Fandom: Supernatural.
Pairing: Dean/Castiel.
Rating:
Pg13.
Beta:
Koorime.
Genere:
Angst, Introspettivo, Romanico.
Warning: Missing Moment, Pre-Slash, Spoiler 7x02, What if...
?.
Words:
1471 (fiumidiparole).
Summary:
Dean non può farne a meno, deve tornare in quell’acquedotto.
Note:
Io sto ancora piangendo, sono distrutta, ho bisogno di scrivere per
metabolizzare. Questo episodio si colloca appena prima che Bobby venga chiamato
dallo Sceriffo, dopo che Dean è già stato a visitare gli spogliatoi di nuoto. Il titolo della storia è tratto da un verso – Would you make your mark by mending a
broken heart? – di “If today was your last day”
dei Nickelback.
Dedica:
A xsickobsession, che ha
creato per me questo
bellissimo header ♥ Ma soprattutto a sepherim_ml, per il suo
compleanno �/ Tesoro, è un po’ molto Angst, ma spero ti piaccia comunque
>_< Buon Compleanno e 100 di questi giorni!
DISCLAIMER:
Non mi appartengono e non ci guadagno nulla ù_ù
Mending
a Broken Heart
Perchè Dio non ti
sbatte mai una porta in faccia senza prima averti aperto almeno una scatola di
biscotti. ¹
La
chiave girò nel quadro della macchina e tutto si acquietò. Dean osservò il
cartello dell’acquedotto comunale di fronte a lui e cercò di deglutire il nodo
che gli ostruiva la gola; erano più di ventiquattr’ore
che provava quella costante sensazione di soffocamento.
Che
diavolo ci faceva lì? Passò lo sguardo sulla superficie piatta dell’acqua,
arrossata dal sole al tramonto. Si stava facendo buio, non era certo il momento
per una nuotata, eppure qualcosa l’aveva spinto a tornare lì.
Non ci troverai Cas, coglione,
si disse, il suo tramite è esploso e lui
è morto, o – se è stato fortunato – è tornato in Paradiso. Eppure scese
dalla macchina. In ogni caso, è
irraggiungibile. Forzò il nuovo lucchetto che chiudeva la porta metallica e
camminò sulla ghiaia scricchiolante. È
morto, Cas è morto!, tentò di convincersi, mentre scalciava le scarpe ed
abbandonava a terra la giacca. Apparentemente, anche se il suo cervello cercava
di razionalizzare, tutto il resto – istinto, corpo, cuore – non ne voleva
sapere.
Si
immerse in acqua lentamente, senza quasi badare allo shock termico, l’immagine
dell’amico che faceva altrettanto stampata sulle retine, come se volesse
seguirlo. Quando l’acqua gli arrivò al petto, prese un respiro profondo e
s’immerse sotto, nuotando verso il centro del lago artificiale. Non appena
arrivò a qualche metro di profondità, si pentì di non aver preso una pila;
stava diventando fottutamente buio. Resistette ancora un po’, poi fu costretto
a risalire.
Nulla,
non c’era nulla là sotto. Il nodo alla sua gola si strinse un po’ di più. Prese
un altro respiro profondo e si immerse di nuovo. Più a fondo, un po’ più a fondo. Niente. Riemerse, prese aria, si
tuffò. Di nuovo. Ancora nulla. Da capo, fino a sfinirsi.
Alla
decima volta che riemerse, il sole era quasi del tutto scomparso sotto l’orizzonte
e l’acqua stava diventando nera. Gocce calde, salate, gli rotolarono sul viso,
in contrasto con il liquido freddo e dolce della riserva idrica, gli occhi gli
bruciavano. È acqua, solo acqua. Si
scacciò i capelli dalla fronte, si sfregò le palpebre. È finita, va’ a casa. Si immerse ancora, o meglio, stavolta si lasciò
affondare.
Giù,
giù, sempre più giù, sino a toccare il fondo. Tanto l’ho toccato anni fa. La superficie dell’acqua era un barlume
rosso a decine di metri di distanza. Rimase lì, immobile, finché i polmoni non
iniziarono a bruciare. L’istinto tentò di avere il sopravvento, costringendolo
a riemergere, e fu allora che colse qualcosa con la coda dell’occhio. Un guizzo
nero nell’acqua nera.
