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Autore: Pwhore    11/10/2011    2 recensioni
Ho ambientato la fic ai tempi di Three Cheers, quando Gerard era ancora un alcolizzato e Lyn-z non era ancora sua moglie.
E' una Frerard, dal punto di vista di Frank, che si renderà conto che il moro non è più solo un amico per lui.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao, il mio nome è Frank Iero e sono innamorato del mio amico Gerard.
È cominciato tutto qualche sera fa, a casa sua. Aveva dato una festa, coi soliti quattro invitati, musica a palla e tanto alcool. Eravamo tutti un po' brilli, quindi decidemmo di fare uno dei giochi più stupidi del mondo: obbligo o verità. Ray era stupidamente esaltato da questo gioco, e non vedeva l'ora che toccasse a lui. A me non piaceva, invece, lo trovavo una perdita di tempo di una noia assurda. Ad ogni modo, ci sedemmo tutti in cerchio e lasciammo perdere la parte della verità, sfidandoci nelle cose da fare. Dopo un paio di minuti fu il turno di Mikey a decidere chi dovesse fare cosa, e il ragazzo annunciò che avrei dovuto baciare Gerard sulle labbra. Per me andava bene, in fondo il moro era un gran bel ragazzo, oltre che il mio migliore amico. Mi sporsi verso di lui e ci baciammo qualche secondo, poi gli altri decisero che bastava e Gee si staccò da me. Rimasi incantato da quel bacio. Mi aveva scombussolato lo stomaco e gli ormoni, mi era addirittura sembrato di sentire il mio cuore esplodere. Già, il mio cuore. Batteva velocissimo, pareva volesse uscire dal mio petto e saltare in braccio a Gerard. Guardai il mio amico, arrossendo improvvisamente. Sembrava soddisfatto, come se quello fosse stato solo l'ennesimo gioco della serata e come se non fosse cambiato niente in lui. Per me, invece, qualcosa era cambiato. Avevo visto il paradiso per quei pochi istanti in cui le mie labbra avevano sfiorato le sue, e sentivo le campane suonare, da qualche parte.
- Hey, Frank, ti sei incantato? - scherzò Ray, spingendomi una spalla.
- So che bacio bene, ma non c'è bisogno di stupirsene così tanto - rise Gerard, facendomi arrossire.
- Ma che dite, mi ero perso nei miei pensieri! - ribattei, cercando di tornare al mio colorito normale. Diamine, non era da me fare così. - A chi tocca ora? - domandai, cambiando argomento.
- A Bob - rispose Mikey, indicando il batterista.
- Uh? Io passo - mormorò il biondo, smettendo di giocherellare col suo piercing al labbro. - Questo gioco mi annoia - spiegò.
- Infatti, è una stronzata - annuii io, cercando di persuadere i miei amici a fare qualcos'altro.
- Oh, avanti, non fare il guastafeste! - sbottò Gerard, alzando gli occhi al cielo.
- Già, magari potresti ribaciare questo coglione qua e migliorare il tuo umore - ridacchiò Ray, indicando il moro con un dito. Arrossii e gli dissi di smetterla, poi mi alzai di scatto e andai a prendermi qualcosa da bere. Non era da me comportarmi in quel modo, che diavolo mi stava succedendo? Mi abbracciai lo stomaco, mordendomi le labbra. Sapevano di Gee, ed era un sapore così buono... Scossi la testa, cercando di calmarmi. Cos'era quella strana sensazione di tepore che mi attanagliava lo stomaco quando pensavo al mio amico? Non l'avevo mai provata prima... prima del bacio. Lanciai un'occhiata furtiva al moro, nascondendomi dietro alla mia lattina di birra. Rideva contento, appoggiandosi alla spalla di Bob e circondandogli il collo con un braccio. Perché faceva così dannatamente male guardarlo con qualcun altro? Abbassai lo sguardo, spaventato. 'Non può essere' pensai. 'No...'. Mi rivoltai a guardare Gerard scherzare con il biondo, e una fitta mi colpì lo stomaco. 'No...' Mi ero innamorato del mio migliore amico. Dell'unica persona che non avrebbe mai potuto perdonarmelo, a causa della nostra lunga amicizia. Dell'unico ragazzo che non era mai stato colpito dal mio aspetto fisico e che non mi faceva quasi mai complimenti per i miei occhi chiari. Mi ero innamorato dell'unico uomo al mondo di cui non avrei voluto innamorarmi.
Il mio primo pensiero dopo aver realizzato i miei nuovi sentimenti per il moro fu di scappare in Tibet e diventare monaco, ma scartai subito l'idea. Troppa sofferenza e troppa fatica. Decisi di comportarmi come se niente fosse e di vedere se per lui era cambiato qualcosa, dopo quegli istanti in cui ci eravamo sfiorati. Tuttavia, nei giorni seguenti potei constatare che non c'era niente che non andava nel comportamento del ragazzo, e che, anzi, sembrava solo più felice e allegro di prima. Pareva proprio che io fossi l'unico a sentirmi una merda ogni volta che vedevo il frontman, per sentirmi ancora più merda quando lui se ne andava. Avevo provato a scacciare il dolore con l'alcool, ma non era quella la risposta giusta. La risposta giusta era per me confessargli i miei sentimenti, ma allo stesso tempo mi dicevo che non era possibile, che avrei ucciso la nostra amicizia e che avrei solo fatto una gran stronzata. Un gran problema, insomma. Fra poco sarebbe arrivato anche l'inverno, sfortunatamente. L'inverno mi mette sempre tristezza, anche se c'è il compleanno di Bob e riesco a rivedere le persone che amo. Il Natale, poi. Uno stupido sinonimo di sensi di colpa per chi è più povero di te, solitudine nel vedere tutti più contenti di quanto lo sia tu, e amarezza, in quanto non ricevi mai ciò che ti aspetti. Avevo perso ogni briciola di fiducia che avevo nel Natale anni prima, e anche quest'anno nulla sembrava cambiato. Le solite famigliole felici che comprano regali, i bambini che corrono in giro per le strade, godendosi le vacanze, e i gruppi di persone che cantano davanti agli usci delle case per qualche spicciolo. Bah. A Gerard piaceva il Natale, invece. Lo riempiva di gioia e buoni propositi, proprio come faceva con Ray e con Mikey. Non riuscivo a capirli; per quanto mi sforzassi per me quella era solo l'ennesima festività sciupasoldi, creata apposta per far spendere anche ai non-cristiani. Si potrebbe dire la stessa cosa anche di San Valentino e altri tre milioni di feste, ma vabbe'. Non si può criticare tutto. Ad ogni modo, stavo camminando in mezzo alla strada, quando Mikey mi corse incontro, con quella sua buffa corsetta.
- Frank, Frank! - urlò, cercando di attirare la mia attenzione.
- Ti ho visto, tranquillo - sorrisi io, avvicinandomi a lui.
- Volevo... chiederti se... puff... ti andava... di passare il Natale... con noi... - disse con respiro affannoso.
- Oh, sì, va bene - acconsentii, colto alla sprovvista.
- Fantastico! - esclamò Mikey, mentre gli occhi gli si illuminavano. - Allora vieni da noi verso, non so, le undici? Pranziamo tutti insieme e poi facciamo qualche gioco da tavolo, col camino acceso e tanti dolci a disposizione - annunciò. Annuii e dissi che per me andava bene, quindi lui mi salutò e corse via. Wow, avevo appena avuto l'invito per sentirmi una merda perfino il giorno di Natale, e avevo addirittura accettato. Molto, ma molto intelligente, come idea. Scrollai le spalle, rassegnandomi al fatto che ormai non avevo altra scelta che andare dai Way e divertirmi. Certe volte mi comportavo proprio da masochista, dovevo ammetterlo. Mi schiaffeggiai la guancia e ritornai alla realtà, incamminandomi verso Starbucks. Faceva già freddo, e tutti erano imbacuccati fino al collo nelle loro felpe super pesanti e super brutte. Mi strinsi nella mia giacca leggera e velocizzai il passo, entrando nel caffè dopo pochi minuti. Non c'era tanta fila stranamente, e approfittai del momento per ordinare e sedermi in tutta tranquillità. Mi gustai il mio caffè in santa pace, poi mi alzai e mi ributtai nella strada. Un'ondata di freddo mi gelò il naso, facendomi starnutire. Imprecai tra me e me, ficcandomi le mani in tasca e camminando lungo il marciapiede affollato.
- Oh, Frankie - esclamò una figura familiare, venendomi incontro. - Ho appena incontrato Mikey, che mi ha detto che passerai il Natale con noi! Non è fantastico? - sorrise.
- Già, non vedo l'ora - mentii.
- Anch'io! Due settimane sono lunghe, a passare! - gongolò. - Certo che fa freddo, per non essere ancora ufficialmente inverno - borbottò poi, sfregandosi le mani.
- Vero. Che ne dici se andiamo a prenderci qualcosa di caldo? - proposi. Gli occhi del moro brillarono, mentre lui annuiva e riprendeva a camminare. Entrammo nel bar pochi minuti dopo, e ordinammo due cioccolate bollenti.
- Allora, che mi dici? - mi domandò Gerard, sedendosi di fronte a me.
- Mah, niente di che. Sto crepando di freddo. Te? - replicai, cercando di sostenere il suo sguardo.
- Idem. Ma d'altronde, questo è dicembre, no? - osservò il ragazzo.
- Già, hai ragione - ammisi.
- Faresti meglio a vestirti pesante - disse poi, accennando alla mia giacchetta leggera. - Ti ammalerai - aggiunse. Scrollai le spalle e feci una smorfia.
- Non m'interessa molto, ad essere sincero - ribattei. - Il dolore ti fa sentir vivo. E in questo momento io mi sento molto, molto vivo -. Gerard mi guardò qualche secondo, mordendosi il labbro inferiore.
- C'è qualcosa che non va, Frankie? - mi domandò, toccandomi la mano con la sua. Cercai di non arrossire e abbassai velocemente lo sguardo.
- No, no, figurati. Niente di che, non preoccuparti - mentii. Lui mi squadrò con i suoi occhioni color nocciola, intuendo che qualcosa c'era, in realtà.
- È da un po' di giorni che sei strano, Frank - cominciò. - Hai qualche problema, non so, in famiglia? Magari è morto uno dei tuoi cani? - domandò con aria preoccupata.
- Non portare sfiga, Gerard! I miei cani stanno bene, non preoccuparti - dissi io, fingendomi a posto.
- Allora che c'è che non va? - chiese ancora, stringendomi la mano. Mi morsi il labbro, cercando di non gridare per la felicità, e provai ad assumere un'aria tranquilla, quando in realtà tutti i miei ormoni erano in subbuglio.
- Ma niente, sai che il Natale mi fa questo effetto. Sono solo un po' depresso, ecco tutto - buttai lì. Gerard fece finta di crederci e cambiò argomento, parlando del nuovo brano che aveva in mente. Sarebbe stata una cover di una canzone famosa, e l'avremmo registrata fra qualche giorno, prima delle vacanze natalizie. Annuii e dissi che mi pareva una bella idea, anche se in realtà non lo stavo ascoltando. Chiacchierammo un po' sulla festa della settimana prima, ma il moro evitò di chiedermi qualunque cosa riguardo al mio strano comportamento.
- Certo che eri proprio ubriaco! - ridacchiò. Allora era quello che pensava.
- Già, be', non ricordo quasi un cazzo - sorrisi io, fingendomi imbarazzato. Gerard rise, e dopo pochi minuti decidemmo di uscire dal locale. Non avevamo niente da fare, quindi optammo per stare insieme un altro po', e chessò, andare a comprare i regali di Natale per gli alti. Ci dirigemmo verso il grande magazzino in silenzio, visto il freddo pungente, e una volta lì ci fermammo davanti all'entrata.
- Allora, com'è il piano? - domandò Gerard.
- Non saprei - ammisi. - Ognuno per la sua strada e tra un'oretta qui? - proposi.
- Perfetto! - esclamò felice il moro. - Così non vedrai il tuo regalo! - sorrise.
- Allora è deciso. Ci vediamo tra un'ora - lo salutai, incamminandomi verso i negozi. Lui fece lo stesso e scomparve dalla parte opposta, canticchiando carole di Natale.
Ci ritrovammo al punto prestabilito esattamente un'ora dopo. Io avevo comprato un sacco di stronzate per me, visto che i regali li avevo già presi, ma Gerard aveva acquistato un'infinità di roba. Lo osservai corrermi incontro carico di pacchi e buste, quindi mi avvicinai e gliene presi un po'.
- Non ce n'è bisogno! - protestò il moro, cercando di fermarmi.
- Non fare lo scemo, sei carico come un mulo - gli rinfacciai alzando le sopracciglia.
- Sì, be', è vero - ammise Gee. - Ma anche tu non scherzi - osservò.
- Ce la faccio benissimo, non preoccuparti - sorrisi. Lui annuì e mi seguì lungo i marciapiedi pieni di gente, finché non scorgemmo casa sua.
- Siamo arrivati - annunciò accelerando il passo.
- Lo vedi che i pacchi erano pesanti? - lo sfottei quando posò le buste a terra con un sospiro affaticato. Lui rise, ammettendo la sua stanchezza.
- Vuoi qualcosa da bere? - mi chiese poi, avviandosi in cucina e tornando con due birre. - Non si accettano 'no' - mi avvisò, allungandomene una.
- Grazie - sorrisi, portandomi la lattina alle labbra e bevendone un sorso.
- Mikey era tutto eccitato per questa cosa del Natale - cominciò dopo un paio di minuti. - Ha continuato a ripetermi quanto sarebbe stato bello e divertente per un sacco di tempo, prima che si rendesse conto di dover avvisare anche Bob - ridacchiò.
- Sì, be', è un'idea carina - dissi, maledicendo Mikey. Gerard annuì, dando un sorso alla sua birra.
- Sarà il mio primo Natale non in famiglia - commentò.
- Già, anche il mio - ammisi. - Anche se la band ormai è come una famiglia per me - aggiunsi con un sorriso.
- Ma come sei carino! - esclamò il moro, giocherellando con la mia guancia. Arrossii di brutto, ma lui non se ne accorse e continuò a ridere sotto i baffi. - Sai, certe volte sei davvero dolce, Frankie - osservò.
- Capita - mi scusai, stringendomi nelle spalle.
- Io invece rompo le palle tutto l'anno - sorrise, bevendo un altro po'. - Poveri voi -
- Ma smettila, Gee. A me non rompi affatto le palle - ribattei.
- No? Be', tanto meglio - commentò lui, spaparanzandosi meglio sul divano. Rimanemmo in silenzio per un po' di tempo, nel quale il moro finì la sua birra. Una volta constato che non v'era rimasto neanche un goccio di alcol nella bottiglia, il ragazzo si alzò e andò a prenderne un'altra.
- Hey, Gee - lo chiamai.
- Sì? -
- Da quando hai un vaso di fiori sul davanzale? - domandai. Lui si strinse nelle spalle, sedendosi nuovamente accanto a me.
- Un po' di tempo, perché? - mi chiese poi.
- Niente, curiosità - risposi. Lui annuì, soddisfatto. - Hanno dei bei colori - commentai.
- Vè? Mi piacciono molto - gongolò il moro. Stavolta fui io ad annuire, e poi calò di nuovo il silenzio.
- Sai che ore sono, Gee? - chiesi a un certo punto, dopo una piccola chiacchierata.
- Mhh, sono le... le sei e mezza - mi informò lui.
- Oh merda, è tardissimo! - esclamai. - Devo proprio andare, scusa! - dissi, scattando in piedi e avviandomi verso la porta.
- Hey, calmati. Fatti salutare almeno - scherzò Gerard, alzandosi in piedi ed abbracciandomi. - Ci vediamo in studio - mi salutò con un sorriso.
- Certo - acconsentii. - Buone vacanze - lo salutai poi, correndo giù per le scale. Una volta fuori, alzai lo sguardo verso le sue finestre e notai che mi stava ancora salutando, quindi gli feci un cenno del capo e corsi via.
Tardi? Non era affatto tardi. Non c'era nessuno ad aspettarmi, a casa, e non avevo alcun impegno da cui correre. È che mi sentivo fuori posto lì, e i suoi occhi vivaci mi facevano male allo stomaco.
I love him so  it hurts.
   
 
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