Il mio
primo monologo interiore fatto e finito…
Una
storia tutta dedicata al mio adorato principe della guerra, il sommo (nonché discretamente figo) Homura…
La sua
storia e il suo dolore mi hanno decisamente affascinata…
così, sull’onda ispiratrice di una lezione di filosofia ho scritto di getto
quanto segue. Spero di essere riuscita a rimanere fedele al personaggio e di
non averlo stravolto troppo!
LONELY SOUL
Chi non può entrare a far parte di una
comunità,
chi non ha bisogno di nulla,
bastando a se stesso,
chi non è parte di una città,
è una belva o un dio.
Aristotele - Politica
Quanto tempo è, ormai,
che sono sceso sulla Terra? Ore, giorni, mesi… non so dirlo con precisione, so
soltanto che ancora non riesco ad abituarmi.
Sembra tutto così
strano qui. Ogni cosa è animata da una calda vita pulsante, così lontana dal
freddo scorrere del tempo nel Mondo Celeste; perfino la miseria, in questo
luogo, sembra più desiderabile che non l’ipocrisia di un mondo che cela la sua
perfidia dietro ad una facciata di glaciale perfezione.
Ancora una volta,
cammino solitario per le polverose strade di un piccolo villaggio; procedo
silenzioso tra povere costruzioni di legno, mentre nella mia mente si fanno largo
i ricordi d’enormi vie lastricate, di palazzi sfarzosi e freschi giardini. Sono
ricordi freddi, quasi irreali; faccio fatica a credere che appartengano
veramente al mio passato. Ma, in fondo, non c’è nulla d’anormale, poiché in
tutta la mia lunga vita non ho conosciuto altro che
freddo ed oscurità.
Fin dal giorno in cui
sono nato, le mie ore si sono susseguite al buio di gelide mura, nel compimento
di un destino che era stato scelto per me ancora prima che vedessi la luce…
Essere eretico.
Una definizione che
pareva così estranea al mio animo, conseguenza di qualche assurdo timore,
capace di generare un odio ingiustificato; in grado di condurre un bambino ad
una prigionia senza motivo.
Ma un bambino non
dovrebbe essere amato perché tale? Senza restrizioni, senza impedimenti, con
tutta la dolcezza che la sua ingenuità invoca; ancora di più se frutto d’amore
sincero.
Che esseri sono quelli
che hanno l’animo di condannare un innocente per qualcosa che non ha scelto,
per qualcosa che non era in suo potere cambiare? Non ho deciso io di nascere da
quell’unione, tanto più forte in
quanto andava contro ogni legge.
Che esseri sono quelli
che puniscono un bambino per una colpa commessa da altri?
Se avessi ucciso, se
avessi tolto una vita con la forza, giustamente avrei scontato la mia pena in
quella buia cella. In quella stessa prigione, invece, sono
stato rinchiuso per aver ricevuto la vita, nemmeno l’avessi strappata a
qualcuno per appropriarmene.
Che esseri sono quelli
che condannano le apparenze? Non sono forse loro i più colpevoli? Sono
veramente così degni di portare quel nome di dei che
ostentano con tanto malcelato orgoglio?
Non ha forse maggiori
colpe una divinità che usa un’altra creatura come arma perfetta, senza
accorgersi che nelle vene di quella stupenda macchina da guerra scorre il suo
stesso sangue? Il vero assassino non è forse l’Imperatore Celeste, che uccide
il cuore degli altri utilizzando le loro stesse mani?
Loro si fregiano
dell’impossibilità di recidere vite, ma non comprendono che si può distruggere
un uomo senza nemmeno sfiorarlo…
Ma Nataku,
malinconica bambola assassina, ricorda che non sei solo; ricorda che il tuo
strazio non è un’esclusiva, che altre sono le vittime dei giochi di qualcuno
per il quale non siamo altro che insignificanti
pedine.
E forse, fra noi due,
la condizione migliore è la tua. Guscio vuoto senz’anima, sei ormai immemore
del dolore di un tempo; continuare a vivere, invece, mantenendo i ricordi di
secoli, è solo un cammino nell’ombra, un viaggio interminabile che aggiunge
ogni giorno dolore al dolore.
