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Autore: Luli87    17/10/2011    8 recensioni
E se, per caso, un segreto venisse scoperto? A voi decidere cosa accadrà nel finale, cosa deciderà Kate.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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"L'HO FATTO PER NOI"

La sua mano stringe ancora il tuo polso, forte. Fa quasi male.
Ti ha bloccata, ti ha spinta contro il muro e adesso la tua schiena è completamente adesa alla parete, fredda, esattamente come te.
Lui ha fermato quello schiaffo ancora prima che potesse ferirlo. Ma già solo il gesto è stato come una freccia scagliata dritta verso il suo cuore.
Ancor prima che attaccassi però, tu stessa eri già stata colpita nel profondo: ti ha mentito, per quanto tempo ha continuato a farlo? Giorni, mesi?
L’hai colto in flagrante, quella mattina.
 
Come sempre vi eravate trovati per colazione, ma questa volta a casa sua.
Mentre Alexis preparava le uova e Martha era ancora a vestirsi, Castle aveva ricevuto l’ennesima telefonata della sua agente e ti eri sentita dire, prima che fosse rapito al telefono, “La tua copia del nuovo libro è sulla mia scrivania, vai pure a prenderla!”
Così ti sei rifugiata nello studio dello scrittore, un luogo semplice, pieno di libri e di storia, di fantasia e di creatività. Il libro era lì ad attenderti, sulla scrivania, e tu non vedevi l’ora di stringerlo ed assaporarne la trama: in fondo, eri ancora tu la musa ispiratrice. Già ti vedevi, quella sera, comodamente immersa nella tua enorme ed accogliente vasca da bagno, in compagnia del nuovo romanzo, con Nikki Heat, con te stessa.
Ti eri seduta sulla sedia di Rick, accarezzando appena la copertina, curiosa di aprire quelle pagine e di leggerne la dedica. Ma la tua attenzione era caduta su quel dannato telecomando, proprio accanto al libro. All’inizio avevi pensato fosse il telecomando per accendere lo stereo super tecnologico dello scrittore, così l’avevi preso e avevi provato a premere qualche tasto. Leggere la dedica con un sottofondo musicale avrebbe reso il momento più… magico.
Ma la musica non voleva partire.
Poi però, con il tuo spirito da detective sempre pronto, avevi notato il videoproiettore posizionato sulla libreria, collegato al computer. Hai aperto il portatile: era acceso.
Play: la tua fotografia aveva riempito l’intera parete alle tue spalle.
Ti eri alzata di colpo, sorpresa.
Ti eri avvicinata: sì, eri proprio tu, sorridente.
Perché risplendeva una tua immagine sulla parete?
Lentamente, avevi sfiorato il tuo viso proiettato e, all’improvviso, si era aperta una schermata in cui apparivano tutti i tuoi peggiori incubi, in una ragnatela di linee ben intrecciate: tua madre, Roy Montgomery, Gary McCallister, Hal Lockwood, John Raglan, Bob Armen, Joe Pulgatti.
Nella tua mente, un vortice di ricordi, la tua vita in un lampo.
Perché il caso di tua madre era lì, proiettato su una parete nello studio di Castle?
Improvvisamente è stato come se ti fosse venuto a mancare l’ossigeno.
Sei corsa via, fuori dallo studio, guardandoti intorno. Alexis ti ha chiesto preoccupata dai fornelli se andasse tutto bene: avevi gli occhi completamente sbarrati e  facevi quasi paura. Ma, nonostante l’affanno e la confusione, sei riuscita a fingere: “Ho dimenticato il cellulare in macchina, vado a prenderlo.” Le avevi detto con un filo di voce, prima di scappare.
E hai corso, senza meta.
Pioveva. Diluviava.
Eri completamente fradicia, confondevi il tuo sudore e le tue lacrime con l’acqua.
Non riuscivi più nemmeno ad asciugarti il volto con la manica della felpa, bagnata com’eri.
Nonostante ciò, hai corso, ancora e ancora.
Fino a quando, sfinita, ti sei fermata un attimo a respirare.
E in quell’attimo, proprio appena ti sei appoggiata al muro per riprendere forza, ecco la sua mano stringerti, fermarti, bloccarti lì.
 
Vi guardate senza parlare, sotto la pioggia incessante.
“Perché?” chiedi, quasi senza voce.
Scuote la testa: non sa come spiegarti il perché delle sue azioni, della sua ricerca personale, silenziosa, nascosta.
“Perché?” chiedi di nuovo, insistendo, ma ancora la voce fatica ad uscire dalla tua bocca.
“Kate, ti prego, volevo solo…” ma, al contrario delle aspettative, perde le parole, non riesce davvero a spiegarsi. Forse perché non può farlo, forse sa cose che tu non puoi sapere, o ti metterebbe in pericolo, più di quanto già tu non sia. Forse. Ma perché indagare alle tue spalle, in ogni modo?
È allora che provi a tirargli uno schiaffo ma lo scrittore riesce ad evitarlo, bloccandoti il braccio.
 
“Che cosa, Rick? Che cosa volevi? Mi hai convinta a lasciar perdere, mi hai convinta che il caso di mia madre mi avrebbe uccisa se avessi continuato a sbatterci la testa, e tu? Indaghi alle mie spalle, senza dirmi niente! E’ la mia vita, Rick! Sei stato tu a riaprirlo per la prima volta, per poi dirmi, tre anni dopo, di rinunciare e lasciare perdere! E… E… E adesso scopro che proprio tu… Tu!”
Sei arrabbiata, furiosa, vorresti picchiare l’uomo in fronte a te. Vorresti spingerlo via, farlo cadere a terra in una pozza d’acqua e abbandonarlo lì.
Ma aspetti ancora una risposta.
Rick ti guarda e tace, stringe i tuoi polsi come per non lasciarti scappare via, come se leggesse nella tua mente l’intenzione di farlo.
“L’ho fatto per te, Kate. Questo caso per te è diventato l’unica ragione di vita e ogni volta che ci entri rischi di non uscirci, di rimanerne imprigionata e addirittura di morire! Ho pensato che se lo studio io, lucido, estraneo, non mi farò coinvolgere tanto quanto te e troverò tutti i collegamenti che ci mancano.” Ha il fiatone, ma sputa fuori tutta la verità. “L’ho fatto per te, Kate.”, sussurra di nuovo, lasciandoti libera.
Tu scuoti la testa, spostandoti dal muro, avanzando lentamente verso la strada. Sei sconvolta, confusa: emozioni contrastanti ti stanno avvolgendo, ti sembra di vederlo, intorno a te, il vortice dice di paura, curiosità, rabbia, collera, angoscia e tristezza. Vorresti chiedergli del caso, della sua indagine privata; vorresti sapere se ha scoperto qualcosa di importante. Vorresti… Cosa vorresti, Kate? Non lo sai nemmeno tu.
“L’ho fatto per te, credimi Kate.”
Per l’ennesima volta, scuoti la testa e ti allontani ancora di qualche passo da lui. Alzi le mani, come per respingerlo anche da lontano. Quando fa un passo verso di te, tenendosi la mano sul cuore per la corsa sostenuta poco prima, sei tu a bloccarlo: “Ho bisogno di stare da sola, Rick. Non cercarmi, non seguirmi.”
Inizi a correre, senza voltarti indietro. Quando un grido giunge alle tue orecchie: “L’ho fatto per noi!” 
  
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