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Autore: Neal C_    29/09/2011    6 recensioni
[AGGIORNAMENTI MOLTO LENTI_ l'autrice chiede perdono per le lunghe attese! T.T ]
Nel 1989 aveva diciassette anni, viveva in un posto sperduto della California, Rodeo, vicino Berkeley e “frequentava” gli Sweet Children e i ragazzi della Squatter House tra la West 7th e Peralta Street.
Adesso, nel 2004, ne ha trentaquattro di anni, è felicemente sposata con il solito marito scansafatiche fissato con la musica, ha due figli, e la maggiore è la tipica adolescente piena di pretese, con le stesse manie del padre.
È sempre lei, Virginia Foster, ma gli Sweet Children non esistono più, sono diventati i Green Day e sono il nuovo successo dell’anno.
Tutte le radio trasmettono “American Idiot” o “Boulevard of Broken Dreams” e, purtroppo per Virgin, anche quella di camera di sua figlia.
Un piccolo seguito di “Pinole Valley 1989-1990” che continuava a frullarmi in testa.
Enjoy!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Virginia Foster 1989-2004'
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Figli, che calamità…


[Vig's POV]


La mattina dopo il concerto sono arrivata puntuale a casa Moore.
Ci mancava solo che facessi tardi e, allora, non avrei avuto più il coraggio di presentarmi.
Ovviamente questo vuol dire che mi sono svegliata verso le sette e mezza, di sabato per essere in macchina intorno alle otto e avviarmi verso Mt. Washington*.
Devo dire che, superate le zone limitrofe, parecchio trafficate, sono passata attraverso lunghi vialoni alberati, ho girato intorno al Cypress Park e mi ci è voluta una mezz’oretta solo per quello, figuriamoci da casa mia fino a Washington Hills.
Non che sia lontano dal centro, da Downtown* e tutto il resto, anzi è abbastanza ben collegato dalla metropolitana; ma andarci in macchina è un suicidio.
Tutti i sabati mattina, io vado a fare la spesa per tutta la settimana e certo non posso mancare oggi solo perché devo andare a prendere mio figlio in uno dei quartieri nord di questa benedetta città!
Ho lasciato a casa Alice e Charlie che dormivano della grossa.
Ieri sera hanno fatto tardi, eccitate com’erano per l’avventura del concerto e, quando mi sono alzata verso le tre e mezza per andare in  bagno ho visto ancora la luce accesa in camera loro.
Inutile dire che sono piombata in camera, facendo una storia e pretendendo che spegnessero la luce e si mettessero a dormire.
Un tempo il sabato era un giorno di scuola, giorno leggero certo, con qualche corso in meno e qualche ora di piscina o palestra in più, ma pur sempre un giorno di scuola.
Va bene, adesso è meglio che mi zittisco, mi sembro mia nonna.
Forse avrei dovuto chiamare Julian per sapere quando torna.
Non so quante volte gli avrà detto che non siamo più ragazzini che girano, vivendo alla giornata, dormendo fuori casa, mangiando fuori e rimanendo lontani da casa per settimane.
Invece non sono mai riuscita a fargli capire che è padre, ha due figli che forse dovrebbe seguire un po’, che dovrebbe tornare meno tardi la sera, esserci di più in giornata e non partire in continuazione per concerti e tournè con il suo gruppo Jazz, quando non è impegnato con il lavoro.
In realtà è da parecchio che non vedo Julian impegnarsi seriamente.
Non so che insegnante sia, non ho mai assistito ad una sua lezione e probabilmente non ci capirei niente. Però sospetto che in questo periodo lui non stia dedicando nemmeno un briciolo del suo tempo all’insegnamento!
Ogni tanto chiamano a casa due dei suoi studenti preferiti che lui segue molto, Charles Harrison, il promettente trombettista che ha presentato al Festival del Blues,  e Fanny Madison.

