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Autore: _eco    08/10/2011    3 recensioni
Fissare due insipidi occhi trasparenti e tentare di riempirli della luce che animava quelli di Caroline era come prendere in giro sé stesso.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Caroline Forbes, Tyler Lockwood | Coppie: Caroline/Tyler
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Blondie and the Beast'
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Questa storia fa parte della serie The Blondie and the Beast 
Piccole modifiche apportate alle 19:51, grazie ad una piccola annotazione di Kikka94, che non smetterò mai di ringraziare.

Titolo:
Promesse crollate sotto il peso del tempo.
Personaggi: Tyler Lockwood, Caroline Forbes.
Pairing: Come se fosse utile specificarlo...CarolinexTyler, o Tyroline/Forwood che dir si voglia.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico e dosi quantificabili con il contagocce di Fluff.
Avvertimenti: Oneshot, Futureverse, Missing Moment.
Segnalazioni importanti dell'autrice: Sono sempre tentata di premere il tasto sull'indicazione OOC quando scrivo sul Forwood. Leggendo le mie vecchie shot con un occhio molto critico, e analizzando le varie recensioni critiche/neutre che mi sono state lasciate, ho riscontrato alcune incongruenze con quelli che sono i personaggi realmente.
Questa shot è frutto di un lavoro accurato e dettagliato.
Mi sono impegnata, ho fatto una scommessa con me stessa e la mia capacità di scrivere qualcosa che, rileggedola, non mi faccia venire da vomitare, ecco.
Ho solo un lieve gorgoglio nello stomaco, e diciamo che andiamo migliorando.
Ora vi dò qualche informazione previa lettura della shot che vi aiuteranno a comprenderne il significato:
- Punto primo: La shot è divisa in tre parti fondamentali. La prima è un sogno, ma anche un Missing Moment, perchè raffigura un momento che nel telefilm non ci hanno fatto vedere. Ricordate la puntata 3x02? E quella sorta di "gabbia" dove Tyler ha chiuso mamma Lockwood durante la trasformazione? Ecco, la shot si basa molto su questa...ehm...gabbia di ferro.
- Punto secondo: Come molte altre autrici tanto più capaci di me hanno fatto, anche io ho immaginato un futuro per Tyler. Leggerete cosa ho programmato per lui fra le righe della shot. Mi basta soltanto dire che, per quanto mi riguarda, Tyler avrà una bambina che chiamerà Jules (forse anche un maschietto, ma non è ancora spuntato in nessuna mia storia, quindi mi limito alla piccola principessa di papà), e si sosperà con una donna - sai che sorpresa! - alla quale solo adesso ho dato un nome.
- Punto terzo: Scusate se ho scritto delle note così lunghe, ma credo sia doveroso qualche chiarimento sullo svolgersi della fanfiction.
Spero nelle vostre recensioni, e non ripeterò mai abbastanza quanto mi potrebbero servire le vostre critiche e i vostri consigli.



Promesse crollate sotto il peso del tempo
 

Ogni passo suonava attutito, quasi strozzato. Le immagini apparivano offuscate, circondate da un alone grigio di mistero; i contorni sfumati. Nonostante Tyler fosse cosciente di essere nient’altro che un ospite silenzioso in una realtà lontana, riusciva ancora a percepire il profumo fresco di Caroline fondersi al puzzo di stantio e umidità emesso dalle pareti grigie, testimoni di brutali trasformazioni, custodi di inimmaginabili segreti.
« Uno, due, tre…Hai fatto mettere cinque lucchetti? », trillò Caroline, afferrando pian piano i cinque oggetti di metallo.
I lucchetti tintinnarono fra loro, facendo eco alla squillante voce della ragazza.
« Abbondare non guasta mai », recitò Tyler, poggiandole un bacio sulla fronte, « e promettimi che li userai tutti e cinque ».
Caroline storse la bocca e aggrottò le sopracciglia, tamburellando con le dita sui jeans.
« Prometto di barricarmi dentro la gabbia », borbottò la vampira, curvando le spalle.
« Non scherzarci troppo. », la ammonì lui, « E’ la prima volta che assisti a tutta la trasformazione, e se il ferro dovesse cedere…».
Quella di Tyler era un’ipotesi da lasciare in sospeso, che Caroline lo avesse interrotto o meno. Soltanto immaginare gli smussati denti da lupo che affondavano nella sua pelle diafana, faceva sì che uno spesso nodo gli si attorcigliasse nello stomaco.
« Non cederà », aggiunse lei, rassicurando più sé stessa che Tyler.
 
