Les enfants qui s'aiment s'embrassent debout
Contre les portes de la nuit
Et les passants qui passent les désignent du doigt
Mais les enfants qui s'aiment
Ne sont là pour personne
Et c'est seulement leur ombre
Qui tremble dans la nuit
Excitant la rage des passants
Leur rage, leur mépris, leurs rires et leur envie
Les enfants qui s'aiment ne sont là pour personne
Ils sont ailleurs bien plus loin que la nuit
Bien plus haut que le jour
Dans l'éblouissante clarté de leur premier amour
Jacques Préver *
Una mano si allungò sulla manopola per spegnerla, la
ragazza odiava le reti di poesie, specie sdolcinate come quella. Si allungò sul
tavolo per prendere il barattolo dello zucchero e si addolcì il the.
Sorseggiandolo lentamente si accorse dell’ora, erano le quattro meno un quarto
e fra meno di dieci minuti Miyako sarebbe venuta a prenderla. Si sbrigò a bere,
bruciandosi anche la lingua, per correre in camera a vestirsi. Aprì l’armadio
disperata, pensando a cosa indossare. L’amica le aveva detto di vestirsi
semplicemente casual, ma come faceva ad essere sicura di ciò che diceva Miyako?
All’ultimo momento avrebbe potuto tranquillamente decidere di imbucarsi ad una
festa che richiede gonna a strascico o cravattino. Per andare sul sicuro
afferrò la sua camicia passepartout bianca e la gonna nera a balze. Molto
banale, doveva ammetterlo, ma avrebbe puntato tutto sugli accessori. Ma che
scarpe mettere? Il dilemma si faceva arduo, quando il campanello avvertì della
presenza di qualcuno alla porta. Il primo pensiero di Kari fu Yolei, ma quando
realizzò che mancavano ancora più di cinque minuti capì che non poteva essere:
Miyako in orario, anzi, in anticipo? No, non poteva essere,o aveva messo
l’orologio avanti oppure la fine del mondo era alle porte. Abbassò la maniglia
e di fronte si ritrovò Tk, a testa bassa. Quando si accorse che l’amica lo
guardava alzò lentamente la testa, scoprendo il viso. Kari si portò
istintivamente le mani alla bocca, sgranando gli occhi. Aveva un occhio gonfio
e livido, la parte sinistra del viso sporca di terra, cemento e quella che a
lei sembrò ghiaia, un graffio sotto al mento e sangue che gli era colato da un
sopraciglio
“Ca… Tk, ma che diavolo…” provò a concludere la
frase, senza risultati. Lo prese per un braccio e lo tirò dentro “siediti,
torno subito” intimò afferrando il telefono. Compose il numero di Miyako,
appoggiò la cornetta all’orecchio stringendola alla testa con la spalla per
avere tutte e due le mani libere, così che poté cercare la valigetta del pronto
soccorso dentro il mobile del bagno. Dopo un paio di squilli una ragazza
all’altro capo rispose
“che c’è?” chiese quasi scocciata
“non vengo” la liquidò l’amica
“no, dai, perché?” si lagnò infantilmente “abbiamo
già programmato tutto…”
“non so che sia successo, ho di là Tk che deve aver
fatto a botte, poi ti spiego” non aspettò risposte, perché chiuse la
conversazione tornando nel salone. Il ragazzo non si era mosso di una virgola,
la osservava incuriosito
“cosa fai con quella valigetta?” chiese senza logica
“ti medico le ferite, no?”
“ma io non sono venuto qui per questo” si giustificò
guardandola come se stesse delirando
“taci! Non puoi restare così, vedi come sei?” si
chinò sulle ginocchia e cominciò ad armeggiare con il cotone e il disinfettante
“non ce n’era bisogno” disse fin tropo calmo
“cos’è successo” domandò senza distogliere lo
sguardo, con un tono meccanico. Lo sguardo gli si rattristò subito, abbassò il
viso. Kari lo scrutò più attentamente, stringendo un po’ gli occhi “Tk” lo
richiamò leggermente
“ho provato a chiarirmi con Mizuki” cominciò. La
ragazza sembrava interdetta
“ed è lei che ti ha ridotto così?” chiese scettica
“no, il suo ragazzo!”
