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Autore: Noth    04/10/2011    12 recensioni
« Blaine! » gridai, nel bel mezzo dell’incrocio, circondato da macchine e da persone che sembravano tutte uguali, con quei loro impermeabili e cappotti ed ombrelli. Si tenevano a debita distanza dalla scena, lasciandomi sotto alla gelida pioggia ad urlare. Tremavo, mi sembrava di stare per impazzire, di non riuscire più a connettere, il cuore batteva a singhiozzi, lo stomaco mi si rivoltava nella gabbia toracica che bruciava con furia ad ogni respiro.
Annaspavo, ansimavo.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti amo, perchè non basta?







Le lacrime mi cadevano, calde ed irrefrenabili, lungo le guance, sul collo, sul mento, nel cuore, nelle viscere, nell’anima. Inginocchiato al suolo singhiozzavo e gridavo come un pazzo. Non credevo che il dolore potesse fare così male, che potesse lacerarmi le viscere e strapparmi il cuore in pezzi con un sadismo così spaventoso. Non pensavo che avrei mai urlato così tanto.
Scuotevo il corpo ai miei piedi senza vederlo oltre la patina di nebbia bruciante che mi invadeva gli occhi.

« Blaine! » gridai, nel bel mezzo dell’incrocio, circondato da macchine e da persone che sembravano tutte uguali, con quei loro impermeabili e cappotti ed ombrelli. Si tenevano a debita distanza dalla scena, lasciandomi sotto alla gelida pioggia ad urlare. Tremavo, mi sembrava di stare per impazzire, di non riuscire più a connettere, il cuore batteva a singhiozzi, lo stomaco mi si rivoltava nella gabbia toracica che bruciava con furia ad ogni respiro.

Annaspavo, ansimavo.
« Qualcuno mi aiuti! » gemetti, forte. « Blaine! Blaine, ti prego! » continuai a scuotere il corpo del ragazzo coi capelli neri. Un corpo avvolto in un cappotto beige zuppo d’acqua e sangue. Un corpo che mi aveva appena protetto. Se in quel momento non ero sotto ad un SUV blu e argento era merito di quel corpo. Era merito di Blaine.

La scena si era svolta talmente veloce che ogni flashback mi dava dei dolorosi crampi alla testa. Uscivamo da Starbucks con i nostri caffè in mano, ridendo e coprendoci dalla pioggia con i cappotti, parlando della prima lezione appena svolta assieme all’accademia di New York. Mi ero talmente perso nei suoi occhi che non avevo guardato prima di attraversare la strada. Mi ero buttato nel mezzo dell’incrocio appena in tempo per sentire il suono di un clacson troppo vicino. Avevo fatto giusto in tempo a voltarmi per vedere l’enorme SUV dirigersi verso di me, l’autista che imprecava nel tentativo di fermare il mezzo.

Era troppo tardi.
Mi preparavo al doloroso impatto con il cruscotto e avevo chiuso gli occhi.
Il colpo lo avevo sentito, il grido di dolore anche, solo che non ero stato io ad emetterlo.
Avevo spalancato le palpebre di scatto e l’immagine che avevo davanti mi aveva sbriciolato con una tale violenza che era come se quel furgone avesse colpito me. Ma non lo aveva fatto.

Davanti a me Blaine si accasciava al suolo, sul suo cappotto si allargavano copiose macchie di sangue. Si era voltato impercettibilmente verso di me, aveva sorriso a fatica, a scatti, ed aveva detto:
« Mio Dio, sei salvo. »

Era stato tutto così chiaro che l’urlo che mi si gonfiava nel petto sembrava mi avrebbe spaccato le costole. La pioggia faceva scivolare tutto il suo sangue a terra, gli inzuppava i riccioli neri e mi annegava nella sua gelida trasparenza.

La gente si era radunata in fretta attorno a noi, nessuno era corso a chiamare un’ambulanza, troppo presi dalla scena da cinema. Sembrava quasi, in effetti, che stessimo girando un film, peccato che il corpo di Blaine stesse diventando freddo sul serio ed io non riuscissi a ragionare abbastanza lucidamente, non avevo un cellulare e mi veniva talmente tanto da vomitare che credevo sarei morto sovrastato da quel bruciore che mi stava inghiottendo come un mostro invalicabile.

« Blaine, Blaine ti prego svegliati. » mormorai, singhiozzando ed affondando il viso sul suo petto.
Perché mi aveva protetto? Perché lo aveva fatto?

Non sapevo più se sul mio viso c’era pioggia o lacrime. Gli occhi verdi di Blaine mi fissavano senza vedermi, vitrei e freddi. Il sorriso era ormai morto sulle sue labbra ed il cuore mi era morto nel petto.
Blaine si era frapposto tra me e la morte, offrendosi come sacrificio in cambio della mia vita. Il corpo della persona che più amavo al mondo, della persona che mi aveva insegnato l’amore, il coraggio, il rispetto, il sorriso, la felicità, giaceva accanto a me, priva di battito cardiaco, svanito dalla terra.

Il cielo si era ripreso il suo angelo più gentile.

Gridavo. Il dolore mi squassava le costole, il cuore, la testa, la gola che sembrava non avere più voce per esprimere il male che mi assaliva. Era come se un essere munito di artigli mi stesse lacerando dall’interno. Velocemente, continuamente, all’infinito.

Era morto.
Il suo caffè ed il mio giacevano ribaltati al suolo, il suo mischiato al mio, alla pioggia ed alle lacrime. Volevo entrare nel suo petto, raggomitolarmi e restare lì per sempre, volevo strapparmi il cuore dal petto e donarglielo, volevo annegare nella mia sofferenza ma vederlo sorridere ancora.
Soffocavo.

« E’ colpa mia. » sussurrai al suo orecchio gelido. « E’ tutta colpa mia! » gridai, alzando il viso verso il cielo e la pioggia. Le gocce d’acqua mi entrarono nel colletto e mi congelarono. Ero scosso dai brividi che si univano ai singhiozzi dando l’impressione che avessi le convulsioni. Delle mani mi afferrarono, cercando i portarmi via, strappandomi dal petto di Blaine.

« No! » gracchiai, dimenandomi, cercando di colpire le persone che tentavano di allontanarmi da lui. « No, non portatemi via, vi prego! Vi prego! »
La mia voce si perdeva nel caos di New York, nel rumore della pioggia e delle sirene delle ambulanze che qualcuno, alla fine, doveva aver chiamato. Il nero mi avvolgeva, il nero dei suoi soffici capelli. Mi lasciai cadere al suolo, dimenticando ogni cosa: dimenticando chi era Kurt, dimenticando cosa fosse la felicità, dimenticando cosa volevo e dov’ero. Ricordandomi solo i suoi occhi e le sue ciglia lunghe.

Ripensando alle sue sopracciglia triangolari e al suo sorriso contagioso. Sentivo il suo profumo.

Iniziai a ridere, istericamente. Smisi di respirare, smisi di vivere.
Smisi di soffrire con, in testa, la sua voce che mi consolava lontana.
Espirai a forza, zuppo come un panno sporco, sicuro che, dall’essere stato diviso dalla mia metà perfetta, non sarei mai ripreso. Mi sentivo così in colpa che la pioggia mi corrodeva.

Blaine, Dio, mi dispiace.
« Ti amo, cazzo, perché non basta? » mormorai all’asfalto, tornando a singhiozzare una volta ancora chiedendomi se non sarei morto lì, perso tra i pezzi del mio cuore sparsi sul cemento delle strade di New York.







----------------------------------------- DEDICATA a Marzia :3
   
 
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