We are just
a Light in the Darkness
When this world seems mean
and cold,
our love comes shining red and gold.
L’oscurità
della notte accende ogni luce. Fari, torce,
lampioni. Qualunque scintilla risplende nel buio inebriando di calore
il giorno
ormai andato.
Quando
il sole sparisce la gente ha paura, teme le tenebre,
paventa l’ignoto, per questo con ogni mezzo illumina strade,
stanze e locali.
L’uomo
non accetta l’oscuro, pertanto combatte la notte.
Arriva
un momento in cui però i bambini vanno a dormire e
gli adulti si rintanano in casa, tutto
si spegne e la luce sparisce. È proprio in quel momento che
gli incubi peggiori
prendono forma e diventano concreti, e solo chi ha una luce immortale,
che
splende davvero, riesce a salvarsi.
Loro
quella luce l’hanno trovata e la stringono stretta per
non farla scappare, perché non sopporterebbero
un’esistenza nell’oblio.
Le
braccia di Roy stringono il suo amato in un abbraccio
interminabile governato dalla passione che guida i loro gesti. Posa
baci prima
lievi e poi voraci sul suo collo, desideroso di lasciare un segno su
quella
pelle immacolata. È assalito dalla brama di quel corpo che
fino a pochi minuti
prima ha posseduto concedendosi il piacere proprio della notte.
Nulla
riesce a interrompere quei gesti, tranne le parole che
discrete li accompagnano. Sono poche ma intense frasi quelle che
accostano il
loro amarsi quando la luna li osserva e li ascolta parlare.
«Non
te ne andare, Roy, resta con me.» mormora Edward
col grande sforzo
dovuto alla mancanza di fiato.
Annaspa
tra i propri respiri con il tepore che le dolci
carezze gli concedono, mentre un velo di malinconia ricopre i suoi
occhi
riportando alla mente sventurati ricordi.
«Non
me ne vado, Ed, non ti lascerò mai»
risponde Roy sorridendo.
Cerca
di portare conforto con le parole sicure, ma spostando
le mani sul suo viso, si accorge di aver fallito. Il calore delle dita
viene
attenuato, così come la fiamma che inarrestabile avvampava
nel suo cuore.
L’acqua
spegne sempre il fuoco, è una legge senza eccezioni.
«Ehi,
no, non piangere... cosa è successo?»
Le
mani cominciano a muoversi prima lentamente, poi con
l‘avventata frenesia di chi è colmo di
disperazione. Cerca di fermare qual
processo nella piena consapevolezza del suo ruolo. Non vuole vederlo
soffrire,
anche se in fondo lo sa, sono le sue fiamme che stanno fondendo
quell’oro.
Quando
avevano dato inizio a quel rapporto lo aveva giurato
a sé stesso, l’avrebbe protetto da tutto e da
tutti, anche dall’intero mondo se
fosse stato necessario. Ma ora, a distanza di qualche mese, si accorge
di non
aver tenuto fede alla sua promessa, di aver miseramente fallito. La
campana di
vetro che aveva creato intorno a lui era divenuta sempre più
fragile creando
crepe da ogni parte, e così il nemico era penetrato,
infrangendo la sua quasi
impenetrabile muraglia.
Dopotutto
è impossibile combattere qualcosa di invisibile,
di astratto.
Edward
non era mai stato dotato di un temperamento calmo, né
tantomeno di una grande ragionevolezza, poiché, da testa
calda qual’era, non
perdeva un minuto ad infuriarsi per la benché minima cosa;
deteneva in
compenso, a discapito di ciò che si poteva intuire dai suoi
infantili
comportamenti, un’intelligenza fuori dal comune, che a pochi
era data
utilizzare. Diventare alchimista di stato all’età
di soli dodici anni non era
di certo una cosa da tutti, e la sua capacità di
trasmutazione non si poteva
definire affatto ordinaria, soprattutto se considerata la –
seppur fallita –
trasmutazione umana. Era quindi inconcepibile per lui non riuscire a
trovare la
risposta a una domanda tanto semplice.
