Titolo: Casa (dove sta
il cuore)
Autore: Rosalie_
Tema scelto: “Scappo dalle
cose che mi hanno procurato conforto. Non posso rimanere in questo posto che
sento casa mia, l’unica fede che ho sta
nelle ossa rotte e nei lividi che mostro”Bruce Springsteen
Genere: Introspettivo,
Romantico
Avvertimenti: Shonen – ai,
One Shot
Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Pairing: RoyEd
Presentazione: La distruzione
della sua casa materna ha lasciato su di Ed dolore e molte insicurezze. Quando
giunge il momento di portare la sua relazione con Roy ad un livello successivo,
pensieri e incertezze che lo accompagnano da sempre emergono. Starà al
Colonnello dare un po’ di stabilità al compagno.
Ambientazione: Fine del
Manga/Brotherhood
Fanfiction
Quinta Classificata al contest "Pair 520" indetto da Setsuka per il RoyEd Day, Premio Speciale: Premio dolcezza ( non
stucchevole ).
Casa (dove sta il cuore)
“Scappo dalle cose che mi hanno
procurato conforto.
Non posso rimanere in questo
posto che sento casa mia,
l’unica fede che ho sta nelle
ossa rotte
e nei lividi che mostro”
Bruce
Springsteen
Aveva bruciato
la sua infanzia, i giochi, i ricordi e il peccato.
Quando l’ultima
fiamma si era estinta, i pezzi di legno si erano sbriciolati, anneriti e
consumati da tutto quel calore. Proprio come il suo cuore.
Da quel momento
non aveva più avuto un posto che poteva essere chiamato casa, solo stanze
d’albergo che gli scorrevano davanti come foto, troppo velocemente perché
avesse il tempo materiale di ricordarle.
Luoghi che non
conservavano alcun calore, nessun ricordo legato a un’infanzia ormai rubata e
perduta. Non si sentiva a casa da nessuna parte, se non accanto all’affetto e
al calore, seppur immateriale, di Alphonse. Suo fratello costituiva le
fondamenta della sua casa e si sentiva più che protetto.
Condividere un
appartamento con Al era stata una scelta, o meglio un’esigenza, del tutto
logica per Edward. Dopo aver riottenuto i corpi che tanto a lungo avevano
cercato e presa la decisione di rimanere a Central City per continuare a
lavorare nell’esercito, il passo successivo era stato la ricerca di un posto
dove stare. In pianta stabile questa volta.
Era cominciata
così una lunga sessione d’incontri per trovare un appartamento che potesse
donare loro un po’ di felicità, racchiusa tra quattro mura. Inutile dire che a
ogni proposta Ed aveva qualcosa da ridire. Il bagno era troppo piccolo, uno
studio solo non bastava, troppa luce che filtrava nelle stanze da letto, poca
nel soggiorno. Cosi passavano alla proposta successiva.
Alphonse sapeva
benissimo che non c’era niente che non andava in quelle case, e nel profondo lo
sapeva anche Edward. Era la sua arma di difesa inconscia, prendere tempo.
In tutta onestà
aveva paura, una fottuta paura di costruire qualcosa che lui stesso avrebbe
potuto in seguito distruggere. Non era pronto ad avere di nuovo una casa, a
legarsi così profondamente. Probabilmente non ci sarebbe mai riuscito.
Alla fine
avevano acquistato un appartamento vicino alla stazione e portato i pochi
effetti che possedevano. Edward l’aveva guardato come si fosse trattato di un
mostro, poi un piede davanti all’altro era entrato.
Era totalmente
disabituato ad avere una casa, questo lo sapeva benissimo. Lo dimostrava ancor
di più il fatto che in quell’anno passato con Alphonse, gli sforzi per
adattarsi erano stati minimi. Certo si erano divisi i compiti, ma quando si
trattava di spolverare Ed rimpiangeva il servizio dell’hotel.
Ecco perché,
fermo davanti alla porta di casa del Colonnello, si sentiva più sfiduciato che
mai. Già era stato difficile trovare un certo equilibrio con Al, nonostante
fosse suo fratello, ma vivere con quel dannato di un Taisa sarebbe stato a dir
poco impossibile. Un po’ come un gioco al massacro.
Rassegnato
davanti ai fatti, premette con forza sul campanello e attese.
Poco dopo udì un
ciabattare frenetico che si dirigeva verso di lui e la porta d’entrata si aprì
di scatto.
