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Autore: Xavisio Bluttemberg    19/10/2011    5 recensioni
[Prima classificata al contest "Rivivi la Tua Favola" di Nihila su EFP Forum]
Jack é stufo della solita routine, questo lo sappiamo bene… Ma se invece di aprire la porta per Yuletide Hill ne avesse scelta una piú interessante, oltre la quale avrebbe dovuto confrontarsi con la sua stessa natura ed i suoi sentimenti?
***
Ispirato a Nightmare Rivisited.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Vi sarete chiesti, magari, dove nascono le feste.
Se così non è, direi... che cominciare dovreste!

 
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“Dottor Finkelstein!” l’elegante, allampanato mucchietto d’ossa entró nel laboratorio quasi a passo di marcia, mostrando in qualcosa di estremamente simile ad un sorriso tutti i suoi bianchissimi denti ed allargando le braccia parallele al suolo.
“Jack Skellington! Il Re delle Zucche!” Lo scienziato emise un ghigno tutto sommato allegro. “A cosa devo questa visita?”
“A nulla dottore! Dovevo soltanto complimentarmi per il vostro bollito di erbe velenose! Era davvero orripilante, veramente un capolavoro. Sarebbe un piacere averne per quest’Halloween, non trovate anche voi?!”
“Sarebbe un grandissimo piacere anche per me, Jack, me lo ha giá chiesto il Sindaco e potrei farvene anche una tonnellata, se non fossi impegnato con un progetto cosí importante da impedirmi di dedicarmi ad altro.”
“Oh, ma allora deve trattarsi di qualcosa di stupefacente, qualcosa che rivoluzionerá la festa. Dottore, dica la veritá, é un mostro?”
”Mmm… Beh, Jack, si e no. Ho provato con un mostro, ma per alcuni ingredienti non avevo le giuste dosi, e ho dovuto limitarmi.”
“Un mostriciattolo, dunque?”
“Oh no, mio caro ossutissimo amico! Un essere incredibilmente piú utile, grazie al quale per l’anno prossimo potró davvero costruire un mostro eccezionale! Guarda, é nella teca, ormai é quasi ultimata… ecco qui, Jack, ti presento Sally, la mia nuova serva!”
“Dottore, le sue idee sono sempre cosí geniali!”
 
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“Ed é con immenso onore che vi presento il grande, potente, terrificante Re delle Zucche!”
La faccia del sindaco mostró il suo lato spaventato appena dopo, poiché non successe proprio nulla. Il pozzo rimase colmo del liquido verde e nero, che gorgogliava beato senza dare segni di vita, mentre attorno i fuochi d’artificio flemmatici appassivano. Poi si affacció il Clown dall’Incredibile Faccia, apparso dal nulla proprio accanto al pozzo, il cui show era ormai finito da tempo.
“Amici, Jack é sparito!” Cigoló il pagliaccio, improvvisamente sconcertato.
Un brusio si levó dalla Piazza di Halloween e piú di un cittadino si taglió la testa per la disperazione (un gesto senza conseguenze, in quel luogo, com’é ovvio: la ghigliottina era aperta tutti i giorni a tutte le ore per chiunque ci si volesse divertire, e non era raro vedere teste volare in giro lanciate come palloni, specie da Vado, Vedo e Prendo.); qualcuno ricordava di aver visto qualcosa di strano nello scheletro, pochi giorni prima, pareva un po’ agitato, ma credevano tutti fosse dovuto ai frenetici preparativi per la festa, e ora, invece, nessuno sapeva piú cosa raccontarsi, e se per caso…
Ma il flusso collettivo di coscienza fu bruscamente interrotto dall’esplosione del pozzo, e dalla conseguente ondata di putridi detriti che investí la folla circostante.
A quell punto, una risata tenebrosa riempí l’aria.
“A-ha!” La piazza sospiró di sollievo. “Anche quest’anno, vi ho fregati!” E un disco si sollevó dal fumo in mezzo alle macerie, con sopra Jack in piedi, trionfante. L’applauso superó i limiti dell’immaginabile, il sindaco si rigiró e la musica riprese a rombare tetra dalla banda, al massimo del volume. La mezzanotte era appena trascorsa e nessuno ricordava se un Halloween piú bello fosse mai stato festeggiato in precedenza... forse no, o forse erano solo troppo intontiti dallo spavento per ricordare: in ogni caso, una notte memorabile.
Eppure, il sorriso sul teschio di Jack era completamente finto.
Il suo piano era fallito, nemmeno organizzare per settimane il piú grande scherzo di Halloween di sempre lo aveva appagato! Si sentiva sempre piú annoiato e, ultimamente, triste.
Forse davvero non era tutto lí, forse poteva esprimere altrove il suo potenziale… o piú probabilmente avrebbe dovuto rassegnarsi a ripetere sempre la stessa routine ogni anno. Dopotutto era uno scheletro, era quella la vita giusta per lui. Ma allora perché, mentre gli altri non sentivano passare gli anni, e riuscivano a vivere anche solo per Halloween, lui sentiva sempre dentro di se quel vuoto incomprensibile?
Il fido Zero abbaió al suo fianco. Jack sospiró, e si avvió verso la foresta morta con accanto il suo segugio fantasma. ”Di sicuro” si disse ”Per un po’ in cittá non ci torno. Oh beh…”
Cantando la sua frustrazione, superó a gran passi il cimitero, la Collina del Terrore e l’ultimo cancello, passato il quale non trovó altro che alberi. Continuó, sparendo dalla visuale del cimitero, in cui nascosta tra le tombe era rimasta Sally, che aveva origliato sognante la sua canzone malinconica.
