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Autore: Gio10_7    02/10/2011    4 recensioni
Questa è la mia prima ff, spero vi piaccia.
Il tema principale è l'amore impossibile tra due ragazzi. Troveranno il modo di stare insieme?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ammazzatemi subito, questa è la mia prima ff :) Spero vi piaccia e ringrazio chiunque commenterà, anche solo per consigliare! Grazie e buona lettura!

 

 

Rossana era una ragazza molto carina, alta, poco più magra del normale aveva un portamento regale, non perché si sentisse migliore o più bella, solamente perché era il suo modo di fare; aveva capelli lunghi fino a metà schiena di un bellissimo biondo cenere che, a seconda della luce, passava dal ramato al biondo chiaro. Gli occhi erano verdi con delle sfumature marroni più vicine alla pupilla, che ingannavano la vista agli altri quando la luce non era molto luminosa, facendoli sembrare solamente marroni. La bocca era ben definita: tutti le dicevano che era una bocca come quella che si trova nei ritratti, ben delineata; il labbro superiore era sottile rispetto a quello inferiore, bello pieno, ma nel complesso era una bella bocca. E il suo sorriso era sempre solare, bello e vero, sorrideva raramente per gentilezza.

Era simpatica, ma molto timida, il tipo di ragazza che teme il parere degli altri. Nonostante ciò, quando la si conosceva, la maggior parte della gente veniva conquistata dal suo carattere. Con lei si poteva parlare di tutto, non era una ragazza che aveva pregiudizi. Era una vera amica, non avrebbe mai potuto tradire i segreti di chicchessia, infatti in molti si confidavano con lei. Per quanto sembrasse una persona debole, a cui qualunque cosa andasse bene, quando qualcosa andava contro i suoi ideali non l'avrebbe fatta per tutto l'oro del mondo e questo dimostrava il suo carattere sicuro, nonostante la timidezza. Era socievole e non tirava mai conclusioni affrettate, ma perdeva ogni stima quando qualcuno le mancava di rispetto senza una ragione valida. Era testarda: quando si convinceva di qualcosa era impossibile rimuoverla da quell'idea, però per i suoi amici ci sarebbe sempre stata, anche se la pensavano in modi diversi su alcune questioni. Amava la natura: le piacevano tutte le specie di animali, tranne i ragni, gli insetti e le api e adorava i panorami, sia quelli di montagna, che quelli di mare, che quelli di pianura e collina.

Riccardo, invece, non era un ragazzo come quelli che la gente chiamava “fighi”, al contrario era un ragazzo normale, lo definirei più “un tipo”: può piacere e non piacere; attenzione, non come i ragazzi che dici “Si, è bello, ma non mi piace”, no, quello che intendo io è “Non mi piace, punto” o “Si, non è da scartare”. Era alto, biondo e magro; i capelli erano corti e ricci, con la frangetta appena sopra la fronte rivolta verso l'alto. Gli occhi erano di uno splendido azzurro-acqua misti a qualche sfumatura di verde e il loro colore cambiava a seconda della luce e dell'umore: quando era felice erano di un azzurro intenso, mentre quando era giù di morale era di un verde molto chiaro, ma spento.

Le labbra avevano lo stesso spessore conferendo alla bocca una forma regolare, quasi rettangolare. Il sorriso non era dei migliori, però non era neanche tra i peggiori.

Al contrario di Rossana, lui non era timido: chiacchierava, rideva e scherzava con tutti. Era un ragazzo solare e allegro, mai depresso o triste o, se anche lo fosse stato, non lo dava a vedere, nascondendo questo suo lato con la sua vivacità. Nella classe era simpatico a tutti, persino alcuni professori stravedevano per lui, soprattutto quella di Italiano. Anche lui era un buon amico: quando vedeva che uno di loro piangeva o era preoccupato, gli era vicino e cercava di consolarlo in qualunque modo. Non esprimeva i suoi sentimenti a parole, ma li dimostrava attraverso i gesti. Era una persona estroversa anche con chi non gli stava particolarmente simpatico o con cui non parlava molto. Non escludeva nessuno dalle conversazioni, anzi, cercava di fare in modo che nessuno rimanesse ai margini. Nella classe, la ragazza con cui legò di più era Guendalina, una ragazza superficiale che basava tutto sulla bellezza e che provava una profonda gelosia nei confronti di Rossana perché pensava che mettesse in pericolo la sua posizione di “ragazza più bella della classe”, nonostante a questa non importasse minimamente. Così imparò a farsi odiare da Rossana, che andava d'accordo con tutti. Inoltre non era nemmeno una buona amica: le sue migliori amiche all'interno della classe erano Vanessa e Alice; a Vanessa piaceva il suo compagno di banco e Guendalina, sapendo che all'amica davano fastidio le attenzioni che lei rivolgeva a Luca, continuava a fare l'oca in sua presenza.