Lei in particolare è davvero una ragazza deliziosa, un po’ timida con una vocina fioca fioca e delle mani sottili  e affusolate che però scorrono sulla tastiera del piano ad una velocità impressionante.
Juls mi dice sempre che anche lei ha molto talento anche se non ha abbastanza carattere per mettersi in gioco.  Fa musica da pianobar in qualche locale e così spreca il suo talento mentre cerca inutilmente di vincere il concorso per insegnante al conservatorio.
Ha praticamente la mia età e certo non può continuare con questi lavori precari.
Ultimamente però nemmeno loro hanno visto più mio marito e l’uomo fantasma non si è  degnato nemmeno di comparire in famiglia.
Dovrò fargli l’ennesima ramanzina sui ruoli e compagnia cantando.
Come se io mi divertissi, invece.

Ho bussato alla porta di casa Moore, guardandomi intorno e gettando l’occhio sul giardino, perfettamente curato;  non una foglia fuori posto, i vasetti di ciclamini curatissimi erano disseminati per il giardini, su un paio di pareti,  rampicanti fioriti quali glicine e buganville  davano un aspetto idilliaco anche al portellone del garage. C’era anche un piccolo gazebo con qualche pino, attorniato da pigne e aghi di pino caduti.
Non sembrava affatto una casa di famiglia, iper incasinata, con mille impicci e abbandonata a sé stessa nell’anarchia più totale dopo tentativi esasperati dei proprietari di mantenerla presentabile.
Per un momento mi sono seriamente vergognata pensando alle erbacce che infestano il mio prato.

Appena arrivo a casa metto Alice a tagliare l’erba!


Stavo osservando lo steccato dipinto di fresco che mi si è aperta la porta davanti, di colpo.
Inutile dire che mi sono girata, presa di sorpresa e ho incontrato lo sguardo di un uomo che mi sorrideva, cortese.
Era alto, decisamente più di me e poco più di Julian, biondissimo, quasi svedese, probabilmente trentacinquenne ma sembrava molto più giovane di me.
Chiunque l’avrebbe scambiato per mio figlio.
Biondo con gli occhi azzurri, un classico.

Niente di speciale
Poi ha aperto la bocca, ha cominciato a parlare e mi ha semplicemente affascinata:

“Salve, sono Christopher Moore. Come posso aiutarla?”
“Oh…Io…Virginia Foster…molto piacere, davvero.”
“Virginia! L’aspettavamo! I ragazzi hanno fatto colazione giusto mezz’ora fa.
Venga dentro, che ci dovrebbe essere del caffè ancora caldo.”
“Grazie no, molto gentile…ma pensavo di prendere Ronnie e…”
“Va molto di fretta?”
“No, in realtà…”
“E allora mi permetto di insistere. Vuole farmi compagnia mentre prendo il caffè?”
“Ok…certamente…grazie.”

Una voce calda, un po’ bassa, avvolgente che ti rapisce con la sua compostezza e la sua cortesia, senza un minimo di freddezza, ostilità…

Non saprei nemmeno bene come spiegare.
Chiamatelo il cinguettio di un usignolo, il canto di una sirena, il pizzicare di un’arpa.
è qualcosa che ti da sicurezza, una calma assoluta eppure che mi metteva terribilmente in imbarazzo; sono abituata a prendere tutti di petto e i miei colleghi, scherzosamente, ogni tanto mi chiamano  “la Virago” almeno quanto la mia famiglia mi accusa di essere un “generalen nazisten”.
Con lui non mi riusciva, mi sentivo strana, non sapevo come trattarlo, cosa dire, per paura di sembrare stupida.
Ho finito per seguirlo, guardandomi intorno, impressionata e ammirata davanti agli scaffali di vetro all’ingresso, su cui stavano perfettamente allineati e ordinati centinaia di libri, al design minimal del salotto in bianco e nero con dei piccoli particolari che lo vivacizzavano, come un dipinto rosso o un portacenere di ambra, tutto immacolato, ordinato fino alla nausea come la pagina patinata di un giornale di moda-casa.
Era tutto troppo perfetto, tutto stranamente  “finto”,  montato, curato fino all’ultimo particolare.
Non deve essergli sfuggito il mio sguardo spaesato e incredulo davanti a quell’atmosfera da casa delle bambole.