Jack naturalmente non poteva saperlo, ma in effetti qualcuno in cittá che poteva capirlo c’era. Qualcuno che non vi era nato, ma solo creato artificialmente…
Nel frattempo, mentre questo qualcuno aveva ormai perso le sue tracce, Jack continuava a vagare senza meta in un paesaggio tutto tetro e tutto uguale, facendosi luce col naso del canide a lenzuolo, anche se non ce n’era bisogno. Poi, d’improvviso, Zero illuminó qualcosa di diverso: sembrava quasi… ma no, non poteva essere… erano colori! Colori vivacissimi!
Il Re delle Zucche si avvicinó incuriosito, ritrovandosi d’improvviso in un luogo ancora piú surreale di quello da cui proveniva. Era qualcosa di incredibilmente lontano dai paesaggi a cui era abituato, eppure non ne fu intimorito.
Davanti a lui si estendeva una piccola radura perfettamente circolare; a terra un solco a forma di spirale, il perimetro delimitato da pochi, grandi alberi, ognuno diverso dall’altro. E su di essi, finalmente, i colori, tonalitá che l’avventore sapeva bene non appartenessero al suo mondo, almeno in origine.
Non si trattava di nulla di particolarmente elaborato, solo una serie di simboli, che parevano disegnati da un bambino, eppure a Jack apparivano oltremodo affascinanti. Uno per ogni tronco, nient’altro che un tacchino, un uovo colorato, un quadrifoglio, ed altri scarabocchi, ciascuno dei quali delimitava una porta per il cavo dell’albero. Poi, Jack ne vide uno che destó particolarmente la sua attenzione: era un curioso abete, ricoperto di puntini gialli che dovevano rappresentare, rifletteva, delle luci messe a decorarlo. Lentamente, dal centro del circolo si avvicinó a quella curiosa immagine, prese piano la maniglia e la fece scattare. Un fruscio leggero attraversó lo spiffero mentre socchiudeva il grosso pezzo di corteccia resinosa, ma poi le sue visibili articolazioni si fermarono, poiché aveva notato un’altra porta interessante su di un albero parecchio largo: era perfettamente tonda, blu con dettagliate macchie verdi incise a posteriori che la facevano assomigliare quasi ad una mappa. Lo scheletro la aprí di botto, senza pensarci granché, ed un istante dopo un vortice di fuoco ed acqua lo aspiró nel tronco, che un immediatamente si richiuse, facendo ripiombare nel silenzio la natura circostante.
Dall’altra parte del legno, invece, Jack fu sballottato vorticosamente, in diverse direzioni di un nulla psichedelico, fino a che una corrente non lo accolse, per poi scaraventarlo verso un’atmosfera a lui ignota, nella quale precipitó fino a capitombolare intontito a terra, o meglio su di uno strano terreno duro, grigio e irregolare, lasciando dietro di sé una scia sossastra a brillare nel cielo nero come la pece ancora per un paio di secondi. Poi, quando si riebbe dallo shock, l’onda sonora lo investí. Con le ossa che vibravano fino quasi a scricchiolare impercettibilmente, si alzó, voltandosi nella direzione dalla quale proveniva quel potentissimo suono, grave e ritmico come mai i suoi timpani fossili ne avevano ascoltati; mentre si girava, a quei bassi si aggiunse un forte urlo, all’apparenza umano ma dal volume troppo alto per poterlo essere davvero. E poi, quando li videro, i suoi bulbi oculari vuoti parvero dilatarsi ulteriormente, ad evidenziare la fenomenale sorpresa.
Su una qualche sorta di rialzo metallico, quattro uomini con teste di zucca suonavano e cantavano, e in entrambe le cose sembravano proprio dei mostri! Ricordavano quasi la macabra banda della sua cittá, solo molto piú veloci e forse ancora piú terrificanti, visti gli incredibili macchinari che utilizzavano per amplificarsi.
Con un grido ancora piú poderoso dei precedenti, piú potente addirittura di tutta la folla che dietro lo scheletro urlava impazzita, con decine di migliaia di persone travestite nei modi piú disparati e scatenate a saltare come per dimenarsi da catene infernali, eppure nei loro occhi non sembrava esserci terrore… con questo ultimo possente sforzo delle corde vocali quegli strani musicisti chiusero l’esibizione.
“E con Kidnap the Sandy Claws, hanno chiuso il nostro eccezionale concerto di Halloween i KoЯn! Facciamogli vedere quanto li adoriamo, ragazzi, forza! Spaccate tutto!”
E mentre la voce che aveva parlato dal nulla svaniva e il chiasso aumentava vertiginosamente, i quattro si sfilarono le zucche, suonarono un brevissimo stacchetto e sparirono dietro la struttura di ferro.
“E a grande richiesta, si replica il 3 dicembre! Hasta la vista!”
Lo scheletro, estasiato, seguí il marasma schiamazzante verso l’uscita, dove alcuni addetti dai caschi gialli e il giubbotto brillante al buio gestivano il flusso, controllando a volte certi foglietti in mano ai passanti e facendo attenzione che nessuno camminasse sopra gli altri; a lui, peró, dissero solo “Bel costume, amico!”
Jack, interdetto, non vi diede molto peso e fuggí dall’area insieme a tutti gli altri. Uscito da quel groviglio, si ritrovó in una grigia e fredda cittá, che a lui com’é ovvio apparve colorata e luminosa. Dovette fare davvero del suo meglio per evitare di essere travolto dale auto o, semplicemente, da chi aveva piú fretta di lui. Eppure, lui era il Re delle Zucche! Gli dovevano un po’ di rispetto, insomma.
Cosí provó a spaventarne un paio, tanto per scaldarsi, ma ottenne solo copiose risate, e lo stesso accadde quando provó con un ragazzino. Inizialmente ne fu sconcertato, ma poi fu folgorato da un pensiero altamente eccitante: si replica il 3 dicembreaveva una nuova sfida!