Cosa
diavolo stava accadendo?
Certo,
era consapevole di trovarsi abbracciato al Colonnello
Mustang, come era consapevole del contatto che stava avvenendo tra le
loro
bocche e delle loro lingue che, inibite dalla passione, continuavano ad
amoreggiare tra loro, ma ciò che non riusciva proprio a
capire era come una
semplice frase, poche e insignificanti parole, gli avesse fatto perdere
totalmente
la coscienza delle proprie azioni. Gli era bastato quel
“Credo di amarti” e
un’espressione un po’ dispiaciuta per cadere ai
suoi piedi, ennesima vittima di
quel fascino tanto ribelle quanto misterioso. Già da qualche
tempo i battiti
del suo cuore avevano cominciato ad accelerare in presenza del
Colonnello, e il
suo animo non poteva far altro che provare tensione ogni volta che si
ritrovavano soli, ma mai si sarebbe potuto immaginare di poter arrivare
a
tanto.
Roy
dal canto suo, avendo comunque una maggiore maturità ed
un numero incalcolabile di relazioni, aveva subito riconosciuto quel
sentimento,
inizialmente troppo giovane, ma che con il passare del tempo si era
trasformato
in amore. Lui stesso in un primo momento aveva rifiutato con
razionalità le
proprie emozioni, accorgendosi solo dopo di non poter sopprimere i
sentimenti, né
di fronte ad uno specchio, né di fronte ad Acciaio.
Ciò
che aveva fatto era stato azzardato, sciocco, ma
estremamente riflettuto: non sarebbe più riuscito a
trattenersi.
C’era
chi una cosa del genere non l’avrebbe mai fatta, e chi
invece non ci pensava sopra due volte a dichiararsi, e lui, come
quest’ultima
categoria di persone, aveva preso coraggio e compiuto quel mirabile
gesto,
consapevole del fatto che l’oggetto del suo amore fosse un
altro uomo, un
ragazzino di quindici anni per giunta. Forse era sbagliato, forse
immorale, ma
in quel momento non gliene importava nulla di ciò che menti
benpensanti
potessero ritenere. In quel momento c’erano solo loro due.
Si
staccò per riprendere fiato, mantenendo però gli
occhi fissi
sul suo collo. Una piccola macchia rosea lo deturpava su un lato
lasciando
facilmente intendere la sua natura, richiedendo quindi, per giorni a
venire, la
presenza di una sciarpa.
«Si
rende conto di ciò che ha detto?»
chiese Edward con voce ferma.
Sulla
faccia di Roy comparve un sorriso che in meno di un
secondo si trasformò in una fragorosa risata.
«E
tu ti rendi conto di ciò che abbiamo fatto?»
rispose divertito.
Era
difficile per entrambi capacitarsi della situazione in
cui si trovavano, persino per il Colonnello, che mai si era visto ad
affrontare
un sentimento così forte. Le sue erano state tutte fugaci
storie guidate da
passione ed eccitazione, il romanticismo era sempre stato messo da
parte e lì
dimenticato. Nessuna parola dopo un rapporto, nessuna colazione in
compagnia,
neanche un saluto alla separazione, ciò che la sua mente
ricordava erano solo
numerosi ed infiniti ansimi. Aveva sempre vissuto una vita costruita da
attimi
frugali e brevi avventure, senza mai fermarsi veramente a riflettere
sulla sua condizione.
Pochi progetti, nessuna preoccupazione. Viveva alla giornata, e gli
andava bene
così.
Qualcosa
però era cambiato negli ultimi tempi, lui stesso si
era scoperto diverso. Continuava a pensare ad un futuro non imminente,
facendo
piani su piani, costruendo impossibili utopie. Un progetto lo aveva, ma
bisognava lavorare ancora molto per realizzarlo.
«Forse
abbiamo sbagliato» mormorò Edward
incrociando le
braccia. Aveva riassunto quell’atteggiamento un po’
distaccato ed orgoglioso.
