Ojo the Unlucky in:
pride, prejudices, and
pretty prisons
You tell me I’m wrong; then you better prove you’re
right.
Ojo non pensava che avrebbe
visto qualcuno, oltre alla donna che si era presentata come sua carceriera,
prima dell’udienza del giorno seguente. La stanza dei giochi che gli
avevano messo a disposizione era stata una piacevole scoperta che aveva
occupato tutta la sua attenzione; perciò fu una sorpresa quando
bussarono alla porta e la signora, per la seconda volta quel giorno,
lasciò entrare il Soldato dai Baffi Verdi.
Seduto nel centro del
tappeto, circondato da libri illustrati e giocattoli nuovi di zecca, Ojo sussultò, colto dal dubbio che il processo fosse
stato anticipato. Ma l’espressione del Soldato era più affabile
che nel pomeriggio: lo vide confabulare qualcosa con la donna, che si
ritirò discretamente in un’altra stanza, e poi voltarsi verso la
porta rimasta aperta.
« Prego, Altezza,
da questa parte. »
« Grazie, Omby » giunse all’orecchio di Ojo una voce allegra; e la sorpresa divenne meraviglia
quando il Soldato uscì chiudendosi la porta alle spalle, lasciandolo solo
con una ragazzina della sua età che si teneva stretto al petto un
cagnolino nero come il carbone.
Ojo la fissò. Il
Soldato dai Baffi Verdi l’aveva chiamata ‘Altezza’, eppure
niente del suo aspetto lasciava pensare a nulla del genere: pareva una ragazza
normalissima, con una cuffietta sui capelli biondi e un vestito azzurro, senza orpelli,
più semplice dell’abito tradizionale dei Mastichini.
Sorrideva, comunque, e il suo sorriso era dolce e composto come quello di una
Principessa. Di colpo si sentì arrossire per la propria irriverenza.
Si mosse per sollevarsi,
ma la ragazza gli venne vicina e lasciò scivolare a terra il cane –
che corse subito ad annusarlo – sedendosi sui talloni di fronte a lui. «
Non serve, restiamo pure così. E tu, Totò, fa’ il bravo! »
Il cagnolino si
contenne, restandogli però vicino, con tutta l’aria di esaminarlo.
Ojo rimase al suo posto,
esitante, e alla fine ritrovò la capacità di spiccicar parola. «
Sei... Siete Ozma? »
Lei rise scuotendo la
testa. « Oh, no, certo che no. Io sono Dorothy. »
« Dorothy? »
La voce gli si alzò di poco, un po’ tremante. « Quella Dorothy? »
« Quella Dorothy »
convenne la ragazza, ridendo ancora, ma poi si fece seria. « Ho appena
incontrato i tuoi compagni di viaggio, e l’Uomo Peloso mi ha detto che ti
avevano messo in prigione. Sono tutti molto preoccupati per te, sai. Mi hanno
chiesto di aiutarti. »
Ojo chinò la testa, con
un vago senso di vergogna. Oh, non che fosse pentito di ciò che lo aveva
condotto tra quelle mura – tutt’altro, ne andava fiero! No, era più che altro la
premura dei suoi amici a intimidirlo. In tutta onestà, non credeva che
la parola di un’irritante bambola di patchwork o di una seccante gatta di
vetro gli sarebbe stata molto d’aiuto per entrare nelle grazie della
Principessa Dorothy.
Come se gli avesse letto
nel pensiero, la ragazza abbassò la voce, con fare grave. « Di’,
Ojo, sai di avere infranto la legge? »
« La legge! »
Ojo sbuffò; proprio non riuscì a
trattenersi. « Ditemi, Altezza, è giusta una legge che ci
impedisce di aiutare una persona cara? È giusta una legge che vieta di
strappare un trifoglio a sei fogli? La Principessa Ozma
ha stabilito che la magia non venisse più praticata nel Paese di Oz, ma sembra che al Dottor Pipt non
sia mai importato, ed è ancora lassù che rimesta paioli e combina
guai, e adesso ha trasformato sua moglie e mio
zio in statue di marmo. È giusta una legge che stabilisce che io non
salvi mio zio, Altezza? »
Alzò lo sguardo,
sperando di averla impressionata e, perché no, anche ferita. Di certo il
cane che aveva chiamato Totò era rimasto sconcertato dallo scoppio dei
suoi nervi; teneva le orecchie schiacciate sulla testa e si era ritratto verso
la padroncina – lei però non aveva minimamente cambiato
espressione. Al contrario, Ojo dovette smettere il
broncio alla vista del nuovo sorriso che le fiorì sulle labbra. Tacque, confuso,
mentre Dorothy rassicurava Totò con una carezza.
