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Autore: CriLife    21/10/2011    2 recensioni
- No! No… Non potrei mai aver paura di te… Tu… Tu sei- cercai le parole e intanto gli misi una mano sulla guancia, lui chiuse gli occhi -Tu sei così dolce… Tu sei fantastico… Sei una persona eccezionale… E io non penso di andar bene per te… Io… Io non sono così… Io non sono come te…-.
- Oh, Jo… Ma tu sei molto meglio di me! Credi di non essere alla mia altezza? Ma tu sei mille miglia sopra di me! Jo… Tu sei una persona eccezionale! Sei riuscita a far uscire il meglio di me! Mi hai aiutato a sorridere e vivere la vita positivamente come te! Jo… Io ti amo-.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prima di cominciare, devo ringraziare delle persone: prima di tutti una mia amica, che mi ha fatto scoprire questo sito e che mi ha dato quindi la possibilità di pubblicare questa storia e inoltre devo ringraziare un’altra importante persona, l’amica più speciale che conosco, che mi ha aiutato nella correzione dei capitoli e mi ha dato sostegno morale durante la fase di scrittura. Grazie ad entrambe e a tutti auguro una buona lettura!

Tutti noi abbiamo un obbligo nei confronti
dell’amore:
permettere che si manifesti nel modo che ritiene migliore.

Paulo Coelho

 
Ho superato quelle mura con le ali leggere dell'amore poiché non v'è ostacolo di pietra che possa arrestare, il passo dell'amore.
 William Shakespeare

 
 
 
I am the outside, I’m looking in!
Così cominciò un’altra giornata alle 5.50 di mattina.
- Katie svegliati… È ora di andare in cucina!- dissi alla mia pigrissima, nonché migliore amica compagna di stanza Katie.
- Ma come fa a non sentire tutto il casino che fa la sveglia- borbottai tra me e me come ogni mattina.
- Umm…- fu la sua risposta, come ogni mattina.
Riuscii a infilarmi la divisa, che consisteva in una canottiera e un paio di shorts neri, e lanciai a Katie la sua.
- Dai muoviti. Ho paura che tra oggi e domani avremo tantissime cose da fare-.
- E perché?-.
- Perché mercoledì torna il figliol prodigo e la nostra Giorgi vuole che tutto sia perfetto per lui. Penso voglia anche organizzare un party in suo onore, comunque ne avremo la conferma tra cinque minuti se riesci a capire che quelli sono pantaloni e non una maglietta!- dissi mentre osservavo quasi incredula, Katie che cercava un buco nei pantaloni per farci entrare la testa.
- Ops… Scusa ho sonno!-.
-Ok, ma ora muoviti!- la incitai un po’ scocciata.
- Eccomi, eccomi!-.
Uscimmo dalla stanza di corsa, lei con le scarpe in mano, verso la cucina. Entrai e vidi Jane e Marie già sedute con una tazza di caffè in mano, che parlavano dei lavori della giornata.
Presi del caffè per me e Katie e mi avvicinai al tavolo, al quale quest’ultima si era accomodata.
- Allora, quanto avremo da fare per il principino?- chiesi stizzita.
- Ah Jo, ancora pensi male di Michael? E perché poi? Ti ha forse trattata male? È stato scortese? Non mi sembra!- mi rimproverò Marie, la più anziana tra noi di circa sessant’anni, ma ancora tosta e arzilla.
- È un bambino viziato e presuntuoso!-.
- Questo lo dici tu, non lo conosci neanche…-.
- E preferisco così!-.
- Beh, è stato via per quasi due anni, può essere cambiato-.
- Allora da dove dobbiamo cominciare?- dissi cambiando argomento.
Marie mi lanciò un’occhiataccia che io ignorai e Jane mi espose il programma: - Dunque, tu, Katie e David dovete passare tutto il secondo piano: la sala grande, la stanza da caffè, i due bagni e la terrazza; io mi occuperò del primo piano con Samuel, che farà un po’ con me e un po’ in cucina con Marie e a proposito, dove sono finiti quei due?-.
In quel momento entrarono un uomo di mezza età e un ragazzo all’incirca della mia età, di corsa scusandosi per il ritardo.
- Eccovi! David noi due con Jo abbiamo il secondo piano- disse Katie ruotando la testa sul palmo della mano a cui stava completamente appoggiata.
- Ok, io voglio la stanza da caffè!-.
- Allora io mi prendo la terrazza e un bagno!-.
- No! E io dovrei fare la sala grande un’altra volta? Ma perché sempre io?! Beh David si prende l’altro bagno almeno!- ribattei.
- Va bene, agli ordini!- scherzò il preso in causa.
Intanto Samuel andò da Jane e la baciò.
- Scusa il ritardo abbiamo dovuto aspettare il carico di pesce che si era bloccato-.
- Mmm… Si sente la puzza!-.
- Va bene, forza Jo devi portare la colazione alla signora Georgette!- li interruppe Marie.
- Di già? Sono quasi le 6.30, ma di solito la vuole alle 7.00!-.
- Ma per i preparativi a chiesto di essere svegliata prima, quindi va’!-.
- Va bene- dissi prendendo il vassoio.
- Katie tu prepara la colazione per Miriam…- sentii dire da Marie, poi si richiuse la porta.
Eccomi, fare rampe di scale aprire porte tenendo con l’altra mano un vassoio stracolmo di cibo e arrivare davanti alla porta della camera della signora.
Appoggiai il vassoio al tavolino ed entrai piano. Facendo il minor rumore possibile andai alla finestra e spalancai le tende. Alla signora piaceva essere svegliata in questo modo anche se io avevo sempre pensato che se qualcuno avesse provato a farlo a me si sarebbe preso una parolaccia e via di corsa.  A lei andava bene così.
- Buongiorno Josephine! È una splendida giornata non trovi?-.
- Sì, direi di sì- risposi mentre tornavo con il vassoio - Ecco la sua colazione signora-.
- Lo sai che mercoledì torna Michael, vero?- disse tutta eccitata afferrandomi il braccio.
- Sì, me l’aveva accennato…-. In realtà lo ripeteva ogni mattina da una settimana.
- Voglio che sia tutto perfetto per lui! Sai è via da così tanto tempo! E suo padre è andato a prenderlo proprio ieri, sai? Oh! Ma certo che lo sai! Mi sembra ovvio, l’ho detto io ieri perché questa mattina non portassi due colazioni, che sbadata! Il fatto è che sono così eccitata per il suo rientro, spero che trovi tutto come desidera…- e così proseguì finché non riuscii a interromperla dicendole che dovevo sbrigare delle faccende.
- Oh, sì certo cara vai pure! Brava ragazza che sei…-.
Finalmente riuscii a uscire.
 
