Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn
Ricorda la storia  |      
Autore: Persychan    01/10/2011    2 recensioni
Loro sono dei mostri. Sono i figli preferiti della Morte e della Decomposizione.
Eppure sono umani e sono destinati a morire come le loro vittime, ma Enea non può fare a meno di stringere la mano di Isaia e sperare.
[Personaggi originali - Isaia/Enea]
[Avventure parallele]
[Racconto della Famiglia Rivolta]
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Titolo: Puoi sentire l'inferno piangere?
Personaggi: Enea/ Isaia. Personaggi della Famiglia Rivolta
Temi: Assassini psicopatici. Fluff e assassini psicopatici. Strani metabolismi e ancora h/c tra assassini psicopatici.
Note: - non betata
- L’ambientazione è quella di Katekyo Hitman Reborn e in storie successive potranno comparire, sia nominati che in persona, vari personaggi della serie. Per il momento si tratta di una sorta di storia parallela ambientata nello stesso universo in contemporanea con gli avvenimenti che hanno come protagonisti Tsuna e guardiani. In fondo la famiglia Vongola è una della tante famiglie mafiose italiane.
[Per altre storie della stessa ambientazione andate 
qui]

 

 

Puoi sentire l'inferno piangere?
Non vi è zolfo, ma solo polvere da sparo.

 


 
Tutto iniziò con bam e un dolore terribile per poi finire in un mondo di bianchissima oscurità.

 
  
Fa freddo. Confuso. Tutto è così. Così confuso. No, non fa freddo è solo tutto tanto silenzioso. E ovattato. Pensare. No, non riesco a pensare.  Cosa c’è che non va? Perché è tutto così? Devo aprire gli occhi. VOGLIO aprire gli occhi. 
No, no, dormi ancora un po’, piccolo, devi dormire, dormi  ancora un po’. Dice una voce. È gentile. E familiare. Sorella? No, no, piccolo, mi dispiace. Dov’è? Dov’è mia sorella? Dov’è Celeste? Lei non permette che mi facciano del male. Lei mi vuole bene. Lei è calda. Celeste. Celeste. Ti prego. Celeste. Sarò buono. Sul serio. Questa volta sarò buono e così nostra madre smetterà di avere paura di me. Ti prego Celeste. Non farò più niente. Sarò buono. Buono come vorresti tu. Per favore. Sorella. Celeste. Mamma. Celeste. Mamma. Shh, shh, piccolo mio, va tutto bene, tua sorella non è qui ma sta bene e ora devi dormire se la vuoi fare felice. E allora verrà? È logico. E io amo la logica. E allora verrà e mi vorrà bene, vero? Non è arrabbiata? Mi ha abbandonato. Mi vuole bene? Non è arrabbiata perché faccio paura a nostra madre? Paura. Paura. Orrore. Sangue. Perché le mento? No, no, piccolo, non è arrabbiata, ti vuole bene, ti vuole tanto bene e vuole che ora ti riposi. Ti devi riposare se vuoi stare bene e poterla vedere domani. Domani? Allora va bene. Domani va bene. Perché manca poco. Sì, e Celeste non è arrabbiata con me se viene domani. È logico. È tutto così confuso. E ovattato. Mi piace la parola ovattato. Suona così bene. E l’ovatta mi piace. È morbida. È utile. È logica. Non ho sonno. Per favore non ho sonno. Voglio aspettare Celeste. Sorella. Sorella. Mamma. Celeste. Piccolo, piccolo mio, è ora che dormi. Devi dormire. Se dormi il tempo passerà prima e domani arriverà presto. È logico, no?  Mi piace la logica. Allora dormi. Va bene. Così Celeste arriverà perché sono stato bravo. Anche se non bravo bravo. Ma va bene. Va bene perché mi vuole bene.  E tutto così confuso. Ci sono troppi pensieri e non ce n’è nessuno. E’ colpa tua, vero? E colpa tua, voce. Perché sei nella mia testa. E solo io devo esserci nella mia testa. Chi sei? Non sei Celeste. Non puoi essere nella mia testa. E’ ora di dormire, amore, è ora di dormire, piccolo mio. È tutto bianco. E silenzioso. E morbido. E ho sonno. Profumo dolce e amaro. Metallico e vivace. Odore di morte.
Enea.


