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Autore: DearDiary    10/10/2011    3 recensioni
"Siamo io e te Stefan, ricordi?..."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Elena/Stefan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piccola premessa dell'autrice^^ . Sul sito www.lovelysucks.it era stato chiesto d'immaginare un finale di stagione per ogni team. Questa one-shot è stata scelta come ipotetico finale della 3x22, per la categoria STELENA. (ecco il LINK dove me l'hanno pubblicata ^^)
L'ho buttata giù in mezzora e ancora mi domando come abbia fatto a vincere O.O . So che la coppia Stelena non è amata quanto il Delena, ma spero comunque che qualche sostenitrice del team opposto legga e provi a vedere le cose anche da un altro punto di vista ^^. In fondo c'è qualcosa di magico in entrambe le coppie. Perchè non esplorarlo?
La fic è collocata, come già detto, nell'ultimo episodio della terza stagione. Stefan è in qualche modo tornato a casa. Klaus, non saprei dire che fine abbia fatto... mi piace immaginarlo vivo naturalmente, ma non più a Mystic Falls. Magari di nuovo in fuga insieme alla sorella XD .

DearDiary

DO YOU REMEMBER?


Damon l’aveva messa in guardia, con quel suo solito modo di fare un po’ brusco ma infinitamente preoccupato.
 
“Non scendere in cantina, Elena.” La stretta sulle sue mani era ferrea e trasmetteva agitazione pura. “Non-scendere!” scandì, con un tono che non ammetteva repliche.
 
Dopo qualche attimo d’incertezza,Elena aveva annuito, senza dire una parola, gli occhi un po’ spenti, persi nel vuoto, conscia del fatto che stava per rifilargli l’ennesima bugia.
 
“…Non lo farò.”

Aveva abbassato lo sguardo, incapace di sostenere il suo. Gli stava già chiedendo scusa mentalmente, nel momento in cui lui le voltò le spalle per salire le scale diretto forse nella sua stanza.
Elena rimase immobile qualche istante, trovando il comportamento di lui fin troppo remissivo. Come se avesse capito… se si fosse arreso oramai. Come se avesse preso coscienza che la stesse di nuovo perdendo.
Il senso di colpa arrivò subito dopo. Non aveva fatto altro che giocare con lui, prenderlo in giro. E tutto per puro egoismo! Aveva cercato Stefan, attraverso di lui… Damon l’aveva sempre saputo, ma dopo i primi tentativi di ribellione, aveva accettato il fatto che per lei ci sarebbe stato sempre e solo Stefan. Quel sentimento nei suoi confronti, dapprima impercettibile, si era fatto sempre più intenso fino ad ingannare entrambi. Era stato tutto troppo offuscato, troppo finto, troppo poco reale… Non era il suo amore che aveva desiderato, solo il suo conforto. Ma ora quell’inganno era finito! Non poteva spingersi oltre.

 “Mi dispiace…” mormorò, ben consapevole che Damon, con il suo udito da vampiro, l’avrebbe sentita perfettamente.

Non sarebbe certo bastato a fare stare meglio entrambi. Un semplice “mi dispiace” non avrebbe risolto nulla. Ma in qualche modo, sapeva che Damon avrebbe capito. Lui aveva sempre capito…
Elena si voltò verso la porta che conduceva alla cantina, divisa fra la paura di conoscere il nuovo Stefan e il desiderio incontenibile di stare di nuovo al suo fianco.
Aveva già deciso cosa fare. Lei non faceva mai la cosa più sicura, né la più sensata… solo quella più giusta! E andare da lui, chiuso in quella cantina da ormai troppi giorni, era assolutamente la cosa giusta da fare per lei.
Fece un respiro profondo e scese nello scantinato, lentamente, un passo alla volta, come per abituare Stefan alla sua presenza fin da subito. Percorse tutto il corridoio della cantina in apnea. Riprese a respirare solo quando di trovò di fronte alla porta della cella dove lui era rinchiuso. Con il cuore che batteva all’impazzata, guardò oltre le inferriate della cella, percependo un vuoto allo stomaco non appena lo vide.
Era seduto a terra, la testa stancamente appoggiata al muro dietro di lui, gli occhi chiusi e la bottiglia di sangue animale che Damon gli aveva portato il giorno prima, abbandonata nell’angolo opposto della cantina. Era aperta e il liquido denso e scarlatto era sparso sia sulla parete che sul pavimento, come se Stefan avesse scagliato la bottiglia contro il muro.
Elena non dovette fare nulla per farsi notare.