Ha sorriso, divertito,  e mi ha invitato a sedere con un gesto:

“è mia moglie. Lei tiene molto a questi aspetti estetici.  Ha studiato alla UCLA Design Media Arts ed è proprietaria di parecchie gallerie qui in città e qualcuna in California, ma siamo in rapida espansione.
Collaboriamo con un’azienda spagnola, Mobles 114* e di recente abbiamo ricevuto una proposta dalla Coop Himmerblau*, una famosa azienda viennese…
Prende zucchero nel caffè? ”
“Si, grazie. Quindi lei e sua moglie lavorate insieme?”

“Diciamo che io lavoro per l’azienda di mia moglie, si.
Mi occupo di Pubbliche Relazioni.
Biscotti?”
“No, grazie.
Ma il Design è anche una sua passione, immagino.”
“Mah, in realtà, ne capisco poco. Diciamo che è sono gli affari che ci hanno unito, non certo la passione per il Design.”
“Oh, capisco. Mio marito è pianista e insegna al conservatorio e sicuramente non condividiamo la passione per la musica. In realtà non saprei nemmeno dirle cosa ci ha unito.”

Ha riso di gusto alla mia battuta mentre ne approfittavo per prendere un sorso di caffè, dopo averci aggiunto ben tre cucchiaini di zucchero.
Ebbene si, amo lo zucchero, e poi il caffè è talmente allungato che non zuccherato è davvero imbevibile.
Sui Mug blu notte* è raffigurata una piuma stilizzata e sotto un marchio in piccolo “CODEART©”, quello di sua moglie, probabilmente.

Per un attimo mi sono ricordata di Ronnie, della spesa, del pranzo che avrei dovuto preparare, di Juls che dovevo chiamare ma non avevo nessuna voglia di alzarmi da quel tavolo, di salutare e di tornare alla mia vita.
Mi sentivo in un altro universo mentre ascoltavo  la sua risata che gli illuminava il viso e una simpatica fossetta faceva capolino su una guancia.
Che persona adorabile.

“Comunque suo figlio è davvero un ragazzo in gamba.

Era da giorni che non vedevo Paul così allegro e anche Sarah lo ha trovato simpatico.
Ieri non faceva che vantarsi del ritratto che lui le ha fatto. Ha talento quel ragazzo.
E quando gli ho chiesto se voleva disegnare mobili sa che mi ha risposto?
‘Che palle i mobili! E poi mi tocca usare il righello e mi scoccio ’.
Non ho potuto fare a meno di ridere e ritrovarmi perfettamente con lui!”

Ha ripreso a ridere mentre si versava un altro po’ di caffè e lo zuccherava prima di prenderne un sorso e continuare a parlare.
Dal canto mio io continuavo a guardarlo, consapevole di avere un’espressione idiota, spaesata, mentre la sensazione di straniamento continuava a confondermi.

“Ma lo sa che mi ha ricordato molto lei? Anche lei tira fuori delle belle rispostine, come quella di ieri sera.”


Oddio no. Lo sapevo che lo aveva sentito.

Stupidastupidastupida…e scostumata!

“ Mi dispiace per un attimo mi ero dimenticata che era in ascolto. ”
“Ma le pare! È risaputo, al volante si perde la ragione e si bestemmia come turchi.
Dovrebbe vedere che belli spettacoli do io, imbottigliato nel traffico di Downtown!”

Nonostante tutto continuavo ad arrossire, mio malgrado, voltandomi altrove e cercando di non darlo  a vedere troppo, mi portavo alla bocca la tazza ormai vuota come se volessi bere ogni singola goccia di quel caffè e mangiarmi anche la tazza.

“Posso offrirle un altro po’ di caffè?”
“Mamma! Uffi, sei già qui?!”

A interrompere quella situazione per me sempre più imbarazzante ci pensa il grido deluso di Ronald che scende di corsa le scale che portano al piano di sopra e mi osserva seccato, come se  fossi la peggiore scocciatrice del mondo.

