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Autore: QueenVLondon    30/09/2011    7 recensioni
JFK. Un ritardo nei voli. Fra le centinaia di persone in attesa c'è anche LUI. Due chiacchere per ingannare il tempo, nulla di più. Perché lei è soltanto una ragazza qualunque, invece lui è Robert Pattinson, un attore internazionale. Appartengono a due mondi diversi, inavvicinabili...
Ma se qualcosa in quella sconosciuta facesse riaccendere una speranza dentro di lui?
Un rapido guardo su un Robert Pattinson colto da innumerevoli dubbi a cui sembra non poter dar voce.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi guardai intorno alla ricerca della toilette. Mancavano ancora cinque minuti all'arrivo dei bagagli. Finalmente vidi l'insegna ed entrai. La fila per fortuna procedette in fretta, così arrivai nel momento esatto in cui iniziarono ad arrivare le prime valigie. Fui pervasa dal panico quando non vidi la mia. Si trattava di un timore che non mi lasciava mai quando viaggiavo in aereo: la paura che smarrissero il mio bagaglio. Forse dipendeva dal fatto che era accaduto qualche anno prima a mia sorella.

Tirai un sospiro di sollievo quando scorsi il mio trolley azzurro. Cercai di afferrarlo, ma era terribilmente pesante e non ce la feci. Accidenti! Forse avrei dovuto pensarci prima di comprare una quantità incredibile di souvenir! Ma in fondo ero ampiamente giustifica: non si va a Los Angeles tutti i giorni! Era ovvio che avessi acquistato più del necessario.

Attesi pronta il secondo giro. Non appena la valigia mi fu nuovamente davanti, allungai decisa la mano verso la maniglia, ma, prima che potessi afferrarla, un'altra mano dalle lunga dita affusolate si mosse rapida in avanti e la prese. Poi l'appoggiò delicatamente accanto a me.

Mi voltai indietro per ringraziare quello sconosciuto gentile e rimasi a bocca aperta. Letteralmente. Perché non si trattava di una persona qualunque. Ma dell'uomo che da anni riempiva i miei sogni. Robert Douglas Thomas Pattinson. A soli due centimetri da me.

Volevo dire qualcosa per ringraziarlo, ma ero sopraffatta. Il cervello sembrava essersi improvvisamente svuotato. Lui mi sorrise imbarazzato, quando si accorse di come lo stavo fissando. Cercai di ricompormi per non perdere quel grammo di dignità che mi era rimasta, ma, considerando la mia espressione, non era molta.

“G-grazie”. Balbettai. Avrei voluto controllare il fremito nella voce, ma era impossibile.

Non potevo credere che fosse davvero LUI. Forse stavo sognando. Onestamente: quante possibilità c'erano che fra tutte le persone in aeroporto proprio LUI avesse afferrato la mia valigia? Forse avevo desiderato così tanto che accadesse, che mi ero convinta a tal punto da averlo immaginato... Forse era stata una visione dovuta alla stanchezza per il viaggio... O forse era stato causato dal jet-leg...

Eppure era proprio LUI.

“Nessun problema!” esclamò, dopodiché mi sorrise e si allontanò, seguito dal suo bodyguard.

Afferrai il cellulare per chiamare le amiche e raccontarglielo, ma poi mi resi conto che in Italia era notte fonda, così feci un paio di respiri profondi per calmarmi e mi diressi verso i controlli.

 

Purtroppo appresi che il mio volo New York/Roma aveva un ritardo di ben 15 ore. A quanto pare c'era stato un problema e molti voli erano stati cancellati, o ritardati.

Se non fossi stata così esausta ne avrei approfittato per fare un giro per la Grande Mela, ma non ne avevo proprio la forza. Così cercai una sedia libera e mi ci buttai. La stanchezza mi piombò addosso in un attimo e poco dopo mi addormentai.

Mi svegliai dopo un paio d'ore, infastidita da dei bambini che correvano. I loro genitori non potevano tenerli tranquilli? Abbastanza irritata, mi alzai e mi diressi verso uno dei pochi negozi aperti alle due di notte. Mi aggirai per i vari scaffali e alla fine comprai un sacchetto di M&M al cioccolato. Erano secoli che non li mangiavo! Per una volta, potevo anche lasciarmi tentare. Pagai alla cassa e tornai al mio posto.

Riposi gli M&M nella borsa e afferrai il mio cruciverba. Mentre cercavo con scarsi risultati di ricordare l'anno della battaglia di Salamina, notai due uomini aggirarsi intorno furtivamente. La mia attenzione fu attirata da uno di loro: era alto, magro e portava un cappuccio in testa.

Anche da dietro era impossibile non riconoscerlo: Robert Pattinson.

Cosa ci faceva ancora qui? Forse avevano cancellato anche il suo volo?

Non riuscivo quasi a credere alla mia stessa fortuna: due volte in un giorno? Cosa avevo fatto per meritare tanto?