Una risata agghiacciante si materializzó dalle sue corde vocali calcificate, e quello un leggero effetto lo sortí su chi gli camminava a fianco, anche se lui non se ne accorse. D’istinto, corse verso il luogo nel quale era arrivato; provarono a fermarlo, ma lui fu piú veloce, ed oltre il backstage trovó un parco, nel quale era presente una radura identica a quella che aveva visto prima: gli bastarono pochi secondi per capire che doveva entrare nella porta con la zucca e, dopo un altro vorticoso viaggio, sbatté il cranio proprio sulla Collina del Terrore, dispiegatasi per prenderlo al volo ed attutirgli la caduta. Un balzo lo riportó all’erta e un altra dozzina in cittá, dopodiché andó a bussare a casa del Sindaco.
“Oh, ma chi puó mai essere a quest’ora della notte...” farfuglió il primo cittadino, il cui proverbiale cilindro era stato momentaneamente sostituito da un cappello da notte col ponpon. “Per mille zucche caramellate, Jack, non potevi aspettare domani?”
”Ovvio che no, amico mio, o dubito che sarei qui ora! Anche gli scheletri hanno sonno, una o due volte al mese… Ma non é certo di questo che dovevamo parlare, naturalmente. Bisogna recuperare il megafono, devo parlare con tutta la cittá, serve un’assemblea!”
“Un’assemblea? Ma-ma quando?”
“Appena possible, direi, che sull’orologio dovrebbe essere piú o meno domattina alle otto.”
“Santa morte, Jack! Ma perché?”
“Oh, andiamo, lo spiegheró tra pochissime ore!” Ed ammiccando orribilmente, ma in modo amichevole, si fiondó giú per le scale gridando “Grazie mille, signor Sindaco!”
Prima ancora che lo sbraito di risposta lo raggiungesse, Jack correva a casa, e vi era quasi arrivato quando intravide Sally, dal lato opposto rispetto alla fontana acida. Si chiese per quale motivo alle quattro del mattino la bambola di pezza fosse ancora in giro, visto anche quanto sembrava stanca… Si avvicinó dunque per chiederle se le servisse qualcosa.
“Ehi, Sally!” esordí dalla distanza, col suo solito fare solare e tenebroso. “Tutto a posto?”
Lei lo guardó visibilmente imbarazzata, per quanto non fosse stata fatta per arrossire:
”Oh, ehm, sí Jack, solo che dopo la festa non so, non avevo voglia di stare in cittá, e sono andata a raccogliere fiori secchi al cimitero.”
”A quest’ora? Ma non é sicuro, non dovresti…”
La giovane non riusciva quasi a guardarlo in volto, o meglio in teschio:
“Io, io no, cioé, é che mi sono addormentata lí.” E si giro, sentendosi stupida e troppo scoperta nei confronti di quel mostro quasi sconosciuto, eppure tanto affascinante.
“Dai, non preoccuparti, é la notte di Halloween dopotutto, tutto é ammesso e va tutto per il meglio. Oh, guarda, il dottore ha acceso le luci, credo che lo vedremo alla finestra.
A Sally si geló il sangue nelle vene, alla vista della ben nota carrozzella che incombeva su di loro, dall’alto dell’ultimo piano del laboratorio.
“COSA CI FAI LÍ FUORI, SCHIAVA! I PATTI ERANO CHIARI, DOVEVI TORNARE DOPO LA FESTA!”
Il dottore si fermó un attimo, rendendosi conto di star parlando a voce troppo alta per l’orario; restando ugualmente imperante, abbassó dunque leggermente il volume della voce.
”Dentro. Ora.”
E senza nemmeno notare Jack, lo scienziato richiuse i battenti. Sally, spaventata a morte e sull’orlo del pianto, lo salutó con un cenno della mano, lasciandolo perplesso a guardarla correre e sparire dietro il pesante portone di legno.
Un essere tanto dolce, si ritrovó a pensare una volta solo, deve trovarci decisamente male a fianco di un animo burbero come Finkelstein… La cosa lo fece dormir male, nonostante la mattina dopo fosse di nuovo carico d’energia, in vista dell’adunanza cittadina.
 
Alla riunione c’erano davvero tutti, perfino il vampiro, che non usciva mai di giorno ed il Baubau, che fissava il tutto dal fondo della vasta sala; il sindaco non riuscí in nessun modo a richiamare l’attenzione, ma un urlo del Re delle Zucche fu al contrario piú che sufficiente.
Dopodiché, quest’ultimo esordí: “Amici miei, so bene che a noi tutti nulla é piú caro dei festeggiamenti nella Notte del Terrore, ma io, sinceramente, avevo voglia di qualcosa di ancor piú terrificante! Non é abbastanza passare una nottata intera celebrando la festa a suon di spaventi, ci vuole qualcosa di piú tremendo di qualche semplice scherzo fra di noi!”
“Jack, ma quindi l’anno prossimo si festeggia anche di giorno?” lo interruppe l’accoltellato, il quale tutti sapevano che avesse problemi di ragionamento dovuti al taglio del cervello.
“Ma certo che no,” riprese il relatore, “qualcosa di molto meglio! Forse nessuno di voi lo sa, ma nel bosco ci sono delle porte, porte su altri mondi!”
“Interi mondi da spaventare!” urló una strega, alla quale per poco non venne un infarto.
”Ti prego, dicci di piú!” la voce proveniva da una mummia incuriosita.
”É un mondo pieno di luci accecanti, dove uomini piuttosto piccoli cavalcano enormi mostri di ferro dagli occhi di fuoco!”
Piú di un lupo mannaro ululó in platea, alla notizia.
”E non é tutto, vivono in case alte quasi fino al cielo, che sembrano fatte con lo stampino, e indossano vestiti orrendamente variopinti. Anche loro festeggiano Halloween, e sono cosí coraggiosi da farlo ben due volte!”