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La discussione non aveva senso, continuava a dire
che preferivo Kari a lei, che era gelosa e non riusciva a spiegarsi il mio
comportamento degli ultimi tempi, che non eravamo così all’inizio, che le
sembravo distante e distaccato. Non riuscivo a fermarla, appena aprivo bocca
ricominciava con altre scuse, altre balle inventate li per li. Finalmente mi
fece prendere parola, ma non durò a lungo: appena cominciai a difendermi dalle
accuse lei si voltò, vedevo le sue spalle scosse da singhiozzi. Non volevo
cedere alle sue lacrime, ora mi avrebbe dovuto ascoltare, allora avrebbe capito
che le sue erano tutte supposizioni sbagliate, che si stava immaginando tutto e
che non c’era bisogno di essere gelosi. Mossi un passo verso di lei, appoggiai
una mano sulla sua spalla e le sussurrai di calmarsi, che si sarebbe risolto
tutto, che non era mia intenzione prendermi gioco di lei. Si voltò con gli
occhi umidi, una lacrima ancora sulla sua guancia
“davvero?” mi chiese con voce strozzata. Aprì bocca
per risponderle, ma una voce più forte, più profonda mi superò
“Mizuki!” sentimmo chiamare. Ci voltammo insieme,
verso quell’uomo di fronte a noi. Era alto, quasi dieci centimetri più di me,
corpulento, muscoloso, i capelli scuri, corti alla moicano, indossava una
canottiera marrone, avevo uno sguardo non troppo tranquillizzante.
“Eiji, dove sei?” alti due energumeni lo
raggiunsero, erano più piccoli, meno impressionanti. Il tipo che evidentemente
conosceva la mia ragazza si avvicinò
“che hai, perché piangi?” chiese quasi premuroso
“che ti importa! Vattene, nessuno ti ha chiesto
niente!” rispose malamente. Si, ora ne ero certo, questi due si conoscevano, e
evidentemente non solo di vista, perché dubito che qualcuno sano di mente osi
rispondere male ad una persona di questa stazza. Io rimanevo in silenzio,
ancora accanto a Mizuki
“è questo qui che ti ha fatto piangere?” continuò
insistentemente indicandomi con la testa, ma senza guardarmi
“no, “questo qui” è il mio fidanzato, non oserebbe
mai farmi piangere, mi stava consolando, e tu te ne devi andare, non sei il ben
venuto” solo alla parola fidanzato si decise a guardarmi, mi squadrò da capo a
piedi con un ghigno riluttante. Il piercing al labbro non migliorava la sua
espressione
“oh, è il fidanzatino?” chiese senza preoccuparsi
dell’invito ad andarsene
“Eiji, ti ho detto di andartene” notai il gruppetto
di amici che era rimasto in disparte che parlottavano fra loro lanciandoci
sguardi incuriositi. Probabilmente neppure loro si aspettavano in incontro del
genere
“il parco è pubblico, nessuno mi obbliga ad
andarmene” la provocò. Fino a quel momento non avevo aperto bocca, ma la
situazione mi sembrava troppo complicata, non sapevo come comportarmi, e
ammetto che questo Eiji metteva un tantino paura
“bene, allora ce ne andremo noi, vieni Tk” provò ad
allontanarsi, ma l’uomo la prese per un braccio tirandola a se. Mizuki si
lamentò della presa che le attanagliava il polso, il contraccolpo l’aveva
scaraventata contro il petto di Eiji, che l’aveva presa stringendola ancora di
più a se. Solo allora decisi di intervenire
“ehi, lasciala stare” la mia voce non era
rassicurante, e confrontata con quella dell’uomo di fronte a me sembrava il
pigolio di un pulcino
“e tu cosa vuoi, Tk” disse il mio nome con una
strana smorfia, in tono dispregiativo
“Eiji, cosa vuoi, non sei più il mio ragazzo, te
l’ho detto, preferisco morire sola piuttosto che tornare con te”ah, ecco,
allora era il suo fidanzato, ora si spiega tutto. Ma come aveva fatto a stare
con uno così?
