Il Lima Bean non era mai stato così
vuoto, almeno non da quando Kurt e Blaine erano
diventati clienti abituali.
Kurt si era appena diplomato a pieni
voti ed era intenzionato a seguire il sogno della sua vita che lo avrebbe
portato a New York insieme a Rachel e lontano da Blaine,
che aveva ancora un anno al McKinley; decisamente troppo lontano.
L’estate era appena arrivata e con
lei si erano affacciate le prime difficoltà che la coppia era inevitabilmente
obbligata ad affrontare.
Kurt era intento a fissare le poche
macchine che sfrecciavano per la strada attraverso i vetri del locale, fingendo
di essere interessato a cosa succedeva fuori.
La città era deserta da giorni: le
vacanze estive avevano attirato la popolazione di Lima verso altre mete.
Kurt non riusciva e, soprattutto, non voleva affrontare l’argomento del
suo trasferimento perché sapeva che gli avrebbe rovinato l’intera estate.
Blaine, d’altra parte,
sembrava voler arrivare subito al punto. Quel momento prima o poi sarebbe
giunto comunque, non aveva senso rimandare. Prese tra le mani il suo caffè
ancora caldo e ne bevve un lungo sorso, come per armarsi di coraggio.
“Kurt, è inutile fingere. Ti prego,
guardami negli occhi “.
A quel punto Kurt si voltò verso il
ragazzo di cui si era innamorato sin dal loro primo incontro ai piedi delle
scale della Dalton. Tentò con tutte le sue forze di mantenere un atteggiamento
impassibile. Tuttavia le sue emozioni presero il sopravvento e la sua
espressione si intristì improvvisamente.
Spesso Blaine
sembrava il più maturo dei due; sicuramente era più bravo a tenere a freno le
emozioni in casi come questi.
“Scusami, Blaine“ disse
Kurt, parlando per la prima volta da quando erano entrati nel locale. “Non ce
la faccio proprio a pensare che tra qualche mese io sarò a New York, mentre tu
rimarrai qui un altro anno”.
“Secondo te mi fa piacere tutto questo?” disse
subito Blaine, innervosito, guardandolo
attentamente negli occhi.
“Pensi che io non abbia mai sognato
di andare a vivere con te? Come poter arredare la nostra casa? O di che colore
dipingere le pareti della nostra camera da letto?”
Due signore anziane sedute al tavolo
di fronte a loro si voltarono preoccupate.
L’aveva fatto: aveva reso Kurt
partecipe dei suoi desideri per il futuro. Il loro futuro, insieme.
Kurt parve sorpreso e lusingato al
tempo stesso dalle sue parole e dal tono esasperato con cui le aveva
pronunciate.
“Scusami, Kurt, non ce l’ho con te” continuò Blaine appoggiando i gomiti sul tavolo e prendendosi
la testa tra le mani, chiudendo per un momento gli occhi.
“È solo che… vorrei che
tutto fosse più semplice. Vorrei seguirti a New York per starti accanto nei
momenti difficili e condividere quelli felici” disse Blaine con affetto, prendendo la mano di Kurt e
accarezzandola dolcemente. “Come abbiamo sempre fatto”.
“Un anno fa ci trovavamo proprio qui
ed io ti dissi che l’unica cosa che avrebbe reso speciale il mio ultimo anno
sarebbe stata quella di trascorrere ogni istante con te. E così è stato” disse
Kurt lentamente, fissando il suo caffè che ormai si era raffreddato.
Dopo qualche secondo di esitazione,
aggiunse: “Perché deve essere tutto così complicato?”
“Adesso vieni qui e chiudi dolcemente gli occhi tuoi, vedrai che
la tristezza passerà il resto poi chissà… verrà domani.”
“Kurt, ascoltami” disse Blaine, avvicinandosi di più al suo ragazzo per assicurarsi
la sua totale attenzione. “Tu andrai a New York e trascorrerai un anno
fantastico. Io ti raggiungerò non appena avrò preso il diploma. Niente cambierà
tra di noi. Niente ci potrà mai dividere, capito?”