Roy Mustang
comparve sulla soglia, in pantaloni e maglione pesante.
«Dannato
fagiolo, sei rumoroso anche quando stai zitto? Ma che modi!».
«Chi sarebbe
piccolo come un legume, stupido di un cavallo?», lo rimbrottò Ed.
Si guardarono un
attimo in cagnesco poi Roy si lasciò andare ad un sorriso.
«Andiamo, entra,
le tue cose sono già arrivate», gli disse, precedendolo in casa. Passando per
il salotto vide che effettivamente le sue cose, ergo qualche scatolone
impacchettato, erano lì, appoggiate contro il divano. Fece vagare lo sguardo al
soggiorno, il mobilio essenziale, le grandi finestre, tutto così pulito e in
perfetto ordine. Ogni cosa era esattamente dove doveva essere, esercitando il
compito che era loro imposto.
Improvvisamente
si sentì come soffocare da quelle mura, da tutto quell’ordine. Tutto quello che
lo circondava, non aveva niente a che vedere con lui, non lo rispecchiava. Era
una persona incasinata che viveva sempre in movimento. La staticità non gli si
addiceva.
Era fuggito
dalla casa che l’aveva visto crescere, senza voltarsi indietro, senza rimpianti
per averla distrutta. Gli erano rimasti gli auto-mail come monito e
nient’altro.
«Ed? Ehi,
Edward, tutto bene?».
Si riscosse,
come riemergendo da un sogno, alcune gocce di sudore che gli appiccicavano la
maglietta alla schiena. Guardò Roy come se lo vedesse per la prima volta.
«Sembra che tu
abbia visto un fantasma», gli disse, appoggiandogli una mano sulla spalla,
stringendola appena. «Che succede?».
Tornò a guardare
la sala ed era lì, un normalissimo soggiorno. La sensazione di malessere gli
accarezzava ancora lo stomaco.
«Niente», cercò
di abbozzare un sorriso e prima che l’altro avesse il tempo di fare altre
domande, si diresse in cucina.
Roy preparò un
caffè per entrambi e rimasero in silenzio mentre l’aroma si spandeva nell’aria.
Seduto al tavolo, Ed lo osservava prendere le tazzine e versarci dentro il
caffè, aggiungendo le dosi di zucchero come piaceva a entrambi.
A quel gesto, si
vergognò di se stesso. Roy ci credeva davvero in quella convivenza, fin da
quando gliene aveva parlato. Teneva a quel noi che si erano costruiti con tanta
fatica e Ed quasi si sentiva come se non si stesse impegnando abbastanza. Aveva
paura che dopo tutto ciò che stavano seminando adesso, un giorno lui avrebbe potuto
distruggerlo.
Consumarono la
colazione in silenzio, lasciando vagare in aria ogni tanto qualche parola. Una
volta finito si spostarono in soggiorno e, presi i pacchi, cominciarono ad
aprirli.
Più del
cinquanta per cento contavano libri, per lo più di alchimia, dei vestiti e alcune
cose per l’igiene. Roy sogghignò tra sé e sé. Anche i bagagli erano
proporzionati al proprietario.
«Questi vestiti
posso metterli nel tuo armadio?», chiese, mentre li impilava tenendoli in
bilico sul braccio sinistro.
«Ti ho lasciato
metà dell’armadio libero. Questa è anche casa tua adesso», gli rispose Roy,
aiutandolo con alcuni soprabiti.
Casa sua.
A quelle parole
si bloccò definitivamente.
Casa sua.
Casa sua.
Casa sua.
Si lasciò cadere
sul divano dietro di lui e Roy gli si accomodò accanto, costringendolo a
guardarlo.
«Ed, vuoi dirmi
che ti prende?», e lo fissò con intensità, facendogli capire che pretendeva la
verità. «È da prima che sei strano».
«Sento che
rovinerò tutto», sputò tra i denti. Si sentiva uno stupido, a farsi vedere così
debole davanti all’uomo che amava.
«Capisco che è
una cosa del tutto nuova, voglio dire, l’unica persona con la quale ti sei rapportato,
è tuo fratello», cercò di andargli incontro, comprensivo. «Non è una critica,
solo una constatazione».
«Il problema
sono io, non certo mio fratello», continuò imperterrito. «Ho il terrore di
affezionarmi alle cose perché il più delle volte, il mio istinto è quello di
fuggire», confessò infine.
