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Autore: trillygood    29/09/2011    0 recensioni
parla di un ragazza,che deve ancora vivere del tutto la sua vita,non sa nemmeno lei che cosa sia. gli ostacoli non saranno pochi,ma alla fine come se mpre si aggiusterà tutto,forse....
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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La vita è un sogno dal quale ci si sveglia  morendo…
 
Quella sera poteva sembrare incantevole agli occhi di tutti,la luna piena,stelle brillanti e un cielo cupo con toni tendenti al viola,tranne che a me. Quella sera era insignificante priva di sentimento,dopo quello che era successo pochi minuti prima. Un tempo quando ero felice per me quella notte sarebbe stata un pretesto per uscire,ammirare il cielo e fantasticare sulla mia incantevole vita ma…ora non aveva più senso niente,lottare per qualcosa da quel momento sarebbe stato come voler abbracciare l’aria e controbattere sarebbe stato come piangere sangue,impossibile. Ero distrutta,volevo morire,ma poi pensai che non avrei mai doluto dire quelle parole ad alta voce perchè c’era qualcuno meno fortunato di me ,amante della vita che sarebbe potuto morire e non lo avrebbe voluto. Il mio continuo pensiero era però la morte come se avessi avuto una voce che mi diceva “non devi vivere,non hai più motivo per continuare,lasciati andare”. Le lacrime mi stavano inondando il volto,sembravo una ragazzina di due anni.
Quanta sofferenza,quanto odio,quanto rimorso,non avrei mai dovuto dirgli quelle parole,me ne sarei pentita era certo,ma glielo dovevo.
Voltai lo sguardo verso la luna con le lacrime che ancora mi scorrevano veloci sulle guance,ricordai tutto,gli ultimi anni passati con lui,i litigi,le risate,tutte le sere che mi abbracciava accanto al camino quando pioveva e mi sussurrava all’orecchio “ sei al sicuro,ci sono io,ti amo e non permetterò mai a nessuno di portarti via da me “,e invece ero stata io ad allontanarmi da lui,forse per sempre.
 
 
 
 
 
Ebbi come un flashback nitidissimo della prima volta in qui ci incontrammo,ai lati delle mie labbra apparve un sorriso poco accentuato.
Precisamente il 23 settembre 2010,primo giorno di superiori,come mio solito ero in ritardo e in più mi ero persa per i corridoi della scuola,tipico di me. Ero in ritardo e dovevo trovare al più presto la classe,non volevo prendermi una brontolata proprio il primo giorno,mi sarei subito fatta riconoscere.
Giravo la testa a destra e a sinistra in cerca della porta giusta ma non riuscivo a trovarla,andai a sbattere contro un ragazzo,gli chesi scusa e corsi via. Ad un tratto una voce dolce,angelica provenne alle mie spalle : “ scusami,sembri in difficoltà vuoi una mano?,che classe cerchi??” mi voltai di scatto,quasi sorpresa del fatto che qualcuno mi volesse dare una mano,rimasi impietrita,con gli occhi spalancati,una perfetta idiota. Mi guardò stupito il sopracciglio destro si inarcò in modo irregolare rispettò all’altro,era il ragazzo più bello che avessi mai visto,aveva un non so che di misterioso ma anche dolce,occhi color ambra,molto insoliti,ma forse era per il sole che gli illuminava il viso,alto e capelli color bronzo,ricciuti. - stai bene ?- mi disse,scandendo accuratamente ogni parola,perfetto credeva che avessi qualche problema mentale - allora…?? Ti serve una mano?-. Ripresi fiato e finalmente un po’ balbettando risposi” sì grazie non riesco a trovare la mia classe,mi saresti di grande aiuto se me la indicassi”,sorrisi,con la speranza di apparire nomale,non credo che ci riuscii.
- quale classe cerchi?- mi disse con un tono delicato,-la 1D!,sai mica dove si trova?- ero riuscita a ricordare la mia classe senza leggerla,era un passo avanti, sorrise come se avesse sentito i miei pensieri. - io sono in seconda,è accanto alla mia classe,vieni ti ci porto subito,sei in ritardo!!-.lo seguii in silenzio,camminavamo a passo svelto per i corridoi,salimmo le scale e finalmente la
 
