Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: BebaTaylor    02/10/2011    1 recensioni
In un giorno particolarmente afoso del Nevada, quattro ragazzi vanno a casa di un'amica che li ha invitati a pranzo.
Ma non tutto è come sembra...
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Per la serie non sapevo cosa scrivere e ho scritto questo. Non so come è nata, come mi sia venuta in mente, ma l’ho scritta, in un giorno. Si vede che non ho un cavolo da fare. Dopo la storia trovate altre note.

Caldo Afoso

 

La cappa di caldo era asfissiante. Il computer di bordo del SUV segnava trentatré gradi, con un’umidità dell’ottanta per cento. Il paesaggio che si stagliava ai lati dell’interstatale venti era brullo, con qualche roccia qua e là e alcune piante rinsecchite.
«Qualcuno può spiegarmi perché stiamo andando da quella?» domandò Katherine passando una mano nei lunghi capelli neri.  Era seduta sui sedili posteriori, la canottiera lilla si era appiccicata al torace nonostante l’aria condizionata.
«Perché Jodie ci ha invitato a pranzo. E perché è simpatica.» rispose Alex, il ragazzo che guidava.  Katherine sbuffò e spostò una ciocca di capelli che le si era appiccicata al viso.
«Forse a voi sarà simpatica.» borbottò Antony, il fratello di Katherine. 
«Già. A me quella non piace.» disse Katherine.
«Uffa, quanto la fate lunga.» esclamò Sandy, la sorella di Alex, mentre guardava il piccolo foglio con indicate le indicazioni per giungere al piccolo borgo dove viveva Jodie. «Gira a destra.» disse al fratello indicando una strada che tagliava in due l’interstatale. Il ragazzo annuì.
«Se penso che a quest’ora potevo essere nella suite del Palms con Chris…» mormorò Katherine guardando il fratello, «Io, lui, la vasca idromassaggio, caviale, ostriche e champagne… che spreco. Andare da quella intendo.»
«Cioè tu preferiresti passare del tempo con uno che conosci appena, invece che con i tuoi amici?» domandò sorpresa Sandy voltandosi appena.
Katherine la fissò quasi sorpresa. «Beh, certo. Soprattutto se è uno come Chris, un modello con un culo perfetto, tutto da palpare.» disse ridendo.
Sandy la guardò quasi sconvolta e tornò a guardare la strada.
«Pure io preferirei passare del tempo con uno come Chris, invece che stare qui e schiattare dal caldo.» pronunciò Antony. Sua sorella lo guardò di traverso. «Non te lo tocco, sorellina, non preoccuparti.» aggiunse.
«Ah, meno male. Non posso picchiarti.» disse lei ridacchiando.
«Siamo arrivati.» esclamò Alex indicando il cartello, ormai rovinato e illeggibile, che dava il benvenuto nel piccolo borgo.
«Sembra un posto carino.» osservò Katherine. Alex fermò l’auto davanti ad una piccola villetta di mattoni, la cui facciata era dipinta di verde che ormai era scolorito dai raggi solari. Jodie Carlson, una ragazza di ventidue anni uscì dalla porta e si avvicinò al SUV mentre le due coppie di fratelli scendevano.
«Siete in orario.» disse la padrona di casa. «Seguitemi.» aggiunse facendo strada lungo il vialetto in pietra. I ragazzi osservarono l’ambiente circostante. In nessuno dei giardini c’era dell’erba o piante e fiori, né veri né finti.
 Poco dopo erano dentro l’abitazione di Jodie. Il soggiorno era grande e spazioso, con una credenza di legno di mogano, appoggiata alla parete nord, un grande divano ad angolo era nel centro della stanza, con davanti un tavolino basso con il piano in vetro. Dal salotto partiva una scala che portava al piano superiore. Nell’angolo a destra, un grosso tavolo già apparecchiato per sei persone, era circondato su due lati da una panca, e sugli altri due da cinque sedie.
«Mia madre è in cucina, il pranzo è quasi pronto.» esclamò Jodie.
