Lorenzo mi aspettava, seduto sulla panchina dove di solito ci
incontravamo. Non c’era stato bisogno di dire niente, io sapevo che si sarebbe
trovato lì, lui sapeva di doversi fermare proprio a quella panchina. I suoi
occhi erano pieni di gioia quando mi vide arrivare. Si alzò, mi venne
incontro.
-
Ciao, Clarice – mi salutò.
Non gli permisi di avvicinarsi, il mio sguardo era freddo e
pungente.
-
Ciao, Lorenzo -
Era più o meno lo stesso, come lo ricordavo. Aveva gli occhi
meravigliosi, lo sguardo dolce, penetrante, non invadente. I capelli erano mossi
dal leggero vento.
-
Come stai?-
-
Benone- mentii.
-
Credevo non saresti più venuta. O più che altro, ne avevo
paura-
La mia freddezza scemava.
-
Non capisco, Lorenzo. Non capisco-
-
Lo so. Ma è tutto diverso adesso, Clarice
–
-
Cosa significa?-
-
Io
sono diverso. E non ho più voglia di mentire-
-
Cosa stai cercando di dirmi?-
Mi fissò, sentii il cuore cascarmi dal petto, mi lacerava i
tessuti.
-
Quello che sto cercando di dirti è che io ti amo
ancora-
Il cuore iniziò a
battere; non riuscivo a guardarlo negli occhi.
Lorenzo mi sfiorò
la guancia con le dita, fece scivolare la sua pelle sulla mia, il suo profumo mi
inebriò tutta.
-
Ti amo ancora, ti amo da sempre e ti amerò per
sempre-
Le sue parole
sussurrate a così poca distanza da me mi facevano ribollire il sangue nelle
vene, avevo un’incredibile voglia di muovermi, di alzare le braccia, urlare,
fare qualsiasi cosa che rompesse quella stasi, ma non riuscivo neanche a
respirare. La voce aveva bloccato tutti i muscoli, la sua mano calda sulla mia
guancia mi aveva immobilizzata.
Lo sentii
sospirare, adesso stava aspettando che io dicessi qualcosa, o comunque che
alzassi lo sguardo verso di lui.
Ma sapevo di
essere impotente davanti ai suoi occhi. Sapevo di non avere nessuna
speranza.
…
Non aspettai un
solo istante. Mentre ancora tutto nella mia testa si muoveva corsi a più non
posso e arrivata davanti a casa sua, con le chiavi aprii il portone. La
vecchietta mi guardò di sbieco, io le lanciai uno sguardo inespressivo e mi
lanciai verso le scale. Salivo velocemente, ad ogni passo il mondo pareva
tirarmi indietro. Con un gesto deciso infilai le chiavi nella toppa, non sentivo
nessun rumore. Nessuno mi venne incontro alla porta, nessuno parlò, eppure
sapevo che era lì. Richiusi la porta alle mia spalle con un tonfo, poi mi
diressi verso la sua camera.
Spalancai la porta
con un gesto deciso, stringevo ancora nella mano destra le chiavi del suo
appartamento.
Federico mi fissò
inespressivo.
Sedeva sul letto
con le braccia sul grembo, ciondolanti, e gli occhi spenti. La fioca luce del
tramonto che entrava dalla finestra alla mia sinistra illuminava i tratti del
suo volto, la sua bellezza. Faceva risplendere d’oro i suoi
capelli.
Appena i suoi
occhi realizzarono la mia figura ferma lì sulla porta, si alzò. Il sole giocava
con la seta della sua camicia, con le cuciture dei suoi jeans. Giocava persino
con i suoi occhi, facendoli sembrare lucidi.
Ci separavano
alcuni metri, ma nel momento stesso in cui feci per avanzare verso di lui,
sembrò che non ci fosse neanche un millimetro tra di
noi.
Sprofondai tra le
sue braccia.
…
Alzai lo sguardo
lentamente, sentii le sue dita scivolare sulla mia guancia fino a sfiorare la
mia tempia, per poi passare ad accarezzare i capelli, a disporre le ciocche
dietro l’orecchio. Deglutii a vuoto mentre sentivo il cuore battere talmente
tanto da uscire dal petto, Lorenzo poggiò l’altra mano sulla mia spalla
delicatamente.
I miei occhi
incontrarono i suoi per un momento che parve astrarci fuori da qualsiasi
universo immaginabile. Per un istante fu come se il tempo non fosse mai passato.
I suoi occhi erano esattamente come li ricordavo, e sembravano essere stati
fatti apposta per incontrare i miei. La perfezione che il nostro sguardo era
capace di trasmettermi non fece altro che aumentare ancora i battiti del
cuore.
I suoi occhi erano
stati creati per i miei, le sue mani erano state create per accarezzarmi, le sue
labbra per baciarmi, il suo corpo per avvolgermi. I nostri corpi erano ad
incastro, le nostre menti una fusione continua, le nostre anime
sovrapponibili.
Lorenzo mi
sorrise, io continuavo a fissarlo stranita.