Isaia apre gli occhi su un mondo bianco. Un mondo che sa di medicinali e  possiede soffitti tinteggiati da poco. Un mondo dalle coperte ruvide, ma morbide e un calpestio costante e un vociare lontano.
“Sono dell’ala ospedaliera.”
La voce gli esce più rauca del previsto, bassa e appena udibile, ma non sapendo i giorni trascorsi la sua era soltanto una stima azzardata, senza il possesso di sufficienti informazioni. Sinceramente non ricorda neppure cosa ci faccia lì – amnesia breve post traumatica dagli effetti limitati con molta probabilità – e neppure il motivo, però un rapido controllo dei propri valori vitali – il respiro non è difficoltoso o intralciato da nulla, sebbene la quasi totale afonia gli lascia un margine di errore sullo stato del proprio sistema respiratorio, il battito è regolare e nella norma e il suo stato mentale è… soddisfacente viste le premesse – gli assicura che qualunque cosa fosse è stata risolta.
Gli unici dettagli fuori posto sono un lieve fastidio alla spalla e il calore che sente avvolgere la mano destra.
Qualcuno gli sta stringendo la mano.
La muove appena, distendendo le dita e le sgranchisce un po’, quando Enea si sveglia. O quantomeno alza la testa, infatti da dietro gli occhiali gli risult impossibile comprendere se i suoi occhi chiusi fossero chiusi da fase REM o per riposarli oppure aperti e probabilmente distratti visto che non si è accorto subito del suo risveglio. Strano. Di solito Enea si accorge di tutto quello che lo riguarda.
“Isaia!”
“Ti prego di non urlare, per quanto la mia gioia sia reciproca, tutto ciò non fa che peggiorare la mia confusione ed emicrania.”
In realtà non si è neppure accorto di soffrire di tale cefalea se non nell’istante in cui si è ritrovato a rispondere all’altro.
Strano.
E’ come se tutti i suoi pensieri fossero rallentati e…confusi.
“Felice comunque di vederti  Enea. E dal tuo fare direi che devo anche felice di essere vivo.”
L’illusionista sorride, facendo sollevare appena gli occhiali da sole, e gli stringe la mano per poi portarsela alle labbra e baciarne il centro del palmo con delicatezza.
Gli piace quando gli bacia le mani – e le massaggia e le morde e le bacia di nuovo e gli permette di affondare le unghie nella sua pelle fino a far fiorire arabeschi vermigli – e in effetti gli piace quando lo bacia e basta. Soprattutto visti i limiti che sono tutt’ora validi. Mancano ancora sette mesi e…non sapendo il giorno esatto gli è impossibile calcolarne il numero esatto, ma spera il meno possibile.
“Felice di anch’io di rivederti, amore mio, hai rischiato molto questa volta. Ma tutto va bene ora, stai bene e i medici hanno fatto un ottimo lavoro nonostante tutto.”
“A tal proposito, Enea, ti devo chiedere che cosa sia successo dal momento che la ultima memoria risale al rientro dalla nostra missione presso Don Ertechino. Immagino che sia successo qualcosa successivamente poiché da quanto ricordo l’incarico si era svolto senza problemi o intralci.”
Vorrebbe alzarsi, non è abituato a passare così tanto tempo sdraiato, ma preferisce non muoversi prima di sapere l’entità dei danni subiti che, a dir dal rapido cambio di espressione di Enea e dal rapido sguardo – ha imparato a leggere con sufficiente approssimazione la direzione a cui rivolge gli occhi anche quando sono nascosti dagli occhiali – che rivolge alla sua spalla devono essere stati piuttosto gravi e, per l’appunto, nella suddetta area.
“Ti hanno sparato. Avevano mirato al cuore probabilmente, ma il colpo ha raggiunto la spalla. – e gli bacia il polso graffiando appena la pelle con i denti così da lasciare un segno violaceo sulla pelle sensibile – Nulla di fatale, soprattutto vista la vicinanza con la Villa, ma avevi perso molto sangue e l’operazione andava fatta subito o avresti rischiato di perdere la mobilità del braccio per…credo che farai prima a fartelo spiegare dal personale. E io...E poi c’era il problema dell’anestetico.” Enea non aggiunge più altro sigillando quel discorso, forse uno dei più lunghi e sconclusionati che abbia mai fatto, con l’ennesimo bacio questa volta sul dorso della mano.
Gli piace quando gli bacia le mani – e le massaggia e le morde e le bacia di nuovo e gli permette di affondarle nella sua pelle fino a far fiorire arabeschi vermigli – e in effetti gli piace quando lo bacia e….Ha già fatto questo pensiero, identico e preciso nel minimo dettaglio come una sorta di eco o di dejà vu. Strano. Sempre più strano.
“Sul mio corpo gli anestetici non fanno effetto. E solo parzialmente alcuni antidolorifici funzionano.”
“Lo hanno scoperto, ma l’operazione andava fatta subito quindi abbiamo risolto in modo…diverso.”
E’ come se tutti i pezzi andassero nel posto giusto o  se finalmente l’equazione avesse una risposta o, più semplicemente,  come se tutto si facesse logico.
“Sei entrato nella mia testa e hai isolato i centri del dolore. Il mio corpo urlava, ma al mio cervello non arrivava niente. Singolare soluzione. Eri nella mia mente.  – e dopo qualche istante di silenzio, con lo stesso tono casuale con cui fin’ora si è interessato dei fatti avvenuti, e come se non ricordasse quella voce gentile che gli aveva parlato nel delirio, aggiunge – e ci sei tutt’ora. E’ per questo motivo che faccio così fatica a pensare.”
“Mi dispiace, amore, ma fino a quando i tuoi sottoposti non avranno trovato un antidolorifico che funzioni su di te, sarò costretto a rimanere. Non posso lasciarti in preda al dolore.”
Soprattutto perché, a differenza di Enea, la sua sopportazione del dolore è…non bassa, ma necessita di sufficienti motivazioni per resistere – motivazioni come il bene della ricerca o il suo interesse personale verso di effetti di questo o quest’altro veleno. È tutta una questione di logica, mentre una ferita del genere, essendo assolutamente illogica e priva di motivazioni, non rientra nel caso.
“Immagino.”
Si tratta, in fondo, solo di essere paziente e di aspettare  che gli idioti che si trova sopportare ogni giorno, per una volta e tanto per cambiare, si rendano utili.
Tsk, animali.