“Voglio restar con te, baciare le tue mani e dirti che, in questo
tempo dove tutto passa, dove tutto cambia, noi siamo ancora qua...”
Kurt annuì, cercando di trattenere le
lacrime e sperando intensamente che Blaine avesse
ragione.
Da quel momento in poi cadde il
silenzio.
Nessuno dei due ebbe il coraggio di
aggiungere una sola parola o di ritornare sull’argomento.
“E non abbiam bisogno di parole, per spiegare quello che è
nascosto in fondo al nostro cuore”
Ognuno si immerse nei propri
pensieri. Continuarono a bere il caffè e ordinarono dei biscotti che
mangiarono in perfetto silenzio. Un silenzio che sembro durare un’eternità e
che voleva dire molte cose.
Entrambi sapevano che anche per una
relazione solida come la loro non sarebbe stato semplice sopravvivere alla
lontananza.
La distanza avrebbe messo alla prova
la stabilità del loro rapporto.
Ognuno va per la propria strada, si
fanno nuove conoscenze ed esperienze che possono farti cambiare il modo di
vivere e di vedere le cose.
Nonostante ciò si rendevano conto di
quanto la loro relazione fosse speciale, in quanto era arrivata come una
speranza alla quale aggrapparsi per entrambi, dopo aver vissuto momenti di
paura in passato.
Sapevano che avrebbero sempre potuto
contare sul sostegno dell’altro e che la distanza non li avrebbe divisi realmente.
“Ma ti solleverò tutte le volte che cadrai, e
raccoglierò i tuoi fiori che per strada perderai…”
Di tanto in tanto si scambiarono
qualche debole sorriso ma nessuno dei due parlò.
Spesso le parole non erano
necessarie: bastava guardarsi negli occhi per capirsi.
Le difficoltà non li avrebbero
fermati. Non avrebbero rinunciato ad essere felici solo per uno stupido scherzo
del destino che si divertiva a prendersi gioco di loro.
“Perché quello che voglio è stare insieme a te, senza
catene stare insieme a te.”
Entrambi sapevano che non avrebbero
voltato le spalle alla cosa più preziosa che gli fosse capitata nella loro
vita. Non senza nemmeno aver lottato per non perderla.
*
Tre mesi dopo
Kurt e Blaine
avevano trascorso la più bella estate di sempre: la mattina uscivano a fare una
passeggiata, pranzavano all’aperto, andavano in giro per negozi, al cinema e al
teatro. Non si erano fatti mancare nulla.
Quella domenica di settembre, però,
era arrivato il momento di salutarsi con quello che sarebbe stato un
arrivederci, non un addio.
Kurt aveva appena messo la sua
valigia e lo zaino nel portabagagli della macchina del padre, quando
quest’ultimo, comprendendo la delicatezza della situazione, finse di dover
controllare qualcosa in officina e si allontanò, lasciando i due soli per un
ultimo saluto.
Blaine interruppe il
silenzio e disse: “Kurt, non voglio rovinare questo momento con frasi di
circostanza o altre cose del genere. Sappi che ti verrò a trovare spesso, non
appena sarà possibile”.
Prima che Kurt potesse rispondere,
aggiunse: “Ah, non vorrei dimenticarmi” ed estrasse una busta bianca
sigillata.
Kurt lo fissò con sguardo
interrogativo e Blaine, che aveva compreso i suoi
dubbi, disse: “Questa busta è per te. Potrai aprirla solamente una volta
arrivato a New York. Non prima” e gli lanciò lo sguardo di chi la sa lunga.
“Ti conosco, la apriresti non appena
salito in macchina. Ma ti prego di non farlo questa volta. E’ importante”.
Kurt, che aveva già pensato di
aprirla immediatamente, capì quanto Blaine ci
tenesse e, dopo aver annuito con decisione, posò il suo sguardo sulle valigie
in macchina.
