Per la serie non sapevo
cosa
scrivere e ho scritto questo. Non so come è nata, come mi sia venuta in
mente,
ma l’ho scritta, in un giorno. Si vede che non ho un cavolo da fare.
Dopo la
storia trovate altre note.
Caldo
Afoso
La cappa di caldo era asfissiante. Il computer di
bordo del
SUV segnava trentatré gradi, con un’umidità dell’ottanta per cento. Il
paesaggio che si stagliava ai lati dell’interstatale venti era brullo,
con
qualche roccia qua e là e alcune piante rinsecchite.
«Qualcuno
può spiegarmi perché stiamo andando da quella?» domandò Katherine
passando una
mano nei lunghi capelli neri. Era
seduta sui sedili posteriori, la canottiera lilla si era appiccicata al
torace
nonostante l’aria condizionata.
«Perché
Jodie ci ha invitato a pranzo. E perché è simpatica.» rispose Alex, il
ragazzo
che guidava. Katherine sbuffò e spostò
una ciocca di capelli che le si era appiccicata al viso.
«Forse a voi sarà simpatica.» borbottò Antony, il fratello di Katherine.
«Già. A me quella non piace.» disse Katherine.
«Uffa, quanto la fate lunga.» esclamò Sandy, la sorella di Alex, mentre
guardava il piccolo foglio con indicate le indicazioni per giungere al
piccolo
borgo dove viveva Jodie. «Gira a destra.» disse al fratello indicando
una
strada che tagliava in due l’interstatale. Il ragazzo annuì.
«Se penso che a quest’ora potevo essere nella suite del Palms con
Chris…»
mormorò Katherine guardando il fratello, «Io, lui, la vasca
idromassaggio,
caviale, ostriche e champagne… che spreco. Andare da quella intendo.»
«Cioè tu preferiresti passare del tempo con uno che conosci appena,
invece che
con i tuoi amici?» domandò sorpresa Sandy voltandosi appena.
Katherine la fissò quasi sorpresa. «Beh, certo. Soprattutto se è uno
come
Chris, un modello con un culo perfetto, tutto da palpare.» disse
ridendo.
Sandy la guardò quasi sconvolta e tornò a guardare la strada.
«Pure io preferirei passare del tempo con uno come Chris, invece che
stare qui
e schiattare dal caldo.» pronunciò Antony. Sua sorella lo guardò di
traverso.
«Non te lo tocco, sorellina, non preoccuparti.» aggiunse.
«Ah, meno male. Non posso picchiarti.» disse lei ridacchiando.
«Siamo arrivati.» esclamò Alex indicando il cartello, ormai rovinato e
illeggibile, che dava il benvenuto nel piccolo borgo.
«Sembra un posto carino.» osservò Katherine. Alex fermò l’auto davanti
ad una
piccola villetta di mattoni, la cui facciata era dipinta di verde che
ormai era
scolorito dai raggi solari. Jodie Carlson, una ragazza di ventidue anni
uscì
dalla porta e si avvicinò al SUV mentre le due coppie di fratelli
scendevano.
«Siete in orario.» disse la padrona di casa. «Seguitemi.» aggiunse
facendo
strada lungo il vialetto in pietra. I ragazzi osservarono l’ambiente
circostante. In nessuno dei giardini c’era dell’erba o piante e fiori,
né veri
né finti. Poco dopo erano dentro
l’abitazione di Jodie. Il soggiorno era grande e spazioso, con una
credenza di
legno di mogano, appoggiata alla parete nord, un grande divano ad
angolo era
nel centro della stanza, con davanti un tavolino basso con il piano in
vetro.
Dal salotto partiva una scala che portava al piano superiore.
Nell’angolo a
destra, un grosso tavolo già apparecchiato per sei persone, era
circondato su
due lati da una panca, e sugli altri due da cinque sedie.
«Mia
madre è in cucina, il pranzo è quasi pronto.» esclamò Jodie.
«Che bella casa!» squittì Sandy asciugandosi il sudore che le colava
dalla fronte.
«Fa un po’ caldo.» mormorò Katherine.