Spera solo che Gianpaolo si sia messo a capo del team viste  le enormi
motivazioni che gli ha fornito l’ultima volta in cui è arrivato in ritardo o non ha lavorato abbastanza in fretta.  
Inoltre dopo quest’ultima scoperta tutte le preoccupazioni rimaste su i possibili effetti di tale incidente sulle sue capacità mentali,  ansie nate ovviamente nell’accorgersi  delle proprie difficoltà nel comporre un pensiero logico e complesso, si sono volatilizzate lasciandolo in balia di quel senso di tranquillità e disorientamento che ora può attribuire alla presenza di Enea nella sua psiche.
È solo Enea che bloccava i suoi centri del dolore, che non permette  l’arrivo degli stimoli al cervello e che cancellava gli impulsi nervosi prima che giungano a destinazione. Peccato che questo, anche per la sua arte, sia semplicemente impossibile: non può soltanto estinguere la loro esistenza, non è così che funziona, può solo manipolarli, cambiarli, decidere una nuova direzion-
“Togliti gli occhiali da sole.”
“Cosa?”
“Non porti mai gli occhiali da sole quando sei con me, non da quando ti ho visto in tutti i tuoi stati peggiori. Sarò confuso dalla tua presenza nella mia mente, ma sono pur sempre un genio e comunque non mi  è necessario neppure un decimo del mio QI per dirmi che mi stai nascondendo qualcosa. Quindi ora togliti gli occhiali.”
Non vuole e se potesse ignorerebbe la sua richiesta, riesce a leggere la sua indecisione in ogni gesto, ma questa è una decisione che Enea non è in grado di prendere perché non gli ha mai negato nulla e non riesce neppure ad immaginare di iniziare a farlo ora. E Isaia lo sa.
Lo vede sfilarsi gli occhiali con lentezza esasperante con la mano destra  - quella con cui non stringe la sua  - chiudere le stanghette, infilare il paio nella tasca del completo – completo che non vede un ferro da stiro da giorni – e, solo allora, alzare lo sguardo verso di lui.
È come se levasse un incantesimo – non si stupirebbe nello scoprire che oltre agli occhiali stesse usando qualche tipo di illusione – facendo finalmente apparire tutto alla scoperto: gli occhi di Enea sono rossi e i capillari spiccano netti sulla cornea biancastra, mentre sotto ci sono ampie ombre violacee e i segni distintivi di chi non dorme da giorni; le ossa degli zigomi risaltano quasi in una magrezza nervosa che non aveva mai visto su quel viso, mentre le labbra tremano appena in modo quasi impercettibile ad ogni respiro. Non ha cancellato il dolore, non può farlo, ne ha semplicemente cambiato il destinatario.
“Rubando la frase ad un nostro collega devo dirti che... sei un idiota. Quale utilità credi che abbia ridurti in questo stato? Io n-“ Viene interrotto, forse per la prima volta nella sua esistenza qualcuno che non sia Celeste lo interrompe e l’unica cosa che riesce a fare è boccheggiare, mentre Enea gli morde le labbra e prende possesso della sua bocca.
Gli piace quando lo bacia – e sì, è consapevole di aver già fatto questo pensiero – per tanti motivi e perché è calda ed concentrata solo su di lui e perché sa di fumo e di un sapore dolciastro e metallico che conosce molto bene. Alla perfezione.
Quando si allontana soffiando la sua risposta sulle sue labbra umide, Isaia ha quasi il fiatone e una gran voglia di dormire, o ibernarsi, per poter far trascorre quei mesi che mancano il prima possibile. Stupidi giuramenti e stupidi illusionisti con il senso dell’onore.
“Non potrei mai lasciarti in preda al dolore. Non posso permettere a nessuno di farti male. E poi qualunque dolore venga da parte tua è ben accetto.”
“Se quando io starò dimesso tu sarai uno straccio neppure in grado di stare in piedi, beh, non aspettarti che io ricambi tale tipo di stupide cure.”
“Non me lo aspetto, amore mio. Non sarebbe da te.”Si è seduto di nuovo, le gambe gli tremano e Isaia riesce a vedere il dolore montare ad ogni movimento, ma  il suo tono rimane gentile almeno quanto lo sono i suoi baci sui polpastrelli, sull’incavo tra le dita sulla pelle delicata del polso, e allo stesso tempo è stranamente debole in un modo che non ha mai sentito. E a lui non piacciono le cose fragili, soprattutto quando tiene a loro, perché ha il desiderio istintivo di distruggerle.
“Sei uno spettacolo veramente indecoroso quindi smettila. Almeno un po’ - E aggiungerebbe un per favore, se non fosse una frase che non ha mai rivolto a nessuno che non sia sorella – Almeno abbastanza da poter dormire, che ti voglio sveglio quando potrò andarmene.”
Enea, di nuovo, vorrebbe rispondere qualcosa, ma non può perché questo è un desiderio di Isaia nonostante tutto. E perché, in fondo, è un po’ stanco anche lui.
“Credi che non sia in grado di sopportare neanche un po’? Mi credi così debole?” Potrebbe quasi infuriarsi se non sapesse, con assoluta certezza, che Enea non potrebbe mai pensare una cosa simile neanche per un secondo e che, anzi, egli è il primo a riconoscere la sua forza e le sue 
capacità.
“Come vuoi, Isaia, come vuoi tu amore mio. Dimmi se diventa troppo...”
La marea sale con sorprendente lentezza, ma questo non rende il dolore più tollerabile: non c’è modo per rendere un fuoco bruciante, un puro centro di terminazioni nervose che urlano e gridano sopportabile, anche perché il minimo movimento è solo una nuova ondata di sofferenza, meno terribile eppure sopporta. Sopporta perché i pensieri  si fanno più lucidi – cerca, capisci, comprendi, perché spararti, perché sparare a te che nessuno conosce e su cui nessuno, che sia ancora vivo o non sufficientemente fedele, conosce la verità? La sua mente è in subbuglio e freme e si libera alta sopra il dolore – e perché ad ogni oncia che riceve il viso di Enea si fa meno terribile e le sue labbra, mentre ancora lo bacia, non tremano più.
“Così riesci a dormire?” Chiede Isaia quando ormai non sa più se mettersi ad urlare ad ogni gesto o gridare di gioia mentre finalmente sente il suo cervello libero di muoversi nel proprio universo di logica e pensieri.
“Sì, piccolo mio, così posso dormire.”
“Allora fallo, Enea. Dormi, mia metà, dormi.”



