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Autore: j_j_joker90    20/10/2011    1 recensioni
Quando adesso dopo quasi dieci anni riapro gli occhi, come ogni mattina, mi ritrovo a pensare al soffitto che vedevo, il profumo di pane che odoravo, alla sensazione di reclusione che provavo, la percezione della seta sotto le mie mani e il rumore dei passi liberi fuori dalla mia finestra, le lacrime che tentavano di varcare gli occhi e di bagnare il viso.
la mia storia è un brave racconto su come secondo me Senritsu viveva prima del tragico incidente.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kurapika, Senritsu
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le mura pulite e sempre fiorite di colori, il mio preferito è il rosso papavero.
Un letto altrettanto scarlatto con gli angoli smussati; la spalliera e i piedi del suddetto ben decorato, perfettamente simmetrici, eleganti e raffinati.
Le lenzuola nere di seta, sistemate in modo disordinato sul letto, danno un tocco scic e sensuale alla stanza, altrimenti sembrerebbe quella di una bambina di sette anni.
Vari strumenti musicali sistemati come se fossero li, solo per bellezza; un piano nero, un violino, un flauto e un’arpa, ben pulite e lucenti.
Un piccolo armadio, intagliato con dei disegni che ricordano le foglie e dei fiori a cinque petali, ogni tanto quando ho bisogno di rilassarmi, li sfioro con i polpastrelli delle dita; delicata, sembra quasi che il gesto mi mandi in uno stato di abbandono totale, sento la mia anima che si allontana dal corpo per portarmi al di fuori di quella piccola stanza.
Una piccola stanza, una piccola prigione.
Un cavalluccio a dondolo, anch’esso in legno pregiato; castagno, con delle decorazioni un po’ vecchie, una sella (finta), una tovaglietta rossa e gialla che cala sulla forma del pony; è molto antico e polveroso, un ragno ha fatto del meccanismo del dondolamento, del giocattolo, la sua casa.
La stanza profumava di pane al latte, perché situava al di sopra delle cucine del palazzo, che ogni mattina sfornavano i deliziosi dolci per gli ospiti; il calore del fuoco mischiato con l’odore dei dessert riempie la camera da me abitata; d’inverno era una benedizione, ma durante l’estate da un po’ fastidio la calura proveniente dai forni.
Le pareti, come già detto, sono felicemente dipinte con prati di fiori, case e cieli.
Il muro, che comprende la porta, rappresenta un mondo irreale, uno di quelli che le bambine sognano di vedere per tutta l’infanzia.
Un universo bizzarro e per alcuni versi, tetro e oscuro; stracolmo di gnomi, goblin, creature che rubano l’anima delle dolci fanciulle, mostri, demoni o almeno è questo che ho letto nei libri di letteratura di fantasia, ma anche di fate, esseri magici, entità incantate con poteri prodigiosi, di fatture e maledizioni spezzate.
Ma la storia che questa parete rappresentava, è quella di raperonzolo, la cui vita era rinchiusa nella stanza più alta di una torre, protetta da un uomo malvagio, il cui solo scopo era di far soffrire la poverina.
Era dipinto un esteso prato verde, un cielo azzurro, che spumava verso il rosso, appiano che si avvicinava alla torre.
Il torrione era colorato di un grigio, un po’ ombreggiato, degli accenni di muschio e arrampicanti secche e disidratate.
In ima alla torre c’èra una piccola finestra da dove si poteva veder sorgere una ragazza, dai capelli dorati che scavano fuori e lo sguardo felice; il suo principe la stava venendo a salvare.
Il muro dietro il letto invece rappresenta la mezzanotte, lo dipinsero in modo che potessi addormentarmi con facilità.
A molti il buio mette timore e infonde insicurezza, ma al contrario, quella era la mia parete preferita, non so perché, ma suscita in me un po’ di nostalgia, eppure non avevo niente di cui rimpiangere; nella mia ancora breve vita non avevo ancora compiuto grandi imprese, ne conosciuto nessuno d’importante, non avevo ancora sperimentato sentimenti e momenti di cui potevo provare malinconia, eppure quando la sera scendeva e fissavo la parete intensamente, avvertivo una tristezza infinita, forse più che per il passato, magari ero infelice del presente.
Eppure nonostante mi abbattessi ogni sera, ciò infonde in me anche la speranza per un futuro meraviglioso.
La facciate che situavano ai lati del letto erano tre.
Una è coperta per un po’ dall’armadio, rappresenta un folto bosco, pieno di animaletti furbi e simpatici, vario tipo di flora e tantissime farfalle variopinte.
Ho cercato tante volte di contare quante fossero, ma dopo un po’ passava ogni intenzione iniziale e gli occhi diventavano pesanti, avevano lo stesso effetto soporifero del contare le pecore.
Le ultime due pareti sono, in realtà, una sola.
In pratica al lato destro del letto, c’è la parte più grande vicina a una piccola colonna dentro la parete; a di la del pilastro situava la canna fumaria della cucina.
Quella zona raffigura un teatro, con l’orchestra e una cantante lirica nel mezzo, e tutto intorno al pubblico è disegnato uno spartito e note musicali, l’effetto è meraviglioso, ogni volta che abbia voglia di suonare mi sistemo sempre davanti a quella parete,l’ ispirazione non manca mai.
Su quest’ultima facciata c’è anche una finestra, sempre chiusa con una piastra di vetro leggermente dischiusa per far entrare l’aria.
Di solito la funzione di questa è quella di far entrare l’aria e la luce e far si che la persona che abita al suo interno, possa affacciarsi e guardare, l’esterno.
La mia apertura è sempre chiusa, ironico, nonostante io abbia una porta, il mio unico varco per l’esterno è una finestra perennemente chiusa.
La mia stanza, la mia prigione; il mio carceriere.
 
Quando adesso dopo quasi dieci anni riapro gli occhi, come ogni mattina, mi ritrovo a pensare al soffitto che vedevo, il profumo di pane che odoravo, alla sensazione di reclusione che provavo, la percezione della seta sotto le mie mani e il rumore dei passi liberi fuori dalla mia finestra, le lacrime che tentavano di varcare gli occhi e di bagnare il viso.
Adesso quando ripenso a tutto questo e quello che è accaduto più avanti, non provo nient'altro che vera malinconia, è come se quel periodo mi fosse sfuggito di mano troppo velocemente, tutte le esperienze.
L’idea di correre e urlare per la prima volta, l’aver conosciuto e amato Soul, con infinita atrocità capire che era morto.
Certo ogni volta che ci penso mi perdo nei meandri dei ricordi ma basta un solo suono a riportarmi alla realtà.
_” Buongiorno, Seritsu.”_         
_”Grazie Kurapika”_
  
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