“Jack, ma fanno quasi paura…” disse piano un’Ombra. ”Ce la faremo mai ad impaurirli?”
”Certo che sí, signor Wright! C’é forse qualcosa che sappiamo fare meglio? E poi, abbiamo piú di un mese di tempo… Agiremo durante la loro seconda festa, il 3 di dicembre. Forza, chi é con me?”
Dopo quasi due secondi di silenzio, un boato unanime squarció l’aria sovrastante la cittadinanza: erano decisamente tutti d’accordo. A Jack parve di sentire, confusa tra le urla festose, una risata grave e inquietante, ma fiero di sé stesso com’era non ci fece troppo caso.
 
I giorni successive trascorsero rapidamente, tra le centinaia di mansioni necessarie alla preparazione per quella sfida cosí assurda, per il popolo della Cittá di Halloween; tutto sommato peró i suoi deformi abitanti avevano preso a cuore la causa e si davano da fare giorno e notte, cosa per la quale il promtore non poteva che rallegrarsi e riempirsi di ammirazione, nei confronti di un lavoro cosí diligentemente eseguito solo perché era stato lui a richiederlo. Attorno a casa sua crescevano pile di maschere orrende, materiale da scherzo e anche qualche piccolo strumento di tortura (non troppo doloroso, peró, quello era contrario ai principi della Cittá), ed il ritmo di produzione si faceva sempre piú frenetico, assicurando persino a lui, che quel mondo cosí diverso lo aveva giá visto, che la festa sarebbe stata un successo come mai visto prima.
Ció che peró gli impediva di essere felice, era la questione della musica. Il concerto che aveva segnato il suo arrivo nell’Altro Mondo lo aveva segnato profondamente, convincendolo del fatto che in quell’evento fosse racchiusa la chiave per comprendere, appieno, il significato di una cosí diversa realtá. C’era qualcosa, nelle facce ipnotizzate degli spettatori, che andava persino al di lá della paura. Faceva parte, pensava lo scheletro, di un campo di sensazioni forse del tutto sconosciuto nel loro piccolo universo; e dello stesso parere era stato il dottore, al quale Jack aveva anche mostrato un suo schizzo di quell’incredibile, magico strumento, che tanto lo aveva affascinato e il cui nome aveva scoperto essere “chitarra”… disegno davanti al quale il dottore si era limitato, scrollando le spalle, a dichiarare che la cosa era del tutto al di fuori della sua area di competenza. Jack ne aveva parlato con Sally, a lei l’idea di creare una musica nuova, diversa dai canti lugubri ai quali erano entrambi abituati, faceva impazzire, ma lui non le avrebbe mai chiesto di aiutarlo, non con il rischio di farla litigare di nuovo col suo padrone. Cosí, per realizzare il suo progetto, si risolse a chiedere una mano alle tre pesti.
Naturalmente, Vado Vedo e Prendo non erano proprio i compagni fidati dei quali avrebbe voluto l’aiuto, ma doveva riconoscere che i ragazzacci, se adeguatamente ricompensati, avevano sempre svolto bene i compiti loro assegnati.
Arrivarono, con pochi minuti di ritardo, nel suo studio il 12 novembre, e furono congedati dopo pochi minuti di istruzioni e grandi promesse in pasticcini di ragno; l’ultima cosa che avrebbe voluto in quel momento era dargli in mano parte del suo lavoro, ma con una festa epocale da organizzare in sole tre settimane non aveva proprio altra scelta.
Quattro giorni dopo, quando gli furono recapitati tutti i materiali richiesti, Jack si chiuse in casa definitivamente, senza mai uscire, sperimentando i diversi tipi di legno e corda per provare a ricreare l’incredibile effetto che tanto lo aveva colpito. L’unico effetto che ancora mostrava la sua presenza all’esterno era l’inno della cittá, che ogni tanto risuonava in un timbro diverso dalla sua magione sopraelevata.
 
Lentamente, i giorni passavano, iniziava a fare freddo e la pioggia rendeva il paese ancora piú triste e grigio di quanto non lo fosse d’estate. Pochi giorni ancora e le pagine di novembre sarebbero state strappate dai calendari, e nessuno, proprio nessuno, per quanto fossero tutti preoccupati e altro non aspettassero se non di sentirlo suonare ancora, aveva avuto il coraggio di disturbare il Fantasma Re. Nessuno, nemmeno Sally, ormai del tutto segregata nel laboratorio del vecchio scienziato pazzo…
Ma una notte buia, senza luna, in cui solo una terribile tempesta era visibile guardando il cielo, cosí forte che nessuno lavorava piú, accadde che un fulmine rovinó su quest’ultimo edificio, causando pochi danni ma un terribile fracasso. La serva vide dallo spioncino della porta il dottore che saliva sul montascale, per controllare cosa fosse successo in soffitta, e appena questi sparí dalla vista si precipitó alla credenza; poi peró, nell’afferrare il barattolo contenente la Belladonna, si bloccó improvvisamente.
Se lo avesse fatto davvero, quella sarebbe stata la sua ultima occasione per mettere il naso fuori di casa, prima di esserci relegata a vita.
Sospiró. Bisognava farlo, lo sapeva. Doveva la vita al dottore, ma non poteva passare altro tempo senza vedere Jack. Tre foglie, quanto bastava per indurre un sonno di parecchie ore, senza controindicazioni… ma tanto il dottore si sarebbe accorto lo stesso che gli era stata avvelenata la zuppa, anche se troppo tardi.
Mentre l’erba ancora si scioglieva nella scodella, al cigolio metallico della sedia a rotelle che tornava giú Sally si richiuse silenziosa in camera.
”Ah, porri di verme, i miei preferiti!”.
