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Autore: Akiko chan    14/03/2004    1 recensioni
Un lancinante, acuto, crudele dolore, che l’aveva toccata nel profondo. Un dolore che sarebbe rimasto in lei come una traccia indelebile e che l’avrebbe accompagnata per il resto della sua vita. Un dolore totale che non avrebbe mai più dimenticato.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II

 

New York, 7 anni dopo

 

Da diversi minuti Micheal Fox giocherellava nervosamente con un prezioso portasigari d’oro massiccio con sopra incise le sue illustri iniziali, ultimo regalo fattogli dalla sua ex moglie, prima di ricevere l’istanza di divorzio. Appoggiò il pesante oggetto sul ripiano della grande scrivania di mogano lucidissimo che troneggiava al centro del suo ufficio al trentasettesimo piano dell’Empire State Building. Sospirò ancora una volta mentre, incredulo e perplesso, posava per l’ennesima volta, il suo temibile sguardo sul fax giunto quella mattina dal Giappone. La sua fedele segretaria, nonché passionale amante, glielo aveva diligentemente appoggiato al centro della scrivania, con attaccato un vistoso post-it fucsia, con su scritto a lettere cubitali “URGENTE”. Ma quel messaggio era del tutto superfluo, il fax era chiaro e sufficientemente esplicito:

 

“Spettabile studio legale Fox and Co.,

La federazione calcio giapponese richiede con urgenza il miglior avvocato disponibile per una delicata questione di abuso di sostanze dopanti che vede coinvolti quattro giocatori della nazionale nipponica. I particolari della questione saranno rivelati in appropriata sede all’avvocato che la vostra ditta, famosa e rispettata a livello mondiale, riterrà opportuno inviarci. Non vi sono limiti di compenso, la Federazione si impegna a pagare qualsiasi cifra, purché la questione venga risolta prima dell’inizio del campionato mondiale e permetta al Giappone di partecipare con la formazione titolare alle selezioni. Attendiamo con urgenza una vostra risposta. Cordiali saluti. Il Presidente della federazione calcio giapponese F. Y. Marshall”

 

Non c’era altro da aggiungere, né tanto meno tempo da perdere. Le selezioni per i mondiali erano imminenti, per quel che ne sapeva lui, questione di un mese o poco più, giusto il tempo di bloccare la causa alle indagini preliminari. E non vi era dubbio che fosse proprio quella la richiesta implicita del presidente nipponico: bloccare lo scandalo, impedirgli di varcare le soglie del tribunale ed insabbiare il tutto con nauseante nonchalance. Una questione delicata. Estremamente delicata. Gli esperti del settore parlavano del Giappone come la grande rivelazione di quei nuovi mondiali, i nomi dei calciatori nipponici, finalmente degni di essere accostati a quelli dei grandi campioni europei e sudamericani, erano nelle mire di tutti i maggiori club calcistici internazionali. Un futuro pieno di gloria che rischiava di trasformarsi in un orribile incubo per l’incauto gesto di qualche sportivo fasullo.

 

Chi poteva inviare? Esperto di doping, che sapesse districare la matassa in silenzio e celermente, senza sbagliare, senza tanti scrupoli di coscienza, che sapesse sfoderare con maestria una massiccia dose di ipocrisia… Ma sì certo, indubbiamente vi era tra i suoi dipendenti la persona giusta!

 

Spietata, decisa, perspicace, dura, cinica, inflessibile, ambiziosa, capace, tutte doti adatte a quel caso!

 

Si trattava di riabilitare quattro giocatori colti in flagrante come bambini con le mani impastate di marmellata, questi con il sangue e le urine zeppi di schifezze. Drogati per vincere qualche coppa in più! Far sparire nel nulla le prove delle loro colpe e permettere che continuassero indisturbati a mostrare al mondo di tifosi creduloni, l’incredibile talento che madre natura aveva loro “generosamente donato”. Questo era un compito che nauseava molti dei suoi collaboratori, ma non l’avvocato a cui pensava. Lui la coscienza la dimenticava fuori dalle porte del palazzo di giustizia.

 

Beh… forse esagerava, come era suo solito di fronte a casi di doping che nauseavano la sua coscienza di appassionato spettatore sportivo, non era proprio droga in senso lato, ma sostanze anabolizzanti, che gonfiavano i muscoli, aumentandone la potenza, la resistenza e l’elasticità, morfina, nandrolone, eritropoietina… Tutti termini per lui senza senso, ma c’era chi sapeva dare loro il giusto significato.

