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Autore: CatharticMoment    08/10/2011    1 recensioni
Quante volte l’aveva accusata di non capire?
L’aveva accantonata con il pretesto che tanto non sarebbe mai stata in grado di comprendere.
Eppure mai una volta si era premurato di parlarle, di spiegarle. O semplicemente di fidarsi.
Lui non voleva renderla partecipe. Lui non la voleva nella parte più importante della sua vita.
Come era arrivata a quel punto?
Quando aveva deciso di accettare tutto quello?
Genere: Angst, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali:


Vorrei dedicare questa Os alla persona che mi ha saggiamente insegnato una cosa:
Il vero amore non è quello con il quale trascorriamo il resto della nostra vita, ma quello che amiamo, per il tutto il resto della nostra vita.
E purtroppo, nella maggior parte dei casi, le due cose difficilmente vanno di pari in passo.


Nel caso in cui vi sorgesse la domanda durante o alla fine della lettura.. l’amore che ho cercato di descrivere tra Bill e Tom NON RIGUARDA ASSOLUTAMENTE UN RAPPORTO INCESTUOSO, UN LEGAME FISICO O QUANT'ALTRO, ma semplicemente amore fraterno, esteso a tutte le percezioni che ogni singola persona ha dell’amore stesso. Nel mio caso ed in QUESTO CASO, qualcuno senza la quale non si può vivere. 











TUNING TABLES



Song

http://www.youtube.com/watch?v=dx7sLNyIeQk










Sara era seduta sola, alla fermata dell’autobus.
Su una panchina di quel paese che non era il suo. A dire la verità neanche lo conosceva.  
Il cuore le pulsava elettrico di rabbia, il sangue bruciava ogni singola vena del suo corpo  impedendo alla ragazza di calmarsi.
Le tempie martellavano duro, scandendo il ritmo di tutte quelle urla che le avevano spaccato i polmoni.  Alcune lacrime si affacciarono dagli occhi chiusi, stanchi e doloranti. 
Era sabato pomeriggio, e attorno a lei, le persone sembravano avere un’esistenza così tranquilla.
Un gruppo di giovani ragazzi chiacchierava ridacchiando, allegri.
Un piccolo cane nero si era stravaccato a terra con il muso annoiato, mentre la sua padrona gustava di buon grado il primo gelato della stagione.
Voleva tornare a casa, ma non sapeva quando passasse la corsa.
Si sentiva stremata.
Emetteva dei respiri lunghi e profondi.
Ad ogni boccata d’aria la gola pizzicava sempre di più per quante urla avesse cacciato.
Si stava preparando da giorni a quella litigata.
 Sapeva che sarebbe stata tosta, ma anche l’ultima.
Era certa che presentandosi a casa sua a sorpresa, quel pomeriggio, avrebbe trovato Bill a ridere insieme ad un’altra persona.
Una persona che lo rendeva sereno, che lo proteggeva e rassicurava sempre.
Quando era andato ad aprire si pietrificò all’istante.
Spegnendo dal viso un sorriso felice che non era mai stato indirizzato a lei.
C’era andata apposta, per impedire ai suoi occhi di poter negare anche quella verità.
Ma quella persona non era lei. Non lo sarebbe mai stata.              
E Dio solo sa, quanto avrebbe voluto esserlo.
Almeno poterne avere la possibilità.
Erano spropositatamente diversi Bill e Sara, due mondi isolati che per puro caso si erano incontrati.
Troppo diversi ed unici, per poter vivere separati.
Troppo diversi ed unici, per poter stare insieme.
Difatti nessuno dei due riusciva a chiudere quella storia senza senso.
Preferivano mentirsi, odiarsi o non vedersi per giorni.
Eppure l’idea di porre fine a quel massacro emotivo non sembrava neanche essere stata presa in considerazione.
Ora che ci pensava meglio, Sara stentava a credere che ci fosse davvero stata la loro relazione.
Ma in realtà era la storia di Sara, e basta.
Un amore a senso unico, dove Bill faceva di tanto in tanto, qualche comparsata ad effetto.
Era lei che lottava per riuscire a stare insieme.
Che gridava, piangeva e si disperava per ricevere almeno un po’ di calore.
Bill era sempre taciturno, calmo. Non si scomponeva mai.
Non gli importava se la sua ragazza si stesse macerando dall’interno.
Ma in fin dei conti, se possiedi già l’amore che alimenta la tua vita, le altre cose passano tutte in secondo piano.
Quando lei piangeva, lui la stringeva forte e le prometteva che sarebbe cambiato.
Che tutto sarebbe stato diverso.
La baciava piano e con dolcezza, ammettendo di essere uno stronzo.
Ma che non poteva fare a meno di lei.
Però Bill l’aveva sempre tenuta sulla porta, fuori dalla sua vita.
Decidendo accuratamente il momento in cui farla entrare. 
E per quanto Sara potesse sgomitare per avere un po’ di quell’amore, sarebbero state comunque briciole.
Si sentiva come la spettatrice invisibile di un film assurdo, nel quale qualcuno stesse vivendo la sua vita, al suo posto.
Bill aveva mai provato davvero qualcosa per lei?
O gli era servita solo per permettergli di capire che in realtà amava un’altra persona?
Che c’era da sempre, radicato nel profondo, in maniera viscerale.
Non poteva vincere contro quel tipo di legame.
Non voleva vincere, e neanche competere.
Non avrebbe mai immaginato di doversi confrontare con una realtà come quella.
Come poteva immaginare, di doversi litigare le attenzioni di Bill, con Tom?
Sinceramente, si era resa conto che, per il ragazzo ormai non rappresentava neanche un’opzione.
Quante volte l’aveva accusata di non capire?
L’aveva accantonata con il pretesto che tanto non sarebbe mai stata in grado di comprendere.
Eppure mai una volta si era premurato di parlarle, di spiegarle. O semplicemente di fidarsi.
Lui non voleva renderla partecipe. Lui non la voleva nella parte più importante della sua vita.
Come era arrivata a quel punto?
Quando aveva deciso di accettare tutto quello?
 