“Blaine non
so cosa altro dirti se non che mi mancherai tantissimo e non sarà per niente
semplice non averti accanto… fisicamente. Ti prometto
che terrò duro e ti aspetterò, perché” e questa volta si voltò verso di
lui. “non voglio perderti”.
Blaine avrebbe voluto dire
tante cose ma non ne fu capace, perché erano infinite e complicate da rendere
esplicite.
“Kurt, io…” tentò di
riordinare quello che gli frullava in testa ma non ci riuscì. “Tutto ciò
che non sono capace di dirti ora l’ho scritto nella lettera, proprio perché so
come mi comporto in queste occasioni. Sono un completo disastro”. Dopodiché si
avvicinò lentamente ed accolse le mani di Kurt nelle sue e le strinse forte,
come se non volesse lasciarle andare per niente al mondo.
“L’unica cosa che posso dirti ora è
che” e il suo sguardo si concentrò totalmente sugli occhi di Kurt la cui
vista cominciava ad essere offuscata dalla presenza di lacrime. “io ti amo e
non mi sognerei mai di dirti addio”.
Non fece in tempo a terminare la
frase che Kurt si era già gettato tra le sue braccia, lasciandosi andare ad un
pianto liberatorio in cui sfogava tutta la tristezza e la rabbia che aveva accumulato
negli ultimi mesi.
Rimasero così, abbracciati,
abbandonati l’uno all’altro, per qualche minuto, finché non comparve Burt che
si era assentato per più di mezz’ora ormai. Aveva deciso di anticipare la
partenza proprio perché sapeva che per suo figlio sarebbe stato difficile
affrontare quel momento.
Dopo un ultimo ed intenso bacio Kurt
entrò in macchina, si sedette tentando di nascondere le lacrime e, quando il
padre accese il motore, sbirciò dallo specchietto e vide che il suo ragazzo non
si era mosso. Stava piangendo anche lui.
Blaine rimase lì,
immobile, in mezzo alla strada finché la macchina non scomparve dietro
l’angolo.
Kurt se ne era andato e lui se ne
rese davvero conto solo in quel preciso istante.
*
Il giorno
successivo
“Kurt, quanto ci metti a prepararti?
Ti aspetto fuori, ho visto una vetrina di un negozio molto interessante” disse
Rachel prima di chiudersi con decisione la porta alle spalle.
Kurt pensò che avrebbe dovuto
abituarsi alla sua nuova coinquilina o non sarebbe sopravvissuto neanche un
giorno di più.
In realtà aspettava che Rachel lo
lasciasse solo per poter aprire la lettera di Blaine
che aveva fedelmente custodito nella sua borsa.
Aprì la busta e si sedette sul letto
che era appena stato sistemato nella sua nuova camera.
Dalla strada non provenivano i
fastidiosi rumori tipici delle grandi città, dal momento che lui e Rachel
avevano deciso di prendere una casa non proprio in centro per risparmiare un
po’.
Con le mani che gli tremavano, Kurt
cominciò a leggere.
“Caro Kurt,
come ben sai non sono mai stato bravo con le parole. Non sono
neanche stato capace di scriverti un biglietto di San Valentino in tutto questo
tempo. Ora, però, sento che è arrivato il momento di dirti tutto quello che ho
sempre taciuto. Ti ho già confessato quanto tu sia stato importante per me, ma
non ti ho mai detto che tu mi hai fatto diventare un vero uomo. Nella mia vita
non ho avuto dei punti di riferimento che mi facessero capire cosa era giusto o
sbagliato: i miei genitori non sono mai stati molto presenti e non mi hanno
ancora del tutto accettato per quello che sono veramente. Tu mi hai dato il
coraggio di far vedere agli altri come sono fatto. E’ vero, alla Dalton non ho
mai avuto problemi con gli altri ragazzi o con i professori, ma senza di te non
avrei avuto la forza di buttarmi in una nuova relazione. Non dopo tutto quello
che mi era accaduto. Avevo paura. Tu mi hai teso la mano e mi hai accompagnato
in questo percorso difficile sia per me che per te. Ci siamo aiutati a vicenda.
