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Autore: Lord Elrond    26/06/2006    0 recensioni
Come l'odio nutre l'odio. Come il dolore si trasforma in vendetta. Il grido di un'anima di fuoco, destinata ad ardere in solitudine...
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kanzeon Bosatsu
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lonely Soul

Il mio primo monologo interiore fatto e finito…

Una storia tutta dedicata al mio adorato principe della guerra, il sommo (nonché discretamente figo) Homura

La sua storia e il suo dolore mi hanno decisamente affascinata… così, sull’onda ispiratrice di una lezione di filosofia ho scritto di getto quanto segue. Spero di essere riuscita a rimanere fedele al personaggio e di non averlo stravolto troppo!

 

 

 

 

 

 

 

LONELY SOUL

 

 

 

 

 

Chi non può entrare a far parte di una comunità,
chi non ha bisogno di nulla,
bastando a se stesso,
chi non è parte di una città,
è una belva o un dio.

 

Aristotele - Politica

 

 

 

 

Quanto tempo è, ormai, che sono sceso sulla Terra? Ore, giorni, mesi… non so dirlo con precisione, so soltanto che ancora non riesco ad abituarmi.

Sembra tutto così strano qui. Ogni cosa è animata da una calda vita pulsante, così lontana dal freddo scorrere del tempo nel Mondo Celeste; perfino la miseria, in questo luogo, sembra più desiderabile che non l’ipocrisia di un mondo che cela la sua perfidia dietro ad una facciata di glaciale perfezione.

Ancora una volta, cammino solitario per le polverose strade di un piccolo villaggio; procedo silenzioso tra povere costruzioni di legno, mentre nella mia mente si fanno largo i ricordi d’enormi vie lastricate, di palazzi sfarzosi e freschi giardini. Sono ricordi freddi, quasi irreali; faccio fatica a credere che appartengano veramente al mio passato. Ma, in fondo, non c’è nulla d’anormale, poiché in tutta la mia lunga vita non ho conosciuto altro che freddo ed oscurità.

Fin dal giorno in cui sono nato, le mie ore si sono susseguite al buio di gelide mura, nel compimento di un destino che era stato scelto per me ancora prima che vedessi la luce…

 

Essere eretico.

 

Una definizione che pareva così estranea al mio animo, conseguenza di qualche assurdo timore, capace di generare un odio ingiustificato; in grado di condurre un bambino ad una prigionia senza motivo.

Ma un bambino non dovrebbe essere amato perché tale? Senza restrizioni, senza impedimenti, con tutta la dolcezza che la sua ingenuità invoca; ancora di più se frutto d’amore sincero.

Che esseri sono quelli che hanno l’animo di condannare un innocente per qualcosa che non ha scelto, per qualcosa che non era in suo potere cambiare? Non ho deciso io di nascere da quell’unione, tanto più forte in quanto andava contro ogni legge.

Che esseri sono quelli che puniscono un bambino per una colpa commessa da altri?

Se avessi ucciso, se avessi tolto una vita con la forza, giustamente avrei scontato la mia pena in quella buia cella. In quella stessa prigione, invece, sono stato rinchiuso per aver ricevuto la vita, nemmeno l’avessi strappata a qualcuno per appropriarmene.

Che esseri sono quelli che condannano le apparenze? Non sono forse loro i più colpevoli? Sono veramente così degni di portare quel nome di dei che ostentano con tanto malcelato orgoglio?

Non ha forse maggiori colpe una divinità che usa un’altra creatura come arma perfetta, senza accorgersi che nelle vene di quella stupenda macchina da guerra scorre il suo stesso sangue? Il vero assassino non è forse l’Imperatore Celeste, che uccide il cuore degli altri utilizzando le loro stesse mani?

Loro si fregiano dell’impossibilità di recidere vite, ma non comprendono che si può distruggere un uomo senza nemmeno sfiorarlo…

Ma Nataku, malinconica bambola assassina, ricorda che non sei solo; ricorda che il tuo strazio non è un’esclusiva, che altre sono le vittime dei giochi di qualcuno per il quale non siamo altro che insignificanti pedine.

E forse, fra noi due, la condizione migliore è la tua. Guscio vuoto senz’anima, sei ormai immemore del dolore di un tempo; continuare a vivere, invece, mantenendo i ricordi di secoli, è solo un cammino nell’ombra, un viaggio interminabile che aggiunge ogni giorno dolore al dolore.