“preferisci questo sputo, quindi?” io ero
pietrificato, mi lanciò addosso Mizuki “non vedi che non riesce neppure a
difenderti!”
“si, ma lui mi ama davvero, non come te che mi
trattavi da pezza per scarpe” ribatte sicura
“sono cambiato” la rassicurò. La situazione mi
ricordava molto una scena da film
“lasciami in pace” continuò furiosa avvicinandosi
pericolosamente al suo petto gonfio. Quando le fu a tiro le mise le mani
intorno alla testa e la baciò, prepotentemente, con forza. Mizuki provava a
dibattersi, ma senza risultati. A quel punto capì che dovevo intervenire, così
mi avvicinai a lui e gli presi un braccio. La pallacanestro mi aveva dato un
po’ di forza, abbastanza da riuscire ad allontanare la ragazza dalla montagna,
ma purtroppo non tanta da riuscire a difendermi. Il suo sguardo non prometteva
nulla di buono, men che meno le sue mani. Riuscì a vedere solo che alzava un
braccio, capendo le sue intenzioni provai a scansarmi, ma fui troppo lento:
sentì le sue nocche contro il mio mento, i miei piedi che d’un tratto non
toccavano più terra, poi un colpo sordo annunciò che la mia schiena aveva
battuto a terra. Rimasi stordito un attimo, sentivo Mizuki che gridava di
fermarsi, che era pazzo e che mi avrebbe ucciso. Non era un po’ drammatica? Mi
riprese per il colletto della maglia, tirandomi su di peso. Vedevo la ragazza
aggrappata ad un braccio di Eiji, poi un amico la venne a prendere, dicendole
qualcosa del tipo
“lascialo stare, non riesce a far male con te
intorno” cosa? Non riesce a far male con lei intorno? Ma sei pazzo?
“non mi va che abbai un nuovo fidanzato, men che
meno una schiappa come te” mi disse prima di scaraventarmi a terra con un atro
pugno, questa volta preciso sull’occhio. Ero a terra, dolorante e ansimante,
più che altro per la paura e il dolore. Lo sentì chinarsi su di me, ero pronto
ad un’altra scarica di cazzotti, ma si limitò solo a bisbigliarmi in un
orecchio “secondo me è meglio se la lasci in pace” ma questa non è una minaccia
bella buona? Posso denunciarlo, no? sentivo ancora Mizuki parlare, quando
l’ennesimo colpo mi colpì, spaccandomi il sopracciglio. Si alzò lasciandomi lì,
a terra. Riuscì ad alzare la testa appena in tempo per vedere la mia ragazza
andargli incontro. Pensai che avrebbe menato pure lei, ma quando furono
abbastanza vicini lei si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò, abbracciandogli
il collo. Quando si incamminarono per andarsene non si voltò, non mi guardò neppure.
Lasciai ricadere la testa sul terreno, poi, quando ebbi la forza di alzarmi, mi
incamminai. Dove? Il primo posto che mi venne in mente fu da Kari. Magari non
era neppure a casa, ma non me ne preoccupai, sarei tornato a casa mia, al
limite. Suonai il campanello di casa, le immagini del tradimento continuavano a
girarmi in testa. Quando mi aprì rimase di stucco. Ero messo così male? Mi fece
sedere e sparì in bagno, per tornare con una valigetta bianca. Ma io non ero
venuto qui per farmi curare, volevo solo parlare, tutto qui.
“cos’è successo” mi chiese. Meno male che aveva
capito che dovevo sfogarmi
“ho provato a chiarirmi con Mizuki” cominciai
“ed è lei che ti ha ridotto così?” cos’era questo
tono ironico? Ma dico, ci si comporta così con gli amici feriti? Fortunatamente
non era stata lei a conciarmi in questa maniera, ma il suo ex, che ha baciato.
Si può definire tradimento questo? Comunque non può essere il suo ex, ora che
ci penso, se no non l’avrebbe baciato, giusto? E quindi cos’era ora per lei?
Trovato:
“no, il suo ragazzo!”