Riccardo e Rossana erano nella stessa classe. L'anno prima la prof di Italiano, nonché coordinatrice di classe, li aveva messi in banco assieme proprio davanti alla cattedra. I due non parlavano molto: tra il fatto che lei fosse timida e che non si conoscessero, in quanto primini, i loro discorsi non erano particolarmente lunghi ed articolati.

I primi giorni la prof diede come compito da fare una descrizione soggettiva del proprio compagno, così i due dovettero guardarsi seriamente negli occhi per la prima volta. Da quel momento lei cominciò a provare più di una semplice amicizia nei suoi confronti e nel suo cuore, piano piano, cominciò a crearsi la consapevolezza che tra loro le cose non potessero funzionare perché lui era testimone di Geova e quindi non poteva fidanzarsi con nessuna, almeno che poi non l'avesse sposata. Quindi lei si tenne i suoi sentimenti per sé, dicendolo solo alle sue migliori amiche, Giorgia, Alessia ed Elisa.

Passato qualche mese uno dei loro compagni, Cristiano, aveva deciso di cambiare scuola e, per non lasciare Arianna, la sua compagna di banco sola, la prof aveva fatto unire quest'ultima con Riccardo e Rossana.

A Rossana inizialmente la cosa diede fastidio, perché la “ragazza nuova”, come la chiamava lei, non era per niente timida e riusciva a conversare con Riccardo senza problemi, creando in lei uno stato di intensa gelosia, ma dopo qualche tempo imparò a conoscere Arianna e capì che si sbagliava sul suo conto: era veramente molto simpatica.

A metà anno erano già grandi amiche: Rossana sapeva tutto di Arianna e viceversa. Si aiutavano con i rispettivi lovers, questo era il nome in codice, consigliandosi a vicenda.

Uno sfortunato giorno però, Riccardo capì di piacere a Rossana, così, attraverso Giorgia, della quale era amico, disse a Rossana che non era interessato.

Lei ci rimase un po' male, ma sapeva che la risposta sarebbe stata negativa, così continuò con la sua vita cercando di dimenticarl0.

Si prese una sbandata per un suo amico, Simone, ma era consapevole che non era una vera cotta e che era interessata a lui solo perché sapeva di piacergli e ne era lusingata. Poi, quando si arrese al fatto che non lui non facesse per lei, un'altra sua amica le fece vedere un ragazzo bellissimo, uno dei più belli della scuola e lei non lo guardò più da “Oh che figo!” ma si incominciò a interessare seriamente a lui, o meglio si interessò sempre più al suo aspetto, visto che non lo conosceva di persona.

Così arrivò l'estate, lei dimenticò sia il bello della scuola, sia Ricky.

Ma non appena le lezioni ripresero, i suoi occhi incontrarono quelli del suo vecchio compagno di banco ed ecco che i sentimenti provati per lui inizialmente, fuoriuscirono come un onda che le investiva il cuore. Capì che lui era ciò che voleva. E pian pianino i due legarono di più: lui le faceva le battute e lei rideva e gli rispondeva, cacciando indietro la timidezza e riuscendo ad essere se stessa senza vergognarsi di dire la sua. Lui ogni tanto le chiedeva i soldi per giocare a calcetto e lei glieli dava, così lui le mandava i “baci al vento”, rendendola felice. Un giorno, dopo essere usciti da scuola, fecero pure un pezzetto di strada insieme.

Passarono così i primi mesi, ma la situazione tra i due non cambiò. Finché un giorno, durante un'ora buca, Riccardo non ricevette una chiamata da sua madre.

<< Ricky, io non posso uscire prima da lavoro. Ci sarà qualcuno dei tuoi compagni che può uscire con te questo pomeriggio, no?>> gli chiese.