Vivere…

Solo scendendo in questo mondo in cui la morte è l’unica cosa sicura, ho scoperto che cosa davvero sia la vita: perché in un mondo in cui il tempo non passa, non ci può essere vera vita. Nel Mondo Celeste ciò che viene chiamato con questo nome non è che una stupida illusione.

I suoi abitanti sostengono di vivere eternamente, ma non si accorgono che, la loro, è pura esistenza. Nessuno può considerarsi veramente vivo senza emozioni, ed in un luogo in cui tutto esiste all’infinito, i veri sentimenti, quelli che fanno palpitare l’animo di un uomo, non possono trovare spazio. Nel bene e nel male.

Si riesce veramente a godere della bellezza di un albero in fiore, o della luce infuocata del sole al tramonto, quando si è consapevoli se ne potranno vedere all’infinito? Si può davvero assaporare ogni istante accanto alla persona amata, quando si ha la certezza che quell’amore perfetto non svanirà mai?

E chi, in un mondo immortale, accetterebbe di trascorrere un’intera eternità col cuore lacerato, senza il confortante pensiero di un oblio che cancelli tutto il dolore?

No. In quel mondo che appare perfetto, anche le passioni più semplici sono bandite; e l’accontentarsi di quest’esistenza a metà è l’unico modo che gli dei hanno per proteggersi.

Anch’io all’inizio, influenzato da quest’abbandonarsi allo scorrere invisibile di un tempo inesistente, ho permesso ai miei giorni di fuggire. Durante la mia lunga prigionia, non ho mai sentito il bisogno del sole. Esso brillava alto nel cielo, ma io conducevo la mia esistenza nel buio. Avrei avuto tutto il diritto di urlare e dimenarmi per raggiungerlo; invece sono rimasto in silenzio, strisciando nell’ombra, cercando conforto nel freddo piuttosto che nella luce.
Eppure, io non ero come gli altri; nelle mie vene scorre un altro sangue, e forse è proprio grazie ad esso che ho compreso il mio errore. Inevitabilmente, troppo tardi…

E soltanto ora che il mio sole se n’è andato per sempre, inghiottito da un’oscurità eterna ed impenetrabile, desidero sentirne ancora il calore, quel calore di cui ho potuto godere solo per un breve e sfuggevole istante; quel fuoco di cui ho sentito solamente il lieve tepore marginale, senza mai potermi lanciare nel suo cuore, senza mai poter bruciare con esso. Per esso.
Il mio stesso nome brucia (*), ma il fuoco dell’amore mi è negato.                
Sono così sbagliato che non mi è nemmeno concesso amare?
I sentimenti di una creatura eretica sono forse più perversi, forse meno nobili di quelli di un dio? Me lo sono domandato a lungo; forse, per un momento, ne sono anche stato convinto. Ma ora no. Ora ho capito che impedire d’amare è sbagliato. Non io. Non i miei sentimenti. Loro.

Temevano ciò che ero, la mia diversità, il mio non seguire il rigido schema che permetteva alla loro esistenza di procedere sempre uguale, eternamente immutabile. Avevano paura di una specie, non di un essere determinato. Ed alla fine, oppresso da quest’odio che ancora non riesco a comprendere, ho finito col tramutarmi. Ora si, che dovranno temere. Non una specie, non il diverso, ma un unico uomo, animato da sentimenti che, forse, non hanno mai reputato in grado di possedere; è giunto  il momento che vedano il loro perfetto universo di menzogne sgretolarsi.

Darò loro un vero motivo per tremare.

 

 

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Non so perché, ma sono particolarmente affezionata a questa fic…

Finalmente sono anche riuscita ad inserire la storia della “malinconica bambola assassina”, cosa che mi ha tormentata per un tempo indicibile. Ciò mi rende piuttosto felice! Quel bimbo è troppo tenero… posso adottarlo?!

Un’ultima considerazione idiota: ho parlato di Homura e non ho nemmeno accennato ai fiorellini di Rinrei… la segno sul calendario?

 

Bene, ora non mi resta che un’ultima cosa da dire… Zenon, Shien, ritiriamoci! Ehm…no, questa era del cosplay  *__*;;;

 

 

 

 

(*)ci si riferisce al fatto che in giapponese Homura significa fiamma

 

  
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