Vivere…
Solo scendendo in
questo mondo in cui la morte è l’unica cosa sicura, ho scoperto che cosa
davvero sia la vita: perché in un mondo in cui il
tempo non passa, non ci può essere vera vita. Nel Mondo Celeste ciò che viene chiamato con questo nome non è che una stupida
illusione.
I suoi abitanti
sostengono di vivere eternamente, ma non si accorgono che, la loro, è pura
esistenza. Nessuno può considerarsi veramente vivo senza emozioni, ed in un
luogo in cui tutto esiste all’infinito, i veri sentimenti, quelli che fanno
palpitare l’animo di un uomo, non possono trovare
spazio. Nel bene e nel male.
Si riesce veramente a godere della bellezza di un albero in fiore, o della luce
infuocata del sole al tramonto, quando si è consapevoli se ne potranno vedere
all’infinito? Si può davvero assaporare ogni istante accanto alla persona
amata, quando si ha la certezza che quell’amore
perfetto non svanirà mai?
E chi, in un mondo
immortale, accetterebbe di trascorrere un’intera eternità col cuore lacerato,
senza il confortante pensiero di un oblio che cancelli tutto il dolore?
No. In quel mondo che
appare perfetto, anche le passioni più semplici sono bandite; e l’accontentarsi
di quest’esistenza a metà è l’unico modo che gli dei
hanno per proteggersi.
Anch’io all’inizio,
influenzato da quest’abbandonarsi allo scorrere
invisibile di un tempo inesistente, ho permesso ai miei giorni di fuggire.
Durante la mia lunga prigionia, non ho mai sentito il bisogno del sole. Esso
brillava alto nel cielo, ma io conducevo la mia esistenza nel buio. Avrei avuto
tutto il diritto di urlare e dimenarmi per raggiungerlo; invece sono rimasto in
silenzio, strisciando nell’ombra, cercando conforto nel freddo piuttosto che
nella luce.
Eppure, io non ero come gli altri; nelle mie vene scorre un altro sangue, e
forse è proprio grazie ad esso che ho compreso il mio
errore. Inevitabilmente, troppo tardi…
E soltanto ora che il
mio sole se n’è andato per sempre, inghiottito da un’oscurità eterna ed
impenetrabile, desidero sentirne ancora il calore, quel calore di cui ho potuto
godere solo per un breve e sfuggevole istante; quel fuoco di cui ho sentito
solamente il lieve tepore marginale, senza mai potermi lanciare nel suo cuore,
senza mai poter bruciare con esso. Per esso.
Il mio stesso nome brucia (*), ma il fuoco dell’amore mi è negato.
Sono così sbagliato che non mi è nemmeno concesso amare?
I sentimenti di una creatura eretica sono forse più perversi, forse meno nobili
di quelli di un dio? Me lo sono domandato a lungo; forse, per un momento, ne
sono anche stato convinto. Ma ora no.
Ora ho capito che impedire d’amare è sbagliato. Non io. Non i miei sentimenti.
Loro.
Temevano ciò che ero, la mia diversità, il mio non seguire il rigido schema che
permetteva alla loro esistenza di procedere sempre uguale, eternamente
immutabile. Avevano paura di una specie, non di un essere determinato. Ed alla
fine, oppresso da quest’odio che ancora non riesco a comprendere, ho finito col tramutarmi. Ora si, che dovranno temere. Non una specie, non il diverso,
ma un unico uomo, animato da sentimenti che, forse, non hanno mai reputato in
grado di possedere; è giunto il momento
che vedano il loro perfetto universo di menzogne sgretolarsi.
Darò loro un vero
motivo per tremare.
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Non so perché, ma sono particolarmente affezionata a
questa fic…
Finalmente sono anche riuscita ad inserire la storia
della “malinconica bambola assassina”, cosa che mi ha tormentata
per un tempo indicibile. Ciò mi rende piuttosto felice! Quel bimbo è troppo
tenero… posso adottarlo?!
Un’ultima considerazione idiota: ho parlato di Homura e
non ho nemmeno accennato ai fiorellini di Rinrei… la
segno sul calendario?
Bene, ora non mi resta che un’ultima cosa da dire… Zenon, Shien, ritiriamoci!
Ehm…no, questa era del cosplay… *__*;;;
(*)ci si riferisce al fatto che in giapponese Homura significa fiamma