Quello che sto cercando di dirti è che non sarei capace di vivere senza te al
mio fianco, o meglio, lo farei ma senza quello stimolo in più che mi dia la
forza necessaria a far capire agli altri e a me stesso quanto valgo e di cosa
posso essere capace.
Con i tuoi consigli, la tua vicinanza o con dei semplici gesti hai
saputo rendere tutto più semplice e meno impossibile da superare.
Ed ora vorrei che tu prestassi molta attenzione a ciò che sto per
dirti perché è importante: ogni volta che sentirai il silenzio intorno a te e
ti sembrerà di essere solo, non preoccuparti. In quel silenzio potrai trovare
la mia presenza. In quei momenti sarà come se io fossi lì con te a stringerti
la mano e a dirti che andrà tutto bene.
Con amore,
Blaine”
Kurt sorrise tra le lacrime: in fondo
sapeva anche lui che non avrebbe mai rinunciato a Blaine.
Prese il cellulare appoggiato sopra
al comodino, scrisse un messaggio e premette invio.
“Mi sembra di sentire il tuo respiro
e il tuo profumo proprio alle mie spalle. Sei qui con me. Non mi abbandonare
mai, io non lo farò.”
“C'è un modo di entrare in contatto tra esseri umani più
percettivo e affidabile della parola, fatto di sguardi, silenzi, gesti e
messaggi ancora più sottili; è il modo in cui un essere umano nel suo intimo
risponde al richiamo di un altro, quella silenziosa complicità che nel momento
del pericolo dà alla muta domanda una risposta più inequivocabile di qualsiasi
confessione o argomentazione”.
Sándor Márai
Note dell’Autrice
L'idea per questa storia mi è
venuta dopo aver saputo che Blaine era
Junior e che quindi non avrebbe seguito Kurt a New York, purtroppo aggiungerei.
Non mi sembra la sede adatta per fare commenti su ciò. Per quanto riguarda la
storia, ho voluto raccontare il momento in cui Kurt e Blaine devono
salutarsi, che è molto triste. In realtà, però, i due non si divideranno mai.
Nei momenti di difficoltà basterà pensare all'altro e da lì verrà la forza di
andare avanti e non mollare. Sono troppo innamorati per rinunciare al loro
rapporto. Quindi una nota di positività c'è. Il silenzio, come si comprende
alla fine della storia, rappresenta il loro momento di complicità. Non hanno
bisogno di parole per comunicare, basta un solo sguardo. Inoltre, il silenzio
che li accompagnerà quando saranno divisi sarà un modo per sentirsi più vicino
all'altro, rappresenterà una sorta di momento solo loro in cui potersi
ritrovare nonostante la distanza.
Non è una vera e propria Song-Fic, non ci sono molte parti del brano che è "Non abbiam bisogno di parole" di Ron, una delle
più belle canzoni d'amore secondo me. La citazione, come ho indicato, è
di Sandor Marai. La trovo perfetta
per riassumere il messaggio che ho tentato di far arrivare.
Questa storia ha partecipato al
contest di Glee “The sound of silence” e si è
classificata prima. Ancora non ci credo, considerato che all’inizio non volevo
neanche partecipare perché l’ispirazione giusta non era arrivata! Poi è il
primo concorso a cui partecipo, quindi sono molto soddisfatta, soprattutto
perché la storia è stata valutata da Medea e Lievebrezza,
che ammiro molto come scrittrici!
Questo è il link del concorso:
http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=9931875&p=3&&tid=ad8c97b9eb487c7fa899f29ac3a737db04ac07422b23c2c802194ad8f7627dc9
Scusate la lunghezza ma ci
tenevo! Spero vi piaccia e, mi raccomando, recensite!
Ilaryf90