“Ronnie! Come stai, caro? Dormito bene? Ti è piaciuto stare a casa del signor Moore?”
“Christopher. Semplicemente Christopher.”
“Si. Io e Paul ci siamo divertiti un sacco, signor Moore!

Ma dov’è? PAUL!!! SCENDIII!!!”

“Shshshshsh!”

Cerco di zittire Ronald che sta chiamando a squarciagola l’amichetto facendo troppo casino per i miei gusti.  Già sono passata per sboccata e maleducata ci manca solo l’appellativo di “incapace di crescere i figli” e sono a posto.

Dopo un po’ compare una figuretta più sottile di mio figlio, biondissimo tanto che sembra avere un caschetto di paglia in testa, e gli occhi verde-azzurri.
Somiglia molto al padre però sembra alto almeno quanto Ronnie, quindi un po’ bassino.
Probabilmente, una volta adolescente, si allungherà.

 

“Mamma, Paul può venire a casa mia?”
“Amore, non oggi. Facciamo in settimana, così lasciamo un po’ tranquillo anche il sign…Christopher.”
“Ma le pare, Virginia.
Quando vuole io sono sempre disponibile per portare Paul e per venirlo a prendere.
E mi piacerebbe rivedere anche lei.
Paul, saluta la signora Foster.”
“Buongiorno, signora.”
“Ciao, caro, buongiorno.
Christopher, io da parte di mia mi sdebiterò invitandola a pranzo domani mattina.
Verrebbe con la famiglia al completo?”
“Io, Paul e Sarah verremo sicuramente. Sarà un piacere.”
“Sua moglie deve lavorare? Altrimenti se preferisce rimandiamo alla settimana prossima”
“No! Mamma, domani!”
“Ronnie, per piacere.”
“In realtà non è un bel periodo per mia moglie…domani andrà benissimo.”
“Allora vi aspetto tutti a mezzogiorno a casa mia. L’indirizzo è…”
“Ce l’ho io, signora Foster.
Ronnie, ci vediamo domani!”
“Ok! Porta lo scheletro del dinosauro che finiamo di montarlo!”
“Ok!”

Ho salutato, ringraziato per il caffè e alla fine io e Ronnie ci siamo infilati in macchina e ce ne siamo andati. Mentre ripercorrevo gli stessi parchi  e gli stessi giardini di appena un ora prima Ronald mi raccontava entusiasta tutto quello che aveva fatto da Paul, di quanto Sarah fosse simpatica e carina, del suo disegno, del dinosauro che stavano costruendo e del loro progetto di diventare paleontologi insieme per studiare i dinosauri e poi clonarli come gli OGM.
Non so dove avesse sentito parlare degli OGM ma la cosa doveva averlo entusiasmato parecchio perché diceva che gli sarebbe tanto piaciuto vedere un dinosauro vivo.
Forse avrei dovuto spiegargli che OGM e cloni sono due cose diverse e che, a  riportarli in vita ci aveva già provato John Hammond con Jurassic Park* e aveva combinato un casino bestiale, nel vero senso della parola.
Ma ancora una volta ho prestato un solo orecchio a quello che mi diceva mio figlio e stavolta avevo una buona ragione: non sapevo perché ma Christopher Moore mi aveva incantato.

*******************

[Alice’s  POV]

Stamattina il cellulare di mamma mi ha buttato giù dal letto alle undici e mezza.
E che cavolo, ieri abbiamo fatto le tre di notte! Contavo di dormire almeno fino alla mezza!
Dio, è stato fantastico, da sballo, un vero sogno; non svegliatemi!
E invece mamma ha infranto tutte le mie speranze a ritorno dal concerto, in macchina:

 

“Oddio, mamma, hai visto che figo?! Ci ha praticamente invitati a pranzo!”
“Alice, diamoci un taglio, ok?”
“Allora quando li vediamo? Perché non li invitiamo domenica a casa nostra?”
“Alice, per piacere…”
“Secondo te verranno anche la moglie e i figli?  Quanti anni hanno, l’età di Ronnie, eh, Charlie?”
“Boh…si…”
“Alice! Cribbio, ascoltami per un secondo!”
“…”
“Non ho nessuna intenzione di richiamare Billie.
Non ci vedremo più, è stato un caso eccezionale.
Noi abbiamo la nostra vita, lui la sua ed è anche cento volte più incasinata.
Si dimenticherà in fretta, con tutto quello che avrà da fare, figuriamoci se può perdere tempo con vecchie conoscenze del liceo. ”
“Ma mamma…!”
“Adesso basta, ho mal di testa, sono stata costretta ad ascoltare musica pessima e rintronante quindi  vorrei un attimo di tranquillità!”