“Torna di sopra.” fece Stefan, rimanendo immobile. La sua voce era fredda e odiosamente distaccata.

Elena si morse nervosamente il labbro, la sua mano andò in maniera quasi automatica al lucchetto della porta, ma rimase ferma dov’era. Stefan a quel punto aprì gli occhi e si voltò verso di lei. Accennò un sorriso in sua direzione, aggrottando le sopracciglia in una smorfia nostalgica e malinconica.

“Che sensazione di dejà-vu …”

Anche Elena azzardò un mezzo sorriso, riconoscendo la quasi ironia di tutta quella situazione. Era già accaduto che loro due restassero separati dalla porta di quella maledetta cella. E sempre per lo stesso maledetto motivo!
Stefan poteva apparire distante, ma in realtà quello sguardo, quel mezzo sorriso, erano le sue prime reazioni da giorni. Stava lottando con ogni mezzo per non tendere la mano verso di lei, supplicandola di superare la barriera che li separava e correre da lui. Ma non era possibile. Era troppo instabile ed imprevedibile. Non poteva farle correre un simile pericolo. La fame lo stava lentamente divorando, a volte capitava che delle fitte insopportabili lo colpissero, ma lui non aveva nemmeno più la forza di gemere dal dolore. Successe anche in quel momento, quando ancora i suoi occhi erano puntati su quelli di lei. Si portò una mano al petto, vittima dell’ennesima avvisaglia del suo corpo che ormai lo stava abbandonando.
Il leggero sorriso di Elena si spense immediatamente quando lui afferrò con forza la maglia all’altezza del petto. Senza minimamente pensare alle conseguenze, fece scattare il lucchetto, aprì la porta ed entrò. S’inginocchiò davanti a lui, senza il minimo timore, e gli afferrò la mano con cui si stava tenendo il petto. Gli sorrise dolcemente, lottando contro le lacrime che fremevano per uscire dai suoi occhi. Stefan la guardò quasi con rimprovero, ma era troppo esausto, troppo debole per metterla in guardia della pazzia che stava facendo. L’odore del suo sangue lo colpì come uno schiaffo ben assestato. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma Elena lo precedette:

“Non mandarmi via!” Credeva di averlo solo pensato, e invece le parole erano uscite da sole dalle sue labbra.

Stefan sospirò, quando le dita di lei si attorniarono alla sua mano, donandogli un calore che aveva quasi dimenticato di essere in grado di provare. Quella richiesta disperata vorticava nella sua mente, stordendolo. Strinse più forte la presa su quell’unica ancora di salvezza rimastagli, ingoiando a fatica, anche se faceva un enorme sforzo persino a tenere gli occhi aperti. Lentamente alzò la mano libera dirigendola verso il suo volto e sfiorandolo con la punta delle dita.

“Non lo farò…”

Elena socchiuse gli occhi e sorrise quando le sue dita le sfiorarono il viso.”Grazie…” mormorò, quando le concesse di restare con lui.

Si sedette al suo fianco, senza il minimo timore. Guardò con disappunto la bottiglia semi vuota abbandonata dalla parte opposta della stanza. “Quella avresti dovuto berla.” disse, per poi accennare un sorriso quasi divertito “Damon è andato a caccia di conigli per portartela! E si è lamentato un sacco.”

Si lasciò andare ad una leggera risata, pensando di riuscire a farlo rilassare e distrarre in qualche modo. Proprio in quel momento, distratta forse dal ricordo della sua vecchia vita, dimenticando per un attimo dove si trovasse e in che condizioni fosse Stefan, poggiò la testa sulla sua spalla. Chiuse gli occhi e finse per qualche lungo istante che lui fosse quello di sempre, che non fosse mai partito con Klaus, che tra loro non fosse cambiato nulla…
Stefan rabbrividì di quell’improvvisa vicinanza e si sentì pervadere da un’improvvisa scarica di pura di energia. Si morse brutalmente l’interno della guancia, irrigidendosi. Le era stato lontano per troppo tempo…

“Perchè sei così ostinata?” domandò, quasi con disperazione.

Lei alzò gli occhi fino ad incontrare i suoi, “… Tu faresti la stessa cosa per me.”