«E
perché mai, se mi è concesso saperlo?»
chiese di rimando.
Vide
i suoi occhi assottigliarsi e farsi subito più duri.
Era abituato ai repentini cambi d’umore di quel ragazzino e
la sua scontrosità
non lo sorprese. Nel tempo aveva imparato a conoscere i motivi che lo
spingevano ad assumere un comportamento così duro verso
chiunque ogni qual
volta si presentasse una minaccia, poiché era quello per lui
l’unico modo per
apparire più forti, meno fragili. Creava un muro per
difendersi dal mondo.
«Siamo
due uomini!» urlò il biondo in faccia
al suo superiore.
Dopo
quello strillo il silenzio regnò sovrano per qualche
secondo, fino a quando, poi, la risata di Roy tornò a farsi
viva ancora più
forte e rumorosa di prima.
«Se
fosse stata una buona ragione non mi avresti baciato».
Portò
la mano dietro la nuca, accarezzando i biondi capelli,
stringendolo a sé, ed ormai coscienzioso dei suoi atti
riprese a bacialo con
ancora più brama,
Lo
avrebbe protetto lui dal mondo, era una promessa.
Riesce
quasi a sentirla, Roy, il sofferenza che attanaglia
il suo amato, la percepisce da ogni suo gesto. Il respiro affannato, il
volto
bagnato, tutto è colmo di quel male che gli appassisce
l’animo. Hanno visto la
luce della vita attenuarsi troppe volte, e mantenerla accesa
è ancora così
arduo.
Edward
d’altronde la conosce bene, la vita, come conosce
bene anche la sensazione che dal calar del sole lo tiene stretto nella
sua
morsa fatale. È la paura per il futuro, la consapevolezza
del proprio passato e
quella pericolosa conoscenza del mondo che, ne è convinto,
lo porterà alla rovina.
Sa
che non sempre l’ignoranza è causa di dolore,
poiché come
ogni genio lui soffre ed è infelice.
Ode
appena la voce del Colonnello e si riprende dai suoi
pensieri spostando lo sguardo verso il firmamento che il velo della
notte ha
reso oscuro, beandosi del lieve chiarore emanato dagli astri.
«Ho
freddo.» constata solamente.
Non
ci sono più lenzuola a coprirlo, né tantomeno il
piumone
che sin dall’inizio di quella serata era venuto a mancare,
scaraventato in
qualche recondito angolo della stanza dalla passione che alimentava i
loro
gesti. Dopotutto l’autunno è appena iniziato e le
temperature non si sono
ancora abbassate.
«Ti
sei raffreddato?» chiede Roy riassumendo la
calma.
Poche volte prima di questa il panico si era così
impadronito della sua mente,
cacciando la ragione che sempre l’aveva governata.
Sente
ancora quel brivido d’angoscia risalirgli la schiena
mentre tutti gli altri sentimenti vanno attenuandosi. Il suo cuore
è vagabondo
nel terrore, ma il volto rimane sereno, complice della pantomima che
questa
notte sta mettendo in atto.
Sposta
appena la mano sulla sua schiena trasformando il
movimento in una carezza leggera, quasi a volerlo riscaldare con la
discrezione
di quell’atto.
«Hai
mai provato la sensazione di sentirti terribilmente inadeguato? Di non
meritare
ciò che hai?»
Sente
il sentimento di inquietudine tornare, non come un
brivido, solamente un forte e prolungato tremore che lo porta a
vacillare. Lo
scuote dall’interno mentre il respiro diventa più
veloce.
«Credo
di aver sbagliato tutto. Sono stato tracotante, egoista, ho fatto
soffrire troppe
persone.»
Edward
stringe le mani a pugno, infilando le unghie nella
carne nel disperato tentativo di sfogare la sua rabbia.
«La
vita mi è sempre stata ostile, ma probabilmente non fatto
abbastanza.»