«A noi piace il caldo.» disse Jodie quasi offesa.
«Anche a noi, ma qui sembra di stare in una fornace!» disse Antony.
Jodie scrollò le spalle. «A noi va bene così. Venite, vi faccio vedere
la
casa.» disse con un sorriso. Al primo piano si trovavano la camera
matrimoniale, una stanza guardaroba, due bagni e la camera di Jodie.
Altre
scale portavano alla soffitta. Tutte le stanze erano decorati da pochi
mobili
–giusto l’essenziale- e tutti erano in legno di mogano.
«Bella casa.» pronunciò Katherine, più per educazione che per altro,
mentre
tornavano in salotto. Jodie sorrise e per un momento, un brevissimo
momento, ad
Antony sembrò che i denti della ragazza si fossero allungati. Il
giovane dai
capelli corti e neri scosse le spalle pensando che fosse solo una
sciocca
impressione.
«Dovrei andare in bagno.» mormorò Sandy avvicinandosi a Jodie. La
padrona di
casa la prese per mano e la condusse davanti alla porta del bagno.
Sandy entrò
e chiuse la porta dietro di sé. Una volta dentro iniziò a curiosare
negli
armadietti. Aprì l’antina accanto allo specchio, rimanendo quasi
sconvolta alla
vista del mobile quasi voto, ad eccezione di una bomboletta di schiuma
da barba,
dei rasoi usa e getta e a una confezione di sapone liquido per le mani.
Chiuse
l’antina e aprì quella che si trovava sotto il lavandino. Anche lì
c’erano
poche cose: una confezione famiglia di carta igienica, un pacco di
assorbenti
esterni e una pila di asciugamani blu. Sandy chiuse l’anta leggermente
delusa.
In quella casa –o almeno in quel bagno- non c’era traccia di creme per
il corpo
o di trucchi. Delusa aprì l’acqua per lavarsi le mani quando la sua
attenzione
fu attratta da una piccola porta, alta forse un metro e venti, accanto
alla
tazza. Curiosa, Sandy si avvicinò e l’apri. L’interno era buio e lei
non riuscì
a vedere nulla. Delusa, stava per chiudere la porta quando si sentì
afferrare.
Cercò di urlare ma qualcosa, probabilmente una mano, le tappò la bocca,
impendendole di gridare. La ragazza si dimenò cercando di liberarsi, ma
la
morsa d’acciaio che la stringeva non mollava la presa. L’aggressore la
trascinò
dentro quell’anfratto buio, e Sandy sbatté la testa nello stipite della
porta.
Una fitta le attraversò la testa, facendole provare un dolore atroce
prima di
svenire.
«Inizio ad avere fame.» borbottò Alex che era seduto sul divano.
«Sarà pronto a minuti.» disse la madre di Jodie prima di sparire di
nuovo in
cucina. Katherine pensò che la cucina era l’unica stanza che non
avevano visto.
«Ah, ok. Ma mia sorella dov’è?» domandò Alex guardandosi attorno.
«È nel giardino sul retro, l’ha chiamata una sua amica.» pronunciò a
voce alta
la signora Carlos mentre usciva dal bagno. Antony si alzò in piedi e si
avvicinò alla finestra che dava sulla strada. Scostò le tendine giallo
paglierino e guardò fuori.
«Kat! Kat!» chiamò piano il ragazzo, la sorella si avvicinò a lui
sventolando
una mano davanti al viso. Incominciava a sentirsi male, tutto quel
caldo non le
faceva bene poiché soffriva di pressione bassa.
«Cosa c’è?» mormorò. Antony le indicò quello che aveva visto fuori
dalla
finestra. La ragazza sussultò. Fuori, in piedi sul marciapiede davanti
alla
casa, c’era un capannello di persone, che fissavano la casa. Un bambino
si fece
strada e sbucò davanti ad una donna grassa. Il bambino si passò la
lingua sulle
labbra e Kat rabbrividì. Quel gesto non era per nulla innocente, le
sembrava
troppo sensuale e diabolico per un bambino di circa dieci anni.
«Sandy non è ancora rientrata?» domandò voltandosi.