La fronte madida di sudore e percorsa da lievi rughe, le gote rosse per il caldo, e sottili fili color inchiostro sparsi per il viso, Tyler si svegliò di soprassalto.
Da qualche mese gli capitava di rivedere in sogno scorci di una vita che lui preferiva ritenere conclusa, nonostante fossero passati soltanto una decina d’anni.
Per un periodo imprecisato, Tyler aveva finito col desiderare di possedere anche lui un tasto per spegnere tutto e procedere per la propria strada, scavalcando con un lungo passo i rimasugli del passato.
Sarebbe stato tutto molto più semplice. Cancellare ciò che era stato avrebbe impedito al suo cuore di galoppargli in petto ogni qualvolta incontrava una figura slanciata dai voluminosi capelli biondi, incapace di non collegarla a Caroline.
Si era ripromesso di non incappare mai più in una ragazza che le somigliasse anche vagamente.
Stupido, forse.
Fissare due insipidi occhi trasparenti e tentare di riempirli della luce che animava quelli di Caroline era come prendere in giro sé stesso.
Alice era stata perfetta sin dal primo istante in cui l’aveva guardata, quasi per caso.
Occhi nocciola, riccioluti capelli di miele e un dolce sorriso sulle labbra sottili e rosee.
Era perfetta, in primis, perché non le somigliava per niente.
Perlomeno, alzare il velo trasparente e scoprire il tondo viso piuttosto che l’ ovale candido di una bellezza congelata nel tempo, non era stata un’illusione.
E, col tempo, Tyler si era persino abituato a risponderle con un sorriso, a sorprenderla con un tenero bacio e ad osservarla sciacquare i piatti dal tavolo della cucina, alzando di poco lo sguardo da agenda e calcolatrice – aveva preso l’abitudine di annotare ogni uscita ed entrata dal punto di vista economico.
Una calda fitta gli toccava il petto ogni qualvolta Alice raccoglieva da terra i giocattoli di gomma che la loro vivace bambina lanciava un po’ dappertutto, sempre con quell’innocente sorriso sulle labbra, due fossette appena accennate agli angoli della bocca.
Se Tyler avesse dovuto dare una definizione alla parola “tenerezza”, avrebbe subito immaginato il volto sereno di Alice, le gote arrossate per la frenesia della giornata quasi conclusa, le lenzuola candide che contrastavano con la pelle olivastra; avrebbe accantonato il ricordo di una ragazza malconcia legata brutalmente ad una sedia di metallo, le braccia cosparse di increspature rossastre per via del sole, il viso stanco e i luminosi occhi color mare ridotti a due acquerelli spenti.

La sua fuga, però, non era durata a lungo.
Per uno strano scherzo del destino, la piccola Jules conservava sul viso due fotogrammi che immortalavano un mare calmo e piatto, scosso da leggere sfumature verdi.
Gli stessi occhi di Carol: dell’amorevole nonna che, poggiandosela sulle ginocchia, le raccontava fiabe che Tyler ricordava a malapena di aver sentito.
Eppure, osservando le ingenue iridi divenire più chiare ad ogni giorno che passava, traversate, ogni tanto, da un luminoso bagliore, il suo petto si riempiva di calore, cominciava a scoppiettare senza tregua, e la mente – povera e impotente – combatteva contro il desiderio di rivedere, nel giovane sguardo di Jules, quello di Caroline.
 
 
Tyler sfiorò con le dita la struttura di ferro ormai parecchio arrugginita, incassata fra un muro e l’altro.
La fronte s’increspò, gli occhi d’inchiostro fissarono per interminabili istanti l’asta scura e ruvida – inclinata a causa del tempo –, quasi a sfidarla.
I lucchetti giacevano immobili, pietrificati fra loro e colmi di polvere.
Nessuno entrava lì dentro da anni, ormai.
La panca di legno che tempo prima Caroline vi aveva trasportato non si era mossa di un centimetro, così come il plaid sfilacciato e bucherellato – tanto per camuffare il marciume del legno – che Tyler non aveva avuto il coraggio di rimuovere.
Quell’angolo era rimasto immutato, forse l’unica cosa dalla quale Tyler non si era ostinato a fuggire.
Scoprire il difetto che il tempo e l’umidità vi avevano scolpito sopra – quel leggero smussamento sul ferro, la fatica nel far entrare la chiave nei lucchetti – somigliava al preavviso di una sconfitta.
E a Tyler, benché avesse imparato a reprimere il suo animo da ragazzino viziato e bramante di vittoria già da un po’, perdere non piaceva; tanto più contro un’insulsa gabbia che lui stesso aveva fatto costruire.
L’impulso, la sua istintività quasi animalesca, non era andata via.
Un rumore sordo si diffuse per tutto il sotterraneo, il martello sbatté con violenza contro il ferro, il pavimento di pietra tremò sotto il peso della struttura decadente.
La trappola che fungeva da scudo per Caroline durante le notti di plenilunio si sgretolò come sabbia al vento.


 

« Non cederà ».

 

 

Pronunciando quelle parole, Caroline aveva costruito una promessa alla quale Tyler si era aggrappato.
Fiducioso e ingenuo.
Ci aveva creduto davvero, sorretto dal pensiero di una mano gelida sul viso dopo una notte di fuoco.
Si era messo contro il solo  ricordo che non avrebbe mai voluto spegnere, con l'unico intento di perfezionarlo.
E lo aveva distrutto.


 

  
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