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Autore: tersicore150187    16/10/2011    6 recensioni
"Lei puntava i suoi occhi in quelli di Kate e dentro vi trovava il conforto e la sicurezza che mai lei, dalla prima volta in cui l'aveva stretta tra le braccia, le aveva fatto mancare. Trovava la vita."
Per voi, qui su EFP l'attesissimo sequel di "L'afa e la neve".
Genere: Drammatico, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Cap. 1 Una principessa fuori dal comune

 

“Johanna, Johanna vieni qui!”.

“È butto!” urlava la bambina stringendo le braccine al petto e mettendo il musetto all'infuori in un broncio molto familiare.

“Stai ferma! Guarda che ti prendo!”

“No! È butto!” e puntava il ditino dritto dritto verso la stampella appesa alla porta.

“Ma come è brutto amore? La mamma lo ha fatto cucire apposta per te da una sarta molto brava, la sarta che fa i vestitini del teatro di nonna! Vedi che bello...ci sono le zucche arancioni, il pipistrello...”

“No mamma, è butto i pipillello” esclamava la bambina con il dito ancora puntato verso il vestino.

“Non fare i capricci monetina, la mamma è stanca. Su vieni che proviamo il vestito...”

“No!”

Johanna Martha Nicolle Castle, in piedi sul divano, con un pigiamino rosa e giallo e due codine monelle che le spuntavano sopra la testa, strillava decisa, mentre Rick Castle apriva la porta di ingresso, appendendo subito il cappotto nell'armadio a fianco alla porta.

“Hey, ma che succede qui dentro?” disse rivolgendosi subito a Kate il cui viso non prometteva niente di buono.

“Papino!” la piccola gli volò come una scheggia fra le braccia, avvolgendogli il collo col suo esile e grazioso corpicino.

Rick rideva e si sbaciucchiava la figlia mentre Kate li guardava entrambi con l'aria da rimprovero e le braccia sui fianchi.

“Perchè hai fatto arrabbiare la mamma Nikki?”

Ecco. Quando faceva una delle sue monellerie, e glielo si poteva leggere in faccia da lontano un miglio, immediatamente veniva ribattezzata con il nome della tremenda detective di cui sua madre anni prima era stata l'ispirazione. Castle, beh, Richard Castle, aveva imparato a capire al volo quando sua figlia aveva in animo di comportarsi da peste e quando si scontrava con la madre, c'era da scommettere chi delle due avrebbe avuto la meglio.

 

Però c'era da vederla Johanna. Quando aveva paura di qualcosa o si sentiva poco sicura di se stessa rivolgeva uno sguardo fisso e implorante all'unica persona al mondo con cui avesse un legame d'acciaio, la sua mamma. E allora tutti i conflitti e tutta la testardaggine scomparivano, neanche Rick a volte poteva fare nulla. Lei puntava i suoi occhi in quelli di Kate e dentro vi trovava il conforto e la sicurezza che mai lei, dalla prima volta in cui l'aveva stretta tra le braccia, le aveva fatto mancare. Trovava la vita.

 

“Questa bambina cattiva non vuole provarsi il vestito di Halloween papà, perchè dice che è brutto!” esclamò Kate con la voce alterata. “No cattìa!” “No amore, papà lo sa che non sei una bimba cattiva...”. Quando Kate tornava stremata da un caso difficile, Johanna aveva sempre un diavolo per capello. “Coincidenza?” Pensava lei. Si sorprese a domandarsi se forse la bambina percepisse il suo stress e rispondesse in questo modo. Comunque quel vestito le era costato un occhio della testa e soprattutto una immane fatica a cui lei non era abituata. Non era mai stata una creativa, lei era una razionale, ma era fuor di dubbio che quel compito le spettasse di diritto.

 

“Ma come brutto, Johanna? Ma è quello che hai disegnato tu!” le ricordò il padre con affetto.

“Io bolevo quello di pincipessa!”

