Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Quaerenspuella    05/10/2011    1 recensioni
La fan fiction che state per leggere si discosta, a tratti, profondamente dalla caratterizzazione e dalle relazioni ufficiali della serie Hetalia – ciò significa in primis che non vi sono coppie omosessuali ed in secundis che ho ricostruito un mio albero genealogico che rappresenta i legami familiari e non fra i personaggi, così come me li immagino io. Riguardo alla trama, mi concentro sulla storia dell'Italia e del suo rapporto con gli altri stati, in particolare nei confronti delle altre nazioni europee. E' una sorta di rivisitazione seria -in cui le accoppiate sono solo etero- della serie.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 Alice se ne stava là, imbambolata, i suoi occhi castani ricolmi di preoccupazione e di timore, in attesa del responso che agognava; tremava leggermente mentre il suo sguardo vagava fra le decorazioni fastose dell’ampio atrio in cui si trovava.  Tenendo stretti a sé la sua sorellina, Seborga, e il suo fratellino, San Marino, non poteva fare a meno di pensare che, a seconda della risposta che si sarebbe sentita ricevere, sarebbero dipesi tutti gli anni a venire. Vestita alla bell’e meglio, le due valigette scomposte abbandonate accanto al portone d’entrata, sperava ardentemente di poter essere accolta da lui, che considerava la sua ultima spiaggia. Era ancora troppo giovane per potersi reggere sulle sue gambe, troppo inesperta e troppo ingenua per poter prendere le sue decisioni e tirare avanti per la sua strada: certo, per un periodo ce l’aveva fatta, era riuscita a costituire una grande flotta che le aveva permesso di imbastire reti commerciali non irrilevanti e, allo stesso tempo, si era imposta, grazie alle sue sublimi doti, come musa ispiratrice europea nella poesia, nella musica e nell’arte; ma quest’epoca d’oro era durata ben poco. Innocente come pochi altri, con troppa fiducia nel prossimo nel cuore, si era vista lentamente depredare del suo status e spogliare delle sue ricchezze. Fu allora che capì quanto non contasse l’eleganza o l’intelligenza, la passione o l’ardore… l’unica qualità necessaria per sopravvivere era la forza, forza che lei non aveva ancora.
“Adesso può riceverti, accomodati pure.”
La voce sottile la destò dai turbinosi pensieri in cui si stava smarrendo. In risposta a quell’asserzione si limitò ad annuire col capo, ancora intontita. Sospirò, portandosi la mano al cuore, con la speranza di potervi racchiudere tutta la volontà che, nonostante la sua giovane età, aveva sviluppato negli anni. Si accucciò per un istante, abbracciando forte i due fratellini ed accarezzando loro la schiena con fare rassicurante.
“Seborga… San Marino… aspettatemi qui, per favore. E fate i bravi, non toccate nulla!”
Le parole le uscirono di bocca come un fiume in piena, con tono materno, ma allo stesso tempo inquisitore. L’agitazione si stava lentamente appropriando del suo corpo:  quel colloquio, si disse, era la loro estrema possibilità. Doveva giocare bene tutte le sue carte, anche se sarebbe stato arduo convincere lui. Si ripulì accuratamente la gonna dalla polvere e si sistemò grossolanamente i capelli che, raccolti in due lunghe trecce, a seguito della folle corsa di qualche ora prima si erano spettinati.  Il respiro affannoso, si avviò cautamente per la scalinata di marmo che la separava dallo studio dov’era attesa, aggrappandosi ossessivamente al passamano di ottone, quasi rischiasse di scivolare da un momento all’altro. Aveva il sentore che la vista le cominciasse ad appannarsi, per cui si fermò un attimo a riprendere fiato; deglutì sonoramente, sempre più inquieta. I ricordi dei cinque anni appena trascorsi erano conficcati nella sua mente, come chiodi maldisposti a venire estratti, che non facevano altro che causare rimpianti e dolori. Le scene del passato fluivano disordinate nella sua testa, si accavallavano, si storpiavano, si riunivano in penosi girotondi che la deridevano… o almeno questo era ciò che percepiva in sé.
