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Autore: lar185    20/10/2011    0 recensioni
L’assurdità dei nostri incontri e la sua enigmaticità mi mettevano tremendamente a disagio, considerando anche il fatto che io non sapevo nulla di Federico. Già, non sapevo nulla di lui. Che tipo di vita conduceva, che persone frequentava. E soprattutto, che cosa stesse cercando in me, dai nostri discorsi, dai nostri sguardi. Era solo un semplice passatempo? Non mi pareva vero che mi stessi chiedendo una cosa del genere. Cosa m’importava di Federico? Cos’era lui per me, se non un inutile aggancio al mio passato? Avevo paura di quello che era successo, di quello che sarebbe successo. Mi chiedevo perché si ostinava a volermi vedere, già, perché voleva vedermi? E soprattutto, perché non aveva mai fatto riferimento a lui? Questa era una domanda che fino a quel momento non m’era mai venuto in mente di farmi. In definitiva, io e Federico eravamo stati legati soltanto da lui. Ma adesso lui non c’era, e tutto si ribaltava. Tutto era cambiato.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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inverno9

Lorenzo mi aspettava, seduto sulla panchina dove di solito ci incontravamo. Non c’era stato bisogno di dire niente, io sapevo che si sarebbe trovato lì, lui sapeva di doversi fermare proprio a quella panchina. I suoi occhi erano pieni di gioia quando mi vide arrivare. Si alzò, mi venne incontro.

-         Ciao, Clarice – mi salutò.

Non gli permisi di avvicinarsi, il mio sguardo era freddo e pungente.

-         Ciao, Lorenzo -

Era più o meno lo stesso, come lo ricordavo. Aveva gli occhi meravigliosi, lo sguardo dolce, penetrante, non invadente. I capelli erano mossi dal leggero vento.

-         Come stai?-

-         Benone- mentii.

-         Credevo non saresti più venuta. O più che altro, ne avevo paura-

La mia freddezza scemava.

-         Non capisco, Lorenzo. Non capisco-

-         Lo so. Ma è tutto diverso adesso, Clarice –

-         Cosa significa?-

-         Io sono diverso. E non ho più voglia di mentire-

-         Cosa stai cercando di dirmi?-

Mi fissò, sentii il cuore cascarmi dal petto, mi lacerava i tessuti.

-         Quello che sto cercando di dirti è che io ti amo ancora-

Il cuore iniziò a battere; non riuscivo a guardarlo negli occhi.

Lorenzo mi sfiorò la guancia con le dita, fece scivolare la sua pelle sulla mia, il suo profumo mi inebriò tutta.

-         Ti amo ancora, ti amo da sempre e ti amerò per sempre-

Le sue parole sussurrate a così poca distanza da me mi facevano ribollire il sangue nelle vene, avevo un’incredibile voglia di muovermi, di alzare le braccia, urlare, fare qualsiasi cosa che rompesse quella stasi, ma non riuscivo neanche a respirare. La voce aveva bloccato tutti i muscoli, la sua mano calda sulla mia guancia mi aveva immobilizzata.

Lo sentii sospirare, adesso stava aspettando che io dicessi qualcosa, o comunque che alzassi lo sguardo verso di lui.

Ma sapevo di essere impotente davanti ai suoi occhi. Sapevo di non avere nessuna speranza.

 

 

 

 

Non aspettai un solo istante. Mentre ancora tutto nella mia testa si muoveva corsi a più non posso e arrivata davanti a casa sua, con le chiavi aprii il portone. La vecchietta mi guardò di sbieco, io le lanciai uno sguardo inespressivo e mi lanciai verso le scale. Salivo velocemente, ad ogni passo il mondo pareva tirarmi indietro. Con un gesto deciso infilai le chiavi nella toppa, non sentivo nessun rumore. Nessuno mi venne incontro alla porta, nessuno parlò, eppure sapevo che era lì. Richiusi la porta alle mia spalle con un tonfo, poi mi diressi verso la sua camera.

Spalancai la porta con un gesto deciso, stringevo ancora nella mano destra le chiavi del suo appartamento.

Federico mi fissò inespressivo.

Sedeva sul letto con le braccia sul grembo, ciondolanti, e gli occhi spenti. La fioca luce del tramonto che entrava dalla finestra alla mia sinistra illuminava i tratti del suo volto, la sua bellezza. Faceva risplendere d’oro i suoi capelli.

Appena i suoi occhi realizzarono la mia figura ferma lì sulla porta, si alzò. Il sole giocava con la seta della sua camicia, con le cuciture dei suoi jeans. Giocava persino con i suoi occhi, facendoli sembrare lucidi.

Ci separavano alcuni metri, ma nel momento stesso in cui feci per avanzare verso di lui, sembrò che non ci fosse neanche un millimetro tra di noi.

Sprofondai tra le sue braccia.

 

 

 

 

Alzai lo sguardo lentamente, sentii le sue dita scivolare sulla mia guancia fino a sfiorare la mia tempia, per poi passare ad accarezzare i capelli, a disporre le ciocche dietro l’orecchio. Deglutii a vuoto mentre sentivo il cuore battere talmente tanto da uscire dal petto, Lorenzo poggiò l’altra mano sulla mia spalla delicatamente.

I miei occhi incontrarono i suoi per un momento che parve astrarci fuori da qualsiasi universo immaginabile. Per un istante fu come se il tempo non fosse mai passato. I suoi occhi erano esattamente come li ricordavo, e sembravano essere stati fatti apposta per incontrare i miei. La perfezione che il nostro sguardo era capace di trasmettermi non fece altro che aumentare ancora i battiti del cuore.