“Ma se odi le principesse Hanna? E poi la mamma te lo ha spiegato mille volte che ad Halloween ci si deve vestire da mostri e fantasmi. Tu non volevi fare la streghetta? Forza...” disse Kate sciogliendosi un po' “...facciamo la sfilata di moda per papà?”.

 

Circa un'ora dopo Johanna dormiva beata tra le braccia della mamma seduta sul divano. Rick le si avvicinò facendo piano con una salviettina fra le mani.

“È stata solo una grottesca coincidenza che stasera le sia toccata la minestra alla zucca?” disse piano sulla spalla della moglie, pulendo un virgola arancione dalla sua guancia.

“Lo sai che escogito ogni modo possibile per farle mangiare le verdure”

Lei gli fermò la mano con la sua e gli posò un piccolo bacio sulle nocche mentre lui le sorrideva.

Rick le passò una mano sui capelli mentre lei chiudeva gli occhi mostrando un'espressione debole e stanca.

“Ti ha giocato un brutto scherzo eh detective?”

“Sta crescendo Rick e credo che senta troppo la mia mancanza. A volte fa dei capricci impossibili”

“Kate, so che sono le ultime parole che ti aspetteresti di sentire da me, ma non puoi seppellirti viva in casa solo perchè abbiamo una figlia. Non potrei essere più felice che tu restassi a casa con lei, ma so quanto ami il tuo lavoro e ne moriresti”.

Lei abbassò gli occhi consapevole che la sua ambizione di carriera era sempre stata una spada di damocle sospesa sopra la testa della loro famiglia e sospirò, poi voltò lo sguardo verso la figlia abbandonata fra le sue braccia, lasciò la mano di Rick e le accarezzò i capelli sottilissimi sulla fronte e le sussurrò “La mia piccola streghetta”.

 

Cenarono soli, dopo aver messo la piccola nella sua culla. Poi Rick sistemò la cucina, intuendo la stanchezza della donna che si addormentò sul divano. Nella penombra della fioca luce che proveniva dalla finestra, Richard Castle si avvicinò al divano e accarezzò Kate proprio come lei poco prima aveva fatto con la figlia. Decise di non svegliarla e le mise una coperta addosso, andando in silenzio in camera da letto.

 

Quandò aprì gli occhi Kate fissò il buio non rendendosi conto di dove si trovasse e per un attimo il panico la assalì. Si girò sulla schiena e restò a fissare il soffitto sentendo la pelle del divano stridere sotto la stoffa della sua camicetta e iniziò a pensare agli avvenimenti della giornata. Aveva arrestato un padre ed un figlio. Un coppia patologicamente invischiata in una relazione di potere, a capo di una cosca mafiosa che gestiva traffici di droga a livello internazionale. La cosa grave era che l'indagine era scattata dopo una denuncia della narcotici per la morte di una ragazzina di 14 anni.

 

“Dio” pensava Kate “come si fa a morire di overdose a 14 anni?”. Le venne in mente Alexis, quando l'aveva conosciuta molti anni prima. Aveva 16 anni eppure a Kate sembrava una bambina piccola e indifesa. Si ricordò di lei quando a volte l'aveva consolata dopo una lite con una amica o con il fidanzato. Con gli occhi rossi dal pianto le faceva spezzare il cuore. E lei così la vedeva, come una bambina, anche adesso che era una donna e a volte stentava a riconoscerla per quanto era diventata bella. Poi il pensiero, inevitabilmente volò a Johanna, ma non sua madre, bensì sua figlia. Ricordò la prima volta che l'aveva tenuta fra le braccia in quel letto d'ospedale, ad agosto di due anni prima, ricordò la sua prima otite e la paura che si era presa nel vederla urlare in quel modo e poi le venne in mente il suo musino imbronciato incorniciato dai boccoli che le spuntavano dal cappello di strega e il suo culetto fasciato da una mutandina viola circondata dalla gonna di tulle nero. Era proprio uno spasso vestita in quel modo, il giorno dopo lei e Alexis la avrebbero accompagnata con tutte le altre mamme e i bambini del suo asilo, in giro per il quartiere e poi al parco per fare merenda con i biscotti a forma di zucca. Si sentiva così emozionata, era una delle sue prime esperienze lì all'asilo...beh d'altro canto lo era anche per Johanna. Ma una cosa la tranquillizzava: era convinta che Rick sarebbe stato lì a pochi passi a scattare decine di fotografie, attento a non perdersi ogni smorfia di sua figlia.

