Crossover
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Autore: Darik    13/03/2004    2 recensioni
Un momento che prima o poi doveva arrivare, soprattutto quando si è fan dell'animazione robotica: l'incontro tra gli Evangelion e i Mazinga. La battaglia per la salvezza del mondo ha inizio!
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1° CAPITOLO

CITTA’ DI TOKYO

Sembrava una mattinata come tutte le altre per la città che un tempo era la capitale del Giappone, con tutti i suoi abitanti impegnati nelle loro attività di sempre.

Dopo il cataclisma denominato Second Impact, molte cose erano cambiate: prima di allora, Tokyo era una delle metropoli più grandi del mondo.

Ma in seguito a quel disastro, il livello delle acque si era alzato di parecchio, inondando buona parte della città. E come se non bastasse, Tokyo era rimasta vittima anche di una delle numerose guerre, civili e non, scoppiate negli anni immediatamente successivi a quel cataclisma, ottenendo anche ‘l’onore’ di essere utilizzata come bersaglio per la prima bomba N2 mai costruita, che distrusse la periferia della città.

Il governo, le industrie, e buona parte della popolazione emigrarono altrove, riducendo Tokyo ad una città fantasma.

Quando poi il caos provocato dal Second Impact cessò, il governo giapponese, che nel frattempo si era trasferito nella città di Neo-Tokyo 2, decise di provare a recuperare l’ex-capitale.

Una discreta parte dei territori sommersi venne bonificata, permettendo così la costruzione di nuovi edifici che, insieme al recupero di quelli scampati alla guerra e all’inondazione, fece si che Tokyo venisse ripopolata.

Anche le varie industrie volsero lo sguardo su Tokyo, decidendo di sfruttare il suo fascino storico come palcoscenico per organizzare fiere e mostre dei loro prodotti.

Così Tokyo risorse, anche se ormai, con le dimensioni ridotte, la popolazione pure, le ditte che la usavano solo per presentare le novità, era l’ombra della grande metropoli di un tempo.

Ma era comunque una città viva.

La gente passeggiava tranquilla per le strade, quando all’improvviso tutto cominciò a tremare.

“Che succede? Un terremoto?” erano le domande che più venivano in mente alle persone mentre cercavano di reggersi in piedi con non poche difficoltà.

Ma la natura non c’entrava niente, poiché un essere gigantesco spuntò all’improvviso dal suolo della città, seminando subito il panico tra la gente che cercava disperatamente di fuggire in qualunque direzione.

L’essere aveva due gambe e due braccia, entrambe di colore nero, e tutti e quattro gli arti avevano delle strane dita dalla forma estremamente lunga.

La testa raffigurava un volto umano, illuminata da due occhi rossi e con un espressione malvagia.

Ai lati della testa, sulle spalle, due protuberanze a forma di arco, e sul petto una terza protuberanza di forma circolare.

Rapidamente, dopo essersi guardato in giro, il mostro cominciò ad abbattere alcuni palazzi semplicemente camminandoci attraverso.

“Mio Dio! Non è possibile! Cos’è quel mostro?!” gridò un uomo mentre scappava.

“Vuol radere al suolo la nostra città!” gli fece eco un altro.

Ma questo mostro non sembrava avere il semplice scopo di distruggere, perché sembrava si stesse dirigendo verso un luogo preciso, un grosso palazzo dalle pareti a vetrata alto almeno venti piani.

Si piazzò davanti al palazzo, e si chinò come a cercare qualcosa attraverso le finestre.


“Professore, presto scappi! Sta chiaramente cercando noi!” gridò un ragazzo con i capelli castani lunghi, che indossava un camice bianco e osservava dalla porta di un laboratorio l’enorme massa del mostro che oscurava l’intero edificio.

“Non posso. Non posso farlo. Manca cosi poco, cosi poco. Non mi fermerò adesso!” gli rispose un uomo sulla sessantina, molto alto, che indossava anche lui un camice bianco e stava trafficando davanti ad un computer munito di microscopio elettronico.

