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Autore: crimsontriforce    10/10/2011    2 recensioni
In un tempo lontano, prima ancora che Cocoon riempisse il cielo, qualcuno disse che la speranza dà conforto – che permette di accettare il proprio fato, per tragico che esso sia. Oggi, rinchiuso nella Quinta Arca, Snow ha finito la sua scorta. Conseguenze di una carestia.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Prima al Multifandom Prompt Contest indetto da Alister con un maxicommentone che t'illumina la giornata :] Il mio prompt era Luce Artificiale. Volevo omaggiare in qualche modo Snow prima che il seguito (o il fandom post-seguito) lo ignori ancor più di quanto già non faccia ora, con l'aggiunta di un simpatico palco di corna. A me piace Snow, dannazione, è la versione scema della fusion fra Tidus e Wakka. Cosa c'è da non amare? Visto che non ho confidenza col fandom e ne è uscita una Fic Da Poca Confidenza Col Fandom, il gesto d'amore per Snow ha il punto di vista di qualcun altro e si ambienta durante la partita senza aggiungere granché – Fifth Ark per la precisione, una location di cui mi ero detta “Mi piacerebbe scriverci qualcosa” ma non pensavo che sarebbe mai successo. Yay?

Altre noticine in fondo!










Il testimone brucia




Lightning Farron è, agli occhi di chi le sta intorno, una persona che conosce il rispetto. Non il rispetto delle mascelle altrui, né quello di molte facce della debolezza, ma sa riconoscere il limite privato delle persone e non v'intrude. Nessuno si aspetta che osservi le conversazioni a fil di voce fra Snow e quello che resta di sua sorella; di conseguenza, nessuno la nota. Certo non Snow, riflette quando lo vede reggere il cristallo come una reliquia, non Snow con il cuore troppo grande e la testa troppo piccola per concentrarsi su più di una cosa alla volta (questa del cuore troppo grande è un'aggiunta recente, la questione principale resta comunque la testa, si dice). Lightning si ferma, mostra indifferenza e osserva in tralice gli unici sorrisi onesti e distesi che escano da quella loro banda di disperati. Non sente l'impulso di cancellarglieli di faccia a schiaffi. Resta ferma a distanza di sicurezza e per qualche minuto riesce a condividere la speranza di tornare ad abbracciare Serah.

Oggi avrebbe bisogno di uno di quei momenti. Oggi il mondo ha deciso di diventare più buio e più sporco, il suo marchio brucia sul petto allungandosi in due frecce aguzze e sotto al marchio il sangue ribolle d'indignazione, ma la lacrima di cristallo di Serah resta chiusa nel pugno di Snow. L'ha visto prenderla di tasca, prima, tenerla fra pollice e indice a aggrottare la fronte mentre la luce artificiale dell'Arca non arrivava a far rifrangere l'azzurro della pietra sul palmo della sua mano. Snow l'aveva ripresa in pugno con un gesto molle e si era spento assieme a quel riflesso fioco.