Si
voltò, cercando di seguirlo, mentre le gambe già iniziavano a scalciare per
tornare in superficie. Qualcosa gli afferrò un polso, facendolo sussultare, ed
istintivamente cercò di strapparlo a quella presa, scalciò, lottò. Due braccia
forti gli cinsero la vita, lo rigirarono come un pupazzo fino a che Dean non si
trovò di fronte al suo aggressore.
La
sorpresa fu tale che una nuvola di bolle uscì dalla sua bocca, lasciandolo
senz’aria. Allora due labbra morbide si chiusero sulle sue, spingendogli fiato
tiepido nei polmoni e l’acqua scivolò attorno a loro, rapidissima, prima che i
loro corpi rompessero la superficie in un esplosione assordante.
Ansimante,
prese più aria possibile, mentre l’uomo davanti a lui lo sosteneva senza
fatica. Il cacciatore lo osservò ipnotizzato, senza riuscire a togliergli gli
occhi di dosso. Era Jimmy, il tramite di Castiel, ma c’era davvero lui lì
dentro? Dean cercò di parlare, ma tutto ciò che riuscì a produrre furono secchi
colpi di tosse. Una mano gentile gli scostò i capelli dalla fronte, occhi
preoccupati lo scrutarono con attenzione.
«Non
dovresti essere qui» disse la voce familiare del suo angelo.
«Cas…
Cas…» fu tutto ciò che riuscì a rispondere lui, la voce raspante, le mani che
artigliavano la giacca nera del completo economico da impiegato.
Un
brivido scosse il corpo dell’amico. «Devi andare via, Dean. Non posso…
trattenerlo a lungo» smozzicò, stringendo le palpebre con aria sofferente.
«È
ancora dentro di te» arguì il ragazzo.
I
brividi si fecero più frequenti, mentre Castiel cercava di trasportarlo verso
l’acqua più bassa. «Devi andartene» rincarò.
«Tu
vieni con me» decise Dean.
«Non
posso» mormorò Cas con voce affaticata e poi autentiche convulsioni iniziarono
a scuoterlo e fu Dean a doverlo sostenere. Lo trascinò fino a riva e crollò lì
assieme a lui, non molto lontano da dove aveva trovato il trench, il giorno
prima. Se lo tirò in grembo e portò una mano a coppa sotto la sua nuca,
stringendolo per cercare di placare gli spasmi. «Va via» rantolò Castiel, quasi
incosciente.
«Non
me ne vado». Dean scosse il capo, allungando una mano per afferrare la propria
giacca. «Non ti lascio più, Cas». Prese il cellulare dalla tasca e compose il
primo numero tra le chiamate rapide: «Bobby! Prendi una macchina e raggiungimi
all’acquedotto. Porta anche Sammy, deve guidare l’Impala al posto mio. Non ho
tempo per spiegare, vieni e basta!»
«No…
Dean, va’ via… ti prego» l’angelo si aggrappò alla sua maglietta fradicia,
cercando di attirare la sua attenzione. Come se Dean potesse pensare a
qualcos’altro che non fosse lui, in quel momento!
«Sta’
zitto» ringhiò «Usa le forze per lottare contro quel levicoso, Cas. Non osare lasciarmi con un bacio d’addio, dopo
avermi salvato per l’ennesima volta, o giuro che verrò a cercarti ovunque sei
per farti il culo»
L’amico
gemette, tremante, ed il ragazzo lo coprì con la propria giacca, stringendolo
meglio tra le braccia.
«Non
voglio farti male» soffiò Castiel, quasi senza voce «Non voglio farti male mai
più».
«Non
saresti tu a farmi male».
«Mi
dispiace così tanto» gli occhi dell’angelo erano pieni di lacrime. «… Sta
arrivando» aggiunse impaurito.
«Non
ci provare, Cas. Non puoi lasciarmi. Prendi a calci quel figlio di puttana, mi
hai capito?» ruggì il cacciatore, prendendogli il viso in una mano. «Resisti,
bambino. Non posso perderti ancora».
«Uccidimi.
Uccidimi ora, Dean. Dopo sarà impossibile».
