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Autore: itsbrie    29/09/2011    3 recensioni
"Ha una pistola!" urlò qualcuno. Ma lui scosse il capo, facendo vedere che era finta.
Qualcuno sorrise, e Nikolai si avvicinò a sua figlia.
Solvejg lo fissava senza capire, priva della facoltà di pensare.
Si fissavano, si fissavano intensamente.Si amavano, si amavano intensamente.
Poi la mano di Noel scivolò sul grilletto, facendo partire un colpo.
Dritto verso il sole.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Posto questa shot nella speranza che qualcuna la legga, perché ci tengo davvero tanto.
E’ ispirata alla canzone e al video di “If I Had A Gun” di Noel Gallagher (se non l’avete mai sentita.. fatelo). Ci tengo molto innanzitutto perché la protagonista ha il nome di un personaggio del mio libro preferito, che già ha per se un sacco di ricordi, e poi perché Noel Gallagher è il cantautore che io amo e apprezzo da ormai tantissimi anni, e diciamo che questa storia è dedicata a lui.
La storia è normale, non c’è niente che io debba spiegare, forse solo che le parti in corsivo sono flashback e che la storia è spezzata da pezzi della canzone.
Conto di leggere qualche vostra opinione, perché mi spezzerebbe in caso contrario ahah!
Beh, non mi resta che lasciarvi alla storia nella speranza che possiate apprezzarla.
Grazie mille dell’attenzione,
Maria Letizia.

A Noel (E Liam) Gallagher.
Per tutti gli anni che ho trascorso con la loro musica

E per tutti i momenti bellissimi che mi hanno regalato
E poi agli amici, tutti, come sempre..

 

If I Had A Gun

Image and video hosting by TinyPic

 

 

If I had a gun 
I'd shoot a hole in to the sun 
And love or burn this city down for you 
If I had the time 
I'd stop the world and make you mine 
And everyday would stay the same with you 


 
Solvejg si guardò allo specchio, stanca e spenta, i suoi occhi erano vacui, inespressivi.
Il vestito bianco che la fasciava era tutto ricamato, seguiva un motivo immaginario di ghirgori arricchiti con perline.
Sobria e splendida come sempre, Solvejg  non era felice.
Le sue mani morbide lungo i fianchi, erano stanche di applaudire ad una vita che sentiva lontana e ormai vuota, priva di senso.
Solveja non si era mai sentita così, come se intorno a lei la città stesse bruciando ed anziché trovare un riparo, restare seduti su una sedia di legno a guardare lo spettacolo delle fiamme.
Non aveva imparato niente dal passato, non aveva colto il momento per essere ciò che avrebbe voluto essere. In fondo non aveva mia chiesto tanto.
Si guardava intorno con aria terrorizzata, sul cassettone polveroso della stanza dei suoi genitori, una collana di perle ed un anello appartenuto alla sua trisavola.
Era tutto perfetto, aldilà di quelle quattro pareti, un intero mondo era pronto a festeggiarla, perché quello doveva essere il giorno più bello della sua vita.
Secondo una lunga tradizione, un giorno, avrebbe dovuto aprire un album di fotografie dalla copertina bianca ed iniziare a sorridere, perché quello era stato un giorno stupendo.
Solvejg sentiva che, un giorno, si sarebbe solo pentita di essersi sposata.
Avrebbe solo rimpianto di non aver avuto la forza di voltarsi dalla parte e gridare a tutti che non avrebbe fatto il gioco dei potenti, ma solo quello che preferiva per se.
Lasciò cadere dalle mani il velo che avrebbe dovuto indossare e si voltò verso la porta.
Era quella l’unica soluzione giusta per sfuggire all’errore più grande della sua vita, ma si sarebbe sottratta ad un obbligo che non poteva violare.
In alcun modo.
Solvejg non era pronta ad impegnare la sua vita in qualcosa di tanto grande, ma soprattutto, non era pronta a farlo con una persona che non amava.
Certo, voleva bene a George, ma non sarebbe mai stata in grado di amarlo.
Che strano, pensò, sembrava tanto di essere in uno di quei film in cui, alla fine, sarebbe giunta quella persona che avrebbe stravolto le sorti del matrimonio, portando la sposa ad una fuga dalla cerimonia sotto gli occhi increduli degli invitati.
Se fosse andata così, non avrebbe più avuto il coraggio di tornare ad Oslo e guardare la persone in faccia come se niente fosse, ma soprattutto non avrebbe avuto il coraggio di incrociare lo sguardo amorevole di suo padre che le era sempre stato vicino.
Solvejg non avrebbe mai voluto deluderlo, gli voleva così bene che sarebbe stata in grado di eseguire sempre la sua volontà anche quando le sarebbe stata stretta.
Ormai i suoi ventisette anni le pesavano troppo perché potesse decidere come quando era una ragazzina, come quando aveva bisogno di sentirsi libera ed indipendente.