Now
“ahi, fa piano” si lamentò il ragazzo che si trovava
ancora sotto le mani dell’amica. Lei non lo ascoltò neppure, immerse il cotton
fioc nell’acqua ossigenata e glielo passò leggermente sul taglio. Ormai era
gonfiato anche il sopracciglio, assieme all’occhio
“sei fortunato che non sanguini più, se no dovevi
metterci dei punti”
“che fortuna” commentò senza sentimento Tk.. Kari lo
scrutò per qualche istante, poi si alzò per prendere del ghiaccio dal freezer,
e glielo porse
“mettilo sull’occhio, prima che peggiori” gli
consigliò
“non dovevi preoccuparti per le ferite, ci avrei
pensato io quando tornavo a casa” ringraziò goffamente, evitando lo sguardo
dell’amica, la quale si sedette vicino
“fa male, vero?”chiese premurosa
“no, l’occhio è congelato, quindi non lo sento più,
il sopracciglio si, brucia un po’”
“non intendevo le ferite” chiarì “ciò che hai visto,
volevo dire. Ti ha fatto male, immagino” continuò a fissarlo. Questa volta però
il suo sguardo incontrò quello di Tk, che la cercava
“si, molto più di queste. Mi fidavo” il silenzio
faceva da sottofondo a quella scena
“e ora come stai?” provò a continuare Kari
“un po’ meglio” confesso sincero “ho capito che
tanto non glielo perdonerei mai, quindi non vale la pena starci così male” ora
lo sguardo sembrava davvero più tranquillo, come se l’avesse davvero
dimenticata così facilmente
“resti da me stasera” sentenziò alzandosi la ragazza
“non” provò a ribattere ma l’amica lo precedette
“non discutere, o ti gonfio un altro po’” lo
convinse
“ora quanto la tirerai lunga?” lo sguardo dell’amica
lo fece specificare “per quanto mi minaccerai dicendo che mi picchi?” la risata
cristallina e sincera di Kari riempì la stanza. prese il telefono per informare
Yolei sui fatti, ma non fece in tempo a premere il tasto verde che il
campanello suonò. Andò ad aprire la porta, ma ciò che si trovò di fronte la
lasciò di stucco, più di quando, un paio d’ore fa, aveva aperto a Tk
“ciao, Kari” la voce imbarazzata di Mizuki arrivò
alle orecchie del ragazzo nell’appartamento, il quale si presentò sulla porta,
incuriosito “sapevo che ti avrei trovato qui” continuò. Kari si voltò a
guardarlo, proprio in tempo per vederlo tornare di la, sparendo dietro l’angolo
“che vuoi?” chiese quasi con tristezza
“parlargli” comunicò
“e cosa ti fa pensare che lui voglia ascoltarti?” lo
difese
“ho bisogno di spiegarmi, e poi se non lo faccio ora
lo farò poi, magari quando tu non ci sei, per cui tanto vale farlo ora” rispose
prontamente. La padrona di casa si fece da parte per farla passare, poi la
seguì fino al divano, dove era seduto Tk.. Non si voltò a guardarla, sapeva che
era dietro la sua schiena. Kari si posizionò fra i due, per far da giudice ai
boxatori
“vorrei spiegarti” cominciò la prima
“no grazie, non ce n’è bisogno, i miei occhi hanno
visto quel che dovevano vedere”ribatté il secondo
“tu non”
“scommetto che non capisco, vero?” attutì il colpo
sferrandone un altro di risposta
“esatto” fu solo capace di dire
“avanti, cos’è che non capisco?” chiese alzandosi e
dirigendosi di fronte all’avversaria
“io non potevo dirgli di no, non potevo rifiutarmi,
avrebbe picchiato anche me” provò a giustificarsi
“ah, allora hai pensato bene di abbandonarmi per
terra come se nulla fosse, vero?” rispose avvicinandosi pericolosamente a lei.