Al centro del laboratorio, pieno di congegni di vario tipo, stava un grande contenitore di colore nero e di forma rettangolare, alto una decina di metri e largo cinque, dal quale uscivano diversi cavi che finivano nel pavimento.

“Si! Si! Le cellule si sono attivate. Hanno iniziato ad unirsi. Vive! Vive!” esclamò con gioia l’anziano uomo.

“Professor Ogisa! La prego! Il mostro si sta girando da questa parte! Andiamocene!” gridò il giovane cominciando a tirarlo per un braccio.

“No Akito, no! Vattene tu se vuoi. Ma io non mi muoverò di qui finché non vedrò cosa verrà fuori dal completamento del processo” rispose Ogisa liberandosi con uno strattone.

“Professore…” fece per replicare Akito, ma si interruppe quando vide attraverso la porta che il mostro li aveva localizzati.

QUALCHE MINUTO PRIMA, A NEO-TOKYO 3

La sirena dell’allarme aveva cominciato a suonare nell’immenso Geo-Front della Nerv.

Ma stranamente la futuristica città, destinata a diventare la capitale del Giappone, non passava al suo assetto bellico.

E l’allarme non era stato trasmesso ai civili.

“Cosa sta succedendo?” domandò il maggiore Misato Katsuragi giungendo di corsa sul ponte di comando.

Il maggiore stava tranquillamente mangiando nel self service della Nerv, approfittando del suo turno di riposo, quando quella maledetta sirena per poco non la faceva affogare.

“I nostri sistemi satellitari hanno ricevuto dati riguardanti la comparsa di un oggetto sconosciuto di enormi dimensioni” informò Shigeru Aoba.

“Si tratta di un angelo allora?” chiese Misato.

“Non lo sappiamo ancora con certezza. Però l’oggetto è comparso a Tokyo, ben lontano da qui”.

“A Tokyo?! E che ci fa un angelo a Tokyo!?”

“Non penso si tratti di un angelo” disse una voce femminile alle sue spalle.

“Ritsuko. Come mai sono arrivata prima io di te sul ponte di comando?” domandò il maggiore alla bionda dottoressa che indossava sempre il suo camice bianco.

“Non appena è scattato l’allarme, sono stata convocata dal comandante Ikari nel suo ufficio” rispose Ritsuko superando il maggiore e dirigendosi alla postazione di Makoto Hyuga.

“Avete i dati sull’obbiettivo?” domandò Ritsuko all’operatore.

“Non ancora, riscontriamo alcuni problemi” rispose quest’ultimo.

“Lascia fare a me” disse la donna sporgendosi in avanti e cominciando a trafficare sui tasti del computer con una velocità eccezionale.

Tanto che Maya Ibuki, seduta alle sue spalle, la guardava con grande ammirazione, come suo solito.

In pochi secondi lo schermo principale del ponte di comando si illuminò, mostrando le immagini riprese dall’alto del misterioso mostro che aveva attaccato Tokyo.

In quel momento sembrava fermo davanti ad un palazzo, come se cercasse qualcosa.

Ritsuko effettuò alcuni zoom sul mostro, e cominciò ad esaminarlo.

“Cosa ne pensi?” domandò poi Ritsuko indietreggiando fino ad affiancarsi a Misato “Ti sembra davvero un angelo?”

“No” rispose dubbiosa Misato “assomiglia di più ad una specie di gigantesco robot”.

“E infatti” si inserì Hyuga “ho appena ottenuto il diagramma d’onda di quell’essere. E’ arancione, non è un angelo”.

“Questa storia mi puzza. Chi può aver costruito un simile robot? E perché l’ha mandato a Tokyo?” si chiedeva il maggiore.

“Maggiore Katsuragi, vuole che contatti i piloti di Eva?” domandò Maya.