«Che bella casa!» squittì Sandy asciugandosi il sudore che le colava dalla fronte.
«Fa un po’ caldo.» mormorò Katherine.
«A noi piace il caldo.» disse Jodie quasi offesa.
«Anche a noi, ma qui sembra di stare in una fornace!» disse Antony.
Jodie scrollò le spalle. «A noi va bene così. Venite, vi faccio vedere la casa.» disse con un sorriso. Al primo piano si trovavano la camera matrimoniale, una stanza guardaroba, due bagni e la camera di Jodie. Altre scale portavano alla soffitta. Tutte le stanze erano decorati da pochi mobili –giusto l’essenziale- e tutti erano in legno di mogano.
«Bella casa.» pronunciò Katherine, più per educazione che per altro, mentre tornavano in salotto. Jodie sorrise e per un momento, un brevissimo momento, ad Antony sembrò che i denti della ragazza si fossero allungati. Il giovane dai capelli corti e neri scosse le spalle pensando che fosse solo una sciocca impressione.
«Dovrei andare in bagno.» mormorò Sandy avvicinandosi a Jodie. La padrona di casa la prese per mano e la condusse davanti alla porta del bagno. Sandy entrò e chiuse la porta dietro di sé. Una volta dentro iniziò a curiosare negli armadietti. Aprì l’antina accanto allo specchio, rimanendo quasi sconvolta alla vista del mobile quasi voto, ad eccezione di una bomboletta di schiuma da barba, dei rasoi usa e getta e a una confezione di sapone liquido per le mani. Chiuse l’antina e aprì quella che si trovava sotto il lavandino. Anche lì c’erano poche cose: una confezione famiglia di carta igienica, un pacco di assorbenti esterni e una pila di asciugamani blu. Sandy chiuse l’anta leggermente delusa. In quella casa –o almeno in quel bagno- non c’era traccia di creme per il corpo o di trucchi. Delusa aprì l’acqua per lavarsi le mani quando la sua attenzione fu attratta da una piccola porta, alta forse un metro e venti, accanto alla tazza. Curiosa, Sandy si avvicinò e l’apri. L’interno era buio e lei non riuscì a vedere nulla. Delusa, stava per chiudere la porta quando si sentì afferrare. Cercò di urlare ma qualcosa, probabilmente una mano, le tappò la bocca, impendendole di gridare. La ragazza si dimenò cercando di liberarsi, ma la morsa d’acciaio che la stringeva non mollava la presa. L’aggressore la trascinò dentro quell’anfratto buio, e Sandy sbatté la testa nello stipite della porta. Una fitta le attraversò la testa, facendole provare un dolore atroce prima di svenire.
«Inizio ad avere fame.» borbottò Alex che era seduto sul divano.
«Sarà pronto a minuti.» disse la madre di Jodie prima di sparire di nuovo in cucina. Katherine pensò che la cucina era l’unica stanza che non avevano visto.
«Ah, ok. Ma mia sorella dov’è?» domandò Alex guardandosi attorno.
«È nel giardino sul retro, l’ha chiamata una sua amica.» pronunciò a voce alta la signora Carlos mentre usciva dal bagno. Antony si alzò in piedi e si avvicinò alla finestra che dava sulla strada. Scostò le tendine giallo paglierino e guardò fuori.
«Kat! Kat!» chiamò piano il ragazzo, la sorella si avvicinò a lui sventolando una mano davanti al viso. Incominciava a sentirsi male, tutto quel caldo non le faceva bene poiché soffriva di pressione bassa.
«Cosa c’è?» mormorò. Antony le indicò quello che aveva visto fuori dalla finestra. La ragazza sussultò. Fuori, in piedi sul marciapiede davanti alla casa, c’era un capannello di persone, che fissavano la casa. Un bambino si fece strada e sbucò davanti ad una donna grassa. Il bambino si passò la lingua sulle labbra e Kat rabbrividì. Quel gesto non era per nulla innocente, le sembrava troppo sensuale e diabolico per un bambino di circa dieci anni.