Attendeva con estenuante pazienza l’autobus.
Non le importava neanche controllare da quanto tempo fosse li in attesa.
Non era un’informazione necessaria al momento.
Per quanto provasse a scacciarle, nella testa tornavano incessanti le poche e sconnesse frasi che si era scambiata con Bill, prima che il mondo le crollasse addosso.
Era rimasto sorpreso ed infastidito per quell’improvvisata.
Stava giocando alla Play Station con il gemello, che era rimasto seduto sul divano senza dire nulla.
A Sara, gli sguardi profondi di Tom le sembravano fin troppo compassionevoli.
Non era andata li per impietosire nessuno.
Non cercava commiserazione.
Tollerava a fatica quella maledetta sensazione di essere stata lei ad intromettersi tra loro due.
Le tremava la voce, le veniva voglia di vomitare e le sue mani ansiose cominciavano a tremare.
Si era imposta di non guardare gli occhi caldi e grandi del moro, mentre metteva fine a quella storia.
Elencava quasi religiosamente tutti i motivi per cui lo stava facendo.
Pronunciando anche quelle parole, proibite  e sempre negate, che Bill non avrebbe mai avuto il coraggio di dire.
Gli stava sbattendo in faccia la verità, quella che lui non le aveva mai concesso di sapere.
A quelle assurde accuse, anche Tom si alzò per venirle incontro, con uno sguardo torbido e preoccupato.
L’aveva pregata di entrare e parlare con calma. Di affrontare la situazione,  e chiarire con Bill.
Che avrebbe ottenuto le risposte che aspettava da tempo. Il ragazzo si passò frustrato una mano tra le folte treccioline, ammettendo che era giusto che lei sapesse.
Le urla iniziavano ad aleggiare nel salotto, tuonando disperate nelle orecchie dei tre ragazzi.
Sara guardava al limite dello shock prima l’uno, e poi l’altro.
Non riuscendo proprio a decifrare quel pallido tentativo di Tom, di incollare un vaso rotto. Di intercedere per Bill, e decidere cosa fosse meglio per il fratello.
D’altro canto il moro continuava a fissarla, ripetendo quanto gli dispiacesse fino a che Sara non gli sbraitò contro di tacere.
Adesso le loro spiegazioni non le interessavano più.
Era stufa degli abili rovesciamenti di situazione, da parte dei due.
Sapeva che sarebbe dovuta andare.
Non poteva rimanere, restare li, a farsi soggiogare per altri interminabili mesi.
Salutò con un timido sorriso Bill, reprimendo un singhiozzo.  
Meglio sparire prima che sarebbe scoppiata in lacrime.
Mentre si allontanava dalla casa dei gemelli, avrebbe voluto tanto avere la forza di farsi una promessa.
Quella di guardare avanti senza voltarsi mai.
Avere la certezza che non si sarebbe più voltata indietro, e che non avrebbe mai più amato così dolorosamente. Ne pensato a Bill. Mai più.
Sbuffò a ridere disincantata, attirando l’attenzione di alcuni passanti.
La sola cosa che sapeva in quel momento, era che sarebbe tornata a tormentarsi su quella scelta per molto tempo ancora.
Che sarebbe passato parecchio prima che la sua anima ritrovasse pace.
 
 
Mentre tornava a casa, il suo cellullare aveva vibrato un paio di volte.
Esattamente come ogni volta, Bill in preda ai sensi di colpa e reduce da un lungo esame di coscienza, era pronto a rincominciare. Non poteva stare senza di lei, anche se gli riusciva parecchio bene.
E non poteva fare a meno di Tom.  
Socchiuse gli occhi, sospirando appena.
Poi tornò a guardare dal vetro, osservando indifferente la città intorno a lei.
Pregando per se stessa, affinché quella sofferenza si affievolisse il prima possibile.
Solo il tempo avrebbe potuto aiutarla.
Sara sapeva che già l’indomani mattina, il dolore non sarebbe stato così attanagliante.
Si sarebbe svegliata e sarebbe uscita, a continuando a vivere.
 
Lasciando che un tiepido sole di fine aprile la scaldasse.
Avrebbe respirato a fondo, ogni qualvolta il suo pensiero fosse tornato su Bill, permettendo al suo cuore di assimilare la stretta raggelante.
Sapeva che sarebbe successo.
Si sarebbe innamorata di nuovo.
Portandosi per sempre il ricordo di quell’amore che le aveva spezzato il cuore. Blindandolo in una parte del suo cuore che con il tempo, sarebbe diventato un angolo buio e inaccessibile per chiunque.
La ferita si sarebbe rimarginata, ma la cicatrice l’avrebbe sentita sempre, sulla sua pelle.
Quell’amore si sarebbe spento, ma non lo avrebbe mai dimenticato.
Neanche tra mille anni.
Amava davvero Bill. Talmente da tanto da accettare di lasciarlo a qualcun altro.
Gli occhi di Sara presero a lacrimare di nuovo. Una smorfia di dolore deformava il suo viso.
Quel sorrise ammaliante non si sarebbe mai spento dentro di lei.
Socchiuse appena gli occhi, scacciando via le lacrime.
Era arrivata a casa, distrutta.
Si gettò a letto sprofondando nel materasso, coprendosi con le coperte fino a sparire.
Aspettando che il sonno donasse un po’ di tregua ai suoi occhi.
Al suo cuore.
Aspettando di far sbollire il cervello.
Aspettando, e basta.















  
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