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Autore: harinezumi    10/10/2011    4 recensioni
«Perché hai accettato di sfidare il colonnello anche stavolta? Ha praticamente già la vittoria in tasca, lui è un suo superiore… ai superiori non si nega nulla» mormorò Al, mentre seguiva il fratello per uno dei corridoi del Quartier Generale dell’Est, appena usciti da un ufficio, dopo l’intensa discussione che Ed aveva avuto con il colonnello Mustang.
«Perché quell’uomo mi urta i nervi!! E ora lo schiaccerò come un insetto, questa volta posso vincere! Scommetto che lui non ha il coraggio di farlo davvero!»
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Riza Hawkeye, Winry Rockbell
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: My brave little brother
Rating: Verde
Genere: Generale, Comico
Parole: 1415
Personaggi: Edward Elric, Alphonse Elric, Winry Rockbell, Riza Hawkeye
Avvertimenti: One-shot, Slice of life
Disclaimer: tutti i personaggi appartengono alla grande Hiromu Arakawa!
Note: fic nata da una sfida personale, partendo da una coppia e una parola; la coppia era EdxWinry, la parola "Come?". Ringrazio Julia_Urahara per il titolo!!
è la prima fanfic che scrivo su FMA ^^’ sarebbe il mio manga preferito di sempre, eppure questa fic è quanto di più stupido possa esserci al mondo. Non le ho dato nessuna collocazione nel manga… spero però non sia troppo tremenda…

 

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«Perché hai accettato di sfidare il colonnello anche stavolta? Ha praticamente già la vittoria in tasca, lui è un suo superiore… ai superiori non si nega nulla» mormorò Al, mentre seguiva il fratello per uno dei corridoi del Quartier Generale dell’Est, appena usciti da un ufficio, dopo l’intensa discussione che Ed aveva avuto con il colonnello Mustang.

«Perché quell’uomo mi urta i nervi!! E ora lo schiaccerò come un insetto, questa volta posso vincere! Scommetto che lui non ha il coraggio di farlo davvero!» esclamò Edward, scrocchiandosi le nocche della propria mano vera, nonostante un palese rossore attribuibile al forte imbarazzo gli attraversasse le guance. «Dobbiamo soltanto trovare Winry e il gioco sarà fatto!»

«Ma deve accettare… e non è detto che lo faccia» gli fece notare Al, ancora a bassa voce, tanto perché Ed tendeva a prendersela eccessivamente quando gli faceva notare la stupidità dei suoi piani, specie se comprendevano lo sfidare Roy Mustang.

«Chee?! Winry mi aiuterà sicuramente quando gli dirò che è per distruggere quello scemo di un colonnello idiota! Vedrai!» esclamò Ed, con aria un po’ troppo trionfante considerando che tutto dipendeva dal fatto che Winry si prestasse al gioco o meno. «Tu sta a vedere, scommetto che anche lei non vede l’ora di sbattergli in faccia la mia schiacciante vittoria!»

«… sono sicuro che Winry la vedrà proprio così, fratellone…»

Ma Edward non lo ascoltava nemmeno. Corse per i pochi passi che li separavano dalla stanza di Winry, alloggiata momentaneamente al Quartier Generale a sua volta, aprendo la porta trionfante e beccandosi immediatamente una chiave inglese in testa, che gli si piantò in mezzo agli occhi.

«Che fai?! Vuoi ammazzarmi?!» strillò, rialzandosi dopo che era crollato a terra e puntando lo sguardo furioso verso la ragazza, seduta alla scrivania e intenta a frugare dentro un vecchio automail per studiarlo.

«Che fai tu, brutto scemo! Si bussa prima di entrare in camera di una ragazza!!» strillò con quasi identico tono Winry, incrociando le braccia al petto.

Al, una volta che li ebbe raggiunti, giudicò dalla lite che cominciò proprio in quel momento che in effetti se l’amore avesse dovuto essere misurato dall’intensità con cui due persone si sapevano arrabbiare, Ed e Winry sarebbero stati perfetti l’uno per l’altra. Trovava comunque che la scommessa di Ed fosse troppo azzardata, e rimase fuori dalla stanza per non venire colpito da eventuali oggetti volanti.

«E stai un po’ zitta!» esclamò dopo un po’ Ed, tappando la bocca a Winry con tutta la grazia di cui era capace, sbattendogli una mano sulla bocca. «Senti, devo chiederti una cosa davvero vitale!»

Winry aggrottò le sopracciglia guardandolo malissimo, ma scacciò via la sua mano con uno sbuffo, calmandosi leggermente al tono di suppliche dell’altro. «Cosa c’è?»

«Volevo chiederti…» cominciò Ed, prendendo un grosso respiro.

Al non ci poteva davvero credere che lo stesse facendo. Non era possibile, e soprattutto non poteva perderselo; così, si azzardò ad entrare nella stanza, per quanto pericoloso fosse, in punta di piedi (e sferragliando comunque). Ma gli altri due non ci fecero caso. Ed aveva il volto a pochi centimetri da quello di Winry, e continuava a cercare di prendere fiato, nonostante fosse palesemente a corto, e anche di parole. Winry, dal canto suo, si era fatta confusa e  per questo attenta.

«Volevi chiedermi…?» domandò, cauta, senza capire.

«Volevo chiederti» ripeté Ed, meccanicamente, sbattendo le palpebre e continuando a fissarla. «S-se… beh, non è mica una cosa importante, puoi dire di no se vuoi…» tergiversò, mentre Winry davanti a lui appariva sempre più confusa.