 
vidi,alleluia!. - ti ringrazio moltissimo,sei stato gentile,non so come la avrei trovata senza un aiuto,grazie ancora-entrai in classe senza lasciargli il tempo di aprire bocca per rispondere.
La classe era accogliente,la professoressa non c’era,strano,credevo fossero già iniziate le lezioni.
Esaminai i miei nuovi compagni ,non erano male,non sembrava ci fossero ochette e ganzetti, erano perfettamente sani di mente,le ragazze mi vennero in contro e mi squadrarono,senza parlare.
Feci io il primo passo e le salutai,loro mi risposero quasi in coro,sorrisi.
Mano a mano che le settimane passavano però mi resi conto che la classe era diversa da come me la ero immaginata,non era molto unita.
La classe era composta da ventitre alunni,cinque bimbe e tutti gli altri maschi.
Il non equilibrio numerico fra maschi e femmine era molto decisivo per la classe che era sormontata dal sesso maschile  e quindi,il comando passava direttamente a loro,non erano molto gentili con noi bimbe,esclusi alcuni elementi,raro però.
Tra i più “popolari”  c’era Simone,considerato il più carino della scuola pur essendo non altissimo,era un ragazzino,arrogante,vispo e contraddittorio ma anche gentile volendo,era il “capo” della banda,tutti lo seguivano,trasportava tal volta anche i professori; c’era Nicola un tipo molto furbo e molto generoso nel passare i compiti in classe a tutti, lui era come il vice capo,sempre bravo a farsi ascoltare e a comandare.
Poi c’era Marco e Andrea i più griffati di tutta la classe,simpatici carismatici,ma tal volta troppo casinisti,infatti venivano ripresi durante le lezioni dai professori.
C’era il genio di classe come anche c’era il genio al femminile,entrambi si facevano concorrenza con i voti. Francesco ragazzo molto furbo come Nicola,infatti stavano sempre insieme,
 
 
era un vero e proprio geniaccio,riusciva a ricordare ogni cosa anche leggendola due volte. Arianna ,invece,studiava molto ed era molto apprezzata dai professori, lei era l’unica vera amica che avessi la dentro,era molto calma e rilassata,anche nel momento più ansioso.
Poi c’era quello fissato con la guerra e quello fissato con il calcio,quello atletico e quello più avaro che faceva fatica a prestare un fazzoletto anche se ne aveva venti.
Per quanto riguarda le bimbe,ogni loro carattere era diverso e infatti causava discussioni,talvolta accese,che facevano divertite molto i maschi,che riuscivano addirittura a scommettere su chi avesse la meglio.
Irene era colei che trasportava le altre,molto vivace come la maggior parte della classe,piena di vita e molto pazza,non si sapeva mai come prenderla,lei era la migliora amica di Denise,fissata con la danza,veniva paragonata ad una concorrente di un reality show in televisione,era una tipetta che diceva sempre la sua anche quando sapeva che sarebbe stata criticata da tutti e in fine c’era Alice,era seguita da tutti i maschi,soprattutto da alcuni,stava con il gruppo più famoso della città ed era come un idolo per loro,molto simpatica e carina,ma tal volta era troppo associale .
Come professoressa di matematica avevamo un dolce donnetta occhialuta,anche se non vedeva niente lo stesso,che indossava sempre gonnelle molto lunghe coloratissime e magliette o golfini a seconda della stagione molto decorati,spesso cosparsi di brillantini che spandeva in tutta la classe compresi i nostri volti.
Era molto buffa quando spiegava e scriveva alla lavagna perché il gesso finiva da per tutto compresi i suoi abiti fuorché dove doveva andare e cioè sulla lavagna;era molto gentile e calma non si arrabbiava mai fuorché una solo volta quando dette il suo unico
 
 
rapporto di tutta la sua carriera. Me lo ricordo come fosse ieri.
Io e i miei compagni ci recammo in classe come sempre, i ragazzi e le bimbe si sparpagliarono per la classe a chiacchiera come tutte le mattine,c’era quello che copiava in fretta e furia i compiti,quello che scherzava,quello arrabbiato e via dicendo,il solito tran tram….ad un tratto la porta si aprì e la prof di matematica entrò , sistemò la sua roba e ci disse di sederci,ci accomodammo e la lezione iniziò regolarmente.
Dopo una ventina di minuti i ragazzi iniziarono a ridere e scherzare,facendo un terribile brusio,come diceva la professoressa, che interruppe più volte a lezione,alla decima volta la professoressa pescò tre bimbi disattenti e li interrogò sulla lezione spiegata pochi minuti prima, gli alunni non seppero rispondere a nessuna domanda posta loro e quindi furono mandati a posto con un bel quattro.
Altri ragazzi invece ebbero la bellissima idea di iniziare a giocare con palline di carta,iniziando a tirarle a destra e manca e prima o poi era ovvio che qualcuno sarebbe stato colpito,la prescelta fu la professoressa,questa appena fu colpita scattò come una molla si voltò verso di noi infuriata, il sangue che gli affluiva in volto la ricoprì in un batter d’ occhio,colpì con forza il banco e afferrò il registro,impugnò una penna e iniziò a scrivere.
Al suonare della campanella andammo a vedere che cosa ci aveva annotato,diceva :la classe è disattenta alla mia lezione e in oltre a mancarmi di rispetto lancia  palline di carta da tutte le parti,una di queste mi ha presa e sono stata costretta pur non volendo ad annotarlo sul registro per brutta condotta. firmato ****.
Quel rapporto fu l’inizio di una serie infinita di note disciplinari che ci costarono una giate in Francia e una nella Marche ma,fortunatamente ci restava la gita a Ferrara,a cui io e i mie compagni ed io non volevamo certo rinunciare.
La gita era prevista per il ventinove di febbraio,quattro giorni dopo il mio compleanno,con noi sarebbe venuta anche un'altra
 