Il suo sogno di libertà era iniziato a diciotto anni, quando terminati gli studi superiori, si era trasferita in Inghilterra, a Manchester, per l’università.
Lì aveva visto un mondo totalmente diverso da quello che aveva sempre conosciuto, nuovi incontri e nuove esperienze che avevano accresciuto il suo bagaglio d’esperienza come mai si sarebbe aspettata di fare.
Si sentiva così emancipata, in grado di sormontare il mondo e gli altri, scordandosi della sua vecchia vita che le aveva dato tanto, forse di più di quello che credeva.
La vita ad Oslo era sempre stata uguale, passava le giornate nel suo quartiere, frequentava le scuole e le persone del suo quartiere.
Ma era questo quello che le toccava, vivendo in una grande città non poteva permettersi il lusso di poter gironzolare tutto il tempo.
Eppure era lì che aveva mosso tutti i suoi passi: i primi fidanzati, le delusioni, le gioie.
Era lì che aveva scoperto qual era il suo sogno: studiare giurisprudenza per diventare giudice.
Suo nonno fu giudice, ed era sempre stata una carriera che l’aveva affascinata.
Così, gli studi di legge all’estero, avevano fatto in modo che Solvejg potesse ampliare le sue vedute e, una volta tornata ad Oslo, avrebbe potuto fare il concorso e realizzare finalmente il suo sogno.
Ma qualcosa, si intromise nei suoi progetti, anzi, qualcuno.
E lei non lo aveva assolutamente previsto.
Noel era un ragazzo diverso dagli altri, si poteva dire che fosse il suo esatto contrario: abbigliamento a volte trasandato, idee rivoluzionare, spirito ribelle ma allo stesso tempo, era dotato di una sensibilità ed una dolcezza che l’avevano sempre stupita.
E riusciva a conciliare tutte queste caratteristiche in un solo modo: la musica.
Noel suonava, suonava sempre.
Ed era questo che le piaceva, anzi, che la faceva impazzire: il suo modo di essere sempre così naturale e assolutamente perfetto.
Lo aveva conosciuto il primo anno, Noel studiava giurisprudenza per diventare diplomatico, ma non gli importava poi così tanto.
“Studiare nella vita non serve ad un cazzo, è più facile andare in giro e strimpellare canzoni, farsi milioni di sterline stando in piedi in una stanza a suonare”.
Quando incontrò Noel, non avrebbe mai creduto che lui potessi divenire così fondamentale per il corso della sua vita, specialmente perché lui sembrava così presa dalla sua corsa che credeva che mai, so sarebbe fermato anche solo un attimo con lei.
Eppure ogni volta che lo guardava sapeva che era diversa.
Lo sapeva fin dal primo momento in cui le loro pelle si sfiorarono, provocando in entrambi una sensazione che a quel tempo non furono in grado di riconoscere.
Ma si sono cambiati la vita solo con un sorriso.
E Noel amava perdersi negli occhi scuri di Solvejg che sembravano avere un mondo dentro.
Un mondo in cui lei gli avrebbe permesso di entrare molto presto.
La voce di Noel risuonava  nella sua mente come una minaccia, una sorta di incantesimo che l’avrebbe intrappolata per sempre se non se ne fosse liberata.
Ma non era facile, lei Noel lo amava e non poteva lasciarselo alle spalle neanche se avesse voluto.
Tutti quegli anni trascorsi insieme gli avevano insegnato che era lui l’unica persona di cui avrebbe mai avuto bisogno, che era lui l’unica persona che avrebbe potuto renderla felice.
Solveig aggiustò uno dei capelli che era sfuggito alla sua acconciatura e sospirò.
Cos’era andato storto, in quell’idillio?
.. Suo padre aveva un’impresa edile, non troppo importante, ma lo aveva sempre reso uno degli uomini più potenti di Oslo.
Non aveva mia fatto mancare nulla alla sua famiglia, aveva sempre dato loro il meglio.
Ma prima che lui potesse andarsene in pensione, l’impresa aveva subito un violento picco negli affari, ritrovandosi nettamente al verde.
Per questo, il matrimonio di Solvejg con il figlio del secondo uomo più ricco di Oslo sarebbe stata l’unica soluzione per risollevare le sorti dell’impresa.
Suo padre Nikolai l’aveva pregata di non accettare, l’aveva supplicata di lasciar perdere.