Il silenzio successivo evidenzió un deglutire ritmico, poi un tonfo: il dottore dormiva ormai profondamente con la testa nel piatto. Respingendo un singhiozzo di insicurezza, Sally corse fuori, sotto la pioggia che batteva forte, afferrando al volo il cestino coi regali per lo scheletro. Non si fermó un istante, sbatté la porta con forza all’uscita e rischió piú volte di scivolare, bagnandosi completamente prima di arrivare al riparo, sotto le scale all’ingresso di casa del suo unico amico. A momenti si sentiva quasi morire di freddo, col vento che le sferzava addosso, frusciandole nelle orecchie.
Poi, d’un tratto, il fischió mutó. Tutte le altre sensazioni svanirono, ed il suono divenne irresistibile, una melodia nostalgica, struggente da dare fitte al cuore, e non veniva dalla chitarra di Jack, né da null’altro attorno, ma da dentro di lei. Per seguire quella musica, Sally chiuse gli occhi, ed ebbe la sensazione di perdere coscienza del suo corpo. Intanto, all’iniziale carillon si aggiunse un’arpa, poi un quartetto d’archi, infine un’intera orchestra: il tutto portó la poverina in un’estasi dal quale fu improvvisamente spiazzata quando, senza preavviso, il tutto si fermó e, dopo un secondo di pausa, ogni strumento emise un suono diverso, in un tremendo accordo dissonante… un riso gracchiante, un colpo di cannone, e poi piú nulla.
“No!” esclamó Sally riprendendo i sensi, un po’ piú forte di quanto avrebbe voluto.
La finestra si spalancó.
”Devi essere completamente zuppa!”. La fissava con quei suoi occhi incredibili, vuoti e penetranti, la testa appoggiata su un palmo, l’espressione incuriosita. ”Perché non sali?”
Le parve di venir sommersa da una valanga di sabbia calda del deserto, al suono di quella voce. Quanto le era mancato, da dopo Halloween, da quando lui le aveva fatto capire che perfino i mostri non erano tutti come il suo creatore! Annuí in modo appena percettibile, facendo colare alcune gocce dai capelli castani.
Poi, lentamente, salí le scale. La porta si aprí su uno spettacolo affascinante quanto inusuale: nell’ampio salone era allestita un’area di ricerca piena di ogni sorta di strumenti, molti dei quali facilmente riconoscibili come ”Made in Finkelstein”, che misuravano peso, resistenza, elasticitá, caratteristiche sonore di diversi tipi di corde, metalli, legnami ed altri materiali piú esotici. In piú, una lavagna piena di calcoli, tutti terminanti con un punto interrogativo, ed un marchingegno misteriosamente diverso dagli altri, di fattura piú artigianale, al quale era connesso qualcosa che aveva tutta l’aria di essere un cuore; notando che l’organo pulsava ancora, Sally si avvicinó ad osservare meglio la macchina e la piccola armonica a fiato che vi era connessa mediante un doppio cavo.
”Simpatico, eh? L’ho fatto io!” Jack aveva tra le mani un’ingombrante scatolone, che trasportó senza mostrare fatica e che riveló contenere una serie di rotoli di carta, con grafici e disegni, piú qualcosa di piuttosto deforme ma tutto sommato simile ad un mandolino.
“Il cuore me lo ha prestato il dottore, naturalmente. In realtá quando lo abbiamo costruito, qualche anno fa, mi disse che lo avrebbe distrutto, ma a quanto pare funziona ancora. Non so esattamente cosa misuri, sto verificando e sembra qualcosa di buono, ma finché non ne saró certo non ci daró peso.”
La bambola non riusciva ancora a percepire tutto quello che le accadeva intorno, nonostante la coperta di cuoio che le era appena stata messa sulle spalle la stesse facendo riprendere dall’ipotermia: era come stordita dall’emozione.
“Sally?”
Nel sentire la sua voce calda, inadeguata per quel corpo, pronunciare il suo nome, quasi sussultó. Poi, girandosi, lo trovó che la fissava, perplesso, il tondo cranio a pochi centimetri dal suo. Le accarezzó una cucitura con le ossa delle dita, sorridendo e chiamandola ancora.
“Sally…”
“Jack?” La sua vicinanza le aveva fatto dimenticare ormai persino l’incubo di poco prima.
“Ti andrebbe di farmi da spettatrice?”
Non era proprio quel che desiderava piú a fondo, ma era di certo molto piú di quello che si aspettava da quella serata, ed acconsentí con un sorriso.
Da quel semplice sorriso lui capí molto piú di un semplice sí. Si rese conto che sí, aveva visto giusto, lei era davvero diversa, non cosí limitata nello spettro emotivo come lo era tutto il resto della cittá, perfino il geniale dottore. Condivideva con lui quel qualcosa in piú che poteva schiacciarti in fondo alla tristezza della solitudine o elevarti ad una felicitá che gli altri non avrebbero mai capito. Ma per suonare al meglio delle sue capacitá, cercó di non pensarci.
Arpeggió, rintonó e contrappuntó per diversi minuti, sempre con la stessa espressione concentrata, chiudendo la lunga serie di lucidi virtuosismi con una impressionante scala cromatica finale, dopo la quale non si poteva non restare del tutto stupiti.
“Ma… ma é meraviglioso!“
“No, non é vero, non lo é. É piacevole e sicuramente molto ben fatto, ma é come se gli mancasse qualcosa. Cosa, non saprei...”
“Non so, Jack, per me é solo…”
“QUELLA SCIAGURATA!”
L’urlo in lontananza interruppe bruscamente il dialogo, facendola trasalire. Sí, aveva sbagliato, e ora doveva pagarne le conseguenze, doveva ritornare al posto nel quale era stata progettata per stare. Restare dov’era sarebbe stata la cosa piú bella che potesse immaginare, ma non era tuttavia quella giusta.
“Oh, no… Mi dispiace, devo andare.” disse con un sospiro devastato, togliendosi il plaid marrone scuro di dosso con delicatezza, quasi temesse di rovinare un oggetto legato a lui.