“Si. Anche se non si tratta di un angelo, non possiamo certo permettere che vengano uccisi dei civili. Mandate immediatamente a chiamare i piloti, adesso sono a scuola”.

“Sei sicura che sia una buona idea? Tokyo è lontana da noi, vuoi mandare gli Eva ad affrontare un nemico dalle potenzialità sconosciute? Senza neanche permettere ai ragazzi di poter utilizzare le armi, le coperture di Neo-Tokyo 3?” domandò la dottoressa.

“Correremo il rischio. Approntate i preparativi per l’equipaggiamento tipo F da usare sugli Eva-01 e 02. Lo 00 purtroppo è fuori standard per gli equipaggiamenti speciali. E inviate sul luogo i mezzi per il rifornimento energetico degli Eva”.

“Annullare gli ultimi ordini e disattivare l’allarme” tuonò autoritaria una voce maschile dietro le due donne.

Misato si voltò sorpresa: il comandante Gendo Ikari aveva appena fatto la sua comparsa sulla torre mobile, che il maggiore non aveva sentito alzarsi a causa della sirena dell’allarme che proprio allora cessò.

A fianco del comandate, silenzioso e in piedi, il suo vice Kozo Fuyutsuki.

Gendo, nella sua solita posa, fissava attraverso i suoi occhiali scuri il maggiore Katsuragi che sembrava essere rimasta alquanto interdetta. E immaginando già cosa volesse dirgli, la anticipò: “Maggiore Katsuragi, il compito della Nerv consiste nel combattere gli angeli. Se quell’essere non è uno dei nostri nemici, allora non è un qualcosa che ci riguardi”.

“Ma… ma comandante Ikari, la Nerv deve proteggere l’umanità. Anche se quel mostro non è un angelo, potrebbe comunque possederne la stessa pericolosità e forza. E il suo obiettivo, qualunque esso sia, potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza del mondo” obbiettò Misato.

“Anche se fosse, quello non è un angelo. Quindi non ha l’AT-Field. Ci penseranno le forze strategiche di autodifesa a fermarlo. E poi, se veramente volessero il nostro intervento, lo avrebbero chiesto. Invece niente. Segno che quelli dell’alto comando giapponese, sempre molto insofferenti nei nostri riguardi, ritengono che questa sia una sfida alla loro altezza, perciò non ci vogliono tra i piedi stavolta”.

Misato fece per replicare ancora, ma Ritsuko le mise una mano sulla spalla scuotendo il capo, volendole trasmettere un chiaro messaggio.

Lascia perdere, ormai il comandante ha deciso così e niente gli farà cambiare idea.

Misato strinse i pugni e si girò per guardare il mostro sullo schermo.

E anche Gendo osservava incuriosito lo schermo, segno che la presenza di quel mostro comunque lo interessava.

Ma non erano solo quelli della Nerv che osservavano le azioni dell’essere.

Dentro una base segreta costruita all’interno di una montagna, in un altra enorme sala piena di monitor e circondata dall’oscurità, tre persone coperte dal buio stavano visionando l’operato del mostro, tramite collegamenti satellitari e telecamere inserite direttamente negli occhi del gigante.

“Signore, Ruger 80 ha individuato il professor Ogisa” comunicò un operatore, che indossava una tuta di colore blu notte.

“Perfetto. Sapevo che il buon Ogisa non mi avrebbe deluso. Sperava di potersi nascondere da me, ma era soltanto un illuso” rispose una oscura figura ghignante, al centro del trio che osservava i monitor.

“Aspetta a cantare vittoria. Non ha ancora preso ciò che ci serve” ribatté la seconda figura alla sua destra.

“Infatti. Qualcosa potrebbe andare storto” proseguì la figura a sinistra.

“Stupidaggini! Chi può fermarci? Chi? Nessuno! La Nerv, forse, ma conosco bene Gendo Ikari, se non si tratta di qualcosa che riguardi gli angeli e i vari progetti che porta avanti, non muoverà un dito contro di noi. Ah ah ah ah ah ah!!!!”


