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Autore: Rota    07/10/2011    1 recensioni
Tino aprì gli occhi, ritrovandosi il soffitto di un elegante baldacchino ad invadergli lo sguardo. Dovette sbattere qualche volta le palpebre per ricordarsi di essere sveglio e quindi allungare le braccia e le gambe sotto le coperte, ridestando i muscoli del proprio corpo. Sorrise, scoprendosi le spalle e alzandosi ritto sul materasso, guardandosi attorno e riconoscendo ogni singolo oggetto al suo posto.
[Russia + Finlandia/SuFin implicito]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Finlandia/ Tino Väinämöinen, Russia/Ivan Braginski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A northen tale '
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*Autore: margherota
*Titolo: Colazione con l’ospite
*Fandom: Axis Powers Hetalia
*Personaggi: Ivan Braginski (Russia), Tino Väinämöinen (Finlandia).
*Genere: Introspettivo, Sentimentale, Malinconico
*Avvertimenti: One shot, Missing moment, Shonen ai
*Rating: Giallo
*Parole: 1329
*Prompt fanfic100_ita: 078. Dove?
*Prompt COW-T: prigionia
*Note: Parlo principalmente della “prigionia” finnica durante l’occupazione russa. In qualche modo la mia ff vuole essere collegata all’altra mia RuFin “Pupazzo di neve”.
Come dire, vorrei ancora una volta descrivere l’incapacità di Tino di accettare la presenza di Ivan. Infatti da questo nasce la domanda del finlandese riguardo Berwald, come se si fosse totalmente dimenticato la sua posizione. E vorrei far notare che una simile condizione non è altro che un rigetto della mente del concetto stesso di “prigionia”.


Tino aprì gli occhi, ritrovandosi il soffitto di un elegante baldacchino ad invadergli lo sguardo. Dovette sbattere qualche volta le palpebre per ricordarsi di essere sveglio e quindi allungare le braccia e le gambe sotto le coperte, ridestando i muscoli del proprio corpo. Sorrise, scoprendosi le spalle e alzandosi ritto sul materasso, guardandosi attorno e riconoscendo ogni singolo oggetto al suo posto.
La scrivania addossata al muro, il grande specchio posto esattamente sopra il comodino, la finestra e le tende chiare, il tappeto rosso per terra… Ogni cosa era esattamente lì dove l’aveva lasciata – e questo fu, in qualche modo, motivo di rassicurante constatazione, come se il cuore avesse bisogno in qualche modo di questi piccoli particolari per sentirsi più leggero.
Tino mosse il viso d’istinto, guardando di lato e vicino al suo corpo: si poteva notare una conca tra le pieghe del materasso, segno evidente che qualcuno, a parte lui, aveva passato la notte proprio in quel letto. Un pigiama ampio e bianchissimo era infatti abbandonato sopra le lenzuola.
Il giovane uomo sbadigliò, allungando ancora le braccia in aria e decidendosi, finalmente, ad abbandonare il proprio giaciglio. Con un gesto semplice allontanò da sé le coperte, perché le gambe nude venissero in contatto con l’aria fredda della mattina. Rabbrividì appena, ancora caldo del sonno appena abbandonato.
Dirigendosi allegro verso la brocca piena d’acqua posta sopra la superficie orizzontale del comodino, fece scappare lo sguardo all’esterno da cui la finestra lo isolava.
Neve, ovunque neve a confondere i lineamenti gentili del paesaggio. Neve, ovunque neve a rendere labili i confini tra la terra e il cielo.
Tino, senza badare all’inquietudine insolente, andò a lavarsi il viso con l’acqua fredda del catino.
Il riflesso che gli venne offerto dalla superficie dello specchio fu quella di un uomo allegro, dalla pelle liscia e rilassata, dalla coscienza fin troppo pulita e serena.
Non ci fece caso mentre portava le mani a raccogliere la giusta acqua e a portarle con il giusto impeto al viso, chiudendo ancora gli occhi al getto.
I sensi, dunque, si risvegliarono completamente, donandolo davvero alla meraviglia di un nuovo giorno.
Si allungò verso l’asciugamano, per raccogliere ogni goccia insolente che gli scivolava dal collo sottile – notò solo allora che era stropicciato, come se qualcuno l’avesse già usato in precedenza e non avesse avuto la pazienza sufficiente di piegarlo a dovere.
Sorrise quasi intenerito, nell’immaginare le mani pieni di calli di Berwald mentre, sbrigative, si preparavano al lavoro. Decise di fare in fretta a sua volta, per raggiungerlo il prima possibile.
Si vestì in fretta, recuperando da una sedia i propri vestiti. Con disinvoltura, dopo aver aperto la finestra sulla stanza, lasciò la camera alle proprie spalle, chiudendo definitivamente la porta dietro di sé.
Passò velocemente i corridoi larghi di casa, calpestando i ricchi e preziosi tappeti che si allungavano in ogni dove, senza pensare a nulla se non al profumo di pane cotto che veniva direttamente dalla cucina.
Alla fine, arrivò nella sala dei pasti, scorgendo solamente una figura seduta al grande tavolo.
Sorrise, ancora, senza aggiungere nulla, e la raggiunse con passo celere.
Si guardò attorno, cercando qualcosa con cui iniziare a mangiare.
Davanti a sé c’era del latte, pane semplice e pane al miele, gelatina di frutta e altri dolcetti dalla rassicurante forma di biscotto. Allungò la mano verso il recipiente dei cereali, cominciando a servirsi.
E mentre una seconda figuretta – minuta, discreta, quasi rassegnata a curvare la testa in basso – gli si affiancava, servendo nella sua tazza una buona dose di caffé forte, Tino finalmente alzò la testa in alto e incontrò il sorriso del padrone di casa.