Lo disse con una tale ovvietà da farlo sentire in qualche modo in imbarazzo. Inconsciamente, le loro dita s’intrecciarono, mentre i loro occhi non volevano saperne di separarsi. Stefan fissò bene nella mente ogni minimo particolare che le apparteneva per imprimerlo bene nella mente. Cosa sarebbe accaduto d’ora in avanti non poteva saperlo, ma voleva ricordarla... Perchè lei era il ricordo più prezioso che aveva ed era grazie a lei se riusciva ancora a rimanere aggrappato ad un piccolo frammento di umanità. Il peso di ogni azione compiuta in quell’ultimo periodo, lo stava schiacciando con una violenza inaudita e gli venne naturale domandarsi come facesse Elena ad avere la forza di stargli ancora accanto. Di nuovo fu lei a precederlo, intuendo i suoi pensieri semplicemente guardandolo negli occhi.

“Non potrei mai odiarti, lo sai…non hai fatto niente. Klaus ti ha ridotto così, tu non c’entri nulla! Non hai nessuna colpa… Volevi solo salvare tuo fratello. Non c’è niente di cui vergognarsi!” Nel dire ciò, Elena strinse con più forza la sua mano e con l’altra si appese al suo braccio. Aveva il costante timore che potesse cacciarla via da un momento all’altro… “Per quello che hai fatto, meriti di vivere più te che chiunque altro. Quindi ti prego, ti prego… reagisci!”

Stefan sorrise sardonico alle sue parole, abbandonandosi maggiormente su di lei. Era troppo stanco anche solo per pensare di agire. E poi la sua presenza era così rassicurante che gli scatenò l’insano desiderio che non si allontanasse mai più da lui. Per quanto le sue parole gli scaldassero l’animo, era impossibile disfarsi dei propri sensi di colpa. Non sapeva quanto tempo ci sarebbe voluta. Rischiava solo di divenire folle ed incline a spingere nuovamente l’interruttore per dimenticare in maniera drastica tutto. Gli rivolse un sorriso colmo di gratitudine prima di ritornare serio. Non disse nulla, lasciò che lei capisse da sé. E così fu… ma Elena era testarda. Non si sarebbe arresa così facilmente. Si sentì improvvisamente vuoto e solo quando lei si alzò in piedi, separandosi da lui.

“No!” esclamò con decisione, andando a prendere la bottiglia che lui stesso aveva gettato via il giorno prima. Elena la prese in mano e tornò ad accucciarsi di fronte a lui. C’era ancora un po’ di sangue dentro quella bottiglia, quello che si era salvato dalla sua furia, e Elena glielo porse. Un smorfia di disgusto si delineò sul volto di Stefan. Era difficile riabiturarsi a quel sangue… Sarebbe bastato a placare almeno un po’ quella fame che lo stava torturando, ma l’appagamento non ci sarebbe mai stato.

“Che stai facendo?…” domandò debolmente. “Lascia perdere, ti prego.”

Elena non si lasciò scoraggiare dalla sua ritrosia. Avvicinò di più la bottiglia al suo viso e lo fissò intensamente negli occhi. Il suo sguardo da forte e deciso, si raddolcì di colpo e un sorriso si fece largo sulle sue labbra.

“Siamo io e te Stefan, ricordi? …”

La gola di Stefan prese ad ardere senza sosta. I canini premevano per lacerare le gengive ed azzannare il collo più vicino. Il solo pensiero di farle del male però, gli logorava il cuore. E quelle parole, quel ricordo che in ogni caso non l’aveva mai abbandonato, gli diedero la forza di concentrarsi solo su quel sangue disgustoso contenuto nella bottiglia. Sospirò con rassegnazione, ma animato anche dalla forza che Elena stessa gli stava trasmettendo. Alzò una mano fino ad afferrare la bottiglia, la guardò qualche istante sapendo che se avesse bevuto quel sangue, avrebbe di nuovo dovuto combattere contro il lato peggiore di sé stesso. Elena lo guardava in attesa, speranzosa e, incredibilmente, ancora innamorata di lui.
Per lei… per lei avrebbe combattuto!
Si portò la bottiglia alle labbra e bevve il contenuto in un sol sorso. Tenne gli occhi chiusi per evitare che lei vedesse la sua parte meno umana, poi li riaprì e le sorrise con gratitudine.

 “…Sempre.”
   
 
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