Proseguono in silenzio lungo gli infiniti corridoi dell'Arca, le cui svolte continue confondono e opprimono. Li fanno sentire al centro di un labirinto che si ricompone sotto i loro piedi mentre i globi allineati sui pavimenti spargono un verdastro freddo, sporco, distante, la luce cupa di un inferno cui non importa di cosa morirai né quando, né se riuscirai a salvarti, perché non hai speranza. La luce di Pulse.
E Snow si trascina in quella penombra. Snow striscia i piedi davanti a lei e Lightning vorrebbe mandarlo avanti a calci perché non ha il diritto di toglierle – non può togliere a tutti loro – la certezza stupida e infondata di un domani migliore. Si limita a tirargli uno schiaffo rabbioso sulla spalla mentre lo supera e sulle dita le resta uno sporco unto. Ricorda che si era seduto con la schiena contro una colonna nell'ultima pausa, mentre Fang montava la guardia e Hope studiava la stanza assieme a Sazh, e vorrebbe dirgli che è una giacca bianca quella che indossa: che è un simbolo, uno dei modi cretini in cui brillava, che ha la responsabilità di prendersene cura.
Soldato rispondi, vorrebbe dirgli, hai la tua missione speciale. Come a Bresha, quando i frammenti confusi del loro Focus erano diventati un inconfutabile “Proteggiamo Cocoon!” perché Serah e perché sì. Come a Palumpolum, con tutti i mirini di PSICOM puntati addosso e credendo a ogni singola maledetta parola. Tutto quello che ricorda uscire dalla bocca di Snow sono i discorsi di un illuso – follia, ora come allora. Ma anche i marchi incisi sulla loro pelle sono follia. Anche l'ombra di Ragnarok lo è, quando striscia nei suoi pensieri con un peso fin troppo reale e pianta gli artigli nella sua testa prima di venire ricacciata indietro con fatica sempre maggiore. Sono l'Cie: anche Lightning si è dovuta arrendere all'assunto che credere ai sogni è quello che fanno. Tanto vale andare fino in fondo.
Così Lightning prende il testimone. Accelera il passo con fermezza militare, si porta davanti agli altri. Guarda il suo piccolo gruppo con fierezza: c'è chi ha visto crescere tanto senza potersi appoggiare a nulla, chi sta imparando a conoscere sotto una maschera da frantumare a pugni, chi per il momento rimane un mistero ma ha camminato fino a qui con le sue gambe e ancora non si ferma. È essenziale, per farli sopravvivere, che mastichino qualcosa in più dei brutti sogni di Barthandelus, così Lightning apre la bocca e prova a dare loro un futuro in cui credere. Si trova la gola impastata di oscurità e non emette suono. La realtà è che non sa cosa dire. C'è un labirinto così vasto, più antico del suo mondo, e così buio, e non contiene vie dritte né scopi. O lei è piccola piccola e non riesce a vederli.

“Lightning?”, chiama Vanille. “Tutto a posto?”
“Light. Ora più che mai è Light.”
“Come vuoi tu”, sfuma la vocetta acuta. E sì, lo vuole, o almeno lo vorrebbe. Ma non è un sole: può ambire a fare da lampadina fra i macchinari, forse, se non già da scintilla fra due ruote poco oliate. Ma se la scintilla c'è, il meccanismo è in moto. Li illumina con la sua piccola luce artificiale: dirige, spiega nuove tattiche, rivede insieme a ognuno gli equipaggiamenti. Li porta in fondo vivi. Al resto dovrà pensare qualcun altro.






















UNEXPECTED RAINES IS UNEXPECTED AND AWFULLY PLOTTED BUT MAKES DO

Luce artificiale → Artificial Light. Ahr ahr l'arguzia. Il tutto è partito semplicemente da questo doppio senso per cui dovrebbero ritirarmi la licenza di fanwriter. L'idea originale era “Ok Snow è l'uomo-morale del party con il suo idealismo, è una luce naturale. Lo dice Light stessa due volte. All'Arca si spegne e Lightning lo sostituisce, ma lei è impostata, ergo luce artificiale. Oh quanto sono arguta oh quanto sono leziosa.”
Poi però ho riletto le cutscene dell'Arca e Lightning lì fornisce più o meno il contributo di Kimahri alla cutscene media di FFX, quindi 'sta gran leadership non s'è manifestata. Ehr. Per contro, l'Arca contiene un salto di difficoltà non indifferente ed è il primo momento di party quasi libero ma con Lightning obbligatoriamente a capo. Ok, è un soldato, sa combattere. Può fare il leader militare, questo sì.
La particina su Ragnarok è un mio nuovo headcanon, suppongo. Non ci avevo pensato prima di scriverlo ma... contrariamente a trame replicanti credenza popolare, non stiamo parlando dell'Evocazione Finale, il fortunato vincitore non viene scelto da un evocatore e non serve Yunalesca a trasformar la gente: dalla rivelazione sulla Palamecia in poi, credo che tutti ci abbiano pensato e l'abbiano sentito come possibilità concreta nel loro corpo. Trovo affascinante il worldbuilding di Fabula Nova Cristallis, ma morisse se ci dà una qualche introspezione su come ci si sente a livello fisico come l'Cie, oltre che a livello organizzativo-pratico. Ne sapevamo di più sul processo di evocazione di FFX, uffa (e anche lì avrei gradito un'enciclopedia apposta).
A proposito della qual Yunalesca, il “qualcuno disse...” nell'intro è suo. Perché... perché si parla di speranza e quando si parla di speranza io inizio a citare Yunalesca. O Bill Adama, ma principalmente Yunalesca.

   
 
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