«Nulla
è impossibile da ammazzare… tranne Death, forse. E anche se volessi, o potessi,
non ho un pugnale angelico appresso, Cas» Con gesti lenti, insolitamente
meticolosi, Dean gli allisciò la giacca bagnata, gli allentò la cravatta blu,
gli asciugò una goccia d’acqua – o una lacrima? – impigliata alle ciglia. «Ho
il tuo trench in macchina, al sicuro, nel cofano» aggiunse, come se quello
potesse in qualche modo aiutare Castiel, rassicurarlo.
«Dean…»
«Non
posso ucciderti, Cas. Semplicemente non posso».
«Eri
pronto a farlo l’altro giorno. Hai assoggettato Death» obbiettò il suo angelo
con voce tremante.
Dean
deglutì a fatica. «Non posso farlo con le mie mani, nemmeno se tu fossi ancora
fuori di testa. Forse potrei uccidere il leviatano, ma non te… non te» scosse
il capo.
Gli
occhi di Castiel divennero enormi, innocenti come quelli di un bimbo.
«Pensavo…» mormorò.
«Lo
so». Lo interruppe Dean. Un’unica lacrima rotolò sul suo viso, pendendo dal suo
labbro superiore. «Mi dispiace. Lo so».
L’angelo
catturò quella lacrima come se fosse la cosa più preziosa del mondo. Fu appena
uno sfiorarsi di labbra, ma Dean lo percepì come un calore bruciante.
Uno
stridio di gomme e due sportelli che sbattevano gli annunciarono l’arrivo del
resto del famiglia. Bobby e Sam corsero al suo fianco, fermandosi ad un passo
di distanza, col fiato sospeso.
«Apri
la macchina, Sammy» ordinò Dean, lanciandogli le chiavi.
«È…?»
chiese Bobby.
«È
lui. Almeno per adesso» confermò il maggiore dei Winchester, stringendolo
meglio. Il vecchio cacciatore lo aiutò a sollevarlo e stenderlo sui sedili
posteriori dell’Impala. Dean scivolò dentro con Castiel, tenendo la sua testa
sul proprio grembo, una mano posata sul suo cuore. «È quasi finita» tentò di
rassicurarlo «Andiamo a casa».
Suo
fratello li osservò dallo specchietto retrovisore. «Come sta?» domandò.
«Ha
visto giorni migliori. Tu?» chiese Dean. Cristo, aveva quasi dimenticato i
problemi di Sammy.
Questi
guardò per un momento il sedile passeggero accanto a sé, come se ci fosse
qualcuno al suo fianco, ma poi dichiarò in tono sicuro: «Posso guidare».
«Mi
dispiace, Sam» gemette Castiel, in tono a malapena udibile, mentre il ragazzo
metteva in moto.
Lui
gli dedico appena uno sguardo. «Ci penseremo più tardi, Cas» rispose
sbrigativo.
La
corsa in macchina, l’arrivo a casa di Bobby, il peso morto di Castiel mentre lo
trasportavano fino alla Panic Room… Dean ricordava tutto in modo sfumato,
finché non stesero l’angelo sulla brandina.
«Dateci
un momento» sussurrò, dispiegando una coperta calda sul corpo dell’amico. Prima
di uscire, suo fratello attirò la sua attenzione per lanciargli una cosa: il
trench di Castiel. Il maggiore lo afferrò al volo.
«Dean…
tutto questo non… basterà» biascicò il suo angelo.
«Abbiamo
aggiunto sigilli enochiani alle protezioni. Ti intrappoleranno qui e, dato che
lì dentro sei in compagnia, forse tratterranno anche lui. Nel frattempo
cercheremo qualcosa di più efficace» rispose il cacciatore, drappeggiando con
attenzione il trench su di lui. «Sistemeremo tutto» promise, intrecciando una
mano ai suoi capelli, un po’ ravviandoli ed un po’ scompigliandoli.
Castiel
ricominciò a tremare violentemente, facendo cigolare anche il lettino
sgangherato. «Devi andare, ora» ordinò, strizzando con forza le palpebre.
«Okay»
mormorò Dean, dirigendosi verso la porta blindata «Okay». Non prima di avergli
lasciato un bacio sulle labbra, però.
FINE.
¹. “Mangia, Prega, Ama”
di Elizabeth Gilbert.