In città, all’improvviso un enorme braccio di colore nero sfondò come niente le vetrate e i muri del palazzo dove si trovava Ogisa, e penetrò nel laboratorio distruggendo tutto.

Akito venne colpito da alcune macerie e cadde a terra, mentre Ogisa venne sbattuto di lato dallo spostamento d’aria, e sgomento osservò quella mano afferrare il contenitore e strapparlo via dai suoi sostegni.

“No! Non puoi portarmelo via!” gridò Ogisa che incurante del rischio si aggrappò con tutte le sue forze alla mano del mostro mentre cominciava a ritirarsi.

Ma non rimase attaccato a lungo, andò a sbattere con la testa contro alcuni spuntoni delle mura sfondate e cadde sul pavimento del corridoio antecedente il laboratorio, in mezzo ai frammenti delle vetrate sfondate.

Il mostro alzò la mano destra come a contemplare l’oggetto che aveva appena rubato, mentre Ogisa, disperato, si affacciò da una finestra urlando: “Ridammela!”

Poi una frase sovrastò ogni altro rumore: “ROCKET PUNCH!”*

La voce giunse all’improvviso da dietro il palazzo col laboratorio, una voce maschile che sembrava amplificata da un microfono.

Poi una specie di rombo, due oggetti velocissimi si abbatterono sul mostro, e uno lo colpì alla mano destra facendogli cadere il contenitore rubato.

L’altro invece lo prese in pieno volto, mandandolo a terra.

Ogisa allibito osservò il contenitore schiantarsi al suolo, ma il suo contento non doveva aver subito danni, quel contenitore era stato costruito apposta in modo resistentissimo.

Si chiese chi fosse intervenuto, ed ecco che il terreno cominciò a vibrare leggermente, quasi a passo di marcia.

Una nuova ombra apparve a fianco del palazzo, un robot di colore nero e bianco, con due strane antenne rosse sul petto che ricordavano un po’ una Z, sulla parte inferiore del viso una sorta di griglia, mentre la parte superiore della testa era aperta, e vi era agganciato un veicolo di colore rosso con all’interno una persona, che si intravedeva tramite un vetro a forma di semicupola.

Le braccia invece parevano mutilate, perché prive di avambracci.

I due oggetti che avevano colpito il mostro però tornarono indietro e andarono ad agganciarsi proprio li, ed erano proprio gli avambracci che mancavano.

Ogisa fu colpito come da un lampo. Quella figura, lui la conosceva bene, ne aveva seguito molte volte le imprese quando era più giovane, quasi quaranta anni prima, nel periodo pre-Second Impact.

Lo scienziato mormorò: “M…. Mazinga Z! Sono arrivati in tempo!”


“Co… cosa!? Mazinga Z!!!???” sbraitò nel buio la figura centrale del trio.

L’atmosfera era di colpo cambiata nella base nascosta dentro la montagna.

“Esatto. Proprio lui” confermò con calma la figura a destra.

“A quanto pare non era andato distrutto nello scontro finale contro il Dottor Inferno” constatò la figura a sinistra.

“Maledetto! Maledetto! Presto, ordinate a Ruger 80 di fare a pezzi quel rottame!”

Anche alla Nerv, tutti rimasero sorpresi.

“Ma.. cosa… che cos’ quel robot?” mormorò Misato.

“Non lo so, ma chi l’ha costruito si meriterebbe una bella lezione di design” commentò sarcastica e impassibile Ritsuko.

La dottoressa trovava infatti il design del nuovo arrivato non brutto, ma datato, soprattutto rispetto a quello degli Eva.

“Quel robot non mi è nuovo” diceva con calma Gendo.

“Infatti. Difficilmente tu puoi ricordartelo, perché durante il periodo in cui agiva eri solo un bambino. Ma io lo rammento bene. Quello è Mazinga Z” spiegò con calma Kozo.