«È ancora fuori. Perché?» domandò bruscamente Jodie.
«Devo parlarle.» esclamò la ragazza dai capelli neri.
«Il pranzo è pronto, e la vostra amica arriva subito.» esclamò la madre
di
Jodie portando in tavola una grossa zuppiera bianca.
Il gruppo si sedette e la signora Carlson mise nei piatti un po’ di
zuppa.
Katherine fece una faccia schifata. «Io sono vegetariana, non mangio
carne.»
fece notare.
«Non mangi carne?» domandò sorpresa Jodie.
«Te l’avevo detto.» rispose Kat.
«Tutte le persone mangiano carne! Non dire sciocchezze e mangia.» tuonò
la
signora Carlson.
Kat arricciò le labbra e allontanò il piatto. «Io non la mangio. E a
proposito,
davanti a casa c’è un gruppo di persone.»
Jodie aprì la bocca sorpresa. «Ah, non
preoccuparti, sono solo curiosi.
Sapete, non vengono molti forestieri qui…»
«Sarà, però sono inquietanti.» esclamò Antony.
Alex si alzò in piedi preoccupato. «Ma mia sorella dov’è? È fuori da
troppo
tempo.» esclamò avviandosi verso la cucina, unico luogo da cui si
poteva
accedere al giardino sul retro.
«Fermo! Fermati! Non puoi andare di là!» gridò Jodie seguendolo. Anche
Antony e
Katherine si alzarono e seguirono i due.
«Tu rimani qui.» sibilò la madre di Jodie afferrando per un polso la
ragazza.
Kat diede uno strattone e si liberò. «Mi lasci, altrimenti la
denuncio.» sibilò
fissando la donna.
Alex entrò in cucina e si fermò quando vide cosa c’era sul grande
tavolo di
legno. Un grido gli si strozzò in gola. Un uomo, con in mano una
mannaia, si
fermò e osservò il giovane.
«Oh oh. Oh oh.» disse quasi ridendo mentre prendeva un brandello di
carne dalla
coscia e lo mangiava crudo.
«Alex, ma che diavolo…» anche Antony si bloccò.
«Ma… ma quella è Sandy! Oh cazzo!» urlò Katherine alla vista dell’amica
adagiata sul tavolo, le gambe erano state tagliate all’altezza del
ginocchio,
un braccio, quello destro, mancava totalmente. Dal viso mancava un
grosso pezzo
di carne.
«Sandy… Sandy» mormorò Alex prima che Antony lo tirasse fuori dalla
cucina.
I tre giovani corsero verso l’ingresso, ma vennero bloccati da Jodie e
sua
madre.
«Dove credete di andare?» domandò la donna.
«Fu- fuori di qui?» balbettò Katherine. La donna sorrise con un ghigno
che mise
ancora più terrore ai tre. L’uomo con la mannaia si avvicinò.
«Questi bei tre porcellini sono troppo curiosi.» disse sfiorando la
lama della
mannaia.
Kat sentì un brivido correre lungo la spina dorsale e una goccia di
sudore le
imperlò la fronte.
Guardò la porta alla loro destra. Erano a meno di due metri da essa.
“Forse ce
la facciamo” pensò. L’uomo con la mannaia le sfiorò un braccio e la
ragazza
sentì cederle le gambe quando vide lo sguardo dell’uomo.
«Vorrei divertirmi un po’ con te, come ho fatto con la tua amica…»
sussurrò
all’orecchio. Kat istintivamente strinse il braccio del fratello e
corse verso
la porta. La spalancò e i tre uscirono, trovandosi davanti alla folla
che
stazionava davanti alla casa di Jodie.
Il bambino, quello che aveva fatto venire i brividi a Katherine le si
avvicinò,
si avvinghiò alla sua gamba e morse la coscia fasciata dai jeans neri.
Kat
urlò, si staccò dal fratello e iniziò a colpire con forti pugni la
testa del
bambino.
«Lasciami brutto stronzo!» urlò mentre dava un pugno più forte degli
altri. Il
bambino si accasciò al suolo.
«Ma dove siamo finiti…» mormorò Antony.