«Sandy non è ancora rientrata?» domandò voltandosi.
«È ancora fuori. Perché?» domandò bruscamente Jodie.
«Devo parlarle.» esclamò la ragazza dai capelli neri.
«Il pranzo è pronto, e la vostra amica arriva subito.» esclamò la madre di Jodie portando in tavola una grossa zuppiera bianca.
Il gruppo si sedette e la signora Carlson mise nei piatti un po’ di zuppa.
Katherine fece una faccia schifata. «Io sono vegetariana, non mangio carne.» fece notare.
«Non mangi carne?» domandò sorpresa Jodie.
«Te l’avevo detto.» rispose Kat.
«Tutte le persone mangiano carne! Non dire sciocchezze e mangia.» tuonò la signora Carlson.
Kat arricciò le labbra e allontanò il piatto. «Io non la mangio. E a proposito, davanti a casa c’è un gruppo di persone.»
Jodie aprì la bocca sorpresa. «Ah, non preoccuparti, sono solo curiosi. Sapete, non vengono molti forestieri qui…»
«Sarà, però sono inquietanti.» esclamò Antony.
Alex si alzò in piedi preoccupato. «Ma mia sorella dov’è? È fuori da troppo tempo.» esclamò avviandosi verso la cucina, unico luogo da cui si poteva accedere al giardino sul retro.
«Fermo! Fermati! Non puoi andare di là!» gridò Jodie seguendolo. Anche Antony e Katherine si alzarono e seguirono i due.
«Tu rimani qui.» sibilò la madre di Jodie afferrando per un polso la ragazza.
Kat diede uno strattone e si liberò. «Mi lasci, altrimenti la denuncio.» sibilò fissando la donna.
Alex entrò in cucina e si fermò quando vide cosa c’era sul grande tavolo di legno. Un grido gli si strozzò in gola. Un uomo, con in mano una mannaia, si fermò e osservò il giovane.
«Oh oh. Oh oh.» disse quasi ridendo mentre prendeva un brandello di carne dalla coscia e lo mangiava crudo.
«Alex, ma che diavolo…» anche Antony si bloccò.
«Ma… ma quella è Sandy! Oh cazzo!» urlò Katherine alla vista dell’amica adagiata sul tavolo, le gambe erano state tagliate all’altezza del ginocchio, un braccio, quello destro, mancava totalmente. Dal viso mancava un grosso pezzo di carne.
«Sandy… Sandy» mormorò Alex prima che Antony lo tirasse fuori dalla cucina.
I tre giovani corsero verso l’ingresso, ma vennero bloccati da Jodie e sua madre.
«Dove credete di andare?» domandò la donna.
«Fu- fuori di qui?» balbettò Katherine. La donna sorrise con un ghigno che mise ancora più terrore ai tre. L’uomo con la mannaia si avvicinò.
«Questi bei tre porcellini sono troppo curiosi.» disse sfiorando la lama della mannaia.
Kat sentì un brivido correre lungo la spina dorsale e una goccia di sudore le imperlò la fronte.
Guardò la porta alla loro destra. Erano a meno di due metri da essa. “Forse ce la facciamo” pensò. L’uomo con la mannaia le sfiorò un braccio e la ragazza sentì cederle le gambe quando vide lo sguardo dell’uomo.
«Vorrei divertirmi un po’ con te, come ho fatto con la tua amica…» sussurrò all’orecchio. Kat istintivamente strinse il braccio del fratello e corse verso la porta. La spalancò e i tre uscirono, trovandosi davanti alla folla che stazionava davanti alla casa di Jodie.
Il bambino, quello che aveva fatto venire i brividi a Katherine le si avvicinò, si avvinghiò alla sua gamba e morse la coscia fasciata dai jeans neri. Kat urlò, si staccò dal fratello e iniziò a colpire con forti pugni la testa del bambino.
«Lasciami brutto stronzo!» urlò mentre dava un pugno più forte degli altri. Il bambino si accasciò al suolo.