Da una parte ecco apparire Antonio, con i suoi sagaci occhi verdi, intento ad offrirle una cesta di pomodori… dall’altra François, i capelli biondo cenere dal profumo di lillà, impegnato a comprarle vestiti finemente cuciti. Era una tortura incredibile per Alice. Pur tentando di respingere quelle immagini familiari che la riconducevano alla sua infanzia e alla sua fanciullezza, non era in grado di separarsene, di strapparle al vento, di bruciarle una volta per tutte: Spagna, con la sua casa dalle pareti traboccanti di strumenti a corda di ogni genere, le sue enormi piantagioni di pomodori, le sue feste paesane, le processioni, tessuti di mille colori e gioielli di ogni tipo… e Francia, con i suoi profumi floreali, i suoi trovatori appassionati, i suoi castelli medievali, le sue pietanze contenenti spezie di ogni parte del mondo… In fondo, a pensarci razionalmente, erano state ore felici, quelle condivise con i suoi cugini più grandi; gli anni in più non avevano mai costituito un problema, fin dalla morte del loro nonno avevano formato una famiglia molto unita e non si erano mai palesati dissapori, liti, minacce, incubi. A dirla tutta, Joana, sorella di Antonio, era un vero peperino, spesso Italia si era trovata nei guai per seguirla nelle sue pazze avventure marinaresche… Portogallo era ciò che si dice uno spirito libero, non poteva sopportare che fosse suo fratello a tenere in mano le redini della sua vita; così ben presto aveva abbandonato la dimora comune, lasciandolo da solo con la piccola Alice. E fu a questa che Antonio dedicò molto tempo, educandola secondo il suo stile di vita, regalandole alcune delle sue piante, insegnandole ad amare la tranquillità e la pace. Nel frattempo la bambina si occupava a sua volta dei suoi due fratellini.
“Ma perché mai te ne sei andato così presto, Nonno…? E anche tu, mamma…?”
Il paradiso non può durare per sempre, però. In breve Spagna accolse un’altra ragazza sotto il suo tetto, una biondina dagli occhi verdi, di nome Belgio. Anneke, così si faceva chiamare, si era discostata dal suo fratello maggiore, proprio come aveva osato Joana, ma la sorte non era stata benigna con lei. Lacerata dagli scontri religiosi e linguistici che avevano continuamente luogo sulla sua terra, non era stata capace di creare un vero organismo statale che le concedesse il lusso dell’indipendenza. Quando, un bel giorno, Antonio incappò sul corpo martoriato di lei, s’impietosì e la condusse a casa sua. E grande, immensa, fu la gelosia della piccola Alice, che, giorno dopo giorno, vedeva scemare l’interesse di lui nei confronti della sua propria cugina a favore di quell’estranea venuta da chissà dove; ogniqualvolta andava in cerca dello Spagnolo per una coccola, una canzone, un gioco, questi le si negava, prediligendo la straniera. Preda dell’astio e dell’invidia più neri, un giorno Italia giunse addirittura a farle una cattiveria: d’improvviso, mentre la Belga spolverava l’argenteria in bilico su una scala, spinse crudelmente una delle quattro gambe, a tal punto che la malcapitata perse l’equilibrio e cadde, slogandosi una caviglia. Il cugino, arrivato immediatamente in soccorso, la rimproverò amaramente, senza nemmeno immaginare lontanamente la reale ragione del gesto. L’Italiana comprese, dunque, che non c’era più posto in quel  focolare, per lei, e, lasciando solamente un misero biglietto nella sua stanza, s’incamminò per il suo sentiero.
L’adolescente si diede una bottarella in fronte per richiamarsi al presente. Effettivamente si era bloccata nel bel mezzo della gradinata e non poteva permettersi di perdere ulteriore tempo prezioso. Una rapida scrollata di spalle e, via!, riprese ad avanzare. Giunta di fronte alla massiccia porta d’ebano dovette farsi coraggio. Tossicchiò nel tentativo di rimettersi in sesto e posò la candida mano sulla maniglia. Il contatto con quel metallo freddo le causò un brivido inatteso, che la costrinse all’immobilità per alcuni secondi. Si guardò intorno, in cerca di qualcosa che le potesse dare un briciolo di sicurezza in più… e s’incantò su un dipinto che troneggiava accanto alla colonna sinistra dell’androne. Ritraeva un affascinante giovane con una rosa rossa in mano. Il suo cuore fece un tuffo. Era similissimo a Francia. Il suo Francia…
La prima idea che le era balenata in mente era stata andare a far visita a suo cugino François: fin da piccina, infatti, aveva manifestato un’intesa particolare con quel cugino fra tutti. Ora che Spagna l’aveva tradita e che non aveva un nido in cui dimorare, sentiva che l’unico che avrebbe potuto aiutarla era il Francese. Si presentò senza pudore alla porta della sua casa, una magione raffinata nella periferia della capitale, in una notte di pioggia, Seborga e San Marino al seguito. Non appena François si fu affacciato alla porta, Alice l’abbracciò di slancio, in un impeto affettivo che fece sorridere l’altro. Seguirono i convenevoli, le spiegazioni, il pianto della bambina e il tentativo di consolarla di lui, nonché la promessa di ospitarla. Con Francia Italia passò circa tre anni, gli anni del passaggio dall’infanzia alla fanciullezza; si dimostrò un tempo gaio per l’Italiana, che assieme al cugino apprese di moda e di stile, così come dei primi rudimenti della femminilità e dell’arte amorosa; e precisamente questi ultimi, talmente spensierati, la portarono alla disperazione. Non se ne avvide, inizialmente. Ogni giornata trascorsa a casa di François le dava conforto e, di sera, si divertiva a prendere possesso del suo sofà per raccontargli come avesse speso la giornata. Le piaceva truccarsi, indossare abiti aggraziati e circondarlo di gentilezze – come preparargli la colazione, o rammendare i suoi indumenti – e la sua gioia era incommensurabile quando, in risposta, lui le regalava un bacetto, un commento verace o una battuta spiritosa. Alice non si era resa conto di come quel suo costante desiderio di stargli sempre vicino fosse, in verità, il bocciolo del sentimento che stava sbocciando in lei. Allo stesso modo in cui, bambina, si era infiammata per Spagna, ora, ragazzina, si stava infatuando di Francia.