 
 
classe,mi pareva di ave capito una seconda,speravo tanto che fosse la sua.
Avrei compiuto quindici anni ma non avevo intenzione di fare nessuna festa,perché i compagni di classe erano per me come sconosciuti sapevo a malapena i loro nomi,non c’era molta confidenza,eravamo tutti un po’ chiusi e non sapevamo niente gli uni degli altri,ci salutavamo la mattina,tal volta nemmeno quello, e poi ognuno stava per conto suo,i maschi tal volta si riunivano a giocare a briscola,quando giocavano mi ricordavano moltissimo i vecchietti che si riuniscono il pomeriggio nei circolini per parlare giocare e fumare un buon sigaro, noi femmine chiacchieravamo dei problemi sentimentali che le affliggevano ma per il resto niente,non sapevo se avevano fratelli o sorelle ,se avevano animali domestici ,che sport facessero,anche le cosa più banali per me erano all’oscuro.
Quindi non mi sembrava il caso di passare il mio compleanno con loro,non sapevano nemmeno quando fosse.
Avrei passato la serata con un mio vecchio amico,avremmo guardato un film e avremmo ordinato la pizza,una serata comune.
La sera del ventisei indossai un paio di pantaloni da ginnastica verde smeraldo,una maglietta semplice a manche lunghe bianca,mi feci una coda e mi sedetti sul divano ad aspettare Stefano,i miei genitori erano usciti a cena fuori,avrebbero festeggiato con me domenica,anche se gli avessi ripetuto più volte che non era necessario.
Apparecchiai in sala e mi sedetti ad aspettare Stefano e la pizza.
Avevo prenotato la cena per le nove e conoscendo Stefano sarebbe venuto verso le nove e mezzo,infatti arrivò prima la pizza di lui,lo chiamai ripetutamente al cellulare ma nessuno rispondeva, forse era in motorino,accesi la tv e iniziai a guardare un programma gastronomico noiosissimo vidi tre o quattro ricette e finalmente il
 
 
 
campanello suonò, chiesi a Stefano perché avesse fatto tardi,la sua risposta fu: -c’era traffico-.
Finsi di crederci. La serata trascorse bene,la pizza era ottima e io mi divertii e risi tantissimo,era tanto che non ridevo e mi face proprio bene. Da quando mi ero trasferita la mia vita aveva voltato pagina,ma non era stato per me in positivo,fu traumatico; nell’altra città avevo amici,parenti,conoscevo chiunque,ora invece ero spaesata,quando giravo per la città  non riconoscevo nessun volto cosa che accadeva un tempo,non conoscevo nessuna strada e infatti mi perdevo frequentemente,era come se il mio cuore mi chiedesse di essere felice allegra di vedere la positività della situazione,ma non riuscivo proprio ad accettarla.
Ci trasferimmo perché papà era un militare e mamma gli aveva giurato di seguirlo ovunque ,facendo così aveva però costrinsero anche me a cambiare del tutto la mia vita.
 
 
 
Arrivò il momento della gita, avremmo dovuto starci per sette giorni ma avevamo preso così tante note disciplinari che i giorni si ridussero a quattro.
Le professoresse avevano scelto il treno invece che il poolman, avrebbe ridotto il tempo dell’arrivo,quindi la mattina verso le sette ci trovammo davanti alla stazione,io mi ero portata solo una piccola valigia con lo stretto indispensabile, ma dei miei compagni sembrava che stessero partendo in guerra per un anno da quanta roba avevano.
Il viaggio in treno fu molto divertente,scattai foto e feci video ad ogni mio compagno…così un giorno quando probabilmente mi sarei dovuta trasferire avrei avuto non solo un loro ricordo nella mente ma anche concreto.
Arrivammo alla stazione di Ferrara verso le undici e dieci,facemmo un piccolo breack in un bar e poi ripartimmo in cerca del nostro albergo che era lontanissimo dal punto in cui ci trovavamo. La classe che avrebbe dovuto venire con noi era partita il giorno prima quindi erano già in albergo che attendevano il nostro arrivo.
Girammo per la città in cerca del nostro albergo,perché la professoressa era incapace di leggere la cartina,avevamo imboccato piccole stradine di cui cinque erano senza fondo,ma ,finalmente verso l’una,ci trovammo davanti all’albergo e tutta la classe,compresa me, a sincrono alzò gli occhi al cielo e dicemmo in coro -grazie!!!-….
 