Ormai lui aveva i suoi anni, poteva dare i soldi che servivano per congedarsi e vendere tutto ad un’altra persona.
Ma Solvejg non poteva lasciare così la persona che l’aveva cresciuta, educata, mantenuta.
Sua madre era morta quando lei era piccola, la ricordava a tratti, ma suo padre non le aveva mai fatto pesare l’assenza di una figura materna.
Nikolai l’aveva sempre accudita, regalandole un’infanzia ed una vita felice, senza costrizioni o obblighi, l’aveva sempre lasciata libera di scegliere e di agire, ed anche qualora avesse sbagliato, non avrebbe smesso di supportarla ed aiutarla ad alzarsi.
Per questo Solvejg aveva acconsentito a sposare George senza neppure pensarci.
“Sì, va bene” aveva detto così, quel giorno, in quella gelida stanza in cui non si riusciva a percepire i suoni e distinguere i colori.
<< Io, io.. ho dovuto farlo! Come potevo lasciare mio padre in quelle condizioni? Ti prego Noel, ti prego.. >>
Oslo non era mai stata così fredda, l’inverno pungeva da tutte le parti, era sera, tutto taceva.
Il respiro irregolare di Solvejg si perdeva nella nebbia, i suoi occhi cercavano disperatamente quelli di Noel, che da lì non si erano ancora spostati.
La fissava atterrito da quello che aveva detto, ma non si arrabbiò.
Non rimase deluso, non le urlò contro.
Allungò una mano verso di lei, ma non riuscì a toccarla.
<< Perché ti stai giustificando? >> le chiese, semplicemente.
Il labbro di Solvejg tremava, anche le sue mani << Perché non voglio, perché al posto suo dovresti esserci tu >>
Noel sorrise << Questo mi è sufficiente per tutta una vita, Sol >>
<< Non è vero >> disse lei, incapace di stringere un pugno.
Il freddo non riuscì a fermare i loro cuori, riscaldati ormai da troppo e per troppo tempo.
<< Sappi che i miei ti seguiranno sempre, anche quando attraverserai quella stanza per dire di “sì” ad una cosa che non vuoi >>
Solvejg singhiozzò << Eri venuto qua per dirmi cosa Noel? >>
<< Volevo chiederti di sposarmi >>
In fondo tutto scorre e nulla rimane come è. Siamo eternamente soggetti al movimento, che determina cambiamenti, nelle cose così come nelle persone.
Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume.
Ed è così vero.
Insomma, proviamo un po’ a guardarci: quante persone hanno la stessa faccia nel passare degli anni? Quante persone continuano a vestirsi nello stesso modo? E le emozioni? Rimangono sempre quelle? Cambiano? Allora cosa resta?
Alla fine di una strada, troveremo mai un cartello ad indicarci la via?
Il destino è come un bambino, figlio del Cielo, che si diletta a spostare le tessere del gioco, mescolando i pezzi, facendo in modo che quello che viene fuori, non sia mai uguale a prima.
E la vita è così.
Imprevedibile, inaspettata.
Ti aspetteresti mai di mandare a puttane il tuo più grande amore? No.
Ti saresti mai aspettato di vederti prendere la vita del dolore? No.
E allora cosa resta da fare?
No, aspettare no. Meglio non aspettarsi nulla.
Non sapeva neanche il motivo esatto per cui si trovasse lì.
In quel momento, si domandò se stesse vivendo o esistendo e basta.
Forse, era la stessa cosa.
Dopotutto, se è vero che un sacco di persone esistano e basta, senza vivere fino in fondo, arrivati a questo punto, poteva concedersi anche lui il lusso di esistere e basta.
E fu in quel momento, che Sovejg iniziò a rimpiangere il passato con affannosa angoscia.
Le immagini di lui, del suo amore, iniziarono ad affollargli la mente.
Mai avrebbe pensato che sarebbe finita in questo modo.
Noel, il suo Noel, chissà dov’era adesso.
Forse era sotto la pioggia, forse era sotto le coperte, forse stava esistendo e basta.
Perché Noel non era lì con lei? Perché non era lì a sorreggerla?
Stanca di pensarci, si diresse verso il cassettone e prese un tubetto di rossetto rosso.
Ritornata davanti lo specchio, lo aprì, lasciando scivolare il tappo lungo il vestito.
Iniziò a seguire il contorno delle sua labbra, ma un grido uscì da esse.
Ora aveva lungo il mento un segno, un marchio rosso che l’atterriva.
Trattenne le lacrime solo per il trucco e per il piacere di guardasi morire mentre si sentiva bella.


