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Autore: TooLateForU    12/10/2011    7 recensioni
“Io scrivo canzoni sulle emozioni, sulle sensazioni..”
“Io ho la sensazione di starti per dare un calcio. Vuoi scriverci una canzone sopra?”
Sophie Richards ha sedici anni, una mamma francese, una zia fissata con il rosa, una sorella invadente ed un amico canadese troppo bello e troppo furbo.
Cosa può andare storto?
SOSPESA.
Genere: Comico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Sophie, mi dai una mano? La valigia pesa!” Eliza arrancava dietro di me, lamentandosi. Ancora.
Sbuffai, e continuai a camminare, ignorandola. Ho già tanti problemi di mio, non posso preoccuparmi anche di quella marmocchia lagnosa. Alzai gli occhi al cielo, strizzandoli a causa del sole abbagliante.
Facevano trenta gradi, c’era un sole che spaccava le pietre ed era il quindici di ottobre.
Sì, ero proprio a Los Angeles. Bello schifo.
“Sophie, hai sentito che cosa ho detto?” riprese quella tonta di mia sorella. Mi voltai bruscamente, e ci scontrammo, con il risultato di far rovesciare a terra entrambe le nostre valigie. Non me ne curai.
“Smettila di lagnarti, è solo una stupida valigia, non un giavellotto in ferro battuto!” le dissi, stufa. Ero già di malumore, ci mancava questa a rompere le palle.
Mi guardò offesa, e tirò su la sua valigia fucsia impettita. “La mamma ha detto che devi essere gentile con me!” mi ricordò, indispettita.
“La mamma è qui? Non mi pare, quindi non rompere.” Ripresi a camminare, osservando ogni casa a cui passavamo accanto. Prima o poi sarebbe dovuta arrivare la ‘favolosa casa’, come la definiva mia madre, in cui io ed Eliza avremmo dovuto vivere per i prossimi mesi, in compagnia della ‘cara Zia Jude’.
Che incubo.
“Secondo te staremo bene con la zia?” domandò all’improvviso Eliza.
“No.” Risposi, secca.                                                                 
“Perché? È cattiva? Io non me la ricordo per niente..”
“Che fortuna.” Commentai. Continuavo a guardare la schiera di case che ci passavano accanto.
Dio, erano tutte uguali! Enormi, bianche, con ottomila piscine e schiere di BMW parcheggiate nei garage. Jude la maniaca del rosa, alias mia zia, era una riccona che faceva la bella vita a Los Angeles da secoli, all’incirca da quando aveva vent’anni.
Quindi dal lontano Medioevo.
“Eccola.” Mi fermai tutto d’un tratto davanti un’enorme villa bianco latte, numero civico 456.
Eliza e tutta la sua goffaggine mi travolsero, ovviamente. La scansai velocemente.
“Dio mio, guarda dove metti i piedi!” la sgridai, lei mi fece la linguaccia e poi attaccò il dito al campanello tutta allegra. Io le diedi uno schiaffo sulla mano.
“Ma porca miseria, Eliza! Hai dieci anni e ancora non sai come ci si comporta? Non si suona così ai campanelli, genio!”
“Perché, come si suona?”
“Solo una volta, tonta.”
“Non sono una tonta!”
“Sì invece!”
“Chi è?” una voce metallica fece capolino dal citofono.
“Siamo Eliza e Sophie, zia!” rispose la marmocchia.
“Oh, siete già arrivate! Entrate, entrate!” finalmente Jude la maniaca si decise ad aprire il portone, e potemmo entrare.
La marmocchia cominciò a commentare estasiata ogni cavolata presente nel giardino ‘Oh che bella piscina!’ ‘Oh che favolosi fiori!’ ‘Oh che meraviglioso vaso mezzo rotto da cui esce un sacco di terra!’
Io neanche alzai gli occhi dalla punta delle mie Converse viola sdrucite. Non volevo essere a Los Angeles, non volevo essere a casa di mia zia matta come un cavallo e soprattutto non volevo perdere i contatti con i miei vecchi amici.
Peccato, troppo tardi.
La porta d’ingresso si aprì, ed una donna sulla cinquantina apparve in tutto il suo splendore rosato. Indossava un paio di patetici pantaloni di velo rosa, abbinati ad una maglietta a mezze maniche rosa, con dei tacchi dodici rosa e degli orecchini pendenti rosa.
Stavo per vomitare, me lo sentivo.
“Eliza! Sophie! Le mie piccole nipotine francesi! Venite qui, su!” Ci spinse a forza tra le sue braccia, rischiando di strozzarci e di soffocarci con il suo profumo vomitevole.
“Halo tatà*! Che bello vederti!” esclamò Eliza, sorridendo a trecento denti.
“Ciao zia.” Mugugnai io, prima di sciogliere quel patetico abbraccio ed entrare in casa. Lanciai a terra la valigia, e mi tuffai sul primo divano che vidi.
“Ah, Eliza, come ti sei fatta grande! Sei una signorina!” Jude le diede un buffetto tipico da zia sulla guancia. Ecco, cominciano i ‘Ma quanto sei cresciuta!’ e ‘Oh, mi ricordo quando eri piccola piccola e blablabla.’
“E tu non mi saluti neanche, petit Sophie?” la zia si avvicinò a me, senza perdere il suo fastidioso sorriso smagliante.
Smisi di controllarmi le doppie punte, ed alzai gli occhi su di lei. “Ti ho salutata, prima.” Borbottai.