Kari calmò prontamente gli animi
“Tk calmati” lo intimò
“come faccio a calmarmi?” le chiese bruscamente
“non te la prendere con lei, sono io ad aver
sbagliato” lo attirò Mizuki
“mi spieghi cosa sei venuta a fare?” chiese l’altra
ragazza senza tanta gentilezza
“a scusarmi” disse come se fosse chiaro come la luce
del giorno
“tu lo sai vero che ti sei comportata da vigliacca?”
chiese Tk
“si,e mi dispiace tantissimo,so che non potrai mai
perdonarmi…”
“ecco appunto”la interruppe “quindi non sprecare
fiato, prendi la porta e non farti più vedere” la incitò con voluta malignità.
Mizuki lo guardò spersa, le labbra semi-aperte, gli occhi acquosi
“intuisco che mi stai lasciando” disse abbassando lo
sguardo. Il silenzio che regnava nella stanza era una risposta più che
plausibile per la ragazza, la quale si voltò per andarsene “so che non potrai
mai perdonarmi, ma voglio comunque che tu sappia che se potessi cambierei tutto
questo” sussurrò fermandosi, dando le spalle agli altri due “ti voglio bene,
comunque” concluse voltando la testa per guardarlo negli occhi, prima di
attraversare la stanza per chiudersi la porta dietro. Kari si voltò a guardare
l’amico, preoccupata per la sua reazione. Era in piedi, immobile, gli occhi
fissi sulla porta, come se potesse riaprirsi e farne capolino Mizuki. Poi si
voltò, a guardarla, incrociarono lo sguardo e rimasero così per un po’. Tutto
era immobile, anche l’aria, finché non fu il ragazzo a parlare
“io vado” sentenziò muovendosi verso l’uscita
“no aspetta, resta per stasera, non mi dai fastidio”
cercò di fermarlo, ma tutto fu invano, alzò una mano per fermarla
“no, grazie, hai fatto anche troppo per me. Grazie
Kari” disse mentre la baciava sulla guancia, con enorme sorpresa della mora. La
guardò negli occhi, cercando qualcosa di preciso in quel marrone intenso. Poi
si mosse, lasciandola senza parole e con il battito leggermente accelerato.
Così, lo vide scomparire, quando si chiuse la porta dietro le sue spalle.
Eccoci di nuovo qui, con un ennesimo
capitolo. Io per prima devo ammettere che è parecchio strano, ma mi è venuto
così. Voi che ne dite? Già sento i gridi di felicità e gli echi di hola per la
nostra Mizuki. Io ve l’avevo detto che qualcosa sarebbe successo. Certo, forse
sono stata un po’ troppo brusca, ma non credo che a qualcuno di voi dispiaccia,
vero? La poesia iniziale è di Prevert, autore francese che adoro. Alla fine vi
metterò la traduzione. L’ho voluta inserire perché mi piace parecchio, è la mia
preferita, e in lingua originale è ancora meglio. Se qualcuno di voi l’ha
notato, è la stessa che è stata usata per la pubblicità dei Baci di s.
Valentino. Appena l’ho sentita ho detto “NO! non ci credo!”. Ma non divaghiamo
dalla storia: che ne pensate? Voglio sapere la vostra opinione. Come di
consueto è il momento delle recensioni, che io continuo a leggere molto
volentieri. Vi chiederete perché non uso il nuovo metodo. Bhè, devo confessarvi
che ormai sono abituata a questo, ed essendo l’abitudine una brutta cosa…
dovete sapere che le vecchiette come me odiano usare nuove tecnologie! No, dai,
scherzo, semplicemente lo preferisco. Comunque, dicevo, passiamo alle
recensioni, anzi, alla recensione:
Hikari Yagami: ti
ho deluso? Spero ben di no! allora, che mi dici, ti piace come ho fatto andare
le cose? Fammi sapere, perché sono ansiosa di sapere una qualche opinione.
Come al solito ringrazio ThiaguellaItaly che ha inserito la mia storia fra le preferite, ChibiRoby, fedysS e lunakiss che mi seguono, infine tutti coloro che leggono
pazientemente in silenzio religioso. Vi saluto e… al prossimo capitolo.
Honey
*I
ragazzi che si amano
I
ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è la loro ombra soltanto
Che trema nella notte
Stimolando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo le risa la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Essi sono altrove molto più lontano della notte
Molto più in alto del giorno
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore
Jacques Prevert