Give you back a dream show you now what might of been 
And for the tears you cried would fade away 
I'll be by your side  when they come to say goodbye 
We will live to fight another day
[…]  Hope I didn't speak to soon  my eyes have always 
Followed you around the room 
Cos you're the only God that I will ever need 
I'm holding on  and waiting for the moment 
For my heart to be unbroken by the sea 
 
Si pulì il mento e capì che arrivato il momento di andare.
<< Sol, sono io, papà >> disse una voce da dietro la porta.
Lei sorrise a stento, aggiustandosi il velo nei capelli scuri.
Una caratteristica insolita per una norvegese, visto che sono tutte bionde, alte e meravigliose.
Non che Solvejg non fosse  meravigliosa, ma aveva molto della sua mamma americana, e dei suoi tratti leggermente diversi dal solito canone nordico.
<< Sei bellissima >> mormorò l’uomo carezzando la guancia della figlia.
Lei sorrise << Anche tu papà, era da un po’ che non ti vestivi così elegante, vero? >>
Nikolai scoppiò a ridere << Sì è vero piccola mia >> sospirò.
Solo in quel momento, l’uomo si rese conto di quello a cui aveva spinto sua figlia, del sacrificio a cui l’aveva sottoposta.
Anche lui sapeva che non era George quello che avrebbe dovuto avere Solvejg, ma non sapeva come tornare indietro, non sapeva come rimediare.
<< Mi perdonerai un giorno? >> le chiese, prendendole mani.
Le strinse forte, poi posò un bacio sul palmo della destra, come faceva sempre quando lei era bambina.
La giovane lo guardò con gli occhi lucidi, ma sinceri, colmi d’amore e pronti a sopportare anche questa. Sarebbe andato tutto bene.
Glielo diceva anche Noel.
Sempre.
<< Tu non hai bisogno di essere perdonato, ho scelto io. Papà ti prego, non è colpa tua, non è colpa di nessuno. Tu mi hai detto di scegliere, l’ho fatto >> alzò le spalle << E’ andata così >>
<< Non voglio che tu resti infelice per tutta la tua vita.. >> le parole gli morirono in gola << Qui.. Qui.. >>
Avrebbe voluto continuare, ma si bloccò, troppo emozionato.
Di scatto, Solvejg lo abbracciò. << Shhhh >> gli sussurrò, stringendolo forte.
<< Qui avrebbero dovuto esserci tua madre e Noel >> le disse, sentendo quelle emozioni arrivargli dal centro del suo cuore.
Perché anche Nikolai aveva amato lo spontaneità e la sincerità di quel ragazzo; non solo perché avevano reso felice sua figlia, ma perché Noel era in grado di farsi amare da chiunque.
E lui, avrebbe sempre avuto sulla coscienza quell’amore finito a causa sua.
<< Lo so papà, lo so >>
Manchester City, 7 Giugno 2000
<< Non vedo l’ora che questa stupida giornata finisca >> borbottò Noel, seduto su una scomoda sedia di legno dell’Aula Magna dell’Universit, aspettando che il candidato prima di lui si muovesse a finire di esporre la sua tesi di laurea.
Sovejg, che aveva già terminato, gli sorrise << Cosa ci farai con il tuo stupido foglio di carta? >>
Il ventiduenne alzò le spalle << Quello che voglio, posso anche fare lo spazzino >>
La giovane rise << Giusto >>
Ci fu attimo di silenzio, parole sull’Atene Democratica risuonavano come un eco.
<< Partiamo insieme Sol, tu ed io, domani >>
La giovane avvampò, guardandolo senza capire.
Noel era sempre stato così maledettamente impulsivo ed imprevedibile, non c’era stato un giorno in cui non l’avesse sorpresa con qualcosa di diverso.
Ma stavolta aveva raggiunto il limite.
