vetrate religiose,per una serie infinita,ognuna diversa dall’altra; la loro luce era un’utopia che dimorava tra gli spiragli di libertà che la prigione di rose donava agli occhi apatici di Giotto. Un labirinto di emozioni illuse gli incatenava la testa,ed esse gli facevano tanto male che fu costretto a liberare una lacrima; scivolò eterea tra i rovi per poi adagiarsi a terra,sola in un mare di sangue.
«Perché..?»
Giotto fissò Daemon con uno sguardo triste e distrutto,sforzandosi di tenere aperti gli occhi. Qualche spina si conficcò nella candida pelle del collo e la distrusse,lasciando fuoriuscire altro caldo sangue.
Daemon,di tutta risposta,si alzò dal divanetto posto davanti al palcoscenico da lui stesso creato,ed elegantemente s’incamminò verso il corpo di Giotto,accompagnato dai colori caldi che le vetrate emanavano nelle loro tristi rappresentazioni. Con l’ennesimo gesto delle mani,abbassò quei rovi illusori e pose il corpo del Primo dinanzi a sé,per poi sfiorargli la guancia rovinata con un movimento lento e pacato. Le sue dita scorrevano con innata grazia,attente ad inalare ogni tratto di quelle membra tanto desiderate,fino a poggiare con delicata eleganza un paio di dita sotto il mento flagellato di Giotto. Si buttò immediatamente ad affondare le macabre labbra sulle altre; un fermo e stantio bacio,che bastò a risucchiare i pensieri del Primo e la sua stessa vita. Si soffermò poi a sussurrare sulle sue labbra,una spira gelata che mandò Giotto in pasto alla confusione,avida di tanta beltà.
«Perché ti odio.»
Velocemente si voltò e scomparve frantumandosi come vetro al suolo,in una pioggerellina cristallina di cocci dalle sfaccettature più armoniose nella loro distruzione.
L’illusione si distrusse come un amore sbocciato in fretta e gettato nell’acqua gelida,e Giotto venne abbracciato dall’oscurità di quel teatro mai esistito,ballando con i pezzi di vetrata che andavano maciullandosi.

 
 
 
──A chi mi dice
che tornerai,
non credo oramai
.
Dopodiché se n’era andato. Aveva lasciato Giotto tremante a far fatica a pensare,aveva lasciato solo un Giotto troppo debole per sopportare la realtà. Tutto quel tempo l’aveva unicamente lacerato e divorato,lasciando il corpo esterno libero di marcire; aveva scelto d’impazzire,di farsi del male da solo.
Aveva perso la ragione in qualche sogno bugiardo e meschino,l’aveva persa addormentandosi sul letto del Guardiano della Nebbia,sperando in un suo ritorno. Niente,era ormai rimasto,dei sentimenti del Vongola Primo.
Solamente la decadente spoglia del suo essere giaceva in piedi.
Aspettava qualcosa che non era mai esistito.


──Indosserai
sorrisi e allegria
ma senza magia;
e non piangerai
.

 
 
Più volte aveva rassicurato la sua Famiglia,cercando conforto nelle sue stesse parole. Aveva finto di star bene,di aver dimenticato tutto in un abbraccio del suo braccio destro e gli aveva sorriso,dolcemente. Portava quella maschera di castità mentale fin quando non si addormentava,lasciando l’ultimo sospiro di disperazione a dar voce ai sogni e agli incubi. Si cullava tristemente nella mancanza,ma portava avanti a testa alta i suoi ideali e gli obiettivi della sua Famiglia.
Non dimenticava mai nessuno,faceva sempre in modo di essere d’aiuto.
Peccato che stava dimenticando sé stesso.



──Io sto male pensandoti
tu sorridi
voltandoti verso lui
.

Se c’era una cosa che Giotto odiava e di cui aveva mestamente paura,era di essere dimenticato. Non accettava che Daemon se ne fosse andato e che si fosse dimenticato di lui; spinto dalla sua non esistenza,forzata dalla giovinezza,nel pieno dell’alba di un nuovo mattino decise di vestirsi. Il suo sguardo non dettava nulla di nuovo: tra le ciglia folte era intrappolata la stessa rappresentazione teatrale,la stessa illusione che fino ad ora gli aveva dato la forza di rialzarsi. Era caduto nel dolore del passato; come quando si fissa a lungo il sole. Dopo aver abbassato lo sguardo sul presente,l’immagine del passato ancora gli bruciava viva nel cuore e cancellava il presente. Si era poi incamminato vuoto sulla zona più alta della villa,e si era spinto sul ciglio di essa,lasciandosi cullare dalla prima brezza del mattino. Tolse per l’ultima volta la maschera che gli opprimeva il cuore da tempo,e lasciò che si dissolse tra le piaghe del vento,silenziosamente.
Infine,sorrise tristemente.
«Non mi dimenticherai mai,Daemon Spade.»




Si gettò nel vuoto,
come un burattino inutilizzabile.





──Sorriderai,
nulla ha più senso,ora no.
E girerò le città..
ma non ti scorderò
.







«Chi odia non è mai solo: è in compagnia dell'essere che gli manca.»

  
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