Roy
Mustang non era mai stato un uomo malinconico, né
tantomeno aveva mai amato perdersi negli sconfinati meandri dei suoi
ricordi,
ritenendo ragionevole la decisione non riportare alla mente episodi
negativi
che avrebbero potuto nuocere al suo buon umore. Era una persona decisa,
che
portava avanti le sue battaglie senza mai guardarsi indietro. Quando
gli
capitava di imbattersi in persone, giovani o anziane, prese nel leggere
una
vecchia lettera o nel riguardare fotografie, la sua mentre di colpo si
riempiva
di turbamento ed una domanda, prima delle altre, sopraggiungeva. Perché?
Rimembrare
avvenimenti passati, tornare sui propri passi,
non considerava queste tattiche vincenti né tantomeno
vantaggiose, ma solamente
futili ed improduttive perdite di tempo. Quando quella mattina
però, cercando
alcuni documenti in scaffali impolverati si era imbattuto in una
vecchia
lettera giallognola all’apparenza molto banale, non era
riuscito a desistere
nella tentazione di aprirla e rileggere così, forse per la
centesima volta, le
parole che al tempo che fu non ebbe il coraggio di dire.
Ripensandoci
in quel momento, più che una lettera, sembrava
la trama di uno di quei romanzi di protesta scritti da oppositori
politici, o
più propriamente una dichiarazione, un’ammissione
delle proprie colpe.
Ad
una lettura veloce le parole che risaltavano agli occhi
erano sicuramente diverse e numerose, forse perché scritte
con una grafia meno
precisa, forse per il loro significato. In particolare però,
a distinguersi
dalle altre, c’era una determinata frase, che più
di tutte gli era costata
tempo e fatica, e che mai sarebbe riuscito a pronunciare.
Ho
ucciso così tante persone che ormai una in più
non farebbe nessuna differenza.
Non provo nulla quando do fuoco a qualcuno.
La
lesse con lentezza, ad alta voce, scandendo ogni parola.
Un brivido lo percorse per tutto il corpo, fermandosi solo in cima:
nonostante
il tempo non riusciva ancora ad accettare la realtà dei
fatti.
Il
Colonnello Mustang era sempre stato una persona dalla
forte personalità
e dai saldi ideali;
deciso, risoluto e ribelle a tempo debito. Venuto al mondo con un
grande senso
di giustizia insito un lui, era entrato a far parte
dell’esercito grazie a
chiari obietti e ad una determinata e forse infantile utopia di uno
stato
perfetto, senza soprusi e iniquità. Mai si sarebbe aspettato
di divenire lui
stesso la causa di quelle ingiustizie che tanto detestava.
Appena
sentì il rumore di una mano che batteva sulla salda
porta di legno si riprese dai suoi pensieri, mormorando un
“avanti” appena avvertibile.
«Colonnello,
c’è qui Edward Elric di ritorno da Resembool»
disse
a gran voce una donna dalla soglia della stanza. Dietro di lei
l’Alchimista
d’Acciaio, ancor prima di udire il consenso del superiore,
entrò a grandi marce
raggiungendo la sua scrivania. Braccia incrociate e gran broncio sul
volto.
«Felice
di rivederti Acciaio. Ti sei goduto le tue vacanze?»
Non
vide l’auto-mail nuovo di zecca sbattere sulla scrivania
di ciliegio, ne sentì solo il rumore, e ciò
bastò per capire l’intensità, non
certo discreta, del colpo. Era un miracolo che non fosse crollato nulla.
«Vacanze?
Lei le chiama vacanze?! Ha idea delle atroci sofferenze che ho dovuto
subire
durante le mie vacanze?»
enfatizzò volontariamente l’ultima parola,
caricandovi dentro tutta la rabbia
che aveva in corpo. «Non
immagina cosa significhi sopportare per così tanto tempo il
Maggiore Armstrong!»
Roy
conosceva Edward ormai abbastanza bene da sapere tutto
su di lui, e non si sorprese infatti di quell’atteggiamento,
ma l’ilarità che
spesso infondeva con i suoi comportamenti certamente discutibili
innescava
nella gente reazioni ben difficili da controllare e del tutto succubi
del velo
di follia che accompagnava ogni azione dell’alchimista. In
parole povere, era
difficile desistere dal ridere.