I suoi occhi erano stati creati per i miei, le sue mani erano state create per accarezzarmi, le sue labbra per baciarmi, il suo corpo per avvolgermi. I nostri corpi erano ad incastro, le nostre menti una fusione continua, le nostre anime sovrapponibili.

Lorenzo mi sorrise, io continuavo a fissarlo stranita.

-         Perché non dici niente?- mi chiese, mormorando le parole ad una ad una avvicinandosi sempre di più, - ti prego, di’ qualcosa. Non restare in silenzio-

Avrei voluto esaudire il suo desiderio e parlare. Nella mia mente pensavo alle parole da dire, ma in quel silenzio, in quello sguardo, in quella voce, era tutto talmente perfetto che non necessitava di parole.

-         Di’ che mi ami ancora-

 

 

 

Lo baciai con foga stringendomi a lui ossessivamente, avevo le mani attaccate al suo collo, alle sue spalle, ai suoi capelli; gli baciavo le labbra, gli occhi, le guance e il viso tutto. Il suo respiro era affannoso, le sue mani accarezzavano i miei fianchi, la mia schiena, i miei capelli. Non c’era giustizia in quei gesti, non c’era perfezione, non c’era nulla di armonioso e sincronizzato. Le sue mani strusciavano violente contro la mia pelle, le sue labbra baciavano le mie con fretta.

Sentivo miliardi di emozioni sovrastarmi, le sentivo scorrere nel sangue, nel cervello, nelle ossa. Sentivo il mio corpo desiderare il suo, sentivo la completezza del nostro gesto.

Federico mi scostò i capelli dal volto e mi guardò negli occhi quando mi chinai su di lui.

-         Ti amo – mormorò guardandomi  negli occhi.

Poggiai le mie labbra sulle sue con dolcezza, come se potessi mangiare quelle parole.

Sentivo gli occhi pesanti, le mani tremanti e la voglia di annullare il mondo.

-         Ti amo, ti amo-

Non smetteva di dirlo, non smetteva di stringermi per i capelli, io non la smettevo di baciarlo.

Sentii un fremito di gioia attraversarmi il corpo, posai le mani sulla sua camicia mentre iniziavo a sbottonargliela.

-         Ti amo- dissi a mia volta.

La gioia era morbosa, iniziai a ridere e lui rise con me.

 

 

 

 

Adesso sentivo il mio corpo venire meno, come se fossi stato drogato, morente dopo un’overdose di sonnifero. I sensi mi abbandonava e l’aria si appesantiva; si creava l’atmosfera dei sogni più distanti, si spalancavano nella mia mente desideri di tranquillità che non avevo mai ammesso a me stessa di avere.

Lo guardavo negli occhi inespressiva mentre le sue dita premevano ancora sulla mia pelle, guardavo i suoi occhi imploranti ed emozionati, come se io e lui fossimo sempre stati lì. In quel momento tutto il passato sembrava essere stato soltanto un sogno.

-         Lorenzo, io…-

Non riuscivo a parlare, ma non riuscivo nemmeno a restare zitta mentre i suoi occhi premevano contro il mio viso con tanta insistenza.

-         Possiamo far finta che non sia mai accaduto niente. Possiamo ricominciare da dove abbiamo interrotto, la nostra vita può ricominciare ad essere fantastica... io sono stato un’idiota. Pensavo che la nostra storia potesse essere una parentesi, ma mi sbagliavo di grosso, è tutta la mia vita ad essere una parentesi nei confronti del nostro amore, della nostra vita, di te. Non so cosa mi sia successo, Clarice. Se puoi, ti scongiuro, perdonami. Perdonami per questo tempo che è passato, perdonami per le mie parole, perdonami per la sofferenza. Perdonami perché non ho capito, non ho ascoltato, non ci sono stato. Perdonami perché ho avuto paura dell’amore incondizionato che ho sempre provato verso di te, perdonami perché non gli ho mai reso giustizia. Perdonami per tutto, amore mio, ti prego. Ti prego-

Adesso le sue mani stringevano le mie, il suo viso sembrava aver cambiato colore ma i suoi occhi erano sempre gli stessi.

Lo guardavo cercando di trovare le parole che avrei voluto dire sin dall’inizio. Non ero indecisa, non ero confusa, e non ero tantomeno stranita da tutta quella situazione. Non avevo più sensazioni, sentimenti.

-         Tu non hai bisogno del mio perdono, Lorenzo -

Le mie parole erano soffuse e mormorate.

Lui mi strinse ancora di più le mani.

-         Si, invece si. È stata tutta colpa mia, e adesso non ho il diritto di venire qui da te e chiederti una cosa del genere, lo so, non dovrei. Ma lo faccio perché ti amo, e se esiste anche una remota possibilità che torni da me, devo giocarmela, Clarice, io devo provarci, dovevo parlarti. Ti amo. Devi credere in me, devi credere alle mie parole, devi farlo, ti prego. Non sarei davvero qui se non ti amassi davvero. È passato molto tempo, avrei potuto essere ovunque, con chiunque altro, e invece sono qui, siamo qui, questo non è forse un segno? Non significa niente?-

Sorrisi quasi dolcemente.

Io avevo preso la mia decisione, e le parole di Lorenzo rendevano tutto semplicemente più doloroso.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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