Sorrisi e promisi a me stessa che, nell'improbabile ipotesi in cui venisse dalla mia parte, non avrei né gridato, né sarei rimasta di nuovo a bocca aperta come una sciocca. Probabilmente non avrei mai potuto chiedere nient'altro, perché Robert venne propria dalla mia parte.

L'uomo accanto a lui, infatti, dopo essersi guardato bene intorno, gli indicò due sedie vuote vicino a me. Tornai a fissare il cruciverba, ma potevo quasi sentire il suo sguardo su di me. Chissà se mi aveva riconosciuta. Probabilmente no.

I due uomini avanzarono rapidamente verso di me. Quello che riconobbi essere Dean, il suo bodyguard, si sedette davanti a me, lasciando a Rob il posto accanto al mio. Probabilmente per evitare che io lo fissassi per tutte le ore che mancavano al suo volo. Nonostante il mio cuore stesse battendo a mille, cercai di concentrarmi sul cruciverba. Stranamente riuscii anche a finirlo! Mi accorsi a malapena di quello che stavo scrivendo, ma evidentemente avevo sfruttato ogni neurone del mio cervello per NON guardare l'uomo seduto accanto a me e questo paradossalmente aveva favorito la mia concentrazione.

Sorrisi, poi posai il cruciverba sulla mia valigia e cercai nella borsa il sacchetto di M&M. Stavo decisamente morendo di fame, ma non avevo la minima intenzione di alzarmi per andare a comprare qualcosa.

Aprii il pacchetto e ne mangiai qualcuno. Afferrai il cellulare per controllare l'ora e notai che Rob mi stava guardando. Poi mi accorsi che non stava osservando me, ma il pacchetto di M&M.

Stando ben attenta a non balbettare di nuovo, gli chiesi se ne voleva qualcuno. Lui sorrise imbarazzato, mi ringraziò ed infilò la sua mano nel sacchetto per prenderne qualcuno. Mi ringraziò di nuovo e riprese a parlare con il bodyguard.

Dopo circa mezzora, Rob mi rivolse ancora la parola. Era impossibile abituarsi al suono della sua voce.

“Allora dove sei diretta?”

“Roma”.

“Sei italiana?”, mi chiese. Perché la sua voce era così tremendamente sexy?

“Sì”.

Mi resi conto che gli stavo rispondendo a monosillabi, ma sinceramente non sapevo proprio cosa aggiungere. Calò nuovamente il silenzio e sentii Dean domandare qualcosa sottovoce a Rob. Lui annuii e sussurrò un “tre”. Non avevo idea di quale fosse l'argomento della loro conversazione. Sapevo che avrei dovuto approfittare di quell'occasione per parlare con Rob... Per quanto tempo avevo desiderato una simile possibilità?

Ma Dean tornò prima del previsto, con in mano tre caffè. Tre? Rob ne prese due e me ne porse uno. Sfiorai inavvertitamente la sua mano nell'afferrarlo e per poco non lo feci cadere a terra per l'emozione. La sua pelle era morbida e delicata ed a quel contatto il battito del mio cuore accelerò ulteriormente. Sussurrai un “grazie” e bevvi un sorso di caffè.

La situazione era assurda: dovevo dire qualcosa!

Cercai inutilmente di spremermi le meningi alla ricerca di un argomento di conversazione. Se avessi anche solo immaginato che avrei passato tutte queste ore con Robert Pattinson, mi sarei preparata qualcosa! Accidenti.

Tamburellai con le dita sul contenitore del caffè e sospirai. Per fortuna Rob non se ne accorse, o almeno non diede segno di aver notato il mio turbamento.

Dopo qualche minuto il suo cellulare suonò: lanciò un'occhiata al display e deviò bruscamente la chiamata. Dopo qualche secondo successe di nuovo. Vidi Dean lanciargli una strana occhiata. Sapevo che non erano affari miei, ma non potei frenare la curiosità e quando il cellulare suonò per l'ennesima volta lanciai velocemente un'occhiata al display per cercare di leggere il nome di chi lo stava cercando così insistentemente.

Riuscii soltanto a leggere le prime due lettere, ma furono più che sufficienti: “KR”. Quando il telefono suonò di nuovo, Rob sospirò e, rassegnato, accettò la chiamata e si allontanò.

 

Tornò dopo un paio di minuti. Sembrava furioso. L'avevo visto arrabbiato durante qualche video, quando i paparazzi lo importunavano costantemente, ma non era niente se paragonato all'espressione che aveva adesso. Qualunque cosa gli avessero detto, non doveva avergli fatto piacere. Di fronte alla sua rabbia, mi irritai anch'io. Non sopportavo di vederlo così sconvolto.

Inaspettatamente fu il mio telefono a suonare, ero così concentrata sul cercare di immaginare cosa avesse potuto turbarlo tanto, che quasi non me ne accorsi. Risposi al terzo squillo.