Su, su, è ora di dormire. E’ ora di dormire piccolo mio. E’ ora di dormire, mia metà. Perché così domani arriverà in fretta. Perché questa è l’unica scelta logica.Celeste ti vuole bene e io ti amo. Voglio bene a Celeste e...non credere che te lo dica solo perché sei nella mia testa. Ti amo. Sei la mia metà e per questo è ovvio che io ricambi.

 
 
 
 

Non seppe mai  quando effettivamente Enea si fosse addormentato, fu soltanto qualche ora dopo – o almeno così gli sembrò rinchiuso nel labirinto dei propri pensieri alla ricerca di una soluzione – quando vide Gianpaolo comparire nel suo campo visivo e sentì la sua voce che gli chiedeva, con tutte le gentilezze e l’educazione che il suo rango e il terrore che il sottoposto provava nei suoi confronti richiedevano, di mandare giù la pillola – l’antidolorifico – che si rese conto che il calore che sentiva sul petto era la testa biondiccia di Enea  e che la sua mano era ancora stretta tra le sue, mentre l’uomo dormiva profondamente bisbigliando parole che assomigliavano terribilmente al suo nome. Se ne accorse solo allora, ma poi nulla ebbe particolare importanza, mentre finalmente la medicina faceva effetto e tutto scompariva in un nulla famigliare.



~♫~♫
C'è qualcosa in me che mi fa venire voglia di maltrattare i miei stessi personaggi... immagino sia sadismo. Comunque questa storia si riferisce ad una frase presente nella raccolta 
Cantarella e Belladonna, più precisamente alla frase 24.
Detto questo spero che la mia fic vi sia piaciuta e che, soprattutto, vogliate lasciare una recensione ~♥

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Katekyo Hitman Reborn / Vai alla pagina dell'autore: Persychan