<< Non lo so, mamma. Provo a chiedere, ma non ti garantisco niente. Perché non posso prendere il pullman come al solito, tornare a casa e aspettarti?>> le rispose lui.

<< Perché hai l'appuntamento dal dentista alle 18.30, i nonni non sono a casa e io esco alle 18.00 dal lavoro, ho appena il tempo di arrivare lì>>.

<< Ok. Provo a chiedere ai miei compagni. Ti mando un messaggio appena so qualcosa. Ciao!>> e riattaccò.

Chiese ai compagni chi abitava in quella zona e in sei alzarono la mano.

Marco e Alessia non potevano perché alle 16.00 dovevano andare ad atletica; Thomas invece doveva vedersi con un amico nel pomeriggio; Carlo era dai nonni e Laura in ospedale per un controllo. Solo Rossana era libera. Gli propose di andare a casa sua e lui accettò. Così alla fine delle lezioni si incamminarono verso la casa di lei, non sapendo del destino che li attendeva. Durante il tragitto i due parlarono del più e del meno, della musica, delle loro abitudini e dei loro gusti. Ad un tratto, mentre attraversavano la strada, una macchina arrivò a tutta velocità investendo solo Rossana, in quanto Riccardo era rimasto indietro per allacciarsi le scarpe. Appena alzò lo sguardo e vide la scena, Ricky corse verso di lei adagiandole la testa sulle proprie gambe e sussurrandole all'orecchio che sarebbe andato tutto bene. Prese dalla tasca dei pantaloni il cellulare e compose il numero dell'ambulanza, chiedendo un soccorso immediato perché l'amica era stata investita e stava perdendo molto sangue e dicendo che il colpevole era fuggito via. I soccorsi arrivarono rapidamente -per fortuna non erano lontani dall'ospedale – e caricarono i due ragazzi. Lei aveva ormai perso i sensi e lui temeva che non ce l'avrebbe fatta.

Una volta arrivati all'ospedale i medici portarono Rossana in Pronto Soccorso e la ricoverarono. A Riccardo non fu permesso di entrare nella sala, ma poteva vedere, dal vetro posto sulla parete, ciò che succedeva all'interno. Vide l'Elettrocardiogramma segnare una linea continua e i medici tentare la rianimazione attraverso il defibrillatore, invani.

La sua ansia cresceva ogni minuto di più. Così fece una cosa che gli costò un enorme sacrificio e che non credeva di poter essere mai costretto a fare.

 

Al suo risveglio Rossana si trovava in una stanza d'ospedale, con i fiori sul comodino di fianco al letto e la luce che entrava dalla finestra aperta. Il venticello fresco che entrava le sferzava il viso, scompigliandole dolcemente i capelli, che le solleticavano le guance con il loro movimento sinuoso.

Sul comodino, accanto ai fiori c'era una lettera col suo nome scritto sopra. La prese e lesse:

 

Cara Rossana,

credevo che questo momento non sarebbe mai arrivato, ma a quanto pare il destino ha deciso così.

Bene, partirò dall'inizio a spiegarti.

Io sono un Angelo, si hai capito bene, un Angelo vero e proprio con le ali piumate e la tunica bianca. O meglio lo ero. Un giorno i miei capi mi hanno mandato sulla terra a controllare la situazione tra voi umani e io ci sono andato senza protestare, sapendo già cosa avrei trovato: non era la prima volta che venivo sulla Terra. Non mi sarei mai aspettato di vedere il tuo viso in quel centro commerciale, in quel giorno che ha cambiato la mia vita: il giorno in cui ho incontrato TE per la prima volta. Eri con le tue amiche e ridevi con quel tuo splendido sorriso pieno di significato, innocenza e sincerità, il sorriso più bello che io abbia mai visto, e credimi se ti dico che di sorrisi ne ho visti a migliaia. Per non parlare dei tuoi occhi, così verdi quel giorno! Mi hanno catturato in un attimo.