-Buongiorno, Russia-san!-
Ivan gli sorrise, cordiale, socchiudendo appena gli occhi ad una educazione e una gentilezza quasi obbligate.
-Buongiorno a te, Tino!-
Il russo tornò a mangiare, senza dire una sola parola di più.
Ma prima che il cucchiaio di Tino potesse anche solo affondare nella tazza piena di latte e cereali, il finlandese non rinunciò a guardarsi attorno nuovamente, alla ricerca di un elemento mancante.
C’era qualcosa, in effetti, che proprio non gli tornava, e dopo averci a lungo pensato, dopo che anche Ivan si era fermato a guardarlo mentre voltava la testa in ogni direzione, alla fine si ricordò del nome che tanto voleva pronunciare.
Tornò a sorridere a Braginski, pieno di sincera fiducia.
-Dov’è Berwald?-
Il russo lo guardò senza capire, riparandosi dietro un sorriso cortese.
-Dov’è chi, Tino?-
Tino si ripeté, forse solo felice di poter ripetere ancora una volta proprio quel nome.
E anche se una certa, singola corda vibrava dolorosamente ad ogni lettera di quella parola, lui continuò a sorridere al suo ospite come se nulla fosse.
-Berwald, signore!-
Ci fu un lungo silenzio, nel quale Tino quasi temette di aver fatto un terribile sgarbo a Ivan. Quel silenzio, in qualche modo, lo rendeva ansioso, ma certo non capiva quali assurdi pensieri potessero occupare la mente del grande russo.
Alla fine anche Braginski tornò a sorridere, conscio di una nuova consapevolezza.
Si poteva leggere, se ben si guardava, una certa aspettativa nel tono della sua voce.
-Immagino arriverà presto a unirsi a noi, Tino…-
Tino non capì, ma volle fidarsi dell’altro.
-Sì, signore?-
Per una volta, Ivan fu davvero sincero.
-Me lo auguro con tutto il mio cuore…-
Tino alzò gli occhi al soffitto, immaginandosi il suo uomo occupato in qualche assurdo lavoro, probabilmente troppo intento a montare qualche nuovo marchingegno per condividere quel preciso momento con loro. Poco male, sarebbe andato a trovarlo appena finito il pasto.
Cominciò a mangiare la propria gelatina di more, ma al secondo boccone gli corse alla mente una seconda domanda.
Ingoiando veloce, si rivolse di nuovo a Ivan.
-Signore…-
Questi poggiò il proprio cucchiaio sul tavolo e con lo stesso sorriso di schermata rispose al richiamo dell’altro.
-Sì, Tino?-
Benché conscio dell’insolenza appena effettuata, Tino non rinunciò a fare la propria domanda, con quella giusta dose di lieve preoccupazione tipica di ogni parvente genitore.
-Dov’è Peter?-
E Ivan gli sorrise di nuovo, gentile e accomodante, rispondendo al suo dubbio e appianandolo, regalandogli nuova tranquillità.
-Assieme a Berwald…-
Infatti il finlandese ne fu davvero contento, e il suo sorriso si dipinse di nuova forza.
-Oh, ne sono contento!-
Immaginò Peter alle prese con martelli e chiodi – e qualche altro strumento di cui lui non conosceva neanche il nome, a essere sincero. Provò forse una punta di preoccupazione a quel proposito, ma subito ogni brutto pensiero andò via nel realizzare che, benché l’indole del ragazzino fosse indomabile e alquanto vivace, la presenza di Berwald poteva evitargli qualsiasi danno troppo considerevole.
Quindi tornò nuovamente a mangiare, lasciando che l’aria si riempisse dei semplici rumori di stoviglie e mascelle al lavoro.
Fu quando vide Toris comparire accanto alla figura di Ivan che i suoi occhi si fermarono di colpo, proprio in quel punto. L’altro ragazzo servì, in rispettoso silenzio, una fetta di pane bianco con canditi direttamente nel piatto del suo padrone che, senza dire una sola parola, cominciò a mangiare, tutto allegro e spensierato. Toris, dopo di questo, scomparve via velocemente, sparendo dietro una porta.
Tino, nuovamente, si rivolse al proprio padrone.
-Ivan-san…-
Ivan però questa volta non rinunciò al proprio boccone, ma semplicemente lo guardò in silenzio continuando a masticare.
E le parole di Tino vibrarono, per la prima volta, per un’ansia non del tutto sconosciuta.
-Dove mi trovo io, adesso?-
Ivan non gli sorrise, ma grave di facile irritazione, cercò di troncare il discorso subito. Aveva fame ed era stato interrotto già troppe volte.
-A casa mia, Tino…-
Il finlandese ripeté il concetto come un automa, con lo sguardo fisso nel vuoto davanti a sé.
-A casa sua, signore?-
Braginski si limitò a sottolineare il concetto.
-A casa mia, in russia…-
Silenzio. Tino restò immobile per qualche secondo di troppo, mentre tutta l’ansia che aveva relegato in un angolo troppo stretto della mente gli affollava di botto la testa, rendendolo incapace.
L’ultima cosa che gli comparve davanti agli occhi, prima di tornare al suo ospite e alla sua voce così gelata, fu l’espressione di Berwald e il suo martello da lavoro.
-Ti piace la colazione, Tino?-
Tino si voltò verso Ivan, cercando di rispondere al suo sorriso.
Non vi riuscì, e allora decise di occupare la bocca con del cibo e parole fredde. Sentendo, all'improvviso, tutto il peso delle catene invisibili che lo tenevano inchiodato a quella terribile prigione.
-Sì, signore…-
   
 
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