<< Non sto scherzando, voglio partire con te, festeggiamo, ci divertiamo, facciamo quello che ci pare >> continuò il giovane, sentendo il corpo vibrare d’adrenalina.
Davanti a lui, la sua tesi rilegata in copertina rigida dal colore rosso.
Noel la spostò con una mano, dimenticandosene.
<< Perché non dovremmo goderci il nostro momento? Non tornerà, lo sai >>
La ragazza sospirò, guardandolo  negli occhi, quegli occhi che cinque anni prima le avevano portato via il cuore e l’anima.
<< Ti amo Noel >> gli disse, posandogli una mano sulla guancia.
“Si prega il candidato Noel Green di recarsi sul..”
<< Anche io ti amo >> rispose il giovane di rimando, alzandosi.
<< Sbrigati, altrimenti non facciamo in tempo a partire >>
Quando Nikolai uscì dalla stanza, aveva lasciato Solvejg pronta per la cerimonia, alla quale mancavano ormai, solo tre quarti d’ora.
Ormai era arrivato il momento, non ci sarebbe stato più nulla, dopo.
Dopo una rinuncia del genere, Solvejg poteva affrontare tutto nella sua vita, abituata ad amare con intensità e passione, da questo momento poteva calmare il suo animo e dedicarsi ad un altro tipo di amore. Che purtroppo, non avrebbe mai condiviso.
Era seduta sul letto, i piedi scalzi, ma il corpo imprigionato in un abito che la opprimeva.
Per l’ultima volta si guardò allo specchio e domandò a se stessa se fosse giusto.
Qualcosa dentro di lei rispose di no, qualcosa al di fuori di lei disse di si.
Combattuta contro qualcosa che non poteva affrontare, decise di darci un taglio.
Infilò la collana e l’anello e rivolse gli occhi al cielo.
Pregò il Signore di sostenerla, poi salutò sua madre, chiedendola di accompagnarla fino all’altare.
La sua assenza le gravava, ma era sempre andata avanti senza di lei, ce l’avrebbe fatta anche stavolta, ma mai come in quel momento sentiva il disperato bisogno di buttare le braccia al suo collo e morire.
Perché era questo che stava facendo: stava morendo per lasciare posto ad una nuova vita.
O almeno, così sperava.
Aggiustò di nuovo il vestito, lisciò il velo, ripassò il rossetto.
Era tutto pronto.
Si affacciò dal balcone e vide ai suoi piedi un giardino armato a festa.
Era tutto perfetto, incantevole.
Sembrava di essere usciti dal mondo delle fiabe.
Ma non era una fiaba quella, e neppure un sogno. Non avrebbe avuto la facoltà di aprire gli occhi e guardarsi intorno, più felice, perché aveva solo immaginato tutto.
Il suo ultimo pensiero a Noel, poi, si diresse verso l’armadio per prendere le scarpe.
<< Aspetta! >> urlò Solvejg, facendo voltare un gruppo di persone presenti nella piazza, che la guardava curiosa << Aspettami un attimo prima di andare >> continuò, correndo come una fossennata verso di lui.
Noel si voltò di scatto, con i brividi che ancora lo percuotevano.
<< Dimmi perché lo stai facendo >> fece lui, con il viso stanco e rassegnato.
Lei abbassò il capo e spirò << Perché devo >>
<< Ma non vuoi! Ti ricordi quante volte me lo hai detto? Non ti sta costringendo nessuno, ora che sei in tempo, tu.. Lascia stare >> replicò Noel come impazzito.
<< Ma come posso! Come posso mandare all’aria tutto ciò? Ti rendi conto di quello che mi è costato? Io.. Vorrei, ma non posso >> replicò la ragazza, ormai allo stremo.
<< Ma tu non lo ami >> sussurrò il giovane, arrivato all’inverosimile.
<< No, io amo te. Ma devo sposarlo  >>