 

Schiacciò il pulsante grigio dell’interfono accanto al telefono.

 

-Dica Avvocato Fox- la voce professionale di Gwen gli giunse all’orecchio deliziandolo, quella donna lo faceva letteralmente impazzire, prima o poi doveva decidersi a sposarla. Nonostante i quattro matrimoni falliti alle spalle e la continua ripromessa i non sposarsi mai più, l’avvocato Fox era un inguaribile romantico e non riusciva proprio ad avere una relazione scevra di complicazioni sentimentali.

 

-Gwen, l’avvocato Takigawa immediatamente nel mio ufficio-

 

Un paio di minuti dopo, un deciso bussare alla massiccia porta di rovere, preannunciò l’entrata dell’avvocato che infatti fece capolino nella stanza, attraversandola in fretta con la sua andatura elegante.

 

-Ciao Fox cos’è tutta quest’urgenza?- esordì l’avvocato attendendo un cenno del superiore prima di accomodarsi in una delle due morbide poltrone di pelle antistanti all’imponente scrivania presidenziale.

 

-Come stai? Ti vedo in splendida forma- prese tempo Micheal Fox, soffermandosi ad esaminare con occhio critico ogni particolare della bella donna di fronte a lui.

 

Indossava, come al solito, un impeccabile tailleur grigio perla, dal taglio raffinato, che esaltava in modo particolare i famigerati occhi color cenere, ormai incubo e sogno di tutti i tribunali degli USA. Lasciò scivolare lo sguardo sul petto rigonfio dell’avvocato senza farsi troppi problemi di etichetta, in fondo l’aveva vista nascere ed una volta aveva persino assistito ad un poco edificante cambio di pannolino in qui l’avvocato, più cinico e freddo d’America, strillava infastidito dai bruschi maneggiamenti della balia.

 

Decisamente avrebbe preferito che quella donna fosse più generosa con il sesso maschile e lasciasse ammirare qualche centimetro in più del suo splendido decolté, allietando le lunghe e stressanti giornate di lavoro che si susseguivano ininterrotte nel famoso studio legale. Ma non vi era nulla da fare, quelle grazie erano celate con austero rigore e lui aveva avuto il privilegio di osservarne la portata, solo perché era riuscito a coglierla di sorpresa in qualche situazione extraprofessionale. E come tutti gli uomini dello studio, poi, doveva resistere all’impulso di afferrare il primo paio di forbici che gli capitava a tiro, ed accorciare di almeno dieci centimetri la gonna castigata che perennemente portava. Per non parlare dei lunghi capelli castani che teneva prigionieri in complicatissimi chignon, nessuno sospettava che splendidi riflessi dorati avessero, quando volteggiavano liberi nell’aria.

 

Ventitre anni. L’avvocato Takigawa aveva soli ventitre anni, ma possedeva il rigore e la condotta di una fredda zitella di sessant’anni, anche se il volto delicato e soprattutto la pelle incredibilmente liscia, non lasciavano dubbi sulla sua giovanissima età. Bella ed inavvicinabile, ecco i due aggettivi più adatti per descrivere l’avvocato Andree Takigawa.

 

Ma in fondo Micheal non faticava a comprendere il motivo di quell’aspetto sempre controllato ed inappuntabile. Non le doveva essere stato facile farsi strada in un mondo prettamente maschile, dominato da un’obsoleta mentalità antifemminista, con lo svantaggio non solo di essere donna, ma anche di essere esageratamente giovane, per non parlare del fatto che, in molte situazioni, essere così attraente doveva essere stato più un impiccio che non una marcia in più. Ma Andree aveva lottato per meritarsi la stima ed il rispetto dei colleghi, dimostrando che non erano i suoi seni alti ed invitanti o il suo fondoschiena sodo, i suoi pregi maggiori, ma la sua acuta intelligenza che, unita alla sua capacità di lottare, l’avevano portata in brevissimo tempo ai vertici della carriera legale. Andree sapeva come vincere, sempre e comunque. Leale a modo suo, con solidi principi nei quali credeva fermamente, ma anche cinica e spietata all’occorrenza, pronta a colpire anche il più indifeso degli uomini, se riteneva il fine abbastanza importante da giustificare il mezzo. Un cocktail esplosivo di arguzia ed efficienza, condito da una dose massiccia di ferrea determinazione e, perché negarlo, sfacciata arroganza. A conferma di ciò, aveva da poco concluso una causa di doping sulla quale nessun avvocato avrebbe scommesso un dollaro. E non era neanche la prima volta che arricchiva il suo curriculum con imprese titaniche di quel tipo, semplicemente per avere la soddisfazione di riuscire dove altri avrebbero sicuramente fallito.

 

-Grazie ma veniamo al sodo. Di che si tratta stavolta?- chiese Andree con tono incolore, accettando con filiale rassegnazione l’esame accurato di Fox. Permetteva a Micheal certe confidenze solo perché era per lei un padre vicario, presente nei momenti in cui il suo latitava, eventualità non rara per la verità. Ma se qualsiasi altro uomo avesse solo accennato a scrutarla in quel modo indagatore, gli avrebbe fatto passare il peggiore quarto d’ora della sua vita.

 

-Doping- rispose laconico l’uomo studiandola con rinnovata ammirazione, questa volta esclusivamente professionale. Nonostante fosse la figlia di uno dei suoi migliori amici, non vi era falsità o affettazione nel suo giudizio. La sua stima era sincera, sapeva riconoscere un buon avvocato ad un chilometro di distanza, e Andree Takigawa era la migliore nel suo campo.

 

-Uhm interessante…giochiamo in casa…allora vediamo la nazionale di softball? No? Pallanuoto? Pallavolo? Mi arrendo…-

-Calcio-

-Ah…- commentò la donna mordendosi involontariamente il labbro pieno e roseo coperto da un leggero strato di lucidalabbra.

-Che c’è, non ti piace il calcio?-

-Decisamente no. Io sono piuttosto impegnata in questo periodo, non potresti chiedere a Braiton?-

-Balle. Non sei per niente impegnata, hai appena concluso con successo il caso di doping della nazionale di basket. A proposito non ti ho ancora fatto i miei complimenti …-

-Grazie…comunque non scherzo. Questo caso non mi interessa-

-Andree non approfittare della mia benevolenza. Ho deciso che questo caso lo seguirai tu e nessuno, ripeto nessuno, può permettersi di mettere in discussione una mia decisione. Sono stato chiaro?- affermò accentuando il timbro duro ed autoritario della sua voce in genere pacata.

 

Andree gli scoccò un’occhiata intimidatoria ma Micheal non si fece prendere in contropiede e sostenne lo sguardo magnetico dell’avvocato apparentemente senza alcun problema. Il presidente della Fox and Co. era, infatti,  una delle pochissime persone in grado di reggere per più di qualche secondo il glaciale sguardo dell’avvocato Takigawa. E questo lei lo sapeva bene ed indubbiamente il fatto conferiva al presidente dei punti importanti nella sua rigorosissima classifica personale in cui incasellava le rare persone degne della sua ammirazione.

 

Andree incrociò le belle mani davanti alla bocca, mordicchiando leggermente l’unghia del pollice perfettamente curata, gesto che solo pochi eletti sapevano voler significare profonda indecisione.

 

Ed infatti due forze contrastanti si stavano dando battaglia nella bella testolina della donna. Se non fosse stato per Micheal, ora lei non sarebbe stata uno degli avvocati più pagati e famosi d’America. Nessun’altro avrebbe scommesso una lira su una giovane ventunenne laureata prematuramente in legge con il massimo dei voti in una delle scuole più selettive degli Stati Uniti. Un po’ di riconoscenza gliela doveva, e poi cos’erano tutte quelle storie? Solo perché quel figlio di puttana era un calciatore non poteva odiare tutto il calcio….no non aveva senso, e fare cose irrazionali non rientrava nella sua natura, non più almeno.

 

-Chiarissimo Fox. Dimmi di che si tratta- capitolò infine gratificando il suo capo con uno dei suoi rarissimi sorrisi.

-Tieni leggi questo- replicò asciutto Micheal Fox porgendole il fax giunto quella mattina.

 

L’uomo si riappoggiò con apparente noncuranza all’alto schienale della sua imponente poltrona imbottita, sbirciando il volto della donna concentrato nella lettura del foglio mentre, in segreto,  gongolava felice per aver avuto la meglio in quella piccola lotta, che non era stato poi certo di vincere. Sapeva, per diretta esperienza personale, che quando ci si trovava di fronte ad Andree era impossibile prevedere in anticipo la piega che avrebbero preso gli eventi. Ma per fortuna la ragazza rispettava l’autorità che lui indubbiamente rappresentava.

 

Andree scorse in fretta le poche righe e aggrottò la fronte perplessa -Giappone? Ora capisco…il fatto che io sia giapponese per metà c’entra qualcosa?-

-Certo il fatto che il giapponese sia la tua madre lingua, che tu conosca le leggi di quel paese e le sue strane usanze, è indubbiamente un enorme vantaggio, ma non si tratta solo di questo e tu lo sai. Quando pensi di poter partire?-

-Discrezione, velocità, proibito fallire. La mia parcella sarà stratosferica…- celiò sorridendo divertita - Ok, concedimi solo due giorni per sistemare le cose con la scuola …- aggiunse ritornando al suo freddo tono professionale.

-Porterai Josh con te?- chiese sorpreso il presidente mentre si affrettava a sistemare le carte necessarie in un cartellina azzurra.

-Tanto vale che te lo dica adesso. Avevo intenzione di chiederti il trasferimento nella sede di Tokyo. Come hai detto tu, conosco le usanze di quello “strano paese” e ci tengo che anche Josh le apprenda…vorrei che crescesse in Giappone…-

-E i tuoi che dicono?-

-I miei? Ma fammi un piacere, Fox. I miei non lo possono soffrire mio figlio- sbottò Andree, lasciando trapelare, suo malgrado, una punta di dolore.

-Non dire così. Cerca di metterti nei loro panni e….-

-Già fatto Capo. Vuoi il risultato? La raffinata e snob signora Takigawa non lo riesce proprio ad accettare che a 16 anni la sua unica figlia si sia fatta mettere incinta da uno sconosciuto di cui non vuole rivelare nulla. Il temuto imprenditore Takigawa ama la sua tenera bambina, ma una marachella così grossa non gliela può proprio perdonare. In fondo, forse, un po’ di affetto per il piccolo bastardo lo prova anche, ma non riesce a sostenere lo sguardo colmo di rimprovero della moglie, che lo aggredisce ogni volta che prova solo ad accennare al piccolo Joshua. Per quanto riguarda quella figlia degenere, non ha potuto fare altro che lottare strenuamente per far nascere quel figlio che la buona società non voleva ed il buon senso le suggeriva di rinnegare. Quello scottante fardello, che contro tutti e tutto, si è ostinata a tenere, ha scatenato in lei un fortissimo desiderio di rivalsa che l’ha portata ad affogare l’amarezza e la mancanza di sostegno nello studio, laureandosi nella metà del tempo che le persone normali ci impiegano, diventando una feroce macchina da guerra in grado di vincere le battaglie più impossibili, trincerata sempre dietro una maschera di fredda superiorità, mai paga dei risultati raggiunti. Sai come mi chiamano in tribunale? Sei perplesso? Credi che non lo sappia? La “macchina infernale”…ma… mi sta bene. Mi sta bene…- disse concludendo quello sfogo assurdo con un sospiro di sofferta rassegnazione.

 

Micheal la scrutò pensoso. Non era facile assistere ad un cedimento della fredda Andree. Ma era unicamente in momenti come quelli che era possibile andare appena oltre le apparenze e scorgere, dietro la facciata di donna in carriera, la vera persona che lei celava con tanta cura agli occhi della gente. Non occorreva essere dotati di particolare acume per capire che il marchio di ragazza madre, gli anni di recriminazioni e la totale insensibilità dei genitori verso il nipote, avevano contribuito a farla diventare la donna glaciale che era adesso, ma bastava vederla giocare con il figlio per comprendere tutta la dolcezza e l’amore di cui era capace.

 

-Andree…salutami la piccola peste-

-Sarà fatto Fox. Tu sei l’unica persona che mi mancherà quando sarò in Giappone-

-L’unica? Ed il dottor Lee?-

-Noam? Come non lo sai? Lui è già in Giappone da due settimane, ha chiesto ed ottenuto il trasferimento all’ospedale di Tokyo, è il nuovo medico legale ora-

-Oh devo dedurre che la donna di ghiaccio non sia poi così ghiacciata…-

-No ti sbagli. Le maldicenze su me e Noam dilagano, ma ti assicuro che vi sbagliate tutti quanti-

-Ok non sono affari miei. Ti prenoto il volo per dopodomani e Gwen si occuperà di tutto il resto. Tienimi informato Andree-

-Certo capo. A presto

  
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