 

Quindi mamma non alzerà mai il telefono per chiamarlo e questo non lo posso permettere!
Vorrei poterlo contattare  io…

Ho discusso tutta la notte con  Charlie sul da farsi, almeno finché mamma non è venuta a rompere i coglioni. Non avevo nemmeno tutto questo sonno!
Mi sono rigirata nel letto per venti minuti buoni prima di addormentarmi.

Come dicevo, stamattina ha squillato il telefono della mamma e non sono arrivata in tempo per rispondere: una chiamata persa, JennyCell.
Zia Jenny è praticamente la migliore amica della mamma.
Si sentono poco ma passiamo sempre le vacanze insieme, a Natale lei è da noi con la sua compagna, Nicole. Nicki è esattamente il contrario di Zia Jenny.

È tranquilla, riservata, ride poco ma sorride, molto dolce, discreta e sembra una di quelle fragili e delicate.
Zia Jenny, invece, è davvero un maschiaccio.

Va in giro con delle vecchie tute e salopette di jeans piene di macchie d’olio, sotto magliettone da lavoro, in genere bianche, con qualche slogan dipinto sulla schiena;  non cambia quasi mai.
Se proprio deve, ci mette sopra una giacca impermeabile di quelle ultima generazione in goretex e simili.
Mentre la mamma si è tagliata i capelli lei se li è fatti crescere e sfoggia sempre una coda di dreadlock scurissimi che fanno a pugni con la sua pelle pallida; si è giustificata dicendo che così non doveva lavarli poi così spesso. La mamma stava per picchiarla!
Lei e Nicole vorrebbero sposarsi. Nicki ne ha parlato spesso con la mamma, chiedendosi se non era il caso di spostarsi, magari in Massachussets o in Europa*, ma chiaramente Jenny non ne vuole sapere di abbandonare Los Angeles.
Tra l’altro mamma le ha ricordato che la California riguardo i diritti civili sta molto meglio di altri stati dell’America e  dell’Europa e le ha suggerito di pazientare un altro po’.
L’unico che ancora ha qualche problema con lei è papà.
Ogni tanto sembra un po’ teso, specie quando rimangono soli o quando la conversazione langue.
In altri casi papà semplicemente si defila per andarsi a chiudere in una stanza, a comporre e a scribacchiare, astraendosi dal mondo.
Non ho mai capito quale fosse il problema fra i due, sembrano sentirsi a disagio ogni volta che si scambiano due parole.
Dovrò farla richiamare da mamma.

Ormai il telefono mi ha svegliato e quindi mi sono alzata per mettere il latte sul fuoco e fare il caffè quando  mi balza in testa un’idea diabolica.
Là, sul tavolo della cucina c’è il cellulare di mia madre.
In camera mia, gelosamente custodito nel cassetto del mio comodino, c’è lo scontrino con su annotato il numero di cellulare di Billie Joe Armstrong.
Uno più uno…
Lascio il fuoco con il latte sopra e mi fiondo in camera.  Charlie sta ancora dormicchiando.
A lei forse servirà anche il caffè per svegliarsi ma io sono decisamente elettrizzata.
Guardo l’orologio a parete: è mezzogiorno meno un quarto.
Caccio fuori quel benedetto biglietto e digito il numero sul cellulare di mamma.
Oddio…squilla…rispondirispondirispondiiiiiii…!

“Pronto, parla Billie Joe Armstrong.
 Chi è?”

Ci metto un istante a rispondere.
Mi sembra troppo bello per essere vero.
Prendo un respiro mentre quello ripete, stancamente la presentazione.