“Mazinga Z. Ma certo, il robot che negli anni 70 proteggeva il Giappone e il mondo da misteriosi mostri meccanici. Ma dopo una terribile battaglia contro il mandante di tali mostri, un certo Dottor Inferno mi pare, scomparve misteriosamente e tutti lo dettero per distrutto”.

Misato aveva sentito i discorsi tra i due uomini: “Mazinga Z? Accidenti, ogni tanto me ne parlava la mamma, ma alla stregua di una favola della buona notte. E invece esiste veramente”.

“Io non ne avevo mai sentito parlare” disse invece Ritsuko “ma sembra una tecnologia interessante”.

L’interesse e l’apprensione per lo scontro che stava per svolgersi a Tokyo aumentava.


In città, i due giganti si fronteggiavano in silenzio.

A bordo di Mazinga Z, un giovane osservava il mostro.

“Tsk, stupido mostro meccanico. Facevi i conti senza l’oste, vero? Ora te la vedrai con Mazinga Z!” gridò sicuro di se il ragazzo che indossava una tuta rossa, in alcuni punti il rosso era molto scuro in altri più chiaro, e con stivali di colore giallo scuro e un casco bianco con visiera per gli occhi che gli copriva interamente la parte superiore del viso.

Mazinga si lanciò correndo contro Ruger 80, provò a dargli un pugno, ma il mostro proprio allora fece scattare in avanti le sue lunghe dita, che si trasformarono in una sorta di funi, presero Mazinga per la cintola, lo sollevarono e iniziarono a sbatterlo contro i palazzi in tutte le direzioni.

“Urgh… bastardo!” ringhiò il ragazzo, che subito gridò: “KOUSHIRYOKU BEAM!”

Dagli occhi del suo robot partirono dei raggi di colore giallo, che colpirono in pieno le dita del mostro sciogliendole.

Tornato con i piedi per terra, Mazinga si lanciò nuovamente contro Ruger 80, e riuscì a sbatterlo al suolo pesantemente mettendocisi sopra.

Ma prima che potesse fare qualcos’altro, la strana protuberanza sul petto del mostro si illuminò, e all’improvviso generò un raggio di colore bianco che alzò di peso Mazinga Z per una cinquantina di metri e poi lo scagliò lontano, fuori dalla città.

“Dannato!” esclamò il giovane pilota non appena atterrò (alquanto malamente).


“Ah ah ah ah ah! Avete visto? Ruger 80 funziona alla perfezione. Il suo raggio di energia solidificante ha colto in pieno Mazinga Z. Il Dottor Inferno era un idiota, non ha mai capito veramente come si costruiscono i mostri meccanici!” esclamò al colmo della gioia la figura al centro del trio.

“Aspetta Cerberus! Mazinga Z non è stato ancora sconfitto” replicò la figura a destra.

“Infatti. Ci sarà un motivo per cui quel robot ha sconfitto cosi tante volte il Dottor Inferno” continuò l’uomo a sinistra.

“Grrrr… Gog, Magog, maledetti fratelli. Non capisco perché vi tengo al mio servizio. Non fate altro che rovinare il mio entusiasmo!” rispose a denti stretti Cerberus.

“Cerchiamo solo di mantenerti coi piedi per terra” risposero all’unisono i due fratelli.

“Bah! Ruger 80! Recupera il contenitore e portamelo subito!”


“L’ha messo ko!” esclamò preoccupata Misato.

Tutti alla Nerv avevano cominciato a fare il tifo istintivamente per Mazinga Z.

Ma ora sembrava che il mostro lo avesse sconfitto.

“Affascinante. Prima quei ‘ROCKET PUNCH’, ora questo ‘KOUSHIRYOKU BEAM’. Quel Mazinga Z sembra possedere un armamentario incorporato superiore a quello degli Eva” commentò Ritsuko.

“Scommetto che vorresti fare dei test con gli Eva e Mazinga” le disse Misato senza distogliere gli occhi dallo schermo.