Si
sorprese quindi lui stesso di aver mantenuto in faccia la
serietà con la quale aveva cominciato quella conversazione
partita
all’apparenza come tante altre, trasmettendo inoltre il
turbamento all’Elric
davanti a sé.
«E’
successo qualcosa, Colonnello?» chiese Edward
assumendo una maggiore
compostezza. Gli era capitato poche volte di vedere Mustang in quelle
condizioni,
e ciò non presagiva nulla di buono.
I
suoi occhi dorati, ancor prima di ascoltare la risposta,
furono indirizzati verso la lettera che il Colonnello teneva tra le
mani. Dal
colore e dalla quantità di polvere che la ricopriva ne si
poteva facilmente
intuire la vecchiaia.
Anche
gli
occhi di Roy si spostarono andandosi a posare sul chiaro firmamento
oltre la
finestra spoglia da tendine.
«Riflettevo,
nulla di importante, solo vecchi fatti lasciati marcire nel
dimenticatoio.»
Il
cigolare dell’auto-mail si allontanò un poco dalla
scrivania, fermandosi poi di fronte alla finestra sulla quale era
puntato il
suo sguardo.
«Secondo
me non si dovrebbe cercare di eliminare dai ricordi fatti spiacevoli»
cominciò l’altro con un tono tra il deciso e il
discreto, come se avesse
importanti cose da dire, ma il timore di parlare «La gente dovrebbe
imparare ad accettarli
per poi poter andare avanti.»
Nella
stanza si era improvvisamente creata un forte
tensione, accompagnata però da un’altra intensa
emozione. Forse imbarazzo,
forse vergogna. Non era insolito per i due avere conversazioni
così inusuali,
costituite da pensieri disconnessi, frasi fatte e profonde riflessioni,
ma in
quel momento ebbero entrambi la sensazione di essersi esposti
più del dovuto, o
di aver scavato anche troppo nell’animo altrui.
«Ci
sono fatti, Acciaio, che sarebbe meglio dimenticare, fatti di cui il
solo
pensiero incuterebbe terrore e disprezzo» disse
Roy con voce
pacata «Non si
può superare una vita costruita da sbagli quando il peso
della coscienza
diventa insostenibile.»
Edward
rimase fermo a fissarlo. Scrutò con intensità i
suoi
occhi e solo dopo qualche secondo cominciò a parlare.
«Tutto
si può superare, ogni sbaglio commesso, ogni ingiustizia
subita. Deve solamente
trovare una forza che la sostenga, che l’aiuti a rialzarsi.»
Roy
lo osserva con sguardo interessato. Nei suoi occhi non
vi è più quell’amarezza, quel
dispiacere tipico di chi viene a conoscenza della
menzogna in cui è sempre vissuto, vi domina invece una
dolcezza quasi
stucchevole ed un forte sentimento di comprensione.
Ha capito, ha scoperto la sua Verità.
Nell’animo
aleggia una beata letizia, forse fin troppo
gioiosa per risultare reale, mentre nella sua mente girovaga libera una
lieta
sorpresa. Non si capacita ancora della rapidità con cui ha
raggiunto il
nirvana, né del modo, né della stessa
realtà. Ha scoperto nel dubbio la
risposta, nelle sue parole la verità. Ha finalmente riacceso
la Luce.
Sposta
il suo corpo nel letto per andarlo ad abbracciare, ma
nell’atto di muoversi il suo buffo sorriso si trasforma in
una fragorosa risata
atta a sciogliere il silenzio che si era andato a creare. Quando vanno
a
cingere il corpo dell’altro, le sue braccia vengono
prontamente scacciate da
mani potenti, ma eccessivamente permalose, che si scontrano poi col suo
nudo
torace.
«Ti
sembra il momento di ridere?» dice Edward con
voce stizzita
regalandogli un ultimo pugno. Solo un bacio dell’amante
riesce a placare la sua
catastrofica ira.