«Ma dove siamo finiti…» mormorò Antony.
«Sandy, Sandy!» urlò Alex. I tre fecero alcuni passi avanti ma ormai erano circondati da quelle persone. Il caldo era ancora molto e non tirava un filo d’aria. Kat sentiva il suo cuore battere all’impazzata. Cercare di raggiungere il SUV era impossibile: era circondato da persone anche lui. Kat cercò di pensare velocemente. Abitava a Las Vegas, dove aggressioni, scippi e furti erano praticamente all’ordine del giorno. Sussurrò qualcosa all’orecchio del fratello che annuì. Katherine fece alcuni passi avanti verso il SUV. Poi improvvisamente scattò a destra iniziando a correre, seguita dal fratello e dall’amico. La giovane saltò un piccolo tronco di legno.
«Ant? Alex?» gridò.
«Siamo dietro di te!» urlò in risposta il fratello.  Gli abitanti del piccolo borgo inseguivano i giovani, anche se erano lenti e impacciati nei movimenti. Era da tempo che non mangiavano carne umane e per questo avevano poche forze. I tre giunsero davanti ad un muro alto circa due metri.
«Ci siamo persi.» mormorò Katherine con il fiatone.
«Sono cannibali, sono cannibali.» esclamò Antony.
«Dobbiamo scappare, tornare sull’interstatale e sperare che passi qualcuno.» disse Kat.
«Hanno ucciso Sandy, la mia Sandy.» urlò Alex lasciandosi cadere a terra.
«Alzati Alex, dobbiamo andarcene prima che ci succeda la stessa cosa.» disse Ant facendolo alzare con la forza. Il ragazzo singhiozzò ma rimase in piedi.
«Non doveva andare così. I piani non erano questi. Non dovevano mangiare lei.» mormorò Alex.
«Cosa? Cosa cazzo stai blaterando? » urlò Antony  scrollando Alex.
«Non erano questi i piani!» urlò ancora il ragazzo.
Un urlo squarciò l’aria. Kat si bloccò e voltò appena la testa. In lontananza i cannibali si avvicinavano sempre di più. Ora erano veramente in trappola. I ragazzi arretrarono spaventati, fino a trovarsi con le spalle al muro. Il gruppo di persone si avvicinò a loro, fino a trovarsi a meno di due metri da loro. Kat cercò di respirare a fondo. Sfiorò il muro e si accorse che alcuni mattoni sporgevano. Velocemente si arrampicò e in pochi secondi fu in cima. Suo fratello la seguì quasi immediatamente.
«Sali Alex!» urlò Antony. Il ragazzo si voltò posò il piede su un mattone sporgente. Alex si sentì afferrare una caviglia, abbassò lo sguardo e vide che era stato l’uomo con la mannaia ad afferrarlo. Antony si sporse per afferrare l’amico ma Alex gridò quando fu afferrato dalla vita da uno dei cannibali. Kat lanciò un grido che la rese quasi rauca quando Jodie si chinò e strappò con i denti un pezzo di carne dalla spalla di Alex facendolo urlare. Kat si portò una mano alla bocca a cadde a terra quando fu tirata giù dal muro.
Antony si lanciò a peso morto su cannibali, atterrando a pochi centimetri da Alex, al quale i cannibali avevano squarciato la giugulare.  Si rialzò velocemente e tirò un pugno a un cannibale che si stava avventando su sua sorella.
«Scappa Kat!» gridò. Kat si alzò velocemente, diede un calcio sugli stinchi a una donna e iniziò a correre più veloce che poteva.
Antony picchiò altri cannibali, diede un pugno in pancia a Jodie che si piegò sulle ginocchia. Il bambino che era stato picchiato poco prima da Katherine si aggrappò alla sua gamba, sollevò un lembo della camicia a maniche corte e morse il fianco del ragazzo che lanciò un urlo.