Lo scheletro, confuso, non la fermó mentre riapriva la porta d’ingresso.
“Ah, aspetta, prima di andare, quasi dimenticavo, é che, non so,” tremava quasi nel dirglielo, lo vedeva cosí felice nel realizzare il suo sogno di una festa nuova, ma sentiva di non poterlo nascondere ancora, “per il tre dicembre, ho un brutto presentimento, temo per te, l’ho sentito, Jack, é come se ci fosse qualcosa che non va.”
“Oh, ma dai, non dire sciocchezze, va tutto a meraviglia! Manca ancora qualche giorno e proprio oggi mi é arrivata l’ultima consegna in programma, il Baubau che mi ha fatto un vestito nuovo, ancora piú spettrale! E poi non so se hai visto il carromobile che mi ha fatto il dottore, é stupefacente, stupefacente!”
Eccolo lá, di nuovo preso dal suo lavoro, quasi sopraffatto e terribilmente affascinante nella sua esaltazione. Dopotutto, anche se il sogno sembrava accecarlo, forse anche lei non ci vedeva cosí chiaro: l’allucinazione uditiva era magari dovuta solo al freddo, e la sua preoccupazione era del tutto inutile. Tuttavia, dopo essere uscita ringraziando, una volta fuori alla luce della luna, che momentaneamente era tornata ad illuminare i tetri edifici, non si sentí affatto convinta da quella ventata di rassicurazione.
Il dottore, nel vederla tornare, non emise alcun suono al di fuori di uno spietato ghigno, ma quando Sally fu entrata nella sua cella, sentí un martello battere chiodi sulla porta, e la tanto odiata voce che asseriva, pacata, che avrebbe fatto meglio a farla di giorno, la sua ultima fuga, visto che il sole non lo avrebbe mai piú rivisto, se non da dietro il vetro della sua piccola finestrella tonda.
Jack, dal canto suo, ancora non poteva credere che l’amica gli fosse sfuggita di nuovo allo stesso modo, senza che lui riuscisse a trovare un modo per trattenerla. Possibile che nemmeno lei riuscisse a sfuggire alle leggi di quel luogo infame?
 
Dall’altra parte della cittá, quella stessa notte, in una casa eretta sulle radici di un deforme tronco, anche qualcun altro aveva un piano di lavoro da organizzare per il 3 dicembre.
“Avete fatto tutto ció che vi ho chiesto, quindi? Sicuri?”
“Sí, signore! Assolutamente!” Risposero in coro tre vocine infantili, gonfie di terrore.
“Lo spero per voi.”
Voltatosi lentamente dall’altra parte, contemplando buon andamento dei suoi malefíci e facendo roteare una coppia di dadi rosso sangue, il Baubau emise una risata cosí forte e cosí maestosamente raccapricciante da gelare il sangue nelle vene a diversi vampiri, che la percepirono anche a chilometri di distanza.
Dopodiché si rimise al lavoro.
 
“Ebbene, caro Sindaco, ci sono tutti?”
“Si, Jack, oltre a Finkelstein e Sally, barricati in casa, manca solo il Baubau, ma come ti ho detto é malato.”
“Lo avevo dimenticato! Cos’ha, di preciso?”
“Una brutta caduta, mi hanno riferito.”
Al centro della radura, in corrispondenza del punto centrale della spirale, il Re delle Zucche scrolló le spalle alla luce della luna piena, per poi rivolgersi alla quasi completa cittadinanza di Halloweentown, che lo guardava fremente, disposta dietro gli alberi dell’uovo e del quadrifoglio.
Un colpo di tosse, artificiosamente amplificato per quanto possibile, fu piú che sufficiente a Jack per mettere a tacere l’audience in una frazione di secondo.
“Allora, amici, oramai avrete capito tutti come funziona, e in caso contrario, visto che é semplice ve lo ripeto! Passata questa porta, siete in un altro mondo. Lí evitate solo di perdervi e potete fare tutto ció che volete, a condizione che sia assolutamente, definitivamente spettacolare! Mi sembra che siamo tutti pronti. Forza, andiamo!”
E Jack montó sul trabiccolo appositamente costruitogli per l’occasione, si fermó un secondo ad ammirare I polsini rosso sangue del suo nuovo pregiato abito e decise infine che era arrivato il momento di andare:
“Bene, Sindaco, al mio segnale, spalanchi la porta.”
“Jack! Le nostre zucche giganti sono troppo giganti! E anche il tuo carro non passa di lá!”
“Ma no, non é vero, ragazzi. Basta crederci, e passeranno, passerá tutto anzi. Dai, ci siamo. Pronti e… via!”
Il Sindaco, euforico, fece scattare la serratura e tiró verso di sé, facendo scaturire dal varco il consueto vortice che, senza riguardo per le dimensioni dei loro “attrezzi del mestiere”, li aspiró tutti al suo interno, dallo scheletro all’ultima delle mummie; una zucca in realtá rimase indietro, ma solo perché la manteneva un vero incompetente, e non era comunque un ortaggio di valore: mai avrebbero lasciato qualcosa di utile tra le mani del povero Accoltellato.
Dopo che anche il tonfo della cucurbitacea si fu attutito, nella foresta morta rimase solo il silenzio.
 
 
Silenzio, silenzio e calma. Perché, si domandavano i cittadini di Halloween, che si erano scatenati persino durante il risucchio e ora apparivano zittiti dalla sorpresa, perché mai Jack ci ha portato in un posto dove non c’é nessuno?
