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Autore: Silene Nocturna    06/10/2011    4 recensioni
Questa storia partecipa al Bloody contest indetto da CriCri, Dudy e Saki85
La mia storia potrebbe essere considerata un prequel della fan fiction Polvere di Stelle; qui di seguito prendo come protagonista Nevius alle prese con i suoi pensieri rivolti verso la razza umana, verso una giovane fanciulla che recita leggiadra nel pallido plenilunio e verso una lieve ombra nemica, accompagnata dalla sete di vendetta del Generale. Buona lettura!
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shitennou/Generali
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima serie
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Questa storia partecipa al Bloody contest indetto da CriCri, Dudy e Saki85

Autore: Nihila
Titolo: Raggi di Luna
Personaggi: Nevius, Naru, Zachar
Rating: Giallo
Avvertimenti: What if? (E se…), Oneshot

Note: * la frase recitata da Naru appartiene a William Shakespeare <3

Le parti in corsivo recitare da Nevius sono prese dall’anime, dai momenti in cui scagliava i suoi attacchi chiedendo ausilio alle stelle.

 

 

 

 

Raggi di Luna

 

 

 

I passi ritmici e calmi risuonarono tra quelle mura spoglie e lerce, ricche di muschi e licheni che lentamente avevano divorato l’intonaco ormai grigio. Ci volle un po’ prima che i suoi occhi chiari si abituassero alla luce abbagliante oltre il portone di legno; la Chiesa abbandonata che aveva involontariamente scelto come rifugio appariva ancor più tetra mentre la sua ombra –presente grazie alla splendente falce lunare alta nel cielo terso- si rifletteva sulle pareti grigie incutendo terrore ad uno sciocco umano. La curiosità porta molto spesso alla tomba. Pensò il generale stringendo convulsamente le mani, fasciate da guanti bianchissimi. Prima che proferisse parola, quel ragazzino si era già dileguato.

Nevius, generale al servizio della Regina Berillia, uno dei quattro e più forti comandanti del Regno delle Tenebre si apprestava a calcare lentamente l’arcata centrale, riversandosi in quella pallida sera costernata di miriadi di stelle. Ed esse conoscono ogni cosa.

I lunghi capelli oscillarono, mossi dal venticello fresco che fungeva da ristoro nelle calde giornate estive. Gli ci volle un po’ per ambientarsi e soprattutto abituarsi completamente alla gravità terrestre, a quella visione di verde che era il parco della città. Tutto appariva calmo e… addormentato. Doveva essere decisamente troppo tardi per scorgere movimento nel centro abitato e mettersi subito a caccia delle guerriere Sailor. Tuttavia gli ordini erano chiari, non avrebbe mai lasciato modo ad esseri inferiori come Zacar di ottenere alcun successo a suo discapito. Volse rapidamente lo sguardo accigliato in diverse direzioni, accertandosi che nessun altro fosse presente, dopodiché trovò rifugio presso l’ombra dei sempreverdi, camminando per il viottolo sdrucciolevole. Raggiunse gli alti grattacieli in men che non si dica, col suo solito incedere marziale; oltrepassò alcuni ragazzi con bottiglie di liquido colorato tra le mani e venne ben presto attirato da un alto e lungo ponte posto al di sopra del livello del mare.

- Ehi amico, ma come diavolo ti sei vestito?!

Il fetore dell’alcool arrivò dritto alle sue narici, tanto da fargli storcere il naso; quel tizio doveva essere completamente sbronzo, per non parlare del mondo in cui ciondolava disgustosamente nella direzione del generale.

Senza neanche degnarlo di uno sguardo, Nevius si concentrò per una breve frazione di secondo, il necessario per sprigionare la più misera forza in grado di sgominare quell’inutile terrestre; piccole pietre si sollevarono dall’asfalto raggiungendo il suo volto dai lineamenti duri, quasi come se stesse a suo modo manipolando la gravità.

- Vieni via, sciocco!- gridarono i compagni di quell’ubriacone, mentre il suddetto ragazzo fu paralizzato dal terrore.

Allungando una mano dritta davanti a sé, gli bastò soltanto aprire le dita e scagliare una lieve onda d’urto, facendo così arretrare i ragazzi, scagliandoli sul ciglio della strada; osservata la scena pietosa dei malcapitati svenuti, si concesse poi un ghigno derisorio. Sarebbe stato fin troppo facile sconfiggere quelle mocciose.

Giunto sul luogo prestabilito, dove poté godere dell’ampia veduta offerta dal ponte, si soffermò per un attimo in cui i suoi occhi gelidi si scontrarono prepotentemente con il blu intenso del mare. Quei terrestri potevano vantare un pianeta così rigoglioso, e godere dei suoi buoni frutti: l’energia scaturita dagli umani era ambigua. Non era pregna di malvagità, bensì di tanti sentimenti contrastanti che accumulandosi propagavano un’enorme quantità d’energia al quale il suo cristallo nero aveva fin da subito reagito. Chissà cosa potesse essere.

