Giaceva immobile da ore su quel pavimento gelido. Gli occhi socchiusi, perduti in luoghi e tempi indecifrabili, vagavano sull’intonaco scrostato del soffitto, stanchi, vuoti. Nella mano destra reggeva una pistola. Una gelida, piccola arma. Ed ansimava. Non che avesse corso o fatto qualche particolare sforzo fisico. Forse era la paura ad attanagliargli i polmoni e ad impedire il passaggio completo dell’ossigeno.
Presto avrebbe utilizzato quell’ultimo colpo in canna. E quel piccolo proiettile di piombo sarebbe finito a bloccare il suo muscolo primario per sempre.