Salimmo le scale di marmo fino al sesto piano,quando arrivammo finalmente alla hall dell’hotel eravamo tutti sfatti,con il sudore sulla fronte,con le occhiaie nere simbolo e prova dello straziante e lungo viaggio.
Il direttore ci accolse e ci indicò le nostre stanze…i maschi andarono in una stanza composta da quattro letti a castello mentre nella nostra stanza c’erano 5 letti distinti.
Avemmo il tempo per disfare i bagagli e ricomporci adeguatamente.
Feci una doccia così che potessi rinfrescarmi,mi vestii e aspettai che le altre fossero pronte per uscire.
Non sapendo che cosa fare mi affacciai al balcone per fare la malinconica. Scrutai il panorama,era davvero bizzarro,ero talmente abituata alla mia città,caotica e inquinata che Ferrara mi parve la città più pulita al mondo. Per strada giravano molte biciclette e non macchine come a ***** ,le strade erano pulitissime manco una cartaccia o uno sgradevole bisognino di qualche animaletto,niente di niente.
E poi la gente sembrava così allegra,sorridevano tutti per strada,nessun claxon disturbava la quiete pubblica,sembrava uno di quei film americani dove tutte le comparse sono costrette a sorridere.
Il quel momento ricordai che insieme a noi era venuta sì un'altra classe,ma non sapevo quale fosse.
Speravo di aver avuto fortuna,speravo che fosse quella la classe dell’affascinante ragazzo sconosciuto.
Volevo conoscerne il nome, volevo ringraziarlo meglio, era stato l’unico ad avermi aiutato in quella grande scuola e poi volevo rivederlo a tutti i costi.
Quindi visto che Denise era ancora alle prese con la lampo del vestito, Irene con il trucco, Alice con il cellulare e Arianna con la piastra ,ne approfittai per uscire dalla camera e scoprire quale classe fosse venuta con noi in gita.
Nel corridoio incontrai Nicola che si rincorreva con Simone e quando ebbero la malagurata sfortuna di sbattere contro la professoressa di italiano motivarono il loro comportamento,sollevando la questione di aversi dovuto sgranchire le gambe dopo il lungo e faticoso viaggio.
Attraversai il corridoio ancor prima di vedere la sorte che spettava a quei due,quindi non potei sapere che cosa la professoressa gli face,sta di fatto che restarono in camera per tre ore e mezzo.
Comunque,arrivata davanti alla stanza dei ragazzi della mia classe bussai,con la speranza di trovare tutti composti e sistemati.
Mi fecero entrare e rimasi sbalordita di come la stanza in pochi minuti si fosse trasformata in un campo di battaglia. Magliette e calzoni gettati alla rinfusa sui letti e sulle sedie, persino i comodini erano pieni di oggetti o indumeti, come calzini, sperai per il loro bene che fossero puliti, pacchetti di gomme da masticare finiti,cellulari, occhiali, di tutto.
Mi venne spontaneo chiedere :  - ma cosa è successo in questa stanza la guerra del quindici diciotto??!!-.
Francesco disse soddisfatto del risultato ottenuto: - è ordine maschile,non puoi comprendere la grandissima arte dei maschi per creare disordine in una stanza!-.
Cercai di comprendere le sua parole , ma con poco successo, quindi passai oltre e chiesi quello per cui ero entrata in quella stanza: - che classe è quella venuta con noi in gita?-.
I bimbi mi guardarono ,come se avessi parlato in arabo,sembravano un branco di scimmie con quell’espressione assente e buffa.
Finalmente una scimmia si trasformò in homo sapiens e mi rispose.
- è una seconda ma non so dirti che sezione sia-. Ringraziai Matteo e poi uscii dalla stanza, finalmente.
Era già un passo avanti,avevo scoperto che era una seconda,quindi potevo aver avuto fortuna.
Sfortunatamente non potei investigare ulteriormente perché la professoressa di matematica mi ordinò di tornare in stanza.
Bè per ora era già abbastanza, finalmente le ragazze erano pronte, quindi uscimmo dall’albergo  per esplorare la città.
Non vedemmo molto perché ci perdemmo dopo due isolati, quindi passammo il primo pomeriggio a chiedere indicazioni ai passanti che con nostra sfortuna erano per lo più tedeschi,quindi non si capiva mai una parola di quello che dicevano.
Quando iniziò a calare il sole facemmo ritorno al nostro albergo che con nostra fortuna non era molto lontano.
Cenammo e poi ci coricammo nelle nostre stanza. Feci due chiamate, una ai miei genitori per salutarli e augurargli la buona notte e poi chiamai Stefano, per informarlo sui progressi che avevo fatto riguardo alla ricerca del mio sconosciuto. Io e lui ci dicevamo tutto era come un fratello per me,mi fidavo e lui ricambiava.
Dopo averlo adeguatamente informato lo salutai ,mi infilai il pigiama e mi sedetti sul letto.
Io e le ragazze chiacchierammo per una mazza ora buona del più e del meno. Irene ci raccontò di Alessio,il suo ragazzo, e con le altre parlammo di cosa avevamo in programma di fare domani visto che avevamo il giorno libero,potevamo girare per la città a patto di rimanere vicine.
Dopodiché le ragazze si addormentarono e visto che io non ero stanca avendo dormito un oretta in treno accesi una lucetta da  viaggio e mi misi a leggere un libro.
Era un romanzo che mi aveva regalato mio cugino per natale,non lo avevo mai letto. Era una storia d’amore, dopo le prime due pagine capii che era un libro molto profondo,mi soffermai su un discorso molto bello era quasi poesia diceva.
 