Sentì un irrefrenabile desiderio di vedere la bambina e camminò spedita a piedi nudi verso la stanzetta. La luce azzurra si diffondeva dal mappamondo in tutta la cameretta e i disegni degli sgorbi deformati preferiti dalla sua bambina facevano la loro bella mostra sorretti dal nastro adesivo sopra la culla. Johanna dormiva nel più placido sonno, a pancia in giù, con la stessa identica espressione di suo padre dipinta in volto, mentre Kate, in ginocchio vicino alla culla si chiedeva come avesse fatto lo scrittore a fare un altro capolavoro come quello.

 

Lo sguardo di Rick alle sue spalle la fece voltare. “Guarda come dorme” gli disse lei, intenerita ed emozionata “Sembra un angelo”. Lui si avvicinò e le strinse le braccia intorno alle spalle, avvolgendola in una stretta forte e giocosa. “Dì la verità” sorrise annusando il profumo dei suoi lunghi capelli “è sempre la tua bimba preferita”. “Dopo di te” rispose lei scherzosa girando leggermente la testa e lanciandogli uno sguardo di fuoco.

 

Rick non esitò che un istante. Sollevò il sopracciglio maliziosamente e prese la detective fra le braccia, costringendola a soffocare una risata di sorpresa, e la portò in camera da letto.

Poi la lasciò andare correndo a richiudere la porta con aria furtiva, si voltò e la guardò scherzosa e iniziarono a fare il loro consueto gioco.

Si misero l'uno di fronte all'altra, con le ginocchia leggermente piegate e le spalle ricurve, i muscoli tesi come se stessero in posizione di partenza pronti a scattare. Lui la guardò e disse “pronta?” e lei immediatamente lo incalzò “pronta” “Allora via!” esclamò Rick con la voce emozionata come quella di un bambino.

Al segnale i due cominciarono a spogliarsi alla velocità della luce, Rick in evidente vantaggio non impacciato da una serie di accessori e dai jeans, che lui aveva già sostituito con la tuta del pigiama, mentre Beckett aveva ancora indosso poiché non aveva avuto il tempo neanche di cambiarsi.

 

Rimasto solo coi boxer Rick sussurrò col fiatone “detective chiedo il permesso di venirle in soccorso”. “permesso accordato!” rispose lei mentre cercava di sfilarsi la camicia dalla testa senza aprire i bottoni.

 

Lui si avvicinò ridendo e la abbracciò forte dicendole “non sei molto brava a questo gioco” e intanto continuò a toglierle senza un minimo di esitazione tutto ciò che si trovava davanti ad ostacolarlo. “Rick da quando ho smesso di allattare i signori “bottoni” e “gancetti” sono decisamente tornati fare compagnia al mio abbigliamento...e poi tu eri in pigiama!”. Lui stava ancora ridendo, ma le sue mani, tutt'altro che scherzose, percorrevano il corpo della moglie senza perdere il minimo dettaglio.

Era così. Ormai fare l'amore era diventata una sfida, una corsa contro il tempo, un gioco a premi. Ma, nonostante l'iniziale frustrazione dell'essere interrotti del cuore della notte dai vagiti di una signorinella, si erano subito abituati a questo nuovo modo di giocare insieme. Eppure restava un modo intimo e assolutamente desiderato per entrambi di stare insieme.

 

Quella notte Johanna non si svegliò neanche una volta, sognando, forse, la sua passeggiata col vestito da streghetta.

  
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