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Autore: NakamuraNya    30/09/2011    3 recensioni
William Shakespear nell'Amleto scrive che l'eterno sonno può essere la fine dei dolori del corpo ma forse l'inizio dei tormenti dello spirito. Come sarebbe allora questo sogno o per meglio dire incubo?
Attenzione: Spoiler sul finale di Città di vetro.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Morire Forse Dormire

William Shakespear nell'Amleto scrive che l'eterno sonno può essere la fine dei dolori del corpo ma forse l'inizio dei tormenti della vita.

Morire forse dormire. Nient'altro.
E con quel sonno calmare i dolorosi battiti del cuore,
e le mille offese naturali di cui è erede la carne.
Quest'è una conclusione da desiderarsi devotamente.

Fu forse la leggera brezza proveniente da una finestra lasciata aperta, oppure il calore tiepido del sole che colpì la sua guancia a farlo risvegliare dal torpore del sonno. Gli occhi voleva tenerli ancora chiusi, sebbene i raggi solari stessero solleticando le sue palpebre, non era mai stato una persona particolarmente pigra; ma un particolare senso di stanchezza gli permaneva addosso.
Dalle lenzuola proveniva un leggero odore di lavanda e un'altra gamma di odore, così famigliare ma che in quel preciso attimo non riuscì a collegarlo a nulla. Stava per svegliarsi, quando sentì alla sue spalle una porta venire aperta e dei passi leggeri e ovattati avvicinarsi al letto; si voltò a pancia in su ma poco prima di aprire gli occhi un peso si abbatté sul suo petto.
-Papà si è svegliato più tardi di noi! - La frase fu detta con tono acuto e con una evidente nota di divertimento. Aprii gli occhi che erano rimasti ancora chiusi e piano focalizzò una bambina sui quattro anni che era seduta sul suo petto.
La piccola gli stava sorridendo, ciocche ramate e ricce gli incorniciavano il volto paffuto mentre inclinava la testa prima a sinistra e poi a destra e lo fissava con occhi chiari pieni di divertimento.
-Sorellina lascia stare papà non vedi che è stanco?! - Era stata una voce appartenente ancora a un bambino ma con un tono di rimprovero degno di un adulto.
Si voltò verso la fonte di quella voce e appena vide a chi apparteneva spalancò gli occhi incredulo. Un bambino dagli occhi neri fissava accigliato la scena, forse perché avrebbe voluto anche lui giocare come la sorella. I capelli di questo erano così chiari da sembrare bianchi.
La sua attenzione però venne interrotta dalla bambina che incominciò a lamentarsi.
-Ma fratellone la colazione è già pronta. - E detto ciò la rossa gonfiò le guance e mise su il broncio.
Si voltò verso il piccolo e quasi in un sussurrò pronunciò il suo nome.
-Jonatahn. -
-Si che c'è padre? - Gli chiese questo illuminandosi appena sentito il richiamo. Quella espressione così piena di rispetto l'aveva già vista ma non sul viso di suo figlio.
Cosa stava succedendo? Quella situazione era così irreale, che fosse un'illusione creata da qualche stregone alleato con il Conclave?
Tutti i suoi pensieri svanirono nel nulla appena la scorse sull'uscio della porta, una veste verde smeraldo avvolgeva morbidamente il suo corpo mentre i capelli rossi erano tenuto alti con una coda.
Jocelyn era lì e gli sorrideva serena nessuna forma di rabbia ad attraversare i suoi occhi verdi.
-Su bambini andate sotto che la colazione è pronta. - Mormorò apprensiva mentre i due andarono di corsa al piano sottostante.
Appena il peso della bambina non gravò più sul suo petto si mise a sedere, potendo dare così un'occhiata alla stanza da letto, era come era anni orsono prima che le fiamme avvolgessero tutto.
-C'è qualcosa che non va? - Gli chiese notando probabilmente la sua faccia persa.
La fissò mentre sentiva il cuore stringersi in una morsa, lei era tornata e lui non l'avrebbe più fatta andare via.