Da quel giorno ti sei insinuata tra i miei pensieri, senza sosta, al punto che non riuscivo nemmeno a svolgere il compito per cui ero lì. Così i capi mi richiamarono in Paradiso e mi dissero che dovevo dimenticarti, se no mi avrebbero tolto le ali, perché agli angeli è proibito innamorarsi degli umani. Lo so, è proprio un ingiustizia, ma la legge è legge. Cercai con tutte le mie forze di non pensare a te, davvero, ma non ci riuscii e dissi ai miei capi che non riuscivo a dimenticarti. Loro per tutta risposta mi tolsero le ali e i poteri a tempo indeterminato e, per punirmi della mia debolezza, mi mandarono nella stessa scuola in cui studiavi tu, ma continuarono a proibirmi di starti accanto come avrei voluto dicendomi che se ci avessi anche solo provato avrebbero fatto in modo che tu ti trasferissi molto lontano. Io non potevo sopportare un secondo periodo senza di te, quindi accettai le loro condizioni, per quanto mi facesse male. Almeno potevo vederti e starti accanto. Ma dopo un po' non mi bastò più, ti volevo, ti volevo più di ogni altra cosa al mondo, eri tutto per me. Il desiderio diventava sempre più intenso e impossibile da controllare, inoltre sentivo che mi stavo avvicinando troppo a te. Poi scoprii pure che i tuoi sentimenti verso di me erano più amorosi che di amicizia -non fraintendere, la cosa mi rendeva felice ma sapevo che era impossibile la nostra relazione-, così feci amicizia con Guendalina: non perché mi fosse particolarmente simpatica, ma perché sapevo che a te non piaceva e speravo che in questo modo tu cominciassi a odiarmi per evitarti il dolore del non poter stare insieme, sapevo fin troppo bene cosa significasse. Ma la cosa non servì a molto, quindi dissi a Giorgia, l'altra, la tua amica di dirti che non ero interessato a te e quello funzionò. Gli impedimenti erano molti, tra il fatto che io ero Testimone di Geova, che ero amico con Guendalina e che Giorgia ti avesse detto che non mi interessavi pensavo che alla fine saresti riuscita a dimenticarmi. Tu cominciasti a guardare gli altri. Il dolore era tanto quando ti vedevo ridere e scherzare insieme a Simone, ma almeno TU eri felice e questo era più importante. Poi cominciasti pure a confidarti con me, mi raccontasti che non ti interessava più Simone, mi dicesti di Gianluca, il bello della scuola.

E quando per tutta l'estate non ti ho più vista il mio cuore ha sofferto come mai in tutta la mia vita, e io ho vissuto a lungo.

A settembre ti rividi e per me è stato come se il mio cuore fosse a secco e solo con la tua vista potesse riempirsi.

Eri sempre più bella, una bellezza fine ed elegante, sempre aggraziata e un po' goffa nel movimenti, ma era una goffaggine dolce. Credo proprio che mi fossi innamorato di te.

E ieri, quando ti ho vista stesa per terra, insanguinata e priva di sensi è stato come se il mondo mi fosse crollato addosso, come se fossi stato in un vicolo chiuso e non ci fosse più ragione di esistere, come se la felicità non esistesse e il mondo fosse fatto solo di dolore e pena.

E quando, tra le mie braccia, piano lasciavi che la morte prendesse il sopravvento hai detto quelle parole, quelle parole che mai dimenticherò e che porterò sempre con me: Ricky, ti amo.

In ospedale, però, il defibrillatore non funzionava, così supplicai i miei capi di restituirmi i poteri per poterti salvare e in cambio promisi di non cercarti più, di non vederti più per sempre e lo feci perché preferivo rinunciare a te e saperti viva, che rimanere sulla Terra senza poterti vedere, parlare o toccare.

E anche se non ci vedremo mai più, io ti lascio in custodia il mio cuore. Prendilo, è tuo. E tuo sarà sempre.

Addio amore mio,

TI AMO

 

Ricky”

 

 

La lettera aveva delle lievi macchioline scure sulla carta, come di gocce d'acqua cadute, probabilmente lacrime. E ora era ancora più imbrattata di prima: le lacrime di lei si sovrapponevano a quelle di lui, aderendo perfettamente alla carta e sbiadendo l'inchiostro, ma mantenendo leggibile ciò che era scritto.

Lei lo amava?

Certo. Lo aveva sempre amato, anche quando credeva di essere interessata ad altri.

Lo avrebbe dimenticato?

Mai. Lui era il suo primo e probabilmente unico, vero amore.

Lo avrebbe aspettato?

Sempre. Anche se questo sempre significava fino alla morte.

  
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