La tragedia avvenne un’estate. Un’estate piuttosto fresca, di quelle che raramente invadono i Paesi neolatini. Italia sapeva che suo cugino aveva molte conoscenze, che era, come si suol dire, una persona di mondo; ma non le era mai venuto il sospetto che potesse interessarsi ad altre donne, all’infuori di lei. Questa sua convinzione ricevette un duro colpo quando, una mattina, François si presentò di ritorno da un viaggio di affari assieme ad una ragazza occhialuta. Molto fascinosa, a dire il vero, come anche Alice dovette riconoscere. Il Francese la presentò come una collega con cui doveva stipulare degli accordi diplomatici e cui avrebbe offerto vitto e alloggio durante i tre mesi estivi. L’Italiana non si oppose al fatto, anzi, strinse persino amicizia con la nuova arrivata, tanto da arrivare a chiamarla semplicemente Miss Rose, senza trascinarsi dietro il nominativo altisonante con il quale l’altra era solita introdursi negli ambienti mondani, ovvero Regno Unito di Gran Bretagna ed Irlanda del Nord. Tutto procedette per il meglio finché il cugino, un pomeriggio, non s’introdusse di soppiatto nella stanzetta di Alice, purpureo in volto; senza attendere che la cugina l’invitasse ad entrare, si accomodò sul letto di lei e le strinse la mano, per poi intavolare un lungo discorso che all’interlocutrice suonò come una dichiarazione d’amore indiretta... “Credo che il mio cuore batta per qualcuno… ma probabilmente per lei sono solo un mentore, un compagno…  vorrei tanto comprarle un anello, dei fiori, dei cioccolatini… mostrarle i miei sentimenti, comprends-tu?”
L’adolescente scosse violentemente la testa. Quante illusioni si era fatta dopo quella confessione…! Nel suo petto il suo cuore rimbalzava impazzito, il rossore le catturava le gote: era corrisposta dall’uomo per il quale provava interesse! Le era parso di toccare il cielo con un dito! E dopo che Francia l’aveva portata in una gioielleria, che le aveva fatto provare una fedina con diamante, che le aveva chiesto quale mazzo secondo lei era più romantico… aveva creduto che presto si sarebbe dichiarato come Dio comanda. E invece…!  Che  trauma, quella sera… che aberrazione vederlo nella sala del caminetto, inginocchiato davanti a lei, infilandole la veretta al dito, chiedendole in un incerto Inglese se volesse restargli accanto…! Aveva intravisto tutto attraverso la fessura della porta e, colta da una rabbia inenarrabile, era corsa nei suoi appartamenti, aveva radunato tutte le sue poche cose e quelle dei suoi fratelli minori, per poi filare inosservata. Le lacrime le rigavano il viso, i singhiozzi la scuotevano impietosi durante il tragitto. Non aveva neppure risposto alle numerose domande di Seborga e San Marino, i quali, per la seconda volta, si vedevano costretti a cambiare domicilio. Risoluta, si era recata dall’unico parente che le fosse rimasto. Quello non aveva mai desiderato mantenere vivi i rapporti, anzi, talvolta aveva suggerito ad Alice di scordare la sua esistenza; tuttavia non c’era altro posto dove la ragazzina potesse rifugiarsi.
Aprì la maniglia con un rapido scatto e spinse in avanti la pesante porta. Una figura, seminascosta dietro ad un piano a coda, si voltò verso di lei. Di lui riconobbe all’istante il ciuffo ribelle che aveva ereditato dalla loro comune madre. Italia richiuse l’uscio alle sue spalle e, fra la flebile luce dei candelabri presenti nell’ambiente, si fece strada verso il suo fratellastro.
“Buonasera, Roderich.”
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Quaerenspuella