Stavo giusto passando la sala grande, quando mi misi a pensare a me, al mio lavoro e alla mia vita.
Facevo un lavoro modesto, la cameriera di una famiglia nota per la sua ricchezza.
Avevo cominciato a lavorare in quella casa quattro anni fa. Quando Marie mi trovò ero uscita da una situazione famigliare burrascosa, dopo un incidente che sconvolse le nostre vite e con un padre che ancora non se ne capacitava , avevo dovuto prendere la decisione di andarmene di casa. Prima lavoravo in un locale squallido circa a cento chilometri dalla mia città natale. Vivevo con un’altra ragazza, la quale mi aveva trovato il lavoro.
Una sera, il proprietario mi disse che non potevo più fare la cameriera, ma se volevo ancora prendere dei soldi lì, dovevo fare la ballerina. Io mi opposi e lui divenne violento, mi picchiò e mi buttò in strada. A quel punto incontrai per la prima volta Marie.
- Ragazza che ti è successo?-.
Io ero quasi svenuta, senza forze e lei mi prese con sé dicendo che si sarebbe presa cura di me.
Il mattino dopo mi svegliai in un letto pulito, Marie che mi puliva il viso con un panno bagnato.
- Chi sei?- le chiesi subito.
- Prego, sono contenta che tu capisca che ti ho salvato la vita!- disse lei.
- Mi… mi scusi. Sì, grazie!-.
Lei mi sorrise e disse:- Tranquilla. Sono Marie, ti trovi nella mia stanza. Sono la cuoca della famiglia Jones, ho parlato con la padrona di casa. Le ho spiegato la situazione. Vuole incontrarti. Spero di farti ottenere un posto qui, come domestica. Che ne pensi?-.
- Io… Io non so che dire. La ringrazio immensamente! Grazie, grazie mille davvero!-.
- Calma, calma! Devi dimostrarle che vale la pena assumerti prima - mi fermò lei - E gradirei sapere come ti chiami-.
- Il mio nome è Josephine Taylor- risposi in fretta.
- Va bene Josephine Taylor. Ora vèstiti… Ah, prima devo accompagnarti a prendere le tue cose. Non volevo essere indiscreta, ma ho visto sulle tue chiavi l’indirizzo del tuo appartamento, conosco la zona… E ora, mi spiegheresti come ci sei finita laggiù?-.
Le raccontai di mia madre, di mio padre e di mio fratello, della mia partenza e del locale dove ero finita dopo aver finito tutti i soldi e essere rimasta senza casa.
Così dopo il resoconto, lei non disse niente: annuì e mi portò alla mia abitazione. Ovviamente Kate era ancora in giro a spassarsela a quell’ora, così entrai radunai i miei pochi effetti, lasciai un biglietto e le chiavi affianco.
Da quel giorno, dopo un colloquio molto formale con la signora Georgette, fui la domestica di casa Jones.
Marie mi presentò sua figlia Jane e suo marito Samuel e la mia futura compagna di stanza Katie. Quest’ultima era un tipo esuberante, arzilla e sempre pronta a fare nuove pazzie, ci trovammo subito bene, lei mi aiuto ad ambientarmi, ad ingranare. Sapevo che quella non era proprio una vita stupenda, di agi e tranquillità, ma se ci ripensavo ora, ero più che felice di trovarmi lì, perché già dopo poco dal mio arrivo, quella di casa Jones, era diventata la mia famiglia.
- Ciao Jo!-. mi riscosse la voce di una bambina che correva verso di me perché la prendessi al volo.
- Buongiorno Miriam!- le risposi allargando le braccia per accoglierla.
Le feci fare un paio di giri e la rimisi giù.
Miriam era la terza e più piccola figlia dei padroni, aveva otto anni ed era una bambina fantastica.
- Oggi la scuola è chiusa perché devono fare dei lavori! Quindi io volevo aiutarti, ma mamma ha detto che prima devo esercitarmi al piano- disse un po’ mogia.
- Ma è perfetto! Io devo pulire questa stanza, tu suoni il pianoforte e io sono qui ad ascoltarti! Così fai quello che ti ha detto tua madre e stiamo anche insieme!- cercai di tirarla su.