“Sono sempre aperta alle nuove esperienze”.

“Maggiore, abbiamo rivelato la presenza di un altro oggetto sconosciuto che si avvicina alla città” avvertì Aoba.

“E adesso chi diavolo può essere!”


Il mostro si chinò sul contenitore per raccoglierlo con le mani nonostante le dita fossero ridotte quasi a dei moncherini.

E fu allora che irruppe sulla scena il professor Ogisa, stanco di essere un semplice spettatore, che si mise davanti al contenitore come se volesse proteggerlo col suo corpo.

“Il frutto del lavoro di una vita… non ti lascerò portarlo a quel maledetto!”

Ma Ruger 80 lo stesso protese la sua mano, la sua ombra copriva l’intera strada, deserta e piena di macchine abbandonate.

All’improvviso venne colpito alla testa da un grosso sasso.

Niente di grave, ma sufficiente per far voltare il mostro nella direzione da cui proveniva il macigno.

Dietro alcuni palazzi era apparso un nuovo robot, alquanto buffo: basso, grasso, un corpo di colore rosso e una testa di colore rosa dall’aspetto alquanto tozzi.

Infine braccia e gambe gialle.

“Ehi, stupido mostro! Ora te la vedi con Boss Robot e il suo pilota, il qui presente Boss!” disse una voce anch’essa tozza (si può dire che una voce è tozza?) che apparteneva ad un uomo di mezza età pure lui tozzo ( stavolta il termine è azzeccato), brutto e con la mascella squadrata.

Lo strano robot cominciò a mettersi in una serie di pose che avrebbero dovuto essere da macho, ma lo facevano sembrare solo un demente.

Alla Nerv, le reazioni variarono a seconda delle persone: Ritsuko si fece scendere un gocciolone di sudore lungo la fronte, Misato rimase con la bocca aperta, Gendo e Fuyutsuki fecero due sorrisi divertiti, mentre i tre operatori stavano per scoppiare dalle risate, e invano cercavano di controllarsi mettendosi una mano davanti alla bocca.

Ma Gendo osservava anche l’uomo col camice bianco, un piccolo punto sullo schermo, che a costo della sua vita sembrava voler proteggere il misterioso contenitore rettangolare, evidente obiettivo del mostro.

Il buffo robot cominciò a tirare macigni, pietre, sassi e sassolini contro Ruger 80, che ovviamente non sortivano alcun effetto, mentre quest’ultimo lentamente si avvicinava.

“Sei un duro eh? Allora prendi questo, e quest’altro, e quest’altro ancora!”

Man mano che il mostro si avvicinava, Boss Robot lanciava pietre sempre più velocemente, finchè non si fermò col fiatone, mentre Ruger 80 si era piazzato proprio davanti a lui e lo fissava dall’alto in basso.

“A… aspetta che uff uff… riprendo fiato…. Uff…”

Ma ovviamente il mostro non lo aspettò, con un calcio lo mandò in aria e mentre riscendeva gli diede un altro calcio che lo fece rotolare per la strada come una grossa palla da bowling.

Infine si schiantò contro una montagna.

“E-ehi…. Ti avevo detto di aspettare… ghe ghe…” mormorò Boss mentre tutto intorno gli giravano stelline e cose varie.

Ruger 80 si diresse nuovamente verso il contenitore, vicino al quale stava trafficando Ogisa, che approfittava della distrazione del mostro.

“Non temere, ti salverò io. Ti salverò” e aprì il contenitore, rivelando al suo interno una figura umana avvolta in una tuta nera e con un casco grigio munito di visiera sulla testa.

“Bene, ora ti libero dalla stasi criogenica e potrai scappare..” mormorava soddisfatto l’uomo.

Che però, preso com’era, non si accorse del ritorno del mostro finché la strada non venne nuovamente ricoperta dalla sua ombra.

“No! No!” gridò l’uomo mentre la mano di Ruger 80 riafferrava il contenitore sollevandolo insieme al professore che non voleva staccarsi.