«Sandy, Sandy!» urlò Alex. I tre fecero alcuni passi avanti ma ormai
erano
circondati da quelle persone. Il caldo era ancora molto e non tirava un
filo
d’aria. Kat sentiva il suo cuore battere all’impazzata. Cercare di
raggiungere
il SUV era impossibile: era circondato da persone anche lui. Kat cercò
di
pensare velocemente. Abitava a Las Vegas, dove aggressioni, scippi e
furti erano
praticamente all’ordine del giorno. Sussurrò qualcosa all’orecchio del
fratello
che annuì. Katherine fece alcuni passi avanti verso il SUV. Poi
improvvisamente
scattò a destra iniziando a correre, seguita dal fratello e dall’amico.
La
giovane saltò un piccolo tronco di legno.
«Ant? Alex?» gridò.
«Siamo dietro di te!» urlò in risposta il fratello.
Gli abitanti del piccolo borgo inseguivano i
giovani, anche se erano lenti e impacciati nei movimenti. Era da tempo
che non
mangiavano carne umane e per questo avevano poche forze. I tre giunsero
davanti
ad un muro alto circa due metri.
«Ci siamo persi.» mormorò Katherine con il fiatone.
«Sono cannibali, sono cannibali.» esclamò Antony.
«Dobbiamo scappare, tornare sull’interstatale e sperare che passi
qualcuno.»
disse Kat.
«Hanno ucciso Sandy, la mia Sandy.» urlò Alex lasciandosi cadere a
terra.
«Alzati Alex, dobbiamo andarcene prima che ci succeda la stessa cosa.»
disse
Ant facendolo alzare con la forza. Il ragazzo singhiozzò ma rimase in
piedi.
«Non doveva andare così. I piani non erano questi. Non dovevano
mangiare lei.»
mormorò Alex.
«Cosa? Cosa cazzo stai blaterando? » urlò Antony scrollando
Alex.
«Non erano questi i piani!» urlò ancora il ragazzo.
Un urlo squarciò l’aria. Kat si bloccò e voltò appena la testa. In
lontananza i
cannibali si avvicinavano sempre di più. Ora erano veramente in
trappola. I
ragazzi arretrarono spaventati, fino a trovarsi con le spalle al muro.
Il
gruppo di persone si avvicinò a loro, fino a trovarsi a meno di due
metri da
loro. Kat cercò di respirare a fondo. Sfiorò il muro e si accorse che
alcuni
mattoni sporgevano. Velocemente si arrampicò e in pochi secondi fu in
cima. Suo
fratello la seguì quasi immediatamente.
«Sali Alex!» urlò Antony. Il ragazzo si voltò posò il piede su un
mattone
sporgente. Alex si sentì afferrare una caviglia, abbassò lo sguardo e
vide che
era stato l’uomo con la mannaia ad afferrarlo. Antony si sporse per
afferrare
l’amico ma Alex gridò quando fu afferrato dalla vita da uno dei
cannibali. Kat
lanciò un grido che la rese quasi rauca quando Jodie si chinò e strappò
con i
denti un pezzo di carne dalla spalla di Alex facendolo urlare. Kat si
portò una
mano alla bocca a cadde a terra quando fu tirata giù dal muro.
Antony si lanciò a peso morto su cannibali, atterrando a pochi
centimetri da
Alex, al quale i cannibali avevano squarciato la giugulare. Si rialzò velocemente e tirò un pugno a un
cannibale che si stava avventando su sua sorella.
«Scappa Kat!» gridò. Kat si alzò velocemente, diede un calcio sugli
stinchi a
una donna e iniziò a correre più veloce che poteva.
Antony picchiò altri cannibali, diede un pugno in pancia a Jodie che si
piegò
sulle ginocchia. Il bambino che era stato picchiato poco prima da
Katherine si
aggrappò alla sua gamba, sollevò un lembo della camicia a maniche corte
e morse
il fianco del ragazzo che lanciò un urlo.