Era mia madre: voleva sapere se il ritardo del volo era sempre lo stesso. Glielo confermai. Mi chiese preoccupata se stessi passando la notte in aeroporto da sola. Lanciai un breve sguardo verso Rob, che stava parlando di nuovo con Dean sottovoce e le dissi che non ero da sola. Questo sembrò sollevarla, ma quando mi chiese con chi fossi non seppi proprio cosa risponderle.

Non potevo certo dirle che la persona seduta accanto a me in quel momento era Robert Pattinson! Avrebbe pensato che fossi totalmente impazzita e, dopo che fossi riuscita a convincerla della mia sanità mentale, mi avrebbe riempita di domande alle quali non potevo certo rispondere con lui vicino. Per cui le dissi rapidamente che stavo bene e che l'avrei richiamata io non appena ci fossero state novità. Ci salutammo e poi riposi il cellulare in tasca.

“I tuoi genitori?”, mi chiese Rob. Evidentemente non dovevano essergli sfuggiti i vari mamma”. In fondo c'era ben poca differenza con il termine “mum”.

“Sì. Mia madre”. Specificai con un sorriso. “Era preoccupata, perché non le ho dato nuove notizie sul ritardo del volo, ma purtroppo non ce ne sono per ora”. Precisai.

“Capisco”. Sembrava volesse aggiungere altro, ma il suo cellulare suonò di nuovo. “Accidenti!” esclamò e lo spense bruscamente.

“Tutto bene?”, gli domandai, incapace di trattenermi.

“Non proprio... Ma lasciamo perdere”.

“Okay”. La sua risposta brusca mi aveva ferito. Era sciocco da parte mia, me ne rendevo perfettamente conto, ma non potei non sentirmi così.

“Mi dispiace”. Si scusò quando vide la mia espressione.

“Non fa niente... Non sono affari miei”, dissi sorridendo.

Ricambiò debolmente il mio sorriso e sembrò nuovamente sul punto di parlare, ma si frenò di nuovo. Si prese la testa fra le mani e non disse altro. Pensai di fare qualcosa per confortarlo, ma temevo che dire la cosa sbagliata avrebbe solo potuto peggiorare la situazione. Inoltre, mi sentivo particolarmente a disagio con Dean seduto davanti a me, intento a studiare ogni mia minima mossa.

Erano circa le 4 del mattino. Rob non aveva più detto una parola da un'ora. Sentivo che stava soffrendo. La sua espressione valeva più di mille parole. Mi guardai intorno e quando constatai che tutte le persone intorno a noi stavano ancora dormendo, senza pensare troppo a quello che stavo per fare, afferrai la sua mano.

Temevo che la allontanasse, ma non si sottrasse a quel contatto. Lanciai un'occhiata in direzione di Dean. Di certo la mia mossa non gli era sfuggita, ma rimase impassibile come sempre.

Strinsi più forte la mano di Rob e lui fece lo stesso con la mia. Non potevo dire nulla per consolarlo. Non sapevo cosa stesse succedendo nella sua vita. Non potevo certo immaginare quale fosse il problema. In fondo non lo conoscevo: mi ero solo fatta un'idea in base a quello che avevo letto e sentito dire. Non potevo dire di conoscerlo.

Eppure in quel momento, quella notte, mi sentii davvero vicina a lui. E il fatto che lui non si fosse tirato indietro, significava molto per me. Sapevo bene che sarebbe stata l'unica volta in cui avrei potuto stringere la sua mano e saperlo non rendeva le cose più facili. Perché nonostante non lo conoscessi, mi importava di lui. Volevo che lui fosse felice, così come desideravo la felicità dei miei amici e della mia famiglia. Non c'era nulla di razionale in quello che provavo e ne ero perfettamente consapevole, ma questo non significava che non fosse vero. Tenevo a quell'uomo.

Non so per quanto tempo tenni la sua mano. So solo che quando giunse il momento di lasciarla, sentii dolore.

A un certo punto, Dean si allontanò per verificare l'orario del loro volo. Tornò dopo pochi istanti e comunicò a Rob che il check-in era finalmente aperto. A quella notizia, lo guardai, lasciai andare la sua mano e gli sorrisi.

Lui ricambiò il mio sguardo, si alzò e prese il suo bagaglio. Non disse nulla: fece un cenno a Dean e si allontanò, mischiandosi alla gente che si stava dirigendo verso il check-in.

Poi, senza preavviso, si voltò di nuovo verso di me, sussurrò quello che mi parve un “Grazie” e mi sorrise. Ricambiai il suo sorriso e lo salutai facendogli un cenno con la mano.

Dopodiché Rob mi diede nuovamente le spalle e sparì alla mia vista, lasciandomi al JFK con un enorme sorriso sulle labbra e con la speranza che un giorno forse lo avrei incontrato di nuovo in circostanze diverse.

  
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