Miriam, abbastanza influenzabile, mi rivolse un sorriso raggiante e corse al piano urlandomi che mi avrebbe fatto sentire i nuovi pezzi che stava imparando.
Mi fermai un po’ a guardarla suonare. Era un po’ minuta per la sua età e i suoi piedi arrivavano a stento al pavimento, seduta sullo sgabello del pianoforte a coda che c’era nella stanza. Ancora mi chiedevo come facesse a suonare così bene con quelle sue manine piccole che sembravano troppo fragili per suonare tutti quei tasti.
Quando finii anche la sala grande, Miriam era ancora seduta al pianoforte, ma mi stava raccontando di quello che aveva fatto l’altro giorno un suo compagno di classe. Si interruppe e mi chiese: - Per favore mi suoni qualcosa tu adesso?-.
Stavo per declinare l’offerta quando mi corse incontro e mi trascinò fino al piano, mi fece sedere e si mise affianco a me.
- Forza, suona il pezzo che mi hai suonato una volta!-.
- Quale pezzo?-.
- Non mi ricordo… Beh, fanne uno e basta, no?-.
Feci un sospiro e appoggiai le dita sui tasti. Avevo suonato per sette anni, fino all’incidente. Mi era sempre piaciuto moltissimo il pianoforte, ma dopo essere andata via di casa avevo dovuto farne a meno.
Cercai di ricordare la melodia di un pezzo che avevo imparato più o meno sei anni prima, ma non fu necessario sforzarmi molto: le dita scivolarono veloci e decise sui tasti, quasi andavano da sole.
Quando finii, Miriam fissava estasiata la tastiera, poi si girò verso di me e urlò: - Ma sei fantastica!-.
- No, non sono fantastica, basta che continui a suonare e ti assicuro diventerai anche più brava di me!-.
- Dici davvero? Allora ti prometto che d’ora in poi studierò moltissimo, così sarò brava come te!-.
Le sorrisi e mi congedai dicendo che dovevo fare altri lavori.
Fuori dalla stanza trovai Katie che trasportava un  secchio d’acqua per il corridoio fino allo stanzino sotto la scala dove riponevamo gli strumenti e li pulivamo.
La aiutai e poi scendemmo insieme chiacchierando.
Passando per il primo piano vedemmo Jane indaffarata nella sala da pranzo, le chiedemmo se avesse bisogno di aiuto, ma lei ringraziandoci disse che non serviva.
Così tornammo in cucina dove Marie stava insegnando a Samuel come tagliare in modo più preciso un arrosto o qualcosa del genere.
- Katie, dov’è David?- chiese interrompendoci Marie.
- La signora Georgette l’ha intercettato mentre veniva giù e gli ha chiesto di andare a prendere un paio di cose dalla sarta. Perché?-.
- Avevo bisogno di una mano per scegliere le torte. Katie verresti tu per favore?- chiese implorante.
- Sì, certo. Però Jerry aveva chiesto una mano in giardino a me e Jo…-.
- Si accontenterà di una ragazza sola! Siete le mie sottoposte dopo tutto, non le sue!- la interruppe.
Katie si voltò verso di me – Ti spiace aiutare tu Jerry, mentre sono con Marie?- mi chiese.
- Certo che no! Va bene, ci faremo quattro risate! Non mangiarti troppi dolci con la scusa di doverli assaggiare!-.
- Va bene!- rispose mentre uscivo verso il giardino.
Jerry era il giardiniere, aveva più o meno l’età di Marie ed entrambi lavoravano in quella casa da sempre. Quei due si punzecchiavano sempre, litigavano, si insultavano, ma infondo si volevano un gran bene.
- Hei, Jo! Katie non viene?-.
- Il generale dice che lei ha la precedenza su di noi, quindi ti devi accontentare!-.
- Mi sembra giusto!- rispose ridacchiando – Allora, avrei bisogno che mi aiutassi a raccogliere un po’ di fiori. La signora Georgette dice che “sono troppo piene queste aiuole, Jerry! Per favore sfoltiscile un pochino, ne hanno proprio bisogno!”. Quindi bisogna obbedire! -.
Risi con lui della sua ottima imitazione della signora e cominciammo a raccogliere rose.
  
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