 
Ringrazio ogni giorno il vento che scompiglia le tue ciocche dorate,che si muovono fluide in cielo.
Come piume si muovono veloci in ogni direzione,sulla tua bocca sul tuo collo sul tuo angelico viso,ed è un piacere ammirarti e gioire ad ogni tuo sguardo, ed il mio cuore ,ogni volta che i tuoi occhi entrano nei miei , batte in modo irregolare come se gioisse anch’esso.
Quelle due acque marine,quelle gocce di fiume ,mi hanno fatto innamorare della creatura più bella e aggraziata di tutte. È bastata un occhiata e ho capito che t’amavo e avrei dato la mia stessa vita per vederti sorridere per merito mio invece che per merito delle tue amichette scarse e poco ammalianti. Il tuo sorriso è per me come un motivo per continuare a vivere e senza di esso morirei come una rosa senza spine che potrebbe essere colta senza reagire io mi spegnerei senza la tua calda luce . ti amo amore ma tu non lo saprai mai.
Volerti era come abbracciare il vento e  che io ti amassi per te non aveva alcun senso.
Ogni giorno cercavo un pretesto per  prendere qualcosa nell’armadio così da poterti vedere visto che eri al primo banco,ma non mi notavi,per te ero come uno spettro che si aggirava indisturbato  per la classe…
 
 
Dopo aver letto due capitoli, il sonno si fece sentire e dopo uno sbadiglio le mie palpebre crollarono e caddi in un sonno profondo.
La mattina seguente mi svegliai con il sole che filtrava dai vetri della finestra e illuminava tutta la stanza. Le ragazze dormivano ancora profondamente e quindi ne approfittai per fare una doccia,avendo il bagno tutto per me, vestirmi e scendere nella sala della colazione. L’hotel era deserto,tutti dormivano fuorchè il direttore che stava riordinando delle carte sul tavolo della hall.
Gli augurai il buon giorno e poi scesi nella sala, anche quella come immaginavo era deserta,quindi visto che la colazione era giù in tavola ne approfittai per farla tranquillamente senza nessuno che mi disturbasse.
Imburrai il pane e iniziai a sorseggiare una tazza di latte tiepido.
Quella mattina ne avrei dovuto approfittare per cercare il mio sconosciuto,ma evidentemente la sorte quel giorno girava a mio favore.
Sentii una voce alle mie spalle. La riconobbi subito. Era lui ne ero certa,allora era la sua classe,la fortuna girava davvero dalla mia parte.
-è libero il posto? Posso sedermi- disse con gentilezza.
Mi girai lentamente,già era lui, i miei occhi si illuminarono.
Anche lui sembrò riconoscermi perché subito mi sorrise. Mi precipitai subito a rispondere : - certo, certo siediti pure-.
Lui si sedette e mi guardò, sembrava stesse cercando di ricordare dove mi avesse visto,quindi lo aiutai. - tu sei il ragazzo che mi ha aiutato a trovare la mia classe,vero?-.
Gli si accese la lampadina negli occhi. Sollevo le sopracciglia e disse con tono allegro : - è vero come no,mi ricordo,ti eri perduta per i corridoi,non ti ho più vista a scuola -.
Allora mi aveva pensata qualche volta,pensai felicemente. Sorrisi .
- già che ti ho rivisto volevo ringraziarti meglio,non so come sarei arrivata in classe senza il tuo aiuto…-stranamente il tono della mia voce era normale, non balbettavo questo era un buon segno.
- non ti preoccupare, di niente. A proposito , sono Edoardo, Edo per gli amici.-
Sorrise di nuovo,e io come una perfetta idiota rimasi impietrita,ammaliata dalla sua dolce espressione.
Lui mi guardò incitandomi di rispondere,ma non riuscivo ad aprir bocca. Vedendomi incerta nel parlare o me domando: - e tu ce lo hai un nome? -.
Che idiota ero. - si, sì certo, sono Chiara, piacere-.
Imbarazzata come ero non mi restava che continuare a gustare la mi a colazione.
Non osavo guardarlo negli occhi fissavo la mia tazza assente,ero arrossita, sentivo le mie guance pulsare sangue.
Alzai per un secondo lo sguardo e incrociai i suoi,mi stava guardando, con un sorrisetto accentuato ad un lato delle labbra.
Buttai giù una domanda a caso, per rompere il silenzio.: - emh..che indirizzo frequenti a scuola? -.
- scientifico e tu?-.
Addentai una fetta biscottata,masticai e poi risposi svelta -scienze umane…. -.
Il silenzio era imbarazzante,ma non sapevo di cosa parlare, quindi decisi che se lui non avesse parlato per primo io sarei rimasta in silenzio.
Come se mi avesse letto nel pensiero disse “ dunque,tu cosa pensi di fare oggi? Avete anche voi il giorno libro vero?....”.
Me ne ero completamente dimenticata,che cosa dovevo rispondere?. - ommh..bè ad essere sincera non lo so!-.
“-allora visto che non hai programmi ti va di venire a fare un giro con me?-.
Oh mio dio mi stava invitando ad uscire,naturalmente arrossii,dovevo calmarmi,essere impassibile e indifferente,non dovevo tralasciare nessun sentimento,anche se in quel preciso istante gli sarei saltata addosso.
- oh..o-o-k,facciamo un giro in città?-. Sorrisi,sorridere andava bene.
-certo non c’è problema,andiamo allora?-sorrise, si alzò da tavola e aspettò che lo seguissi.
-certo,passo un secondo in camera e avverto la professoressa e possiamo andare.-
 