“Ciao!”
“Chi cazzo è?
 Chi è che parla?!”
“Si, scusa, hai ragione… Sono Alice Foster!”
“…”
“Sono quella di ieri notte, la figlia di Virginia.”
“Ah, ecco.
Ragazzina, potevi dirlo prima, no?”
“si, scusa, hai ragione…
 Senti…”
“Cosa?”
“Verreste domani per una pizza, a pranzo?”
“Aspetta…domani è domenica?”
“Si.”

Forza, dici di si!
Ok, fin’ora è andata abbastanza bene.
Non ha chiesto della mamma.
NON deve chiedere della mamma!

“Allora si può fare.
Ma a l’una, che prima abbiamo le prove.
Ma la mamma non c’è?”
“Si…cioè…”
“Mi ci fai parlare così magari…”
“NO! Cioè…sta sotto la doccia!”
“Ah…”
“Noi stiamo al 3083 di Maxwell Street.”
“E dove sta?”
“Aehm…hai presente la Hyperion Ave?”
“No”
“V Sunset blvd?”
“Uhm…si forse si…”
“Bene, cerchi l’incrocio con Hyperion Ave e giri…poi al Rowena Reservoir chiedi!”
“Cristo, che casino.”
“Dai, in auto se non c’è traffico non ci metti più di dieci minuti!”
“Vabbè, mi affiderò al GPS.”

C’è un attimo di silenzio e io vorrei poter tirare un sospiro di sollievo.
Ho superato la prova. Verranno!
Aspetta, non è ancora finita…
Calma, Alice, poi potrai saltare di gioia quanto vuoi ma adesso, calma e sangue freddo!

“Allora è sicuro?
Mi vuoi far chiamare dalla mamma per confermare?”
“No, no, è sicuro!
Vi aspettiamo!”
“Va bene.
Allora siamo io, mia moglie, i miei due figli, Mike e sua moglie e Tré con la figlia…
è la tua domenica vero?
Si, mi ricordavo bene*.”
“La mia cosa?”
“Niente.
Allora a domani.”
“Grande! Ciao!”
“Ciao”

Oddio, ho fatto un casino. Adesso saremo in dodici domani a pranzo.
Come cazzo faccio a dirlo a mamma?!
Potremmo fare una bella grigliata in giardino oppure ordinare le pizze o cinese e fare un picnic in giardino! Tanto il giardino è grande.
Ok, non possiamo ordinare cinese perché a mamma fa schifo.
Magari potrei chiedere a papà se mi da una mano a tenere la mamma fuori di casa fino a l’una…
Dio, chefacciochefacciochefaaaaaccio?!?!?!

“Ehi, ch’è sta puzza?”

CAZZO! IL LATTE!
Lascio basita Charlie che si strofina gli occhi assonnati mentre mi fiondo in cucina e spengo i fornelli. Ok, basta! Niente caffè e latte!
Poi sento dei passi e un agitarsi di chiavi.

“ALICE! VIENI! ORA! MI SERVE AIUTO CON LA SPESA!!!!”

Ovviamente sono scattata sull’attenti.
Ho aiutato a scaricare la macchina mentre mio fratello gironzolava portando le cose più inutili, dalla carta igienica, al sacchetto dei biscotti, mentre a me affibbiavano i detersivi, le patate, le bustone di frutta e verdura.
E poi mi è toccato mettere la tavola, aiutare mamma a pelare le patate, controllare la cottura del riso e tagliare i pomodori.

“Mamma! Dovrò pur studiare! E che cavolo!”
“Va bene, amore, puoi andare…”
“Ma che vuoi preparare?”
“Il gateau di patate”
“Per pranzo?”
“No, per domani.”

Mi blocco, inorridita.
Mia madre sta affettando le cipolle sul tagliere e sembra assolutamente tranquilla, serafica, mentre mi si sono rizzati i peli sulla nuca.
E LEI CHE CAZZO NE SA CHE VIENE GENTE A PRANZO?!?!