Dopo averle prese, le posò per terra ma di fronte allo specchio, c’era un’altra figura.
Lei la conosceva anche fin troppo bene.
Noel stava lì, con le mani infilate nelle tasche, una camicia bianca, un pantalone elegante.
Era bellissimo, più di quanto potesse credere.
Stavolta non riuscì a trattenere le lacrime.
<< Sei così bella, Sol >> le disse, avvicinandosi lentamente.
La ragazza tremava tutta, non aveva il coraggio di rispondere niente.
Ma Noel le sorrise, dolce << Non potevo mancare, non prima di averti vista andare via per un po’ di tempo >> . La sua voce rimbombò nella pessima acustica della stanza.
Guardò la giovane donna davanti a lui e a stento, si trattenne dal prenderla e non lasciarla andare.
Ancora una volta, si erano trovati vicini senza la forza di toccarsi, proprio come l’ultima volta.

Proprio come quando la realtà delle cose li aveva attanagliati, rapiti, senza dar loro la forza di riprendersi e correre per dire di no.
Per restare insieme ancora e ancora.
Ma non potevano compromettere il destino, non potevano lasciare che tutte le lacrime versate si vanificassero in questo modo, perché non era giusto.
Solvejg non poteva tornare indietro, e Noel non poteva che guardarla mentre lo lasciava.
Forse un Dio un giorno avrebbe concesso loro un’altra possibilità, ma in questa vita, la speranza sembrava averli abbandonati da troppo tempo.
<< Spero solo di non aver parlato troppo presto con tutte queste promesse, non vorrei che un giorno venissero spezzate >>
Ora che il cuore di Noel aveva resistito al mare in tempesta, era stato in grado di tornare da Solvejg per dirle che lui l’avrebbe comunque seguita.
Anche quando un giorno, sarebbe stata felice senza di lui.
Stanco ormai di rincorrere il passato, aveva deciso di tentare prima che fosse troppo tardi.
Se era vero che l’amava, non avrebbe permesso che andasse via così, non prima che lui le parlasse per dirle tutto quello che provava.
<< Sono venuto a restituirti i nostri sogni per mostrarti ciò avremmo potuto essere, e perché tutte le lacrime che hai versato, possano scomparire. Sono venuto a dirti che comunque andrà, tu ed io vivremo ancora per combattere giorno per giorno, ed anche quando arriverà qualcuno per dirti “addio” io sarò lì al tuo fianco, ma forse non te ne accorgerai. Aspettavo questo momento per tornare da te e dirti che nonostante tutto, il mio cuore ed i miei occhi continueranno ad amarti, come se fossi ancora vicino a me. Non importa dove sarai, ovunque tu sia. Tutto quello che ci siamo detti per me non è stato vano. Ti amo Solvejg >>
Quest’ultima ormai, non aveva più la forza di reggersi in piedi, il dolore l’aveva invasa da tutte le parti, si sentiva mancare.
Si accasciò per terra, ansimando.
Con uno sforzo enorme, riuscì ad alzare il capo, voltarsi e guardare Noel.
Allungò una mano verso di lui << Cosa posso fare? Come posso tirarmi indietro, ora? Lo sai anche tu che è impossibile. Ma sai che ti amo, e che per me questa è la cosa più terribile che mi sia mai capitata. Stavo solo aspettando, stavo tenendo duro affinchè quel momento mi trovasse, ma è arrivato qualcosa di inaspettatamente grande che io non posso affrontare. Tu sei l’unica persona, l’unico Dio di cui avrò davvero bisogno. Se avessi il tempo, ora, fermerei il mondo, ti prenderai la mano e ti farei mio, per sempre. Scapperemmo insieme, proprio come abbiamo fatto tante volte. Noel, non biasimarmi, anche io continuerò ad amarti, sempre >> sospirò, cercando il suo sguardo, che incrociò a metà strada.
Prima che qualcuno potesse parlare, il silenzio delle loro anime venne interrotto dal bacio che lui le regalò stringendola forte.
In quel bacio c’era tutta la disperazione che i due giovani avvertivano.
L’impossibilità di continuare a crescere insieme, di costruirsi una famiglia ed un futuro.
Si erano conosciuti che erano due ragazzetti alle prese con il mondo, con le difficoltà, con gli errori.
Nati da una semplice amicizia, avevano scoperto che non era poi tanto diverso “stare insieme”, e avevano reso le loro esistenze un continuo gioire e sorridere.
Noel con la sua chitarra le raccontava storie, la portava in altri posti, la faceva sognare a ritmo di qualche accordo e la sua magnifica voce.
Solvejg avrebbe voluto che lui diventasse un cantante, perché era troppo bravo per restare lì dov’era, ma Noel aveva preferito continuare un’altra strada per restare con lei.
Infatti, dopo la laurea si erano entrambi trasferiti a Londra per due anni di specializzazione per poi tornare ad Oslo, dove il giovane aveva vinto un concorso.
Rimase lì per un anno e mezzo, ritornò a Manchester, ma fu come se non si fossero mai separati.
Perché per loro vivere separati era impensabile, ma da un po’ di tempo indispensabile per sopravvivere. Così, seppure con immenso dolore, avevano accettato questa sfida.
Non gli piaceva definirla in modo diverso, era una sfida, non atro.
Ma l’amore, il loro, quello vero, non sarebbe andato via, non si sarebbe mai sciolto.
Avrebbe continuato a vivere a dispetto di quel grande tiranno che si era loro opposto.
Eppure niente avrebbe posto fine alla loro vita insieme.
Al loro amore.
Niente.
<< Devo andare >> sussurrò aggrappata alla sua spalla.
<< Non è così che deve finire >>