Arrivai in camera e presi la borsa con il cellulare e i soldi,mi misi un po’ di lucidalabbra,mascara e un vero ci cipria e andai ad avvertire la professoressa.
Intanto Edoardo era andato a recuperare il suo cellulare nella sua stanza. Lo aspettai in fondo al portone del palazzo, siccome ero nervosa,mi sedetti sulla scalinata,altrimenti avrei fatto in su e in giù per l’atrio.
“eccomi”disse una voce alle mie spalle.
Sorrisi. Come potevo essere così fortunata.
Lui aprì il portone e mi fece cenno di passare, da vero gentiluomo.
L’aria mattutina mi colpì in volto come uno schiaffo,faceva parecchio fresco.
Camminammo per lo più in silenzio a quanto pare anche lui era in imbarazzo.
In città guardammo le vetrine e ogni tanto lui mi faceva domande di poco conto su cosa mi piacesse fare,che sport praticassi o che musica ascoltavo,ma per il resto della mattina il nostro dialogo fu abbastanza noioso.
Verso le undici decidemmo di andare al parco. Ci sedemmo sull’erba fresca ancora umida di rugiada.
Il sole mi accarezzava il volto, era una sensazione piacevole.
Ad un tratto qualcosa  mi sfiorò la mano.
Distolsi lo sguardo dal cielo e mi resi conto che era stata la sua mano a toccarmi. Sorrisi e lui mi guardò. Cogliendomi di sorpresa mi prese la mano e la strinse nella sua.
 Ad un tratto il suo sguardo cambiò,sembrava preoccupato per qualcosa,stavo per chiederglielo, quando lui parlò.
 
 
- senti…devo dirti una cosa- mi lasciò la mano, qualcosa non andava.
-devo farti una confessione. Vedi il motivo per cui tu non mi hai più visto da quella volta che ti aiutai è che ogni volta che ti vedevo entrare a scuola o passeggiare per i corridoi,cambiavo strada, o mi nascondevo. Insomma ti evitavo-.Fece un sospiro,sollevato di aver confessato.
Ero davvero sorpresa,perché lo aveva fatto,allora,non gli stavo simpatica,anzi,no,non capivo.  -sono…..confusa-dissi,accigliandomi. In un secondo era riuscito a cancellare la felicità che era dentro di me. Quelle parole erano insensate.
-bè vedi ti evitavo perché non avevo il coraggio di rivolgerti la parola,vedi ti trovo carina e non sapevo che cosa dirti,ero in imbarazzo. Scusami. Sono un idiota.-Abbassò lo sguardo,  cavolo non me lo aspettavo;come era possibile che mi avesse detto quelle parole, nella realtà queste cosa non capitano e soprattutto a me,forse era una favola,un  dolce sogno della mia immaginazione,da cui però in quel momento non volevo svegliarmi,in quel momento la mia ragione e la realtà volevano abbandonare la normalità per recarsi nella pura immaginazione e nella follia,forse c’erano riuscite già.
Se era un sogno,allora,lo volevo far durare in eterno.
-scusami cosa hai detto??- risposi,volevo in un certo senso che mi ripetesse le parole per assaporare ancor meglio la fantasia.
Alzò gli occhi,mi guardò stranito,forse del fatto che non avessi capito le sue parole,le quali gli erano costate tanto sforzo e tanta vergogna.
 
 
 
- ti ho appena confessato che mi piace e tu non sai dire altro che ,scusa puoi ripetere?-era euforico,aveva l’adrenalina a mille.
- ecco,vedi solitamente i miei sogni non sono così chiari e fantastici,volevo solo che tu ripetessi per avere la sicurezza che una volta sveglia ricordassi ogni singolo momento passato in questo mondo-confessai,tanto lui era frutto della mia mente,se io era pazza lui non avrebbe avuto niente da ridire.
- pensi che sia un sogno?per quale motivo?- disse stranito,con una voce flebile.
-bè sai una cosa così bella non succede mai nella realtà o almeno,se capita di certo non a me, figuriamoci se una ragazzo così bello,mi porta in un parco e mi confessa che gli piaccio,figuriamoci,neanche la favole di Biancaneve è così irreale.-dissi,quasi infuriata del fatto che la fantasia fosse così crudele.
-perché sei così crudele con te stessa,non accettare la realtà e da sciocchi, è l’ inconsapevolezza di accettare di essere nel mondo reale e di vivere un momento reale e malgrado ciò non crederci,non accettarlo,non è la fantasia da folli.-
Azzardò un sorriso e con molta dolcezza mi sfiorò la guancia.
-è tutto vero?- dissi con la gole secca.- Ti piaccio sul serio?-.impossibile,ma come poteva quella essere la realtà.
-non ti dai per niente credito,Chiara,sei una ragazza bella,interessante e simpatica,eppure ti sembra strano che io ti dica per la terza volta che mi piaci-.
-cavolo,non mi considero per niente bella,anzi e poi,non vedo proprio cosa ti possa mai piacere di me-.dissi
 