Kat si fermò, si voltò e vide con orrore il fratello che veniva letteralmente mangiato da quei mostri. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e riprese a correre quando vide uno dei cannibali avvicinarsi. Corse seguendo il muro e nel puntò più basso lo scavalcò. Inciampò in un vecchio falcetto e si fece male al ginocchio. Si mise seduta e controllò velocemente la ferita, fortunatamente era solo un graffio superficiale. Afferrò il falcetto e lo strinse forte. Un cannibale vestito da Elvis scavalcò il muretto e Kat urlò terrorizzata quando fu vicino a lei. La ragazza strinse forte l’arma, alzò il braccio e colpì il cannibale alla coscia. Lui gridò e cercò di togliere la falce dalla coscia, ma Katherine alzò l’altra mano e la strinse attorno ai testicoli del cannibale che urlò ancora più forte e si piegò su se stesso. La ragazza mollò la presa solo quando “Elvis” fu a terra. Kat si alzò in piedi, posò un piede sulla coscia del cannibale e tolse la falce, facendo urlare ancora di più l’uomo.  Strinse il manico della falce con entrambe le mani, le portò sopra la testa e lo colpì al collo.
«Fottiti! » urlò mentre il cannibale affogava nel suo stesso sangue. Kat si guardò attorno. Altri cannibali stavano venendo in soccorso dell’amico. La ragazza sorrise debolmente quando notò l’interstatale in lontananza, a circa un chilometro da dove si trovava lei. Iniziò a correre più velocemente, anche se sentiva le gambe dolergli e la gola bruciare. Sapeva, anzi li sentiva, che i cannibali la stavano inseguendo. Sperò solo che una volta arrivata sull’interstatale passasse qualcuno a cui chiedere aiuto.
La ragazza arrivò, dopo un tempo che le parve eterno, sull’interstatale. Si sedette su un new jersey e prese fiato. Respirò con calma. Si guardò attorno. I cannibali non c’erano. Lentamente si alzò in piedi e cercò di capire dove fosse, da che parte doveva andare per tornare a Las Vegas. La testa iniziò a girarle. Kat sapeva che se non trovava un po’ d’acqua e dello zucchero sarebbe svenuta presto.  La ragazza percorse circa cinquanta metri quando si accorse di un cartello con attaccata una vecchia cartina. Era a circa venti miglia da Las Vegas, e stava andando nella direzione giusta. Sperò, per l’ennesima volta, che passasse qualcuno. Camminò per circa cinque minuti quando iniziò a sfuocarle la vista. Katherine si fermò e ondeggiò un po’ e poi cadde a terra sul fianco destro. L’ultima cosa che vide prima di svenire fu un’auto della polizia. La ragazza sorrise. Era salva.
La macchina si fermò accanto alla ragazza e due uomini scesero.
«È giovane.» esclamò il più piccolo dei due.
«A loro piacciano giovani. Dai, aiutami a caricarla.» disse il poliziotto più vecchio. «Questa volta la piscina riesco a farla.» continuò prima di scoppiare a ridere.  I due sistemarono la giovane sul sedile posteriore e risalirono in macchina, il più vecchio alla guida. L’uomo partì e fece inversione. Un paio di chilometri più avanti svoltò a sinistra, percorse qualche altro chilometro e si fermò davanti a una piccola villetta  di mattoni dalla facciata verde scolorita dal sole.

 

La storia non mi convince del tutto. Ma la pubblico ugualmente.  Se ci sono errori avvisatemi. Se voleste lasciarmi una recensione sarei molto felice! Spero che il finale si sia capito. I due poliziotti la riportano dai cannibali e in cambio ricevono dei soldi. Come facciano i cannibali ad avere soldi… non lo so, chiedetelo a loro se proprio lo desiderate e non ci tenete particolarmente alla vostra pelle. Io ci tengo per cui me ne sto alla larga. Spero anche che si sia capito il senso della frase di Alex “Non erano questi i piani”. Penso di sì, m se avete dei dubbi chiedete e vi risponderò.
BebaTaylor

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: BebaTaylor