-
Perché non dici niente?- mi chiese, mormorando le parole ad una ad
una avvicinandosi sempre di più, - ti prego, di’ qualcosa. Non restare in
silenzio-
Avrei voluto
esaudire il suo desiderio e parlare. Nella mia mente pensavo alle parole da
dire, ma in quel silenzio, in quello sguardo, in quella voce, era tutto talmente
perfetto che non necessitava di parole.
-
Di’ che mi ami ancora-
…
Lo baciai con foga
stringendomi a lui ossessivamente, avevo le mani attaccate al suo collo, alle
sue spalle, ai suoi capelli; gli baciavo le labbra, gli occhi, le guance e il
viso tutto. Il suo respiro era affannoso, le sue mani accarezzavano i miei
fianchi, la mia schiena, i miei capelli. Non c’era giustizia in quei gesti, non
c’era perfezione, non c’era nulla di armonioso e sincronizzato. Le sue mani
strusciavano violente contro la mia pelle, le sue labbra baciavano le mie con fretta.
Sentivo miliardi
di emozioni sovrastarmi, le sentivo scorrere nel sangue, nel cervello, nelle
ossa. Sentivo il mio corpo desiderare il suo, sentivo la completezza del nostro
gesto.
Federico mi scostò
i capelli dal volto e mi guardò negli occhi quando mi chinai su di
lui.
-
Ti amo – mormorò guardandomi
negli occhi.
Poggiai le mie
labbra sulle sue con dolcezza, come se potessi mangiare quelle
parole.
Sentivo gli occhi
pesanti, le mani tremanti e la voglia di annullare il
mondo.
-
Ti amo, ti amo-
Non smetteva di
dirlo, non smetteva di stringermi per i capelli, io non la smettevo di
baciarlo.
Sentii un fremito
di gioia attraversarmi il corpo, posai le mani sulla sua camicia mentre iniziavo
a sbottonargliela.
-
Ti amo- dissi a mia volta.
La gioia era
morbosa, iniziai a ridere e lui rise con me.
…
Adesso sentivo il
mio corpo venire meno, come se fossi stato drogato, morente dopo un’overdose di
sonnifero. I sensi mi abbandonava e l’aria si appesantiva; si creava l’atmosfera
dei sogni più distanti, si spalancavano nella mia mente desideri di tranquillità
che non avevo mai ammesso a me stessa di avere.
Lo guardavo negli
occhi inespressiva mentre le sue dita premevano ancora sulla mia pelle, guardavo
i suoi occhi imploranti ed emozionati, come se io e lui fossimo sempre stati lì.
In quel momento tutto il passato sembrava essere stato soltanto un
sogno.
-
Lorenzo, io…-
Non riuscivo a
parlare, ma non riuscivo nemmeno a restare zitta mentre i suoi occhi premevano
contro il mio viso con tanta insistenza.
-
Possiamo far finta che non sia mai accaduto niente. Possiamo
ricominciare da dove abbiamo interrotto, la nostra vita può ricominciare ad
essere fantastica... io sono stato un’idiota. Pensavo che la nostra storia
potesse essere una parentesi, ma mi sbagliavo di grosso, è tutta la mia vita ad essere una
parentesi nei confronti del nostro amore, della nostra vita, di te. Non so cosa mi sia successo,
Clarice. Se puoi, ti scongiuro, perdonami. Perdonami per questo tempo che è
passato, perdonami per le mie parole, perdonami per la sofferenza. Perdonami
perché non ho capito, non ho ascoltato, non ci sono stato. Perdonami perché ho
avuto paura dell’amore incondizionato che ho sempre provato verso di te,
perdonami perché non gli ho mai reso giustizia. Perdonami per tutto, amore mio,
ti prego. Ti prego-
Adesso le sue mani
stringevano le mie, il suo viso sembrava aver cambiato colore ma i suoi occhi
erano sempre gli stessi.
Lo guardavo
cercando di trovare le parole che avrei voluto dire sin dall’inizio. Non ero
indecisa, non ero confusa, e non ero tantomeno stranita da tutta quella
situazione. Non avevo più sensazioni, sentimenti.
-
Tu non hai bisogno del mio perdono, Lorenzo
-
Le mie parole
erano soffuse e mormorate.
Lui mi strinse
ancora di più le mani.
-
Si, invece si. È stata tutta colpa mia, e adesso non ho il diritto
di venire qui da te e chiederti una cosa del genere, lo so, non dovrei. Ma lo
faccio perché ti amo, e se esiste anche una remota possibilità che torni da me,
devo giocarmela, Clarice, io devo provarci, dovevo parlarti. Ti amo. Devi
credere in me, devi credere alle mie parole, devi farlo, ti prego. Non sarei
davvero qui se non ti amassi davvero. È passato molto tempo, avrei potuto essere
ovunque, con chiunque altro, e invece sono qui, siamo qui, questo non è forse un
segno? Non significa niente?-
Sorrisi quasi
dolcemente.
Io avevo preso la
mia decisione, e le parole di Lorenzo rendevano tutto semplicemente più
doloroso.
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