 
Let me fly you to the moon
My eyes have already followed you around the room
'Cause you're the only God that I will ever need
I'm holding on and waiting for the moment to find me
 If I had a gun I'd shoot a hole into the sun
And love, will burn this city down for you
 
 
Percorreva a passi lenti il suo calvario verso l’altare.
Appoggiata a suo padre, Solvejg guardava con occhi spenti quello che a cui stava andando incontro.
Non voleva guardare le persone intorno a lei, perché sorridevano tutte, ed era così terribilmente avvilente per lei non essere felice  mentre gli altri lo erano.
Nikolai teneva forte la sua mano nella sua, cercando di infonderle tutto il coraggio possibile.
Lui aveva vissuto la sua vita, sposato la donna che amava, era così terribile non poter vedere sua figlia fare lo stesso.
Ma in fondo, la colpa di questa situazione era principalmente sua, non poteva commiserare sua figlia. Che ipocrisia!
Gli occhi di Solvejg iniziarono a fermarsi su un punto fisso di fronte a lei: il piccolo libricino che aveva in mano il prete che avrebbe celebrato la funzione.
Lo osservò e sperò che potesse capire cosa provasse.
Dall’altra parte, c’erano George e suo padre, felici ed inconsapevoli della sventura che avevano imposto a quella giovane.
George la guardava soddisfatto, Solvejg gli piaceva tanto, era bellissima, e lui che non lo era affatto, di certo con una moglie così avrebbe fatto un figurone.
Qualcuno schiamazzò, forse era un bambino, Solvejg si voltò, e vide tutte quelle persone che la guardavano incantate, seguendo attentamente ogni suo movimento.
C’erano i suoi amici dell’università, ma non la guardavano come gli altri.
Loro sapevano che nel suo cuore c’era ben altro, e furono gli unici che le ricordarono cosa si stava lasciando alle spalle.
Dopo aver parlato con Noel, era praticamente scappata via, si era chiusa in un bagno e ne uscì solo quando qualcuno la andò a chiamare.
Ora, la sua fiaba spezzata andava avanti, e lei non poteva interromperla.
Avrebbe voluto, ma non sapeva cosa avrebbe trovato.
Era quasi l’ora del tramonto, ma il sole era ancora alto nel cielo.
Solvejg si sentì protetta da quei raggi nella brezza estiva di una giornata di inizio Luglio.
Intorno a loro si estendeva lo splendido paesaggio nordico dei fiordi, uno spettacolo immenso, ma lei non si sentì assolutamente catturata.
Non era coinvolta, era totalmente assente da lì.
La sua mente e il suo cuore erano proiettati nei ricordi, nella meravigliosa stagione del suo amore che era durato quasi nove anni.
Anni intensi, in cui aveva riscoperto se stesso, la voglia di amore e l’importanza fondamentale del dono della vita.
Lei lo aveva capito solo grazie a Noel e per questo gliene sarebbe stata grata per sempre.
Quando i suoi occhi intravidero George, capì che era arrivata all’altare.
Prima di avviarsi da sola però, Nikolai l’abbracciò dicendole << Ti voglio bene piccola mia >>
Lei gli mimò un “anche io” e affiancò il suo futuro marito.
Il prete la guardò divertito, quasi come se avesse capito, e le sorrise, costringendola a fare lo stesso per poi abbassare il capo imbarazzata.
Iniziò a parlare, ma alle sue orecchie, non perveniva alcun suono.
Solo quello dei ricordi.
Era estate, e seppure fossero ad Oslo, sentivano caldo.
Solvejg leggeva, commentando ad alta voce ogni passo del libro, ascoltata da Noel.