Stelle illuminatemi con i vostri misteriosi poteri.

Pensò mentalmente, abbassando le palpebre per visualizzare il nemico.

Fu decisamente qualcosa di inaspettato ritrovarsi al punto di partenza, col fragore delle onde a riempirgli i fini timpani. Corrugò la fronte osservando il minerale scuro e perfettamente intagliato, non vi era alcuna risposta per lui; le stelle erano mute spettatrici della sua ascesa e di quei piccoli fallimenti. Forse non era ancora il momento per designare la prossima vittima; probabilmente il cristallo aveva bisogno di reagire ad una fonte più vicina, ma se così fosse stato allora non avrebbe neanche dovuto emanare quel lieve bagliore tanto simile alle costanti compagne di viaggio che si era scelto come uniche confidenti; era lecito domandarsi quanti popoli vivessero nelle regioni remote dello spazio che lui aveva edificato come ciò che più ricollegava al vocabolo “casa”.

La notte era prossima a volgere al termine: le stelle ancora brillanti in un cielo dalle tinte più fioche di blu catturarono ancora una volta la sua attenzione, quasi quanto lo sguardo cadeva involontariamente sul satellite argenteo riflesso sull’acqua scura.

Al di sotto del pontile vi erano intricate costruzioni adibite al passaggio, ed oltre esse, una discesa di verde prato che la sponda del canale carezzava dolcemente. Era possibile che ci fosse qualcuno in quel luogo?

I suoi sensi dediti alla guerra l’allertarono di una possibile presenza situata nel più oscuro riparo, un’esile figura che danzava come gli esseri eterei, gli spiriti della natura.

Devo distruggere quelle maledette guerriere. Si ripeteva Nevius.

Ella rimirava il mare, le stelle, la luna, ed al contempo si esibiva in quello che doveva essere un monologo recitato ostentatamente; le sopracciglia troppo arcuate in un’espressione fintamente tragica e le mani giunte le conferivano un aspetto decisamente buffo. Aveva corti capelli raccolti con uno spropositato fiocco colorato…

Devo riscattarmi e compiere ciò che la mia regina mi ha assegnato. E… E…

Era orribile! Pensò il generale, disturbato dalla presenza dell’umana che non gli permetteva una concentrazione facile… La voce stridula e decisamente troppo alta. Quel pianeta appariva così dannatamente inutile con tutte le sue creature.

- Oh mio caro! Dubita che le stelle siano di fuoco, dubita che il sole si muova… Dubita che la verità sia mentitrice! Ma… Non dubitare mai del mio amore.*

Le parole espresse gli arrivarono troppo distintamente per essere ignorate; la ragazza se ne stava col capo chino, la bocca schiusa e gli occhi lucidi per ragioni estremamente oscure ed improvvisamente il cristallo parve illuminarsi di luce propria. Nevius osservò le dita strette attorno al minerale ed il bagliore tenue si rifletté nelle sue pupille cobalto. Non poteva essere vero, ma probabilmente il cristallo nero reagiva alla scomoda presenza di quella ragazzina. Che fosse una delle guerriere Sailor? Non poteva essere stato così fortunato da rintracciarne una di loro in piena notte, e per di più da sola. Così amabilmente vulnerabile…

L'arciere sta per scoccare la sua freccia nel centro della Via Lattea. Aggiunse mentalmente tentando di formulare uno dei soliti quesiti alle uniche dee a cui era votato. Il freddo materiale gli giunse sotto i polpastrelli ricoperti dallo strato sottile di stoffa, e d’impeto si sentì pronto a scagliare un nuovo attacco. Respirò profondamente, ma qualcosa non andava. Una folgore gli attraversò la mente ed il cristallo tornò improvvisamente scuro, senza la minima estensione d’energia.

– Che significa?- mormorò il generale rivolgendo la domanda più a sé stesso che agli astri, ritrovandosi ad osservare nella densa oscurità, un volto rischiarato da fievoli raggi lunari. Un volto candido e diafano, caratterizzato dall’innocenza tale da indurlo a desistere.

La vittima designata dall'arciere sarà lei.

Non si era minimamente resa conto che non fosse la sola sotto quel cielo rischiarato dal satellite e, spiccando un balzo dall’ormai prescelta postazione, si ritrovò a calcare l’erba fine con la suola degli stivali scuri.

Questi umani nascondono qualcosa di estremamente potente, ma non riesco a capire di che cosa si tratti. Il cristallo reagisce alla loro presenza, quando si manifestano prepotentemente sensazioni di cui sono all’oscuro. La regina Berillia non è stata in grado di esplicare con precisione cosa potrebbe custodire il Cristallo d’Argento.