Fece un smorfia “Ah, sei sempre la solita! Tu as toujours été grincheux, puisque vous étiez petit!” (sei sempre stata scontrosa, da quando eri piccola!)
“Zia, non mi va di parlare in francese.”
“E perché no? D’altronde, tu e tua sorella siete per metà francesine!” scoppiò in una risata fastidiosissima, come se fosse una cosa esilarante avere una madre e metà dell’albero genealogico francese.
Alzai gli occhi al cielo, e mi guardai un po’ intorno. Un grande lampadario, un grande tappeto, una grande TV, un grande tavolino..In quella casa era come se tutto fosse tre volte il volume normale.
Mi alzai dal divano, e ripresi la valigia. “Dove sono le nostre camere?” le chiesi, incolore.
“Oh, che sbadata, certo!” si diede una manata in fronte, e poi indicò con un cenno della testa le scale. “Salite le scale, arrivate fino alla fine del corridoio e la penultima stanza è quella di Eliza, mentre l’ultima è la tua.” Mi fece un occhiolino, e poi si avvicinò a me “Ti ho dato quella davanti all’albero di pere, così sarà più facile arrampicarsi fino alla tua camera, per i ragazzi!” e scoppiò in una risata maliziosa.
Io la guardavo sconvolta. Persino mia zia aveva cominciato a fare battutine ‘maliziose’. Santo cielo.
“Sì! Avrò una camera tutta mia!” urlò entusiasta la marmocchia, prima di correre su per le scale, senza valigia. Ah, che liberazione, niente più tonta in camera. Era ora, dopo ben sedici anni di vita.
Salii anche io, ma molto più lentamente a causa della valigia; il corridoio del piano di sopra era pieno di specchi. Che cosa inquietante.
Arrivai fino all’ultima porta, oltrepassando la camera di mia sorella, che già saltava sul letto.
Aprii esitante la porta, e mi trovai davanti una camera violetta, con tante margheritine disegnate sulle pareti e tendine lillà. Di buono c’era che il letto era bello grande, c’era un computer e l’albero davanti alla finestra sembrava perfetto per le fughe improvvisate.
Sospirai, e mi gettai a peso morto sul letto. Presi a fissare il soffitto bianco, così differente dal soffitto della mia vecchia camera a Seattle, pieno di graffiti disegnati dalla sottoscritta. Non mi sarei mai abituata.
Perché mia madre ci aveva spedite proprio qui? Non potevamo andare a casa dei nostri altri zii, in Francia, al limite? Sarebbe stato meglio non andare da nessuna parte, però dato che non era possibile almeno in un posto decente!
Il mio cellulare prese a vibrare, facendomi tremolare tutta la gamba. Risposi senza neanche controllare chi era, tanto già lo sapevo.
“Ciao mamma.” Esordii, con una voce degna di una morta.
“Chèrie*! Come va? Siete arrivate? Eliza? Vi piace Los Angeles? Che tempo fa?” iniziò a raffica, peggio di una mitragliatrice.
“Bene, sì, rompe come sempre, no, c’è il sole.” Replicai, guardandomi un’unghia.
“Oh, qui piove come sempre! E la zia, che vi ha detto? Vi piace la casa?”
“Mamma, sai bene che la mia opinione su tutto è ‘Uno schifo’ quindi puoi anche evitare di fare queste domande.” Le feci notare, ovvia.
La sentii sospirare attraverso il telefono “Senti, perché non provi a collaborare un po’? Non è facile per nessuno, questa situazione, lo sai.”
“Sì sì, certo.”
“Io vi ho mandate dalla zia per il vostro bene! Sai che mi ammazzo di lavoro, in questo periodo! Il giorno all’ospedale, e la sera al veterinario. Durante gli ultimi tempi stavate sempre sole a casa, almeno ora avete compagnia! E poi dai, sarà solo per..qualche mese!” continuò, convinta.
Tentava di mettere alla luce dei lati positivi? Beh, non ci stava riuscendo. Perché non c’erano lati positivi in questa situazione.
“Ti passo Eliza.” Borbottai, alzandomi dal letto. Arrivai fino alla camera accanto e lanciai il telefono sul letto della marmocchia, colpendola in pancia.
“Ahia Sophie! Sei una stupida!” urlò, arrabbiata. Io non le diedi peso, e me ne tornai nella mia stanza.
Sarebbero stati dei mesi infernali.
 
 
 
 
 
 
Ma buongiorno, belle pulzelle (?)
Allora, ieri pomeriggio mi è venuta l’ispirazione per una nuova storia, e non potevo ingnorarla… Fatemi sapere quanto è bruttina da uno a dieci :)
Poi, passiamo ad altro. In questa storia, ogni tanto, saranno presenti delle parole francesi dato che la protagonista, come avrete capito, è per metà francese! Non sono sicura di scrivere tutto correttamente, dato che non ho mai studiato questa lingua.. Però la mia migliore amica è realmente per metà francese, ed ogni tanto mi insegna qualcosa! In ogni caso, alla fine della pagina ci sarà sempre la traduzione..
Alla prossima!
 
*Ciao zia!
*Tesoro!
 
p.s non preoccupatevi, Justin arriverà ;)
pps Il nome della sorella di Sophie si pronuncia Elaiza :) Adoro questo nome!
 
   
 
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