 
stranita,ma non mi rivolgevo in modo diretto a lui era più un riflessione a me stessa.
-sai dalla prima volta che ti ho vista mi sono innamorato dei tuoi occhi,del loro colore-. Arrosì,troppe confessioni tutte in una volta ,evidentemente. Fece un respiro e si fece coraggio,continuò a parlare. - a prima vista sono castani,ma quando li colpisce la luce diventano ambrati e se li guardi attentamente intorno all’iride il colore è miele puro, ma quando osservi il sole,come adesso ,sono quasi verdi,li preferisco così…- serrò la bocca.
-non sapevo che avessero tutti questi colori-.mi misi la mano sulla fronte,- che idiota scusa,grazie per il complimento,se lo era,sei davvero dolce.
-e tu sei pazza.-disse con un sorriso più accentuato stavolta scherzosamente. - credo davvero però che tu sia perfettamente pazza e adatta a me!-.
Sorrisi e lo baciai sulla guancia,non capivo più che cosa stessi dicendo e non rispondevo più delle mie azioni.
Mi prese la mano,sorrise e iniziammo a camminare per il viale alberato del parco.
Ovviamente sono dell’idea che ciò che mi è successo,con Edoardo, sia un caso eccezionale,rimango dell’idea che nella realtà pura,quella vera e propria, una storia come la nostra sia del tutto impensabile,se non impossibile.
Credevo ancora di essere in un sogno quando tornammo all’ albergo. Era come su una nuvoletta dell’amore,ero completamente e inevitabilmente presa da lui.
Mi accompagnò davanti alla porta della mia stanza e mi disse,che un sorriso sghembo sulle labbra: -piccola,stasera alle sette in camera mia,fidati di me…è una sorpresa!-.
 
 
 
Inclinò il viso perso le mia guancia e la sfiorò dolcemente. Il mio cuore batté così corte che per un millesimo di secondo,ne fui certa,si fosse arrestato.
Che sorpresa aveva in serbo per me?,entrai in camera con quel pensiero fisso nella mente. Però dopo mi resi conto che alle otto mancava solo un ora e mezzo,e dovevo prepararmi.
Non misi molto per scegliere cosa indossare.
Un paio di jeans e un top,non troppo sportiva o elegante.
Mi feci una doccia,mi piastrai i capelli,cosa che facevo raramente,avendoli per natura mossi e molto indomabili.
Mi truccai,ma non troppo e mi vestii. Mi sedetti sul letto proprio nel momento in cui ebbi una crisi di nervi,iperventilazione,polmoni fuori uso,battito accelerato. Ero nel panico più totale... 
Feci un grosso respiro,chiusi gli occhi e mi concentrai.; dovevo stare calma,tranquilla, non avevo motivo per essere nervosa, giusto??....no, era lecito essere nel panico,stavo per incontrarmi con il ragazzo di cui ero pazza per chi sa dove andare o cosa fare.
Erano le sei e quarantacinque,piuttosto presto, visto che la sua camera era a pochi metri dalla sua, non vi avrei impiegato molto per arrivare da lui.
Approfittai dell’ora per chiamare una mia vecchia amica che era rimasta nel nella città da cui mi ero trasferita. Era specializzata con gli appuntamenti, era per me come una consulente sentimentale era la più brava in quel campo.
Composi il numero. Dopo ripetuti squilli - pronto? Chiara?? Sei tu?-… disse con un tono allegro e sorpreso.
- sì sono io!come stai?-dissi, dispiaciuta di non averla potuta chiamare prima. -sto benissimo,solo che,mi manchi moltissimo- disse tristemente.- Tu invece come te la
 