Roy si alzò e
porse la mano perché Ed facesse lo stesso. Lui la afferrò senza capire e si
portò vicino a lui. Allora si sentì avvolgere dalle braccia dell’uomo,
circondarlo tutto attorno e il mento poggiare sulla sua testa.
«Dimentica
questa stanza, le tue cose, tutto. Sarò io le tue fondamenta, le tue quattro
mura. La tua Casa», gli disse Roy, cullandolo lievemente per enfatizzare il
concetto.
Edward tra le
sue braccia fremette e cerco di abbracciarlo come meglio poteva, stretto
com’era.
Lo cullava.
Lo avvolgeva.
Gli offriva un
posto dove stare.
Si era appena
trasferito da Roy Mustang.
La sua Casa.
Noticine: è il primo contest al quale partecipo
e sono felice che sia stato indetto su questa coppia che amo sinceramente.
Quindi un grazie sentito a Setsuka! La mia storia si
è classificata quinta e ne sono orgogliosa. Principalmente mi interessava partecipare
per rendere omaggio, come hanno fatto le altre bravissime parteciparti, a
questa coppia. Non avevo grandi pretese, ma scoprire che la storia era quinta
in posizione mi ha reso felice. Riporto qui sotto il giudizio di Setsuka. Spero sia stata una lettura piacevole. Buon RoyEd Day a tutte!
QUINTA
CLASSIFICATA
Casa ( dove sta il cuore )di Rosalie
Correttezza
grammatico-morfo-sintattica: 9.5
Stile: 10
Caratterizzazioni: 9
Originalità: 8
Rispetto del tema: 10
Gradimento personale: 10
Totale 56.5/60
PREMI SPECIALI: Premio dolcezza ( non stucchevole ).
La semplicità, il non pretendere di fare complessi lavori artistici e
soprattutto il lasciarsi ispirare dal cuore, a volte, crea cose più belle e
toccanti di lavori complessi e celebrali;la tua fanfiction ne è una prova. Hai
scritto una storia deliziosa in poche pagine, una fanfiction che non ha preteso
di sfoggiare uno stile aulico per conquistare o una storia complessa di incredibile
originalità in cui i personaggi non siscompongono dall'uscire della loro rigida
natura IC. Non hai scritto niente del genere, sei semplicemente stata te
stessa, hai fatto tuoi i personaggi senza stravolgerli, con delicatezza sei
entrata nella loro sfera emotiva, mettendo alla luce serpeggianti tormenti e
debolezze,scoprendo la fragilità di Edward che Roy tocca con mano,abbraccia, e
trasmette in lui forza, come forgiando un nuovo spirito,esorcizzando le paure e
regalando un nuovo sentimento a Ed, donandogli serenità. Non esistono più case,
luoghi fisici,immobili più o meno perfetti, no... non c'è niente del genere,
una casa non è mura, mobili, finestre...casa è la famiglia, una radice
ancestrale di amore che si spande e si impossessa del luogo fisico e Roy lo sa,
illumina Ed di questa consapevolezza - quell'uomo d'altronde ha sempre le parole
giuste - ovvero, che sarà lui le fondamenta e le mura della loro casa, parole
che mi hanno sciolta nel sentirle.
E i sostantivi di Casa e Roy si fondono, diventando un'unica
speciale materia che porta luce nel cuore di Edward, un Ed -come ho già detto-
fragile ma non in modo esagerato, ma in modo credibile, realistico. Ho sentito
spandersi una bellissima emozione di serenità arrivata alla conclusione della
tua storia, come una poesia che recitata sa toccare le corde giuste del tuo
animo e sa compiacerti, metterti in pace con l'universo e tu hai indubbiamente
fatto questo con le tue capacità espressivo- narrative, ma molto hai fatto
anche tramite Roy, non è una presenza ingombrante, totale nella storia, ha il
suo angolino che però riesce a irradiare ogni riga del tuo lavoro con la sua
essenza, fino alla sua comparsa in cui, con pochi gesti e parole, riesce ad
essere una presenza del tutto determinante e -nonostante la sua natura umana-
quasi -permettimi la puerile definizione- magica.
Ti consiglio di rileggere meglio la tua fanfiction per rendergli maggior onore,
ci sono delle distrazione e delle inesattezze nella punteggiatura, ma per il
resto è davvero un gioiellino delizioso.