Al inchinò l’elmo da un lato, perplesso quanto lei. Poteva dire di no, davvero? Cinque minuti prima per Ed sembrava una questione di vita o di morte, e soprattutto questione di distruggere il colonnello.

«In realtà te lo chiedo solo perché non ho niente da fare, e Al ha un appuntamento…» continuò Ed, non solo mentendo ma cominciando a invischiarsi sempre di più in una situazione senza ritorno. «B-beh, ecco…»

«Ed, è meglio che parli chiaro, non spaventarmi!» esclamò infine la ragazza, con il tono di chi chiaramente ha perso ogni speranza di arrivarci con la logica.

«W-Winry… mi chiedevo se v-volessi uscire con me» balbettò infine Edward, con quella che sembrò una fatica immensa.
Winry sbarrò gli occhi. Al vide che aveva chiaramente smesso di respirare, e il suo viso si fece sempre più colorito, anche se la sua espressione non cambiò. «Come?»

«T-ti ho chiesto di uscire! Sei diventata sorda? Stai tutto il giorno rinchiusa a studiare pezzi di ferraglia, forse un po’ d’aria ti farà bene…» rispose Ed, scoppiando in una risata forzatissima e distogliendo lo sguardo da lei, sull’orlo di un crollo emotivo causa imbarazzo.

«Come… perché?» mormorò Winry, portandosi le mani a coprire le labbra, ormai lusingata in maniera talmente evidente che non poteva nasconderlo. Oh sì, decretò Al, dal modo in cui le si erano illuminati gli occhi all’istante quella era davvero felicità.

Poi, l’idillio s’interruppe bruscamente.

«Perché?» esclamò Ed, con un tono fiero che ad Al non piacque per niente.

Fece qualche passo indietro, verso la porta, lento, come se avesse appena scoperto un ordigno a pochi passi da lui. «Non lo dire, fratellone…» mormorò in tono spaventato, ma purtroppo troppo piano perché Ed lo potesse sentire, impegnato piuttosto a gonfiare il petto soddisfatto.

«Perché ho fatto una scommessa con quell’idiota di Mustang! E ho vinto! Credeva che non avessi il coraggio di chiederti di uscire e che tu comunque avresti rifiutato… lui invece non si presenterà neanche al tenente come gli ho chiesto io… ora devo solo tornare là e sbattergli in faccia la mia vittoria! Vieni con me, vero?» esclamò Ed, allungando con un sorriso serafico la mano a Winry, il cui volto era diventato improvvisamente pallido a quelle parole.

Al non volle restare ulteriormente a vedere come si sarebbe conclusa la cosa. Si voltò in fretta, accelerando il passo lungo il corridoio e pregando che Ed non tornasse con nulla di rotto.

Ma le urla, quelle le sentì benissimo anche quando ormai era parecchio distante…

«FUORI DI QUI BRUTTO PICCOLO CAFONE!! E COMUNQUE SEI TROPPO BASSO PER ME!!»

***

Il giorno dopo, di mattina presto, Al trotterellava per il corridoio che portava alla stanza di Ed con la colazione per suo fratello in mano; Ed al momento, causa aggressione ufficialmente non riconosciuta, doveva bere il cibo con una cannuccia e non era in grado di alzarsi da solo. Voltando l’ultimo angolo che lo separava dalla camera, s’imbatté stranamente in Riza Hawkeye, che lo stava chiaramente aspettando, con l’uniforme scomposta (come se l’avesse indossata in fretta) e i capelli sciolti. Appena lo vide, si schiarì la voce, ed Al rallentò fino a fermarsi, perplesso.

«Buongiorno, Al» lo salutò lei, con un tono di voce lievemente agghiacciante, nonostante il suo volto cercasse di produrre un sorriso gentile.

«B-buongiorno, tenente» balbettò Al, molto contento che grazie all’armatura non si notasse l’espressione di assoluto terrore che avrebbe avuto altrimenti il suo volto. Doveva trattarsi sicuramente di qualcosa che aveva fatto suo fratello. O in alternativa, il tenente aveva scoperto che teneva una cucciolata di gattini nello scatolone in biblioteca…

«So che tu sei un bravo ragazzo, Al» cominciò Riza, mentre l’altro già pensava ad una scusa per giustificare la presenza dei gatti al Quartier Generale. «Ma devo chiederti di dire a tuo fratello di smetterla».

«Ah, quindi si tratta di lui…» sospirò Al sollevato, prima di rendersi conto che non sapeva affatto qual’era il punto del discorso. Perplesso, s’interruppe. «Tenente, mi scusi… so che mio fratello ne ha fatte tante, ma… cos’è che deve smettere di fare adesso?»

Riza, sorprendentemente, arrossì, distogliendo lo sguardo, solitamente così austero e professionale. «Di… provocare il colonnello. Non è assolutamente il caso».

«Ah… d’accordo…» balbettò Al, preda a sua volta dell’imbarazzo, dato che non riusciva a spiegarsi in alcun modo il comportamento del tenente e che quel cambiamento lo agitava parecchio.

Riza però non lo trattenne oltre e annuì, soddisfatta, prima di salutarlo con il saluto militare e superarlo nel corridoio, per tornare da dov’era venuta. Al la seguì con lo sguardo, ancora perplesso, finché non la vide fermarsi prima di svoltare l’angolo e guardarlo, le guance ancora lievemente imporporate.

«E-e ringrazia Ed. Davvero» esclamò, girando all’istante i tacchi e sparendo.

Al rimase fermo in mezzo al corridoio, senza capire esattamente cosa fosse successo. Alla fine, tornò a sua volta sui propri passi, pensando che era meglio non fare caso a certe cose e di andare a regalare la colazione di suo fratello ai gattini in biblioteca.



  
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