Si alzò di scatto dal giaciglio in cui aveva dormito e con poche falcate la raggiunse e l'abbracciò. E lì risentii quella gamma di odore che aveva percepito sulle lenzuola, era il profumo di Jocelyn. Sprofondo il viso nella sua chioma rossa e aumentò la stretta dell'abbraccio.
-Ho fatto un incubo terribile. - Disse come risposta alla domanda posta in precedenza. O forse è questo un meraviglioso sogno pensò rattristandosi improvvisamente. Se la sua mente aveva creato quel mondo allora ne avrebbe goduto fino all'istante prima di svegliarsi.
Il calore di sua moglie era così reale e anche il fresco proveniente dal pavimento di marmo, era troppo reale per essere un sogno.
Sciolse l'abbraccio lentamente aveva la paura che tutto potesse finire da un momento all'altro.
-Me lo racconterai dopo, ora è meglio scendere se no chissà che ci combinano quei due.- Rise piano dopo aver parlato.
Mentre scendeva le scale notò sulla parete vari dipinti rappresentanti Alicante e la campagna circostante, il tratti dolci del pennello i dettagli minuziosi, quello era lo stile inconfondibile di Jocelyn.
***
La sala da pranzo era ampiamente illuminata dai raggi solari che entravano dalla vetrata che dava al giardino che fronteggiava la casa.
-Papà, papà ti ho imburrato una fetta di pane. - Annunciò Clarissa, perché non c'erano dubbi che fosse lei, mentre gli porgeva un piatto con sopra una fetta di pane ormai irriconoscibile con sopra un po' troppo burro.
La fissò attonito, quella era la sua espressione felice? Lui nella realtà l'aveva vista sempre arrabbiata, triste e disperata mai una espressione di gioia nei suoi confronti. Non che avrebbe desiderato avere un rapporto stretto con l'unica persona che Jocelyn amasse più di lui, ma di certo essere disprezzato dal proprio sangue non era la sua massima aspirazione.
-Ho cercato di scoraggiarla ma non mi dà mai retta. -
Jonathan doveva essere seccato dal fatto di non essere considerato una figura imponente e autoritaria agli occhi di sua sorella, eppure sembrava volerle bene.
La colazione si svolse alquanto tranquilla tra le risate dei suoi figli, quella situazione lo stava mettendo di buon umore stranamente.
Sorrise nel vedere Clarissa e Jonathan bisticciare nel contendersi il vasetto di marmellata di fragole e rivolse quel sorriso alla moglie, era felice.
Una luce improvvisa lo svegliò facendolo tornare alla realtà, era nell'erba agonizzante e Raziel lo guardava incurante del fatto che stesse morendo.
Come poteva il cielo averlo punito solo perché voleva un mondo diverso? Un mondo migliore, già come quello che l'angelo gli aveva mostrato come punizione.
Era furioso con Raziel che non comprendeva la sua visione, con Clarissa che era riuscita a rovinargli il sogno della sua vita.
Ma alla fine l'unica persona con cui era veramente furioso era se stesso.
Vedi? Questa sarebbe stata la tua vita se non avessi agognato così tanto il potere. Era questo quello che l'angelo avrebbe voluto che lui capisse prima di lasciare quel mondo?
Sbarrò gli occhi morendo.
Lasciò una preghiera a Raziel sperando che l'accogliesse: Non tormentarmi anche nella morte con le colpe che ho commesso in vita, perché questo sarebbe il peggior inferno.
Una stella si spegne nella volta celeste e un'anima lascia il proprio guscio mortale.

Morire forse dormire. Dormire, forse sognare.
E' proprio qui l'stacolo; perché in quel sonno di morte,
tutti i sogni che possono sopraggiungere quando noi ci sarem liberati dal tumulto,
dal viluppo di questa vita mortale, dovranno indurci a riflettere.

Questa è la mia prima FF dedicata a un libro spero sia piaciuta, lasciate un commento grazie!!! ^^
   
 
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