<< Cosa farai quando dovrò tornare a Manchester? >> domandò Noel, mentre la vista del castello di Akershus gli occupava tutta la vista.
<< Verrò a trovarti ogni weekend, non lavoro il sabato, così posso venire il venerdì pomeriggio e ripartire la domenica notte >> rispose risoluta Solvejg.
Noel la guardò esterrefatto << Davvero lo faresti? >>
<< Davvero pensi che non lo farei? >> ribattè la giovane con una risata << Certo che lo farò, stanne certo, non ti mancherò neanche un po’ >>
Il giovane rise e la baciò in fronte << Meno male >>
<< Guarda che sole che c’è oggi >> gli fece osservare lei, allungando un dito verso il cielo.
<< Se avessi una pistola con me, ci farei un buco per te >> mormorò Noel, stringendola.
Gli occhi di Solvejg si fecero umidi di lacrime di felicità.
<< Sei pazzo >> gli rispose.
<< Poi però la città dovrà bruciare se colpisco il sole. Ma almeno sai che brucerà per te >> continuò, immerso nella sua fantasia.
Ma gli veniva naturale con Solvejg, seppure lui non fosse un tipo molto sentimentale.
Certo, sentimenti erano fondamentali, altrimenti non avrebbe mai potuto scrivere musica, ma manifestarli, molte volte gli risultava difficile.
Solvejg al suono di quelle parole si commosse.
Con Noel la vita era così bella, sorprendente, sempre  nuova.
E lei lo amava perché era stato capace di penetrargli l’anima.
Si accucciò sotto il suo braccio << Spero solo che noi saremo abbastanza lontani da sentirci al sicuro dal casino che hai combinato >>
Lui ridacchiò << Saremo già lontani >>
<< Ma almeno ci sarà un buco nel sole >> aggiunse Solvejg con un sorriso radioso.
<< Per te >> precisò Noel.
<< Per me >>
Il prete aveva iniziato a parlare da soli quindici minuti e già sembrava trascorsa un’infinità.
Solvejg aveva un male insopportabile ai piedi, oltre che al cuore.
Sentiva addosso gli sguardi di duecento persone, e la cosa non faceva che aggravare il suo stato mentale e fisico.
Ad un tratto, però, ci fu qualcosa che distrasse gli occhi degli invitati, che si voltarono tutti, parlottando concitatamente.
Anche il prete si sporse, sgranando gli occhi pur conservando un’aria divertita ed ironica, così decise di vedere anche lei cosa ci fosse.
A metà tra tutti gli invitati, Noel sorrideva compiaciuto e placido.
<< Ha una pistola! >> urlò qualcuno.
Ma lui scosse il capo, facendo vedere che era finta.
Qualcuno sorrise, e Nikolai si avvicinò a sua figlia.
Solvejg lo fissava senza capire, priva della facoltà di pensare.
Si fissavano, si fissavano intensamente.
Si amavano, si amavano intensamente.
Poi la mano di Noel scivolò sul grilletto, facendo partire un colpo.
Dritto verso il sole.
Solvejg non riusciva a crederci, era tutto così surreale che non pareva vero.
E poi, tutti applaudirono, tutti acclamarono il nuovo eroe che le aveva salvato la vita.
Solvejg si voltò versò il padre, che le sorrise, facendole cenno col capo verso Noel.
L’amore brucerà questa città per te.
   
 
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