Quando il mostro si accorse della presenza dell’anziano uomo, lo fece volare via con un leggero movimento della mano, come quando ci si libera di un fastidioso insetto.

Ogisa gridando cadde a terra da un altezza di trenta metri almeno.

Ruger 80 aveva completato la missione, poteva rientrare alla base, quando un ombra calò su di lui.

Mazinga Z lo prese alle spalle colpendolo pesantemente con le mani unite.

Il mostro perse nuovamente il contenitore, che ricadde al suolo, e si voltò per riaffrontare il suo nemico.

Ma stavolta il giovane pilota era pronto.

Gridò: “RUST HURRICANE!” e dalla griglia sul viso di Mazinga partì una sorta di getto d’aria simile ad un piccolo tornado, che si abbatté sul mostro, il quale riuscì a evitare il grosso dell’attacco, ma le sue braccia vennero colte in pieno e in pochi secondi si dissolsero.

“Voglio vedere come farai adesso senza braccia!” esclamò sghignazzando il pilota.

Proprio in quel momento però, le strane protuberanze a forma di arco che il mostro aveva sulle spalle si alzarono, calarono su Mazinga Z e spingendolo dalle spalle lo sbatterono contro il petto di Ruger 80.

“Ma che diavolo…”

Ogni domanda del pilota fu impedita dall’illuminarsi improvviso della protuberanza sul petto del mostro, che fece scattare nuovamente il suo raggio di energia solidificante.

Mazinga si ritrovò in una morsa, le protuberanze che lo tenevano per le spalle lo spingevano sempre più in direzione del mostro, ma il raggio bianco lo premeva sul ventre spingendolo nella direzione opposta.

“Arghhh… che pressione terribile. Mazinga Z rischia di spezzarsi in due!” esclamò il giovane, che comunque non si perse d’animo.

“KOUSHIRYOKU BEAM!” gridò, lanciando una nuova raffica proprio negli occhi del mostro, sciogliendoli e trapassando la testa del nemico da parte a parte.

Ruger 80 sembrava soffrire moltissimo, cominciando a scuotere la testa come se fosse preda di spasmi, e interruppe l’attacco col raggio solidificante.

“Bene! ROCKET PUNCH!” urlò allora il pilota puntando le braccia verso l’alto in direzione delle protuberanze che lo bloccavano.

I pugni partirono e distrussero tali protuberanze, liberando cosi Mazinga.

“Perfetto. E’ ora il colpo di grazia! BREAST FIRE!” disse il ragazzo allontanandosi dal mostro e lanciando un raggio di colore rosso da quella specie di antenna che aveva sul petto il suo robot.

Il raggio investì in pieno Ruger 80, e dopo pochi secondi iniziò a scioglierlo, riducendolo ad un ammasso di metallo fuso.

“Ce l’ho fatta!” esultò il pilota di Mazinga Z schioccando le dita “Le riparazioni su Mazinga hanno funzionato perfettamente. Ora può finalmente ricominciare a distruggere mostri meccanici come un tempo”.

All’improvviso una voce giunse via radio all’interno del veicolo: “Buon lavoro, Ken, ma ora non crogiolarti. L’esercito giapponese sta arrivando, e ti ricordo che stavolta Mazinga Z non ha la sua benedizione. Recupera la capsula criogenica, soccorri il dottor Ogisa e rientra alla base, presto! Ah, non dimenticarti di raccogliere quell’idiota di Boss. Gli ho detto tante volte che i tempi ormai sono cambiati, ma lui niente.”

“Agli ordini signor Kabuto”.


“Ce l’ha fatta! Evviva!” gridò tutta contenta Misato.

“Si calmi maggiore Katsuragi. Non vedo il motivo per cui debba eccitarsi tanto. Quel Mazinga Z non è dei nostri, non sappiamo nulla di cosa stia succedendo li, quindi potrebbe essere anche lui un nemico da abbattere” la riprese Gendo.