«Sei
proprio uno sciocco» riceve solo come risposta.
Roy
lo imprigiona col copro prima che egli, in preda alla
rabbia, possa scappare, donandogli il mansueto piacere dei brividi
sopra il suo
collo. Tremano entrambi prima di riprender parola.
«Sei
davvero, davvero uno sciocco» ripete con voce
divertita, ricevendo
un’astiosa occhiataccia dal biondo alchimista. Riesce solamente a sentire un
banale
“Ti odio” di risposta, detto con fin troppa
indolenza per risultare credibile.
«Non
posso credere che il grande Alchimista d’Acciaio si
demoralizzi per così poco.»
dice continuando a sorridere.
Quando
l’altro si gira riesce a leggergli in volto una catastrofica
combinazione di rabbia e disperazione, di quelle che lacerano dentro se
non
vengono bloccate.
«Sto
parlando della mia vita! Delle azioni che ho compiuto, del modo in cui
il fato
abbia sempre giocato sporco nei miei confronti come io nei suoi, di
tutti
peccati che ho commesso. Non mi sembra affatto cosa da poco!»
Roy
allenta la presa spostando le mani sulle sue guance
arrossate da pianto e furore, muovendosi con la tipica calma di chi ha
ore,
giorni, tempo infinito da perdere. Si gode il calore emanato dalla
pelle ancora
immatura, assaporando del tutto il piacevole odore che essa secerne;
osserva
col fare curioso dell’appena nato bambino tutto quel che lo
circonda; apre
infine la bocca, deciso finalmente a parlare.
«Tutto
si può superare, ogni sbaglio
commesso, ogni ingiustizia subita»
comincia con
lentezza, scandendo ogni parola «Devi solamente
trovare una forza che ti sostenga, che ti aiuti a rialzarti.»
Edward
apre appena la bocca, ricomponendosi subito dopo nell’inutile
tentativo di
dissimulare l’invadente stupore. Quasi si era dimenticato di
quelle profonde
parole da lui stesso pronunziate, così veritiere, ma al
contempo così astratte.
«E
se questa forza non l’avessi trovata? Se non esistesse?»
chiede con reale interesse, ponendo una domanda che di retorico non ha
niente.
Va
alla ricerca di risposte nel volto lieto dell’amato, che
però rimane composto nella sua maschera di
impassibilità. Convivono in lui due
contrastanti sentimenti: prima la paura di sentire le parole, poi la
curiosità
di ascoltarne il contenuto.
Roy
avvicina la sua bocca senza ancora toccarlo, ascoltando
solamente il sublime rumore dei loro respiri, e lo accarezza infine in
un casto
bacio, infondendogli coraggio, sicurezza, tranquillità.
«Questa
forza siamo noi, io e te, e la nostra luce che risplenderà
eternamente.»
Il
buio della notte tutto sovrasta, rendendo ogni cosa
invisibile agli occhi; ha solo la Luna come nemica che superba ha
voluto
cacciare il Sole potente, rendendo così iniqua la partita.
Nulla può il suo
fioco candore contro la forza dell’immensa
oscurità.
In
questa lotta che si ripete da sempre persino il calore è
andato scemando, rendendo il mondo un posto più freddo.
Niente più fuochi,
niente più luce, nulla riscalda le ore più nere.
Sono poche le persone che
realmente cercano una fuga da questa trappola fatale, che troppi a suo
tempo ha
ucciso e troppi rischia di eliminare: solo i coraggiosi, i ribelli,
combattono
il potere che la notte ha conferito.
Usano
armi potenti, strategie certamente vincenti, ma
c’è qualcosa
di più che sostiene la loro battaglia. Alcuni lo chiamano
Dio, altri amore,
altri ancora ragione, ma tutti, nessuno escluso, ne percepisce la forza.
Molti
la chiamano Luce.
Quando questo mondo sembra cinico e freddo, il nostro amore splenderà di rosso e d'oro.