 
passi?-. Dovevo arrivare al sodo. - senti Ilaria ,mi devi fare un favore,ho un appuntamento con un ragazzo carinissimo e sono nel panico,come devo comportarmi? Aiuto,non so che fare,sono in iperventilazione,ti prego,ti scongiuro consigliarmi-… dissi disperata.
-oh- era certamente sorpresa di quel cambio di umore improvviso,sembrava che avessi implorato ad un assassino di farmi fuori. -bè ecco ,sono stranita del fatto che tu mi ritenga ancora brava nel fare la tua consulente come un tempo…- rise,forse ricordando i vecchi tempi. - ti posso solo consigliare di essere te stessa,non essere ciò che non sei,ai suoi occhi sei subito apparsa fantastica,pur comportandoti normalmente,non cambiare,lo confonderesti soltanto.-…il suo tono era dolce e premuroso.
Feci un sospiro.-grazie Ilaria,ci proverò,ciò che però mi preoccupa non è  il mio comportamento,ma il  non riuscire a controllare la mia timidezza.-
Guardai l’orologio. Erano le sette, dovevo salutare Ilaria,ero in ritardo.
-Ilaria sono in ritardo, come mio solito, devo lasciarti,ma ti prometto che ti chiamerò presto.- Dissi a malincuore.
-Tu sei sempre in ritardo- rise-ok allora ci sentiamo presto. Ciao -. Riagganciai.
Uscii dalla porta della mia stanza e attraversai il corridoio,mi diressi verso la sua porta.
Bussai.
-posso entrare?- dissi emozionatissima, ma nessuno mi rispose. Bussai di nuovo,ma niente.
-Edoardo ci sei? Edo?-.chiesi insistentemente. Un vortice di irritazione mi percosse il corpo.
Mi ripromisi di bussare un ultima volta,se non mi avesse risposto, me ne sarei andata.
Bussai. Avevo la speranza che rispondesse,non volevo andar via.
Scesi le scale dell’albergo e mi diressi nella stanza da pranzo. C’era un pianoforte, la musica,mi distraeva sempre.
Iniziai a sfiorare i tasti, sulle note di Debussy. Piansi,non riuscivo a capire i motivo per il quale ci fossi ricaduta, perché Edoardo non era nella sua stanza, perché mi aveva chiesto di bussare a quella dannata  porta .
Le lacrime si posavano sui tasti e scivolavano tra le fessure che li dividevano.
-Chiara ? -,una voce flebile alle mie spalle. Velocemente,con la manica della maglia le lacrime e mi voltai. - Irene!! Dimmi.-risposi con le voce spezzata dai singhiozzi.
-ti va di venire con me ? devo comprare un paio di jeans. !- mi sorrise,evidentemente non si era accorta delle lacrime che avevano lasciato le loro impronte sulle mie guancie.
-Certo…- sorrisi,era un sorriso finto.
 
La città era affollata,andavano tutti di corsa,quando cammini per la strada,cerchi di non incontrare gli sguardi degli altri. Guardi diretto davanti a te. Ci sono mille pensieri che passano nella mente di chiunque intono a te, mille espressioni diverse,tristi,sorridenti,apparentemente rilassate,altre che nascondono sentimenti,il mio volto,era tut altro che leggibile,cercavo di sorridere, ogni tanto Irene si voltava a guardarmi ,si doveva essere accorta del mio umore,forse voleva accertarsi che stessi bene.
Entrammo in vari negozi prima di trovare i suoi preferiti, dopo averli comprati,ci incamminammo verso un parco pubblico.
Non era un bella giornata,il cielo era coperto di nubi grigie,di li a poco avrebbe piovuto,ma in quel momento non mi interessava bagnami,non mi interessava poter prendere un malanno,l’unica cosa a qui pensavo era lui,e ad il perché non si fosse trovato il quella stanza… .
Stava facendo ormai buoi,la gocce di pioggia si schiantavano sulla terra e con loro anche le mie lacrime.
-che cosa hai?- mi chiese Irene evidentemente preoccupata.
Mi voltai verso di lei e le sorrisi –niente,un po’ di nostalgia di casa,tutto qua- mentii spudoratamente.
Si accontentò della risposta,anche se credo non ne fosse poi così tanto convinta.
Uscimmo dal parco e tornammo a passo svelto all’albergo,stava piovendo a dirotto.
Salii nella mia stanza,il peggio doveva ancora arrivare.
Ebbi la brutta idea di andare di nuovo a bussare alla porta di Edoardo , volevo semplicemente capire che cosa fosse successo.
Lui mi aprii la porta e mi guardò con un sorrisetto furbesco.
Io accigliai la sopracciglia e lo fissai.
Stavo per chiedergli spiegazioni ,quando, lui si girò verso l’interno della stanza e urlò a qualcuno – ho vinto la scommessa,fuori i miei soldi- disse.
Non capivo che cosa stesse accadendo-che significa che hai vinto la scommessa?- balbettai confusa.
-Vedi, avevo scommesso con Luca che se fossi uscita con me e avessi fatto in modo di piacerti,fin dall’inizio,già da quando ti presentasti  nella nostra scuola,e poi ti avessi dato appuntamento qua davanti alla mia porta e non trovandomi, ti saresti ripresentata successivamente,i  venti euro della scommessa sarebbero stati miei.-
Non potevo credere alle mie orecchie come poteva essere possibile. Ero così arrabbiata e così amareggiata.
Con tutta la forza che avevo gli tirai uno schiaffo dritto sulla guanci sinistra.
Non potevo credere che fossi stata solo un scommessa per lui,che razza di ragazzo era.
Lo scrutai con gli occhi-sei solo una fallito,non vali niente-
Dissi con tutto il coraggio che ebbi.
Dentro la stanza qualcuno rideva a gran voce.
-Sei solo una ragazzina- sorrise beffardamente e richiuse la porta.
    
  
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