“P-perché?”
“Perché cosa?”
“Mamma, perché prepari il gateau per domani?! Chi viene domani?!”
“Oh, si… vengono a pranzo Christopher Moore e i due figli, Paul e Sarah.”
“COSA?!”
“Qual è il problema, tesoro?”
“è che…non voglio poppanti per casa!”
“Non dire sciocchezze.
Sarà una cosa molto carina.”
“E se…ordinassimo delle pizze?!”
“Amore, è proprio per evitare questo che sto preparando il gateau, non ti pare?”
“Ma…magari non basta.”

Mia madre si gira, guardandomi stranita e poi fa uno di quei suoi sorrisetti ironici.
Irritante. Accidenti a te, mamma, poi vediamo che faccia farai domani!

“Alice, siamo otto persone.
Ti ho fatto sbucciare praticamente quattro chili di patate.
Non dobbiamo nutrire una squadra di giocatori di rugby e io sono anche a dieta.
Non credo che qualcuno morirà di fame, no?”

Non so cosa dire.
Mi limito ad andare di là, alla ricerca di Charlie, con il disperato bisogno di approntare un piano di salvataggio. Ci mancavano quei rompicoglioni dei Moore!
E adesso che cazzo faccio?

****************

Note

* Quartiere residenziale di Los Angeles, a nord del centro della città, molto verde,

* Quartiere molto centrale di LA, aria metropolitana e distretto di affari, sede del Civic Center con parecchi edifici governativi, del Financial Center, ma anche di un centro artistico e culturale come Bunker Hill o di Chinatown e Little Tokio (quartiere giapponese). 

* Non me le sono inventate, esistono, non sono molto informata in proposito ma mi bastano le loro referenze ù.ù
 

* Questo blu per interderci  

* In Jurassic Park,  un romanzo di Chrichton da cui è stato tratto l’omonimo e famoso film di Spielberg,  John Hammond, un ricco imprenditore, investe in un parco divertimenti che ricrei il mondo dei dinosauri, clonando i geni che sono stati scoperti dai fossili e dai ritrovamenti e facendo così nascere diversi esemplari di dinosauri e piante del giurassico.
 
* In Massachussets il matrimonio gay è legale dal 2003. 
   In California è stato legalizzato il 15 maggio 2008.
  Il matrimonio gay è stato poi dichiarato illegale il 6 Novembre 2008 con un referendum che approvava la Proposition 8 ma la legge della messa al bando è stata dichiarata incostituzionale il 12 agosto 2010 e da allora la pronuncia giudiziale è sospesa. (FONTE WIKI)

* Tré ha divorziato da Claudia nel 2003. Ramona è nata nel 1995.
Frankito invece nel 2001, quindi è troppo piccolo, ma almeno lei, avrà il diritto di stare un po’ con suo padre, no? ;)


Angolo dell'autrice

Ohilà!
Si, lo so cosa non vi convince; Christopher Moore, right?
Vi sembra troppo perfetto, troppo bello, troppo aggiustatino, una moglie che fa design ed è una fissata con l’ordine, l’arte e l’eleganza, la casa da rivista patinata, lui sempre con quei sorrisi a trentadue denti ecc...
Ebbene, ricordate che questo è il punto di vista di Vig che vi parla e quindi è un giudizio un po’ di parte e poi vi assicuro che la cosa si normalizzerà.
è lei che è rimasta molto colpita da questo personaggio non perché sia strano ma perché è una di quelle persone che ti trasmettono serenità e che ti dovrebbero far sentire a tuo agio, uno di quelli con cui è piacevole chiacchierare tipo un bel vicino o un simpatico collega di lavoro.
E lei che è abituata ad aggredire la gente con spirito da amazzone si trova spiazzata, ecco tutto.
Capita che ci siano persone che ci stupiscono xD
Quanto al resto, io l’ho trovato molto divertente, un po’ improbabile, ma in fondo mi concedo anche questa, và!
Accidenti, mi sto rammollendo con l’età  ;o
Bieeeeen, alla prossima! *_*

Misa
 
p.s come al solito perdonate il ritardo ma il tempo intra anno è poco <.<

  
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