- Chi è?!- l’umana sobbalzò avvertendo un lieve fruscio, e facendo scontrare gli occhi limpidi con una figura dall’aspetto imponente ed i lunghi capelli castani, fu colta da un violento brivido. Aveva sbagliato a scappare di casa nel cuore della notte per osservare la luna ed il suo riflesso nel mare. Forza Naru, scappa! Si disse impaurita.

Abbandonò il canale in tutta fretta, risalendo di corsa la distesa erbosa, diretta finalmente verso casa. Era… bellissimo.

Il generale accompagnò ogni suo movimento con un’occhiata gelida.

Un oscuro sorriso gli increspò le labbra e parve acquistare un’aura ancor più negativa, in contrasto con l’aspetto ed i modi eleganti di cui aveva fatto la sua ennesima arma. Sei mia.

Era trascorsa non più di qualche settimana, durante cui Nevius aveva attuato il piano di infiltrazione con l’orribile alter-ego Johnny e pian piano cominciato ad essere stufo di quell’ambigua condizione di rinnegare sé stesso e le sue origini, mascherate dal ruolo di un importante ed avvenente uomo d’affari, idolo di dolci ragazzine. Eppure, per quante ne cadessero ai suoi piedi credendosi innamorate, l’oscuro minerale continuava costantemente ad emanare lucentezza soltanto al cospetto di quella… Naru.

Non riusciva a spiegarsi cosa le stelle avessero in serbo per lui, dato che fin dal primo momento quella ragazza gli si era manifestata dinanzi con la sua incredibile forza d’animo. L’unico e più importante pensiero restava il ritrovamento del Cristallo d’Argento, oltre la sconfitta di quelle mocciose. Ma, osservando la luna nella sua fase di plenilunio, riusciva persino a ricondurre il pensiero alla sera in cui aveva osservato la terrestre in quella sdolcinata esibizione.

Cosa nascondono questi maledetti umani?!

L’avrebbe soggiogata, piegata al suo volere e sfruttata per comprendere quale fosse il motivo per cui le stelle non avevano più dato una risposta all’inutile domanda che continuava a porsi. Digrignò i denti trovando oltremodo insopportabile lo splendere perpetuo del satellite, emblema di quella Principessa sua nemica.

- Povero, povero Nevius… Pare che la ragazzina si sia presa una bella cotta per te, non è così?

- Taci, Zachar! Che diavolo ci fai qui?- domandò non rivolgendogli neanche una fugace occhiata. Il luogo era la consueta dimora del suo arrivo sulla Terra; trovava odioso ricevere degli infiltrati, ma per tutta risposta, il generale dai lineamenti femminei si portò una rosa alle labbra, sfiorandone maliziosamente i petali.

- E’ difficile resisterti, sai Nevius?- gli disse accompagnando la frase con una sorta di risata sommessa.

– Mi disgusti.- proruppe il suo interlocutore, che ostentatamente mostrava le spalle.

Zachar abbandonò la levitazione, annullando la distanza con passi lenti diretti verso l’uomo e poggiando lievemente le mani sulle spalle poderose, accostandosi all’orecchio, mormorò ammiccante: - Così mi ferisci… E sai che se mi facessi del male, Lord Kaspar ci impiegherebbe un battito di ciglia per farti fuori.- ultimò passandogli i petali del fiore che portava sempre con sé sul collo teso. Furtivamente sgusciò sul petto di Nevius, avvertendo i muscoli rigidi del suo presunto… collega. E lo baciò, premendogli inavvertitamente la mano sulla nuca.

Gli occhi dell’uomo spalancati per la sorpresa, volti ad elargire tutta la repulsione provata, si fissarono in quelli verdi dell’ambiguo Zachar che stava intrecciando violentemente la lingua con la sua. Quell’essere succhiò le sue labbra, mischiando la saliva e respirando tutto l’ossigeno presente nei polmoni dell’affascinante generale delle stelle.

La rabbia provata lo portò immediatamente a compiere il gesto di allontanarlo da sé. Il manrovescio arrivò talmente potente da scagliare Zachar contro la parete opposta della struttura, mentre Nevius accompagnava i tentativi di rimettersi in piedi dell’essere con innata indignazione. Era furente, convinto che di lì a poco gli avrebbe strappato la vita. – Sparisci.- ordinò con respiri profondi ed intensi, mentre il terzo generale si passava il dorso della mano sul labbro sanguinante. – Maledetto!- pronunciò prima di dileguarsi e lasciarlo finalmente da solo. Nevius si rilassò, accogliendo nuovamente la piacevolezza del silenzio.

I quesiti senza risposta l’avrebbero accompagnato durante tutta la permanenza sulla Terra. Nonostante avesse osannato i corpi celesti e votato la sua vita ad essi, non desisteva dal desiderio di vendetta che troppo spesso lo consumava; avrebbe calpestato chiunque si fosse messo sul suo cammino, a cominciare dal Regno delle Tenebre, sua patria rinnegata. Sarebbe morto, pur di farlo.

 

 

 

 

Fine

   
 
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