« Purtroppo non
è a me che devi far notare che la legge non viene sempre rispettata, e
che a volte i trasgressori restano impuniti: questo è ciò che
anch’io direi al tuo posto durante il processo. Ma io non sono qui per
giudicarti, Ojo. Io sono venuta soltanto a dirti che ti capisco. » Sollevò lo
sguardo, mostrandogli una luce sincera che in qualche modo lo rassicurò,
lo fermò prima che potesse chiederle qualunque conferma. « Mi comporterei
nello stesso, identico modo, se mai
accadesse qualcosa allo zio Henry o alla zia Emma. »
Ojo batté le
palpebre. Non ci aveva pensato. Già, Dorothy Gale poteva capirlo meglio
di chiunque altro a Oz; anche lei aveva sempre messo
i suoi zii al primo posto, e per loro era andata e tornata dal Paese fino a che
non aveva più avuto alcuna paura di vederli soffrire, poiché ormai
aveva deciso di portarli con sé.
« Come ho detto
all’Uomo Peloso » continuò con leggerezza la ragazzina,
guardandosi intorno sul tappeto, « non posso assicurarti che andrà
tutto bene, perché è a Ozma che
spetterà la decisione di liberarti o no. Ma volevo che sapessi che non
sei un criminale per tutti, tutto qui.
Oh, non posso crederci » aggiunse, aprendo un libro e fissando incantata
la figura di un uomo di paglia, un uomo di latta e un leone che camminavano
insieme a una bambina su per una lunga strada di mattoni gialli.
Il ragazzo chinò
di nuovo la testa. Stavolta il senso di vergogna era più acuto. Non c’era
nulla di cui stupirsi se tutti lo chiamavano ‘Ojo
lo Sfortunato’: aveva pensato che Ozma fosse
una sovrana ingiusta, per poi scoprire che la sua prigione era la casa
più bella che avesse mai visto; e ancora sospettoso aveva aggredito la
Principessa Dorothy, quando lei era venuta a parlargli con tanta gentilezza e
tanta comprensione – tutto ciò lo rendeva davvero miserabile. Ma il naso umido e caldo di Totò venne a
sfiorarlo, facendolo sussultare ancora: lo vide scodinzolare ed ebbe l’impressione
di avere appena superato un esame.
Guardò Dorothy e
la vide sorridere, non al libro, ma a lui. Non poté fare altro che
ricambiarla.
Forse non era poi così
sfortunato.
I’ve got to get stronger, and I won’t give
up the fight.
Spazio dell’autrice
Lieve what if di The Patchwork Girl of Oz:
Ojo è stato messo in ‘prigione’ da
Omby Amby, il Soldato dai
Baffi Verdi, per aver strappato dai domini della Città di Smeraldo un
trifoglio a sei fogli, uno degli ingredienti che gli occorrono per salvare Margolotte e lo zio Nunkie. Nel frattempo
l’Uomo Peloso, Scraps, Bungle e lo Woozy si presentano al cospetto di Dorothy ad intercedere
per il ragazzo. Nel libro Dorothy non incontra Ojo
prima del processo, ammettendo di non poter fare nulla che vada contro la
volontà di Ozma, però resta molto
colpita dalla sua storia – e penso che Baum non
avesse bisogno di specificare il perché: è chiaro che Dorothy,
per i suoi zii, avrebbe fatto
esattamente ciò che ha fatto Ojo. Perché
ci tengo ancora una volta a sottolineare
che la Dorothy originale è una ragazzina tosta, cocciuta e intraprendente, nonché generosa come pochissimi
altri personaggi; il film del 1939 è un capolavoro indiscusso, e io semplicemente
adoro Judy Garland, ma se c’è una
cosa che non riesco a perdonare a quel rifacimento è l’aver
trasformato la protagonista di un romanzo così all’avanguardia –
e per molti versi femminista – nell’icona collettiva della donzella
in difficoltà. Ops, sto andando fuori tema. xD
Le lyric in apertura e chiusura sono
tratte da Scream
di Michael e Janet Jackson.
Hope
you liked it.
Aya ~