Quest’ultimo, peró, ne sapeva quanto loro e, per quanto fosse giá pratico del luogo, appariva smarrito nell’enorme arena, completamente vuota, a parte gli ospiti stranieri appena sopraggiunti, e proprio non riusciva a spiegarsi cosa potesse essere successo: il posto era giusto, riconosceva l’asfalto, il prato in lontananza, gli spalti, il palco…
Un momento, cos’era quell’enorme telo bianco che copriva lo scenario come un sipario, estendendosi parecchio per entrambi i lati? Aveva un aspetto familiare, non sembrava appartenere a quel mondo.
“Silenzio!” urló Jack, percependo che qualcosa non andava.
Poi, lo sentirono, all’inizio un leggero rombo, che crebbe in pochi secondi fino a divenire un fracasso infernale e martellante; intanto, da un’altezza di parecchi metri un bimbo vestito da diavolo si caló con la cima di una corda, facendo aprire il tendone e rivelando uno spettacolo assolutamente impressionante. Attorno al palco, decine di migliaia di persone, la maggior parte a capo chino e tutte con gli occhi spiritati, suonavano tamburi e percussioni varie, intagliate in modo rozzo nel legno, nel metallo e nel cuoio. Poi le luci del palco si accesero e, da una botola nel mezzo della scena, apparve il Baubau, raggiante con un microfono in mano.
“Bene bene, Jack! Sei in ritardo, qui lo spettacolo é finito!”
“Cosa ci fai qui? Che hai fatto al mio pubblico? Non é divertente cosí!”
“Dici? Per me é stato uno spasso, invece! Dopo che I miei fidi assistenti mi hanno spifferato dell’effetto che ha la musica su queste stupide creature, mi sono fatto un giro di qua e, beh, organizzare questo scherzetto é stato una bazzecola. Mi sono bastati la tua eccellente lista di materiali e qualche rottame rubato al vecchio pazzo infermo. Adesso, useró il mio nuovo esercito per diventare il re di questo e del nostro mondo, e poi Halloween lo organizziamo a modo mio. Sará una lunga notte di terrore e sangue!”
Tutti i presenti ancora coscienti guardavano il loro leader con aria supplichevole, nella speranza che egli avesse una soluzione; lui era devastato, ma ancora vigoroso.
“Certo che no, Baubau! Se vuoi le tue idee balorde nella prossima festa, puoi candidarti a Sindaco, magari qualcuno ti voterá. Ma non ti permetteró di prendere il potere con la forza!”
E sperando in cuor suo che I suoi amici gli restassero fedeli, Jack si lanció verso il palco.
“Sciocco! Se volessi potrei mandarti contro tutti i miei nuovi schiavi, ma adesso sono diventato molto, molto potente e non ne ho bisogno! Per fermarti mi basta anche solo premere un bottone su questo aggeggio!”
E cavó da un taschino del suo sacco un primitivo telecomando con un solo grosso pulsante rosso, che schiacció con violenza: D’improvviso il suo nemico, arrampicatosi sul palco proprio in quell’istante, fu attraversato da fitte in tutto il corpo, tranne le mani, i piedi e la testa, e cadde a terra completamente privato della capacitá di muoversi o di parlare.
Gli altri, a quel punto, contro la loro natura rimasero sgomenti.
“Non preoccupatevi, non é morto, é solo fuori combattimento. Adesso, se non volete fare la fine del vostro caro spilungone, unitevi a me, nel piú grandioso regno di terrore che si sia mai visto… insieme, abbiamo un pianeta intero da spaventare.”
La prospettiva era allettante, per quanto nessuno sapesse in quel rude ammasso di gente nonproprio cosmopolita, cosa fosse un pianeta. Ma sembrava comunque qualcosa di molto grosso, e la vista del migliore fra tutti loro del tutto inerme li fece convincere in fretta.
Accompagnati dal rinnovato rombo di quella banda immensa, si avviarono tutti a pianificare il caos piú assoluto, nel parco poco distante.
 
Qualche minuto piú tardi, sui resti privi di sensi e in apparenza di vita del Re delle Zucche, Sally piangeva. Aveva finalmente trovato il coraggio di fuggire, di gettarsi dalla finestra a costo di sfasciarsi per poi doversi ricucire, di correre lontano dal suo padrone e dalla sua gabbia; poi nella foresta aveva identificato la porta giusta, prendendo per un segnale la zucca spiaccicata ai bordi della spirale, ed aveva attraversato il turbine con non poca sorpresa… tutto questo, per arrivare troppo tardi.
Quale fosse il motivo per cui la vita la bistrattava cosí, proprio non era in grado di capirlo.
Una lacrima, che non avrebbe potuto neanche produrre in teoria con i suoi occhi finti, le scivoló per una guancia, andando a bagnare il polso del compianto. Volle il caso che questa goccia mandasse in corto il congegno nascosto nel vestito, grazie al quale il Baubau aveva elettrificato Jack, che immediatamente si riprese.
“Sally… sei venuta, alla fine…” disse piano, prendendole la mano.
”Forse non dovresti credermi Jack, ma oggi non ti avrei lasciato solo per nulla al mondo.”
Seguí un momento di sorrisi silenziosi, che fu presto rotto da urla di sconvolgimento e schianti vari, piuttosto distanti ma perfettamente chiari.
Jack corse ad affacciarsi dall’altro lato del palco e vide la sua Nemesi che con I suoi amici metteva a ferro e fuoco uno sfasciacarrozze nelle vicinanze.
“Svelta, non abbiamo un minuto da perdere!”
 
Il curioso bolide a tre ruote li portó a destinazione in un lampo, e Jack si aprí la strada tra i rocchettari inibiti con la forza, arrivando fino al Baubau che minacciava una giovane coppia, riparatasi in quel luogo per trovare un po’ di solitudine nel chiuso della loro Pontiac.
Il Re delle Zucche aveva rimesso il suo vecchio costume, nel quale non era mai apparso tanto potente e temibile, e aveva in mano il suo miglior prototipo di chitarra elettrica.
“Ora basta, Baubau! Non é questo il modo di festeggiare!”
“Proprio tu parli, Jack? Credevo che a te la melodia degli strilli piacesse piú che a chiunque altro! Non é per questo che hai portato tutti qui?”
“Proprio no! Se ogni anno festeggiamo Halloween, non é per le grida, é per le risate! Non c’é niente di piú divertente di uno scherzo spaventoso, ma la paura vera, quella che tu vuoi portare qui, é terribile anche per qualcuno come noi! Come puoi non capirlo?”
“Oh Jack, mi hai davvero stufato con questi discorsi intelligenti. Io mi divertiró molto di piú a vederti fatto a pezzi e, magari, a succhiare il midollo dalle tue ossa quando sarai finito… e ci riusciró, grazie al potere della musica che tu mi hai offerto!”
Un cenno della sua mano e, con un’andatura da zombie, centinaia di uomini e donne si riversarono lentamente sul carretto a motore, iniziando ad arrampicarcisi, lenti ma inesorabili.
“E anche su questo sei del tutto fuori strada!“ gli rispose ancora Jack a tono, schiacciando una mano rosea arrivata troppo vicino al suo piede. “Ma tanto a che serve parlare con te, che sei ottuso e non ascolti? Ora te lo dimostreró io, che cos’é davvero la musica! Mi spiace, ma un paio di ritmi su un tamburo, per quando complicati non di daranno mai qualcosa di davvero forte. Mi ci é voluto un mese per capirlo ma diavolo, a questa melodia mancano ben tre cose: emozione, passione, AMPLIFICAZIONE! Vai, Sally!”
Il cavo della chitarra e della cassa fu prontamente collegato alla macchina, nella quale la bambola stava al contempo lottando con un rastafariano estremamente aggressivo. Quando le dita ossee si posarono sulle corde, il tempo parve fermarsi. Jack inizió con una sequenza di quattro rapidi accordi, che poi ripeté piú lentamente, costruendovi sopra un incredibile riff. Notando con piacere che i piú vicini si erano fermati, colpiti dalla sua esibizione, il Re delle Zucche portó la leva del volume al massimo.
“Cosa credi di fare, con quell’arnese? Forza, tutti, addosso, muovetevi!”
Il caos fu pressocché assoluto, con tutti i poveri umani posseduti che incombevano sulla piccola camionetta, ricominciando anche a suonare i tamburi. Per fortuna, peró, or´mai molti vampiri e streghe, resisi conto dell’accaduto, lo difendevano con tutte le loro forze, accerchiandolo in un anello protettivo. Vedendo peró che i nemici erano davvero troppi e percependo il pericolo cui era esposta Sally dietro di lui, Jack la chiamó e mentre lei lo raggiungeva annuí a sé stesso, decidendo che era arrivato il momento.
”Ti sei appena condannato!” urló furente al Baubau.
Abbassando una leva per distorcere il suono ed ignorando il dolore provocato da un morso alla gamba, inizió, facendo scorrere le dita dal basso verso l’alto sullo strumento e producendo cosí un suono stridulo e penetrante, un vertiginoso assolo, nel quale diede sfogo a tutta l’adrenalina che aveva in corpo, facendosi quasi sopraffare dalla rabbia, una rabbia che solo in lui poteva raggiungere un livello simile, e che si manifestó sia nella melodia e nel ritmo, sia nel suo delirante sbattere il capo e il busto in diverse direzioni, battendo intanto il tempo coi piedi con estrema precisione.
Accadde a quel punto qualcosa di davvero stupefacente. La luce che brillava negli occhi degli uomini cambió colore, ed il loro ritmo a marcetta andó ad accordarsi con la performance dello scheletro. La nuova sequenza si diffuse ad onda tra i fan che Jack si era conquistato, e che ormai rispondevano a lui, e quando la melodia cessó e fu seguita da un grido di guerra del Re delle Zucche, la folla rispose con un gran boato, un applauso e letterali salti di gioia.
Poi Jack riaccese il carro e la chitarra, la puntó contro il nemico, i cui ostaggi erano intanto fuggiti, andando ad unirsi al resto dei presenti nell’ovazione, e suonó l’accordo finale. Una scarica elettrica attraversó l’aria, andando ad incenerire, prima che potessero arrivare proteste, il sacco del Baubau, dal quale si riversó una valanga di insetti. Quelli terrestri presero naturalmente anche loro fuoco, e mentre le libellule e le mosche volavano via una scintilla toccó una vecchia decappottabile, facendola esplodere assieme a ció che rimaneva del mostro.
Nemmeno una persona rimase coinvolta nell’incendio, e tutti festeggiavano il concerto a cui, nonostante tutto, avevano assistito.
 
“Jack, sei stato geniale. Come hai imparato tutte quelle cose?“
“Me le hai insegnate tu, Sally. Mi hai insegnato a vedere il mondo da una luce diversa da quella della Cittá, e da lí é venuto il resto. Sei speciale.”
“Anche tu sei diverso, Jack. Non dimenticarlo mai.“
“Grazie.“ E finalmente, la sua bocca senza labbra poté toccare quella cucita, imperfetta ed unica della bambola di pezza, che lo strinse a sé trovando un calore inaspettato.
Attraversando con le dita i suoi lunghi capelli, capí che per fortuna nulla era piú come prima, e fu sicuro del fatto che un vero cuore, un cuore piú bello di quello sintetico di Finkelstein, in fondo lo avevano anche loro; nelle sue mani che lo accarezzavano, c’era il significato di tutto ció che voleva dalla sua esistenza.
Dal pubblico, che alla scena mandava festosi segni d’approvazione, si erano intanto avvicinati alcuni uomini dai lunghi capelli, che dopo averli ringraziati per il provvidenziale salvataggio, chiesero a Jack se intendesse suonare con loro.
 
Fu quella, per davvero, una notte memorabile.
  
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