Kat si fermò, si voltò e vide con orrore il fratello che veniva
letteralmente
mangiato da quei mostri. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano
e
riprese a correre quando vide uno dei cannibali avvicinarsi. Corse
seguendo il
muro e nel puntò più basso lo scavalcò. Inciampò in un vecchio falcetto
e si
fece male al ginocchio. Si mise seduta e controllò velocemente la
ferita,
fortunatamente era solo un graffio superficiale. Afferrò il falcetto e
lo
strinse forte. Un cannibale vestito da Elvis scavalcò il muretto e Kat
urlò
terrorizzata quando fu vicino a lei. La ragazza strinse forte l’arma,
alzò il
braccio e colpì il cannibale alla coscia. Lui gridò e cercò di togliere
la
falce dalla coscia, ma Katherine alzò l’altra mano e la strinse attorno
ai
testicoli del cannibale che urlò ancora più forte e si piegò su se
stesso. La
ragazza mollò la presa solo quando “Elvis” fu a terra. Kat si alzò in
piedi,
posò un piede sulla coscia del cannibale e tolse la falce, facendo
urlare
ancora di più l’uomo. Strinse il manico
della falce con entrambe le mani, le portò sopra la testa e lo colpì al
collo.
«Fottiti! » urlò mentre il cannibale affogava nel suo stesso sangue.
Kat si
guardò attorno. Altri cannibali stavano venendo in soccorso dell’amico.
La
ragazza sorrise debolmente quando notò l’interstatale in lontananza, a
circa un
chilometro da dove si trovava lei. Iniziò a correre più velocemente,
anche se
sentiva le gambe dolergli e la gola bruciare. Sapeva, anzi li sentiva,
che i
cannibali la stavano inseguendo. Sperò solo che una volta arrivata
sull’interstatale passasse qualcuno a cui chiedere aiuto.
La ragazza arrivò, dopo un tempo che le parve eterno,
sull’interstatale. Si
sedette su un new jersey e prese fiato. Respirò con calma. Si guardò
attorno. I
cannibali non c’erano. Lentamente si alzò in piedi e cercò di capire
dove
fosse, da che parte doveva andare per tornare a Las Vegas. La testa
iniziò a
girarle. Kat sapeva che se non trovava un po’ d’acqua e dello zucchero
sarebbe
svenuta presto. La ragazza percorse
circa cinquanta metri quando si accorse di un cartello con attaccata
una
vecchia cartina. Era a circa venti miglia da Las Vegas, e stava andando
nella
direzione giusta. Sperò, per l’ennesima volta, che passasse qualcuno.
Camminò
per circa cinque minuti quando iniziò a sfuocarle la vista. Katherine
si fermò
e ondeggiò un po’ e poi cadde a terra sul fianco destro. L’ultima cosa
che vide
prima di svenire fu un’auto della polizia. La ragazza sorrise. Era
salva.
La macchina si fermò accanto alla ragazza e due uomini scesero.
«È giovane.» esclamò il più piccolo dei due.
«A loro piacciano giovani. Dai, aiutami a caricarla.» disse il
poliziotto più
vecchio. «Questa volta la piscina riesco a farla.» continuò prima di
scoppiare
a ridere. I due sistemarono la giovane
sul sedile posteriore e risalirono in macchina, il più vecchio alla
guida.
L’uomo partì e fece inversione. Un paio di chilometri più avanti svoltò
a
sinistra, percorse qualche altro chilometro e si fermò davanti a una
piccola
villetta di mattoni dalla facciata verde
scolorita dal sole.
La
storia non mi
convince del tutto. Ma la pubblico ugualmente.
Se ci sono errori avvisatemi. Se voleste lasciarmi una
recensione sarei
molto felice! Spero che il finale si sia capito. I due poliziotti la
riportano
dai cannibali e in cambio ricevono dei soldi. Come facciano i cannibali
ad
avere soldi… non lo so, chiedetelo a loro se proprio lo desiderate e
non ci
tenete particolarmente alla vostra pelle. Io ci tengo per cui me ne sto
alla
larga. Spero anche che si sia capito il senso della frase di Alex “Non
erano
questi i piani”. Penso di sì, m se avete dei dubbi chiedete e vi
risponderò.
BebaTaylor