Ritsuko invece continuava a guardare interessata Mazinga Z, attratta evidentemente dalla enorme potenza di fuoco di quel robot.

“Forse è un nemico da abbattere” replicò Misato “ma intanto finora non ha fatto del male a nessuno”.

Ritsuko: “Sta facendo qualcosa”.


Ken, il pilota del Mazinga, si guardava intorno: “Dov’è finito quel contenitore che il mostro cercava?”

Vide il contenitore, ma vide anche un uomo li vicino che giaceva per terra in una pozza di sangue.

“Accidenti, è sicuramente lui il dottor Ogisa, devo aiutarlo!”

Ken fece chinare il suo robot fino al suolo, aprì l’abitacolo della cabina di controllo e agilmente saltò giù dirigendosi verso l’uomo agonizzante.

Gli prese il polso, era debolissimo come il respiro dell’uomo.

“Coraggio, ora chiamo un ambulanza” lo rassicurò Ken.

“N-no… lei…. Lei è lì dentro” indicò leggermente il contenitore aperto “non deve…. metterci le mani… s-sopra… C… Cerberus… Na…” si sforzò di dire l’uomo, e poi reclinò il capo.

Ken osservava scuro in viso l’uomo appena deceduto.

Poi si alzò e si diresse cautamente verso il contenitore.

Era ancora aperto e si affacciò al suo interno.

Ma con sua grande sorpresa era vuoto, c’erano soltanto una tuta e un casco abbandonati sul fondo.

Il giovane si guardò intorno: “Qualunque cosa fosse il contenuto di questa capsula, se l’è svignata durante il combattimento”.

Poi guardò il corpo di Ogisa.

“Poveraccio. Dunque il cattivone di turno si è messo in moto.”

In lontananza cominciarono a sentirsi sirene e rumori di cingoli, l’esercito stava arrivando.

Ken risalì su Mazinga Z e si allontanò rapidamente.


“Si sta allontanando. Potete seguirlo?” domandò Gendo.

A grandi passi Mazinga Z uscì dalla visuale dello schermo, perché i satelliti erano puntati solo sulla zona dove era avvenuto il combattimento.

Si, non dovrebbero esserci pro…” Aoba si interruppe all’improvviso.

“E’ scomparso! Appena uscito dalla città, il suo segnale è scomparso!”

“Come avrà fatto?” si domandò Misato.

L’unica risposta fu il rumore della torre mobile con sopra Gendo e Fuyutsuki che cominciava a scendere sotto lo sguardo di tutti.


“NO! NO! Il mio mostro meccanico! Quel maledetto Mazinga Z me l’ha distrutto!” sbraitava Cerberus mentre osservava Mazinga che si allontanava.

Appena fu uscito dalla città, anche loro ne persero le tracce.

“Te l’avevamo detto di non cantare vittoria troppo presto” gli disse Gog alla sua destra.

“Mazinga Z è un nemico temibile” continuò MaGog alla sua sinistra.

Cerberus allungò le braccia facendo scattare da esse delle lame e puntandole contro le gole dei due fratelli.

“Smettetela di provocarmi, o laverò questo pavimento col vostro sangue!”

Ma i due fratelli non si scomposero: “Invece di minacciarci, faresti meglio a organizzare le ricerche del nostro obbiettivo” gli dissero parlando contemporaneamente.

Ringhiando Cerberus fece rientrare le sue lame e ordinò ad uno degli operatori: “Mandate nostri agenti a setacciare l’intera area di Tokyo. Il nostro obiettivo non può essersi allontanato troppo. Non ha posti dove andare, non ha conoscenti, nulla”.


*Nota: Per i nomi delle armi, ho utilizzato quelli originali, ma per quanto riguarda i nomi dei robot, mi sono attenuto a quelli della versione italiana. Per